Corte
d’Appello di Brescia, Sezione III Civile – Minori, Sent. del 22
luglio 2024, Presidente Rel. Dott.ssa Maria Grazia Domanico
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI BRESCIA
SEZIONE III CIVILE – MINORI
composto dai signori Magistrati:
Maria Grazia Domanico Presidente rel. est.
Francesca Caprioli Consigliere
Annamaria Laneri Consigliere
Giulia Perin Consigliere onorario
Gian Paolo Baronchelli Consigliere onorario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra indicato, promossa
con ricorso depositato in data 12.10.2023 da:
M. F., nato a C. (CR) il _____1977, e
S. G. R., nata a M. (ES) il ______-1994
residenti a C. (CR), Via_______, _ entrambi rappresentati e difesi
dall’Avvocato Cristina Pugnoli del Foro di Cremona, presso il cui studio in
Cremona (CR), Piazza Roma 2 sono elettivamente domiciliati
APPELLANTI
avverso la sentenza n. 103/23, emessa dal Tribunale per i Minorenni di Brescia
il 5.9.2023, depositata il 7.9.2023, con cui è stato dichiarato lo stato di
adottabilità del minore:
M. S. C., nato a M. il ______2019
sottoposto a tutela e rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Grazia Castauro del
Foro di Brescia
CON L’INTERVENTO
DEL P.G., in persona della dott.ssa Cristina Bertotti
DEL TUTORE-DIFENSORE DEL MINORE Avv. Maria Grazia Castauro
DEGLI AFFIDATARI rappresentati dall’Avv. Carla Loda
*****
OGGETTO: Appello avverso sentenza di dichiarazione di adottabilità
CONCLUSIONI
PER LE PARTI APPELLANTI
Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, contrariis reiectis,
In via principale, − in riforma della sentenza n. 103/2023 (R.G. ADS _/2020)
resa dal Tribunale per i Minorenni di Brescia in data 5.09.2023, depositata in
Cancelleria in data 7.09.2023, notificata a mezzo pec – nel loro domicilio eletto
– ai ricorrenti in data 12.09.2023, revocare la dichiarazione di adottabilità del
minore C. M. S. non sussistendone i presupposti;
dichiararsi – per l’effetto – il non luogo a provvedere e, previa assunzione dei
provvedimenti ritenuti necessari nell’interesse del minore, disporre il suo
collocamento in idonea famiglia affidataria, senza mire adottive, con
regolamentazione del diritto di visita tra il minore ed i genitori;
In subordine, − in riforma della sentenza n. 103/2023 (R.G. ADS _/2020) resa
dal Tribunale per i Minorenni di Brescia in data 5.09.2023, depositata in
Cancelleria in data 7.09.2023, notificata a mezzo pec – nel loro domicilio eletto
– ai ricorrenti in data 12.09.2023 laddove ritenutane la necessità, disporre
l’adozione in casi particolari del minore C. ex art. 44 comma 1 lett. d) L.
184/1983, garantendo, per il tramite del servizio sociale competente, la ripresa
degli incontri del minore ed i genitori al fine di salvaguardare il rapporto tra C.
e gli odierni appellanti secondo le modalità ed i tempi ritenuti opportuni per la
tutela degli interessi del minore.
In via istruttoria, − Disporsi, occorrendo, nuova CTU al fine di valutare
l’adeguatezza dei Signori M. e S. G. a sviluppare e mantenere una positiva
relazione genitori – bambino.
In ogni caso, con vittoria di spese e compensi come da D.M. n. 55/2014.
PER L’INTERVENUTO P.G.:
Chiede il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
PER IL TUTORE DEL MINORE:
Rigettarsi l’appello proposto dai Sig.ri F. M. e R. S. G., genitori biologici di C.,
con conseguente conferma della sentenza n. 103/23 del Tribunale per i
Minorenni di Brescia depositata in cancelleria il 7.09.23, mantenendo il minore
nella famiglia affidataria a rischio giuridico ove egli si trova.
Spese di lite rifuse.
FATTO, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 103/2023, emessa il 5 settembre 2023 e pubblicata il
7.9.2023, il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha dichiarato lo stato di
adottabilità del minore M. S. C., nato a M. il ____2019, figlio di F. M. e R. S.
G.; con immediata efficacia ai sensi dell’art. 10 L. adoz. ha dichiarato la madre
e il padre decaduti dall’esercizio delle responsabilità genitoriali; ha confermato
la sospensione dei rapporti tra il minore e la madre e il padre e ogni parente;
ha confermato la nomina quale tutore del minore dell’Avv. Castauro del Foro di
Brescia che continuerà a svolgere le funzioni di difensore; ha confermato il già
disposto collocamento del minore, a rischio giuridico, presso la coppia scelta
dal Tribunale.
Il Tribunale per i Minorenni ha evidenziato quanto segue:
‣ la procedura di adottabilità veniva aperta a seguito di ricorso del P.M.M. del
14.1.2020 con cui rappresentava: che il minore era stato segnalato dalla
Polizia in quanto la madre, il 4 settembre 2019, aveva chiesto di essere
collocata in comunità protetta perché abbandonata, priva di mezzi, dal
compagno in seguito a litigi. La madre del minore risultava invalida al 65% e
segnata da esperienze abbandoniche. Era inoltre madre di un altro minore
collocato in Spagna in affido etero familiare. La signora S. G. presentava
difficoltà psichiche complesse e risultava affetta da ritardo mentale. Il padre
del minore era anche egli affetto da ritardo mentale ed era già padre di due
figli, maggiorenni, che non vedeva da anni. Il signor M. era stato inserito in
una struttura di accoglienza. Il rapporto tra i genitori del minore era
ambivalente. Infine, il P.M.M. evidenziava che il minore era giunto in comunità
non vaccinato e la madre necessitava di continue sollecitazioni degli operatori
per l’accudimento del figlio.
‣ Con decreto emesso in via d’urgenza il 21 gennaio 2020 il Tribunale per i
Minorenni sospendeva i genitori dall’esercizio delle responsabilità genitoriali,
evidenziate le importanti fragilità personali di ciascuno; confermava in via
provvisoria la collocazione del minore con la madre in Comunità; impartiva
prescrizioni ai genitori vietando l’espatrio del minore; dava impulso all’attività
istruttoria richiedendo indagini ai servizi territoriali.
‣ All’udienza del 2 luglio 2020 venivano sentiti i genitori, la madre anche con
l’ausilio di un mediatore culturale. Si procedeva quindi all’ascolto della
responsabile della Comunità che accoglieva la madre con il figlio.
‣ Dalla relazione del servizio sociale del Comune di C. del 30 marzo 2020
emergeva che la madre del minore doveva essere seguita in un rapporto
costante da un educatore a lei esclusivamente dedicato e necessitava di essere
controllata a vista per preservare l’incolumità del minore; con relazione del 10
aprile 2020 gli operatori riferivano che la madre era aggressiva verso gli
operatori e gli ospiti della struttura e aveva nei confronti del figlio una cura
ossessiva, senza rispettarne tempi e bisogni. Dalla relazione del CPS del 20
luglio 2020 emergeva che la signora assumeva una terapia farmacologica a
scopo ansiolitico destabilizzatore dell’umore e che il ritardo mentale di cui era
affetta non era suscettibile di terapia. La donna non comprendeva il significato
delle regole e dei divieti e si mostrava reattiva nei confronti degli operatori.
Con relazione del 28 luglio 2020 il SERD di Cremona riferiva che il signor M.
persevera nell’uso di cocaina e nell’abuso di alcolici ed era scarsamente
collaborante con il servizio. Gli operatori segnalavano infine la impossibilità di
proseguire nel collocamento di madre e bambino in Comunità; la donna aveva
infatti aggredito un’altra ospite provocando l’intervento delle forze dell’ordine.
In data 31 agosto 2020 la Comunità sollecitava nuovamente le dimissioni della
signora R. S. G. che esprimeva quale suo unico progetto il rientro in Spagna
con il figlio presso una famiglia di gitani, con conseguente suo rifiuto di
integrarsi nel contesto ospitante, mostrandosi incapace di beneficiare degli
aiuti e dei sostegni offerti. La signora non appariva consapevole degli elementi
di criticità evidenziati e dei comportamenti pregiudizievoli per il figlio. La
Comunità ribadiva che la madre aveva bisogno della costante presenza di un
educatore a lei esclusivamente dedicato. Destava preoccupazione la tendenza
della signora a frequentare con leggerezza uomini poco raccomandabili, noti
alla Comunità.
‣ Il signor M., dopo l’evidenza delle analisi, aveva ammesso di essere dedito da
molti anni all’uso di sostanze stupefacenti e di non avere dedicato tempo al
figlio in quanto impegnato nella ricerca di un lavoro.
‣ Gli operatori avevano convocato il nonno del minore, C. M., di anni 70, che
però non si era presentato alla convocazione e, per il tramite del figlio, aveva
comunicato di non voler essere coinvolto.
‣ Il 31 agosto 2020 il piccolo C. subiva un nuovo ricovero ospedaliero a seguito
di ingestione di detersivo, circostanza riferita dalla madre che all’inizio si
rifiutava di seguire il figlio sull’ambulanza; gli operatori manifestavano
preoccupazione per la incolumità del minore anche nel contesto comunitario
perché la madre non era in grado di tutelarlo e di rispondere ai suoi bisogni;
appariva centrata su di sé e non collaborava con gli operatori, non traendo
giovamento dai sostegni offerti.
‣ In data 19 agosto 2020 il PMM proponeva domanda di declaratoria di
adottabilità del minore, con richiesta di decadenza di entrambi i genitori dalla
responsabilità genitoriale e collocamento del minore presso una coppia
adottiva.
‣ Con decreto del in data 19 agosto 2020 il Tribunale accoglieva la domanda
del PMM; evidenziava che il padre del minore persevera nell’abuso di sostanze
stupefacenti e alcoliche anche in pendenza del procedimento e contravvenendo
alle prescrizioni impartite. Ammetteva di non essere nelle condizioni di
provvedere al figlio. La madre si trovava con il figlio in Comunità ormai da un
anno e aveva dimostrato, anche per i suoi limiti cognitivi, aggravati da una
condizione psichica compromessa e da una storia personale di gravissima
deprivazione in ambito familiare, di non essere in grado di trarre beneficio dagli
aiuti offerti. Il minore non era tutelato dagli agiti impulsivi e improvvidi della
madre. A titolo esemplificativo: aveva quasi perforato il timpano del figlio nel
tentativo di pulirlo; C. aveva subito un avvelenamento per ingestione di
detersivo mentre era con la madre che non aveva neppure compreso la gravità
dell’episodio.
‣ Non vi erano parenti disponibili e idonei a prendersi cura del minore.
Con il decreto del 19 agosto 2020 il tribunale disponeva altresì la sospensione
dei rapporti con il padre che persevera nell’abuso di cocaina e alcolici senza
aderire ad un progetto terapeutico; si prevedevano incontri protetti con la
madre da modulare in ragione delle scelte di vita della madre; si disponeva il
collocamento del minore presso la coppia idonea ad una sua eventuale futura
adozione. Infine, si dava ingresso ad ulteriore attività istruttoria in relazione
alle condizioni dei genitori.
‣ Venivano acquisite ulteriori relazioni sociali specialistiche; veniva sentita la
coppia collocataria in contraddittorio con il tutore; venivano depositate
comparse conclusionali dalle parti e acquisito il parere del PMM.
‣ Con decreto in data 7 giugno 2022 il tribunale prendeva atto che il padre del
minore, nella memoria conclusiva, aveva rappresentato una modificazione delle
sue condizioni di vita. Gli approfondimenti venivano pertanto demandati a
c.t.u. collegiale. Acquisita la relazione peritale e precisate dalle parti le
conclusioni, il tribunale tratteneva la causa in decisione.
‣ Deve ritenersi accertato che il minore C. si trovi in uno stato di abbandono
materiale e morale e che ne va dichiarata la adottabilità come richiesto anche
dal pm e dal tutore. In applicazione dei principi indicati dalla Suprema Corte, a
distanza di oltre tre anni dall’apertura del procedimento, nonostante gli intensi
interventi di sostegno attuati dai servizi territoriali, deve ritenersi che per la
madre le capacità genitoriali sono risultate inequivocabilmente irrecuperabili e
anche dannose per il figlio, tanto da rendere necessaria la separazione del
minore dalla madre. Quanto al padre, egli non ha mai dimostrato interesse
reale per il figlio né si è mai attivato per un recupero della loro relazione,
disattendendo le prescrizioni impartite. Dunque, per entrambi i genitori le
capacità genitoriali non sono recuperabili e interventi di sostegno e educativi
sono insufficienti a sopperire alle loro gravi carenze.
‣ La consulenza collegiale ha consentito di accertare ulteriormente che la
madre non possiede sufficienti capacità genitoriali e che le stesse non sono
recuperabili in tempi compatibili con i bisogni del figlio. Le c.t.u., dott.ssa P. e
M., hanno accertato che il funzionamento della madre è profondamente
segnato da significative fragilità personologiche e da una sostanziale
disorganizzazione del sé, plausibilmente anche a matrice traumatica, che la
lasciano ancora oggi in balia di angosce, rabbie, conflitti e insaziabili bisogni
primari in un assetto generale caratterizzato da impulsività, immaturità, ritiro
sociale, imprevedibilità relazionale e traduzione attraverso il corpo del proprio
malessere. Le profonde fragilità personologiche impattano notevolmente sulle
carenze genitoriali rendendo la donna incapace di immaginare l’altro come
dotato di pensieri, emozioni e bisogni differenziati. La pervasività delle carenze
genitoriali rende inverosimile un possibile recupero, soprattutto in tempi
compatibili con i bisogni evolutivi di C.
‣ Le conclusioni delle consulenti trovano conferma oggettiva dei fatti e nella
storia della madre del minore nonché nel suo comportamento tenuto e
osservato nel tempo, lungo periodo nel quale sono stati dispiegati intensi
sostegni volti al recupero del suo ruolo genitoriale che si sono però rivelati non
sufficienti proprio a causa dei limiti della madre.
‣ La signora S. G. sembrerebbe non essere stata riconosciuta dal padre e
abbandonata di fatto dalla madre. Sarebbe stata allevata prima dei nonni
materni, zingari gitani, e poi da tale C. S., amica di famiglia, anche lei gitana.
Durante l’adolescenza risulta essere stata collocata in una comunità
terapeutica per un anno. Significativo è il suo comportamento verso il suo
primo figlio, R. S. G., di circa sette anni, che si troverebbe in Spagna presso
una famiglia, di cui la madre si disinteressa completamente. Giunta in Italia
con il signor M. e collocata in Comunità con il bambino, fin dal marzo 2020
emergeva la necessità che la madre fosse seguita in un rapporto costante con
un educatore solo a lei dedicato in quanto necessitava di essere controllata a
vista per preservare l’incolumità del minore. Era stata poi segnalata la
aggressività della donna nei confronti degli operatori e degli altri ospiti della
struttura nonché una cura ossessiva del figlio, senza rispettarne le reali
necessità. Da una relazione del CPS del 20 luglio 2020 emergeva che la madre
assumeva una terapia farmacologica. A causa del suo ritardo mentale non
comprendeva le regole e le indicazioni e si mostrava reattiva. La signora non
era consapevole di tutti questi elementi di criticità. Sentita in udienza, aveva
dichiarato di non voler avere niente a che fare con il signor M., con il quale la
relazione si sarebbe a suo dire interrotta a gennaio 2020; affermava quindi di
voler tornare in Spagna con il minore presso la signora S. Dichiarava infine non
voler più stare in Comunità.
‣ Una volta collocato il minore presso la famiglia scelta dal tribunale, dal 26
novembre 2020, la madre interrompeva la presa incarico al CPS e restava
collocata presso il B&B “l’H.” a M. a carico del Comune di C.
‣ La madre del minore ha subito diversi accessi al pronto soccorso nell’estate
2021 per malesseri vari, scomparsi quando, a settembre del 2021, aveva
comunicato che avrebbe ripreso la convivenza con M. e che aveva trovato un
alloggio a C. Dopo pochi giorni, aveva comunicato che tale progetto era fallito
a causa dei continui litigi con il compagno. Si trovava in una condizione
personale di dipendenza economica e nella gestione e cura di sé. Non vi era
alcuna progettualità per il futuro. Il vissuto abbandonico, unito ai limiti
cognitivi, alimentavano la sfiducia nell’altro, tanto da portarla a rifiutare gli
aiuti. Aveva infatti interrotto le visite psichiatriche e rifiutato il sostegno
psicologico.
A gennaio 2022 la madre del minore aveva comunicato di aver fissato la
residenza a casa del M. ma il rapporto era sempre caratterizzato da alti e bassi
e la signora, oltre che non collaborare con gli operatori, viveva in un
isolamento sociale.
Gli incontri con il figlio permanevano carenti di contenuti educativi e
l’organizzazione del momento era stereotipata e il bambino sembrava esistere
solo nel presente mentre non emergeva alcun interesse per le sue esperienze
di vita reale; non apparivano nella madre preoccupazioni circa il futuro del
figlio ed emergeva la estrema fragilità del legame. Tali incontri, nocivi per il
minore, andavano pertanto sospesi, essendo prevalente l’interesse di C. ad
avere stabili condizioni di vita presso la famiglia dove era stato collocato,
valutata idonea all’adozione. Anche le c.t.u. hanno valutato che il collocamento
del minore presso la famiglia risponde pienamente a tutti i suoi bisogni e che il
legame instaurato con le figure di accudimento è inscindibile.
‣ Non vi sono i presupposti per la conservazione del legame con la madre le cui
capacità genitoriali non sono recuperabili, che non ha del resto esercitato nei
confronti del primo figlio e che ha con C. un legame poco significativo, fondato
esclusivamente sul gioco stereotipato, non suscettibile di alcuna evoluzione. Gli
incontri con la madre sono pertanto destinati a non avere alcun significato per
il minore i cui diritti sarebbero pregiudicati dalla mancanza di possibilità di
definire la sua condizione giuridica.
‣ Il padre non ha mai dimostrato un concreto interesse per il figlio. Egli ha
proprio carico diversi procedimenti penali per reati contro il patrimonio; è
padre di due figli residenti a Roma con la madre, che non frequenta da anni.
Ha sempre avuto condizioni di vita poco chiare minimizzando e anche negando
l’uso di cocaina e abuso di alcolici anche dopo la nascita del minore. Nel corso
del procedimento ha vissuto a lungo in dormitorio o in casa di accoglienza per
senza tetto. È un soggetto immaturo e superficiale e non ha risorse per
compensare le gravi fragilità materne. I suoi incontri con il figlio sono stati
sospesi in quanto nel corso del procedimento, in seguito alle analisi e agli
accertamenti compiuti, ha ammesso di continuare a far uso di sostanze
stupefacenti da molti anni, fin da quando era sposato con l’ex moglie,
continuando a farne uso durante il periodo di permanenza in Spagna. Ha
interrotto ogni relazione con il servizio sociale a novembre 2020 e non ha più
chiesto notizie del figlio apparendo centrato sulla sua situazione personale.
Le consulenti hanno accertato che il funzionamento del signor M. è
caratterizzato da una immaturità di base che si sostiene su fragilità risalenti
all’età infantile. Ha una scarsa capacità riflessiva e manifesta un atteggiamento
minimizzante, con tendenza a non farsi coinvolgere nei vissuti emotivi perché
privo di strumenti adeguati a farvi fronte. È assente un reale investimento nel
suo ruolo genitoriale; non vi è l’intenzione né il desiderio di modificare il
proprio stile di vita al fine di riadattarlo alle esigenze del figlio. I consulenti
hanno accertato che egli asseconda il desiderio di genitorialità della compagna,
seppure non lo condivida nel profondo, manifestando sostanzialmente un
disinvestimento rispetto a C. Le consulenti hanno quindi concluso che egli non
possa rappresentare un riferimento affettivo, stabile e coerente per il figlio.
‣ Le risultanze dell’istruttoria sono chiare e univoche ed eventuali tempi di
recupero delle capacità genitoriali non sono compatibili con i bisogni evolutivi
del minore.
Non vi sono parenti che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore
e, in ogni caso, nessun parente ha dato la disponibilità ad essere valutato per
l’affido del minore.
2. Avverso la sentenza hanno proposto appello i genitori del minore, che hanno
chiesto di revocare la dichiarazione dello stato di adottabilità del figlio,
concludendo come riportato in epigrafe.
Con il primo motivo gli appellanti, fatte alcune premesse teoriche sui
presupposti che integrano lo stato di abbandono, si sono limitati ad evidenziare
quanto segue:
‣ il Tribunale “ha omesso di accertare e provare, in concreto, quali sarebbero le
gravi ragioni che impedirebbero ai genitori di garantire al proprio figlio C. una
normale crescita ed adeguati riferimenti educativi, basandosi, esclusivamente,
su un pregiudizio, radicatosi poi in base alle risultanze di una CTU: ci si
riferisce al disturbo mentale di entrambi i genitori ed al fatto che gli stessi
abbiano altri figli di cui non si stanno, nei fatti, occupando”;
‣ la sentenza è quindi in contrasto con gli orientamenti interpretativi della
Suprema Corte (ex multis sentenze nn. 1501 del 2006, 26667 del 2007, 4388
e 5739 del 1995, 12491 del 2000) secondo la quale deve essere preferita la
crescita del minore nella famiglia naturale.)
‣ La sentenza ha dedotto lo stato di abbandono da elementi del tutto astratti,
essendo stato il minore istituzionalizzato in tenerissima età ed essendo stata,
di fatto, inibita ogni sperimentazione di affido ai ricorrenti.
Con il secondo motivo gli appellanti si dolgono della “omessa valutazione circa
la sussistenza dei presupposti per un’adozione ex art. 44, lett. d) L. 184/1983”
deducendo che:
‣ il Tribunale ritiene che non sussistano elementi per poter preservare un
legame tra il minore e la famiglia di origine, sostenendo che le capacità
genitoriali non sono recuperabili e che gli interventi di sostegno sia materiali
sia educativi sono insufficienti a sopperire alle gravi e non emendabili
deficienze genitoriali, senza tuttavia prendere in considerazione se vi fossero o
meno i presupposti di fatto e giuridici per un’adozione “mite” ex art. 44 lett. d)
L. n. 184/83;
‣ sussistono i presupposti per una eventuale declaratoria dello stato di
adottabilità che al contempo non rescinda completamente i rapporti con la
famiglia di origine, come invece dispone l’art. 27 della legge sull’adozione, in
quanto la previsione di una adozione legittimante “aperta” ammessa in taluni
casi da recenti arresti giurisprudenziali nella prospettiva della protezione della
continuità affettiva e del rispetto della vita privata e familiare – si fonda pur
sempre sull’opportunità di tutelare l’interesse del minore adottato a conservare
nel tempo un rapporto con i familiari che sia per lui significativo e funzionale
alla crescita.
‣ i genitori naturali, pur con le loro difficoltà e limiti dovuti anche ad un ritardo
psichico, sono una risorsa ulteriore per il minore, in quanto rappresentanti
affettivi della sua famiglia di provenienza che vanno inseriti, progressivamente,
nella vita di C. Si ritiene, infatti, imprescindibile, per la sua salute psichica,
l’acquisizione, discreta e progressiva, della sua situazione familiare, appunto
costituita – per così dire – da due famiglie.
‣ compito dell’autorità giudiziaria e, su suo incarico, del servizio sociale non è
solo quello di rilevare le insufficienze del nucleo o dei parenti prossimi, ma
altresì quello di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle, ove
possibile. E tale affermazione è tanto più vera nel procedimento che coinvolge
C. posto che confermare, oggi, la sua dichiarazione di adottabilità si
sostanzierebbe in un provvedimento del tutto sproporzionato ed ingiusto;
‣ laddove si ritenesse di dover confermare la declaratoria circa lo stato di
abbandono del minore e la conseguente sua adottabilità, si insiste perché
venga disposta la cd. “adozione legittimante aperta”, posto che nel nostro
ordinamento giuridico coesistono sia il modello di adozione fondato sulla
radicale recisione dei rapporti con la famiglia di origine, sia modelli che
escludono tale requisito e consentono la conservazione del rapporto, quali le
forme di adozione disciplinate dagli artt. 44 e ss. della L. 148/1983.
3. In data 16.11.2023 il difensore degli appellanti ha depositato atto di rinunzia
al mandato, comunicato ai propri assistiti con raccomandata a.r., di cui ha
prodotto copia.
4. In data 10.1.2024 si è costituita in giudizio la tutrice e difensore del minore
Avv Maria Grazia Castauro depositando comparsa di costituzione con cui ha
chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Il difensore del minore ha dedotto quanto segue:
‣ Il primo motivo di appello è infondato: la conclusione a cui è giunto il
Tribunale per i Minorenni si è basata sull’osservazione del rapporto madre
figlio, visto che inizialmente il minore è stato collocato in struttura con la
madre, nonché sugli esiti di una lunga e complessa CTU. È stato
dall’osservazione diretta che è emersa l’assoluta incapacità della madre di
rispondere alle più elementari esigenze materiali del neonato, il quale in un
caso ha dovuto ricorrere alle cure del Pronto Soccorso a seguito ingestione di
detersivo.
‣La necessità di costante monitoraggio a seguito delle pesanti carenze
genitoriali, l’incapacità di creare un rapporto con le ospiti e con il personale ha
portato alle dimissioni della madre da ben due strutture ed al collocamento di
C. dapprima in famiglia affidataria e poi in “famiglia a rischio giuridico”
‣ Il padre ha dimostrato la propria incompetenza genitoriale nel momento in
cui ha continuato, nonostante la nascita del figlio, a far uso di sostanze
stupefacenti, che hanno portato all’interruzione degli incontri protetti, mai più
ripresi e che mai il padre ha richiesto di riattivare.
‣ La CTU ha concluso per la irrecuperabilità delle funzioni genitoriali per
entrambi i genitori.
‣ L’accertamento dello stato di abbandono morale e materiale si basa su una
completa istruttoria e non su valutazioni superficiali o pregiudizi e va pertanto
confermato.
5. In data 25.1.2024 è stata depositata una memoria autorizzata ex art. 5 l.
184/1983 nell’interesse della coppia collocataria, con cui si riferisce quanto
segue:
‣ con provvedimento del 02.11.2020 è stata comunicata la decisione del
tribunale minorile di collocare il minore presso di loro e, poco dopo, i signori
hanno conosciuto C; da quel momento è iniziato il percorso di avvicinamento
che si è concluso con lo stabile inserimento del bambino presso i collocatari in
data 26.11.2020 (dopo circa un mese trascorso presso altra famiglia di pronto
intervento); all’epoca il bambino aveva circa un anno e mezzo;
‣durante il periodo del collocamento a rischio giuridico C. ha incontrato la
mamma R. con incontri protetti con cadenza mensile per la durata di un’ora
presso un luogo neutro indicato dal Comune di C.; gli incontri si sono svolti
sino al mese di settembre 2023;
‣ Dopo una prima fase di “assestamento” C. è oggi un bambino sereno che
sente di avere un futuro garantito dalla presenza affettuosa e strutturante di
quelli che ormai considera i suoi genitori. C. ha oggi quasi cinque anni e ha
vissuto la gran parte della sua vita nel nucleo familiare dei collocatari.
Attualmente il bambino frequenta il secondo anno della scuola dell’infanzia
bilingue ed ha instaurato ottime relazioni sia con le maestre sia con i compagni
(ved. relazione – doc. 02). Il rapporto che si è strutturato con la coppia in
questi oltre tre anni di accoglienza ha ormai i caratteri della naturalezza e della
sicurezza, tanto che C. riconosce nei collocatari le figure esclusive di
riferimento; nel tempo C. ha anche costruito legami di profondo affetto con
tutta la famiglia allargata e con gli amici dei collocatari.
6. In data 2.2.2024 è pervenuta la relazione di aggiornamento da parte dei
servizi sociali.
Gli operatori hanno riferito che, dopo l’interruzione dei rapporti tra madre e
figlio gli operatori hanno avuto solo due contatti telefonici con la signora S. R.
Invitata a recarsi personalmente dagli operatori, la signora si era rifiutata
affermando di ritenersi una buona madre e mostrando di non comprendere le
proprie difficoltà nell’accudimento del figlio. Aveva riferito agli operatori di aver
svolto diversi lavori, ma di aver avuto problemi personali con i titolari delle
varie attività, motivo per cui non vi era stata continuità nei contratti di lavoro.
Aveva riferito, all’inizio del 2022, di aver ripreso la relazione con il signore F. M.
che a suo dire si era impegnato per la ripresa della convivenza. Dalla
primavera 2021 il padre non aveva mai presentato richiesta di colloqui con gli
operatori né di vedere il figlio. Nel 2022, su pressione della compagna, come
da lui dichiarato, aveva telefonato agli operatori non esprimendo peraltro
alcuna richiesta né alcuna preoccupazione in merito al piccolo C. ma
limitandosi a comunicare che la compagna stava esercitando su di lui una certa
pressione in relazione alla situazione. Da allora gli operatori non avevano più
avuto contatti con il signor M.
7. In data 2.2.2024 il P.G. ha emesso parere del seguente tenore: “letti gli atti
del proc. civ. n. 356/23 V.G., osserva: va confermata la declaratoria di
adottabilità del minore C., pronunciata dal Tribunale dopo aver svolto una
istruttoria approfondita, anche attraverso una C.T.U.; è emerso chiaramente
che entrambi i genitori non sono in condizione di prendersi cura in maniera
adeguata del figlio e che non vi è stato un recupero delle capacità genitoriali
durante il lungo svolgimento del giudizio (ricorso depositato dal P.M. il
14.1.20), né detto recupero appare seriamente ipotizzabile in tempi brevi;
entrambi i genitori hanno dei figli nati da altre unioni di cui non si occupano; la
madre presenta una grave condizione di fragilità, dipendenza psicologica ed
economica, assenza di progettualità, aggressività con gli operatori, scarsa
consapevolezza delle esigenze del figlio (v. ad esempio quanto accaduto
quando il minore ha ingerito del detersivo), immaturità, ed è affetta da un
ritardo mentale insuscettibile di futuro miglioramento; il padre abusa di alcool
e cocaina, non ha una stabile organizzazione di vita, è gravato da precedenti
penali, a novembre 2020 ha interrotto ogni rapporto con i Servizi Sociali, e si è
disinteressato del figlio, rispetto al quale ha manifestato un sostanziale
disinteresse; il minore, collocato presso una coppia dal 26.11.20, si è inserito
nella nuova famiglia, alla quale è profondamente legato; vive una situazione di
stabilità emotiva e psicologica, rassicurato dall’affetto dei collocatari; in questa
situazione, non ricorrono i presupposti per stabilire che i genitori continuino ad
avere contatti con il figlio, anzi: detti contatti sarebbero certamente dannosi
per C., minandone l’equilibrio raggiunto sinora; chiede, pertanto, il rigetto
dell’appello.”.
8. All’udienza del 9.2.2024 gli appellanti non sono comparsi personalmente. Il
difensore ha riferito di aver rinunciato al mandato e che le parti si erano rese
irreperibili. La Corte ha rinviato la causa per consentire agli appellanti di
munirsi di nuovo difensore delegando, nelle more, i consiglieri ausiliari a
procedere all’ascolto degli affidatari, mantenendone riservate le generalità.
9. In data 6.3.2024 sono stati sentiti gli affidatari del minore che hanno riferito
che C., che è in famiglia dal 26.11.2020, è sereno e ha molti amici. Hanno
riferito che nel primo periodo era triste e impaurito, anche se fin da subito
aveva chiamato mamma l’affidataria, attaccandosi a lei. Attualmente appare
molto tranquillo, non ha problemi di distacco quando va alla scuola materna, è
allegro, sicuro, divertente e fantasioso. Ha momenti di rabbia quando si sente
frustrato. Inizialmente non riusciva a gestire questa rabbia, poi gradualmente è
riuscito a controllarla. Ha iniziato un percorso di psicomotricità. “Il bimbo non
chiede della famiglia di origine e noi, comunque, gliene parliamo per fargli
capire che non era sbagliata. Fino ai primi di settembre abbiamo portato il
bimbo agli incontri con la madre biologica e dopo questi incontri lui era
arrabbiato. Prima degli incontri con la madre biologica il bimbo non evidenziava
alcuna reazione. Anche all’asilo ci segnalavano il malessere del bimbo dopo gli
incontri.”.
10. All’udienza del 12.4.2024 gli appellanti non sono comparsi personalmente e
i procuratori delle parti hanno insistito nelle rispettive richieste come sopra
trascritte.
La Corte ha quindi trattenuto la causa in decisione.
11. La Corte ritiene che l’appello proposto dai signori F. M. e R. S. G., al limite
della ammissibilità, debba essere respinto e la sentenza confermata,
sussistendo lo stato di abbandono del minore C. M.
Nonostante l’appello palesi diversi profili di inammissibilità, è opportuno
comunque valutarne nel merito il contenuto, data la importanza e gravità della
decisione assunta.
La Corte condivide integralmente la motivazione della sentenza impugnata,
sopra in parte riportata, avendo il Tribunale per i Minorenni esaminato in modo
esaustivo tutte le emergenze istruttorie e avendo correttamente formulato una
valutazione prognostica negativa circa un recupero delle funzioni genitoriali da
parte degli appellanti in tempi compatibili con le esigenze di crescita del
minore.
Nel loro atto di appello i signori M. e S. G. non si confrontano con il contenuto
delle numerose relazioni degli operatori psicosociali in atti, né con la relazione
delle CTU, né le contestano quanto allo svolgimento degli accadimenti e alle
valutazioni ivi contenute, in relazione ai comportamenti concreti tenuti dai
genitori del minore.
Le doglianze sono assolutamente generiche e censurano la sentenza, di fatto,
solo richiamando noti principi generali in materia.
Con il secondo motivo di appello si prospettano e sovrappongono soluzioni
diverse, impropriamente richiamando l’art. 44 lettera D legge adozione, che è
istituto del tutto diverso dalla adozione legittimante con mantenimento dei
legami e che è domanda inammissibile in questa sede.
Quanto alla domanda subordinata di conferma della pronuncia di adottabilità,
ma con modifica della sentenza nella parte in cui interrompe i legami con i
genitori, non viene illustrato il motivo per cui, in concreto, il mantenimento dei
legami con la famiglia di origine sarebbe nell’interesse del minore, mentre le
relazioni in atti e la motivazione del Tribunale illustrano perché il rapporto con i
genitori era, fino alla sospensione dei rapporti anche con la madre, di
pregiudizio per il minore che, dopo la sospensione, mai li ha nominati,
mostrando un attaccamento sempre più sicuro alla famiglia adottiva.
È significativo che nell’atto di appello non venga posta alcuna attenzione alle
condizioni psico-fisiche del minore, né venga spesa alcuna parola che lo
riguardi in concreto, in relazione alle condizioni in cui si trovava quando era con
la madre, ai pericoli che ha corso anche per la sua incolumità, alla natura del
legame con la madre, apparso – all’osservazione successiva degli incontri in
spazio neutro – poco profondo, nonostante avesse vissuto con lei in Comunità.
Il minore è apparso particolarmente accondiscendente con la mamma,
cercando di assecondare le sue aspettative e, comunque, sempre lui
propositivo nel gioco. Nella relazione del 2.3.2022 si legge: “…gli incontri si
ripetono piuttosto simili, seguendo la ritualità delle fasi gioco-merenda-gioco.
Ad inizio incontro la signora S. chiede sempre al figlio di dimostrarle di
riconoscerla attraverso la domanda: “io chi sono?” e accompagnando la
risposta: “sono mamma R.” Rimane predominante il bisogno della signora di
documentare l’incontro attraverso video e foto con il figlio, rispetto al quale si
limita a commentarne l’aspetto esteriore, come il taglio dei capelli, l’aumento
dell’altezza e del numero di scarpe, dimostrando di avere una visione del figlio
relativa al “qui e ora” dell’incontro protetto e non estesa alla totalità dei vari
aspetti di vita del bambino…. C. accede tranquillamente agli incontri e con
altrettanta serenità si congeda dalla mamma non appena gli viene comunicato
che è terminato il tempo a disposizione. Nei confronti della madre C. mantiene
un atteggiamento tra l’accondiscendente e il giocoso, limitando i
comportamenti di autoaffermazione tipici dell’età perché poco graditi alla
madre, che tende a interpretarli come reazioni alla sua persona.”
Le argomentazioni degli appellanti, spese per evidenziare la insussistenza, a
loro giudizio, dello stato di abbandono, non appaiono idonee a contrastare la
motivazione del Tribunale per i Minorenni, né il contenuto delle relazioni degli
operatori psico-sociali e delle consulenti, mantenendosi su un profilo
esclusivamente astratto.
Le gravi carenze di accudimento e di vicinanza emotiva al figlio hanno
determinato un danno psicofisico a C., evidenziato nei primi tempi del
collocamento nelle famiglie, superato nel tempo grazie alla stabilità e sicurezza
acquisite presso la famiglia adottiva.
Ritiene la Corte, così come le consulenti e il Tribunale per i Minorenni, che non
possa formularsi una prognosi favorevole in relazione ad un recupero, neppure
parziale, delle responsabilità genitoriali in tempi compatibili con le esigenze di
crescita e accudimento di C. La Corte condivide pertanto il giudizio espresso
dal Tribunale per i Minorenni di Brescia sulla sussistenza dei presupposti per la
dichiarazione di adottabilità del minore, non essendo gli appellanti in grado di
assumersi un compito genitoriale in tempi compatibili con le esigenze di
crescita del figlio, che ha diritto di crescere in ambiente accogliente e
protettivo.
Va evidenziato che i signori M. e S. G. si sono del tutto disinteressati del
presente giudizio, non comparendo alle due udienze e rendendosi anche
irreperibili al difensore che ha rinunciato al mandato, proseguendo comunque
nella sua attività difensiva sino alla rimessione della causa in decisione non
avendo provveduto gli appellanti a munirsi di novo difensore.
In relazione al padre del minore, da tempo questi aveva manifestato
comportamenti indicatori di un abbandono materiale del figlio,
disinteressandosi totalmente di lui e non chiedendo di poterlo vedere. Egli ha
interrotto da anni i rapporti anche con i precedenti due suoi figli. È sempre
apparso totalmente acritico rispetto alla gravità della situazione e anche il
rapporto ambivalente con la signora S. G. dimostra la superficialità e
immaturità del suo stile di vita, mostrando una notevole fragilità della sua
personalità. Le consulenti nelle loro conclusioni evidenziano che “… sebbene il
sig. M. si sia reso disponibile alle indagini peritali partecipando ai colloqui e
sottoponendosi alla valutazione testale, la sua collaborazione è apparsa
sostanzialmente formale oltre che costantemente connotata da un importante
affaticamento generale. L’assetto rinunciatario rispetto alla possibilità di
costruire un rapporto con il figlio C., reso evidente dalle sue dichiarazioni
emerse nell’incedere degli incontri peritali, rende difficile immaginare un
effettivo desiderio, oltre alla capacità, di investire risorse ed energie in tal
senso. Inoltre, la sua esplicita volontà di non collaborare con i servizi
giustificata da vissuti abbandonici e conseguenti sentimenti rabbiosi di stampo
vittimistico, non consente una reale monitoraggio rispetto alle attuali condotte
di vita dell’uomo che potrebbero inficiare ulteriormente le capacità genitoriali.
Nonostante il suo odierno stile di vita, da quanto da lui rappresentato, appaia
caratterizzato da un sufficiente equilibrio, è parere di chi scrive che la
destabilizzazione provocata dall’introduzione di una variabile come quella del
reinserimento del figlio all’interno della sua vita (oltretutto non personalmente
ricercata, ma frutto dell’assecondare i desiderata della compagna R.) potrebbe
destrutturare l’attuale precaria stabilità personale e di coppia. Poiché dal
gennaio 2020 gli incontri padre-figlio sono stati interrotti, le scriventi non
hanno ritenuto opportuno riattivarli entro il contesto peritale ai soli fini
valutativi in assenza di una traiettoria chiara della relazione padre-figlio, al fine
di preservare il benessere psico-emotivo del minore. Pertanto, non è stato
ritenuto opportuno svolgere un’osservazione diretta da C. il signor M. Se
appare evidente che un rientro di C. in famiglia biologica non sia oggi
auspicabile oltre che possibile, risulta inoltre pregiudizievole l’eventuale ripresa
dei rapporti tra il bambino e il signor M. in quanto la motivazione estrinseca
alla base della sua formale richiesta non garantisce adeguate premesse per
poter procedere in tal senso. La riapertura alla relazione sarebbe sicuramente
elemento destabilizzante per il minore e, qualora non sostenuto da una
costanza, una stabilità e da un effettivo investimento, rischierebbe di divenire
per lui destrutturante e traumatizzante”.
Nessun dubbio, pertanto, che, con riferimento alla figura paterna, sussista
l’abbandono materiale e morale del figlio.
In relazione alla figura materna, richiamato tutto quanto evidenziato dal
Tribunale per i Minorenni, si richiamano altresì le conclusioni delle consulenti
che evidenziano che “…il funzionamento della signora R. S. G. è profondamente
segnato da significative fragilità personologiche e da una sostanziale
disorganizzazione del Sé (plausibilmente anche a matrice traumatica e
sicuramente ulteriormente debilitata da una scarsità di risorse cognitive) che
lasciano ancora oggi in balia di angosce, rabbie, conflitti e insaziabili bisogni
primari in un assetto generale caratterizzato da impulsività, immaturità, ritiro
sociale, imprevedibilità relazionale e traduzione attraverso il corpo del proprio
malessere. La fragilità psichiche della signora appaiono lievemente più
compensate quando contenuta entro le dinamiche di coppia con il signor M., le
cui attenzioni devono essere totalmente investite su di lei. Entro gli incontri
protetti con C., la donna appare riuscire spesso a mantenere un assetto che
permette la genesi di un clima abbastanza sereno, plausibilmente anche grazie
a una routine ormai consolidata e alla funzione di contenimento attivo degli
operatori presenti. La profonda fragilità personologiche impattano
notevolmente sulle carenze genitoriali della donna, rendendola incapace di
immaginare l’altro come dotato di pensieri, emozioni dei bisogni differenziati
e/o non funzionale al soddisfacimento dei propri. La pervasività delle carenze
personologiche e genitoriali rendono inverosimile un possibile recupero in tal
senso, soprattutto in tempi compatibili con i bisogni evolutivi di C.”
Quanto ai rapporti tra madre e figlio, le consulenti, preso atto che per il tempo
trascorso il legame con la madre biologica era ormai consolidato nel mondo
psichico del bambino, concludevano ritenendo che una interruzione di tale
legame “…rischierebbe di cristallizzare nel mondo affettivo e psichico del
bambino aspetti relativi alla relazione con il materno biologico che potrebbero
consolidarsi in termini disfunzionali per il suo processo di sviluppo. Pertanto, è
auspicabile che vengano mantenuti gli incontri protetti tra C. e la signora R.
S.”. Tali conclusioni, per la verità molto poco motivate, se non in astratto, non
sono condivise dalla Corte, richiamandosi sul punto tutte le osservazioni svolte
dal tribunale per i minorenni.
A fronte dell’accertato stato di abbandono del minore e della irrecuperabilità
delle competenze genitoriali materne, bene evidenziate dalle consulenti, il
mantenimento dei legami nell’ambito di una adozione legittimante richiede ben
altri presupposti che non la semplice opportunità, data al minore, di fare i conti
con le proprie origini attraverso rapporti reali e coltivati nel tempo.
L’adozione legittimante con mantenimento dei legami, recentemente
prospettata dalla Corte costituzionale e, in realtà, da oltre un ventennio
riconosciuta, sia pure in rarissimi casi, anche da alcuni tribunali per i
minorenni, ha come presupposto una valutazione approfondita e
contestualizzata all’oggi dell’interesse del minore a mantenere la relazione.
Nel caso di specie il minore ha vissuto con la madre plurimi avvenimenti
traumatici, non ha costruito una relazione profonda e significativa con lei tanto
che gli incontri protetti gli provocavano, successivamente all’incontro, uno
stato di agitazione, come riferito dagli operatori, dalla famiglia collocataria e
dalla scuola.
Una volta interrotti i rapporti C. non ha mai fatto riferimento alla famiglia di
origine. Le stesse consulenti hanno accertato che “…l’attuale collocamento di C.
risulta oggi la base fondamentale per un positivo sviluppo psico-emotivo del
bambino. I signori collocatari vengono riconosciuti dal minore come riferimenti
affettivi solidi e stabili. Il minore li ha interiorizzati come figure genitoriali
accudenti, accoglienti e contenitive. I signori collocatari, sicuramente
profondamente legati al bambino, hanno investito e continuano ad investire
energie per comprendere e centralizzare i bisogni del bambino e sintonizzarsi
con i suoi stati emotivi. Pare fondamentale che tale assetto familiare venga
riconosciuto entro una cornice priva di incertezze e precarietà, in modo da
preservare i processi affiliativi già ben avviati, permettere al minore di
avvalersi di una base stabile per la propria costruzione identitaria e facilitare i
collocatari nell’elaborazione profonda del proprio ruolo genitoriale necessaria
per il benessere del bambino”. Tali conclusioni contraddicono dunque
chiaramente la precedente prospettata possibilità di mantenimento dei legami
e dei rapporti con la madre, che viene motivata solo in astratto, ovvero con la
necessità (che allora hanno tutti i figli adottivi) di fare i conti con le proprie
origini ogni qual volta si abbia comunque un ricordo della vita vissuta con la
famiglia biologica. Ma conoscere la propria storia e le proprie origini, cosa
certamente importante e che è anche compito della famiglia adottiva favorire,
non richiede il mantenimento dei legami e dei rapporti con i genitori biologici,
nonostante ciò venga spesso affermato da professionisti e operatori del diritto,
in particolare dopo la recente pronuncia della Corte costituzionale, che in realtà
dice altro. Piuttosto, meglio sarebbe consentire all’adottato una ricerca delle
proprie origini con modalità più semplici e ampie rispetto a quelle previste
dall’art. 28 l. adozione.
Il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine può essere previsto
quando vi sia un rapporto significativo, quando il comportamento del genitore
non rechi pregiudizio al figlio e quando vi sia una accettazione, da parte del
genitore, che il figlio sia accudito, cresciuto e educato da un’altra famiglia.
Nel caso di specie, la signora R. S. non ha consapevolezza dei propri limiti, non
riesce neppure ad accedere ad una relazione di aiuto, ha sempre anche avuto
condotte oppositive e financo aggressive. Dunque, mancano tutti i presupposti
perché possa configurarsi, anche solo in via astratta, il mantenimento di un
rapporto tra C. e la madre nell’ambito di una adozione legittimante.
In conclusione, la Corte ritiene accertato lo stato di abbandono materiale e
morale in cui si trovava, e si trova a tutt’oggi C. M., con la conseguenza che
deve essere confermata la sentenza impugnata, come richiesto anche dalla
tutrice e dal P.G.
P.Q.M.
La Corte respinge l’appello proposto da M. F. e da S. G. R. e conferma la
sentenza n. 103/23, emessa dal Tribunale per i Minorenni di Brescia il
5.9.2023, depositata il 7.9.2023, con cui è stato dichiarato lo stato di
adottabilità del minore M. S. C., nato a M. il _____2019.