Tribunale di Parma, sent. 6 agosto 2021 – Giud. Pisto
TRIBUNALE ORDINARIO DI PARMA
Sezione Seconda Civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Elena Pisto ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1315/2017
promossa da
X, con il patrocinio dell’avv…, elettivamente domiciliato presso il difensore avv. …(attore)
contro
Y, con il patrocinio dell’avv., dell’avv. …e dell’avv…., elettivamente domiciliata presso lo studio dei
difensori (convenuta)
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritta telematicamente depositate.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione X citava innanzi al Tribunale di Parma Y per sentirla condannare al
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subìti a seguito della denuncia sporta dalla
Y nei confronti del X, da quantificarsi nella complessiva somma di €. 40.000,00, o nella somma
maggiore o minore ritenuta di giustizia.
Si costituiva Y chiedendo il rigetto della domanda attorea o, in subordine, nel denegato caso in cui
il Giudicante ravvisasse un profilo colposo a carico di Y, di limitare la condanna al risarcimento dei
danni che l’attore avrà provato, decurtando l’importo ex art. 1227 c.c.
Concessi i termini ex art. 183, comma VI, c.p.c., la causa veniva assegnata alla scrivente con
provvedimento del novembre 2017 e perveniva per la prima volta innanzi alla stessa all’udienza di
esame di ammissione dei mezzi istruttori già fissata dal precedente G.I. per il 20.02.2019.
La causa veniva istruita con i documenti prodotti dalle parti, prova orale e CTU e successivamente
trattenuta in decisione con provvedimento del 17.02.2021, reso fuori udienza ai sensi della normativa
emergenziale da COVID-19. Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritta
telematicamente depositate.
Risulta dagli atti quanto segue.
In data 19.02.2013 la odierna convenuta sporgeva denuncia nei confronti del X (doc. 1 parte attrice),
a seguito della quale quest’ultimo veniva indagato per i reati di cui agli artt. 609 bis c.p. e 527 c.p.
(procedimento n. 1052/2013 R.G.N.R., Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma)
nonché sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari nel luogo di residenza con divieto
di allontanarsi o di comunicare personalmente o con qualsiasi altro mezzo con persone diverse da
quelle che lo assistevano o che con lui convivevano senza autorizzazione del giudice (cfr. ordinanza
GIP 01.03.2013, doc. 2 parte attrice).
Detta misura, al termine delle indagini, veniva revocata dal GIP (provvedimento del 24.05.2013, doc.
4 parte attrice) e veniva altresì disposta l’archiviazione del procedimento. In particolare,
l’archiviazione e la revoca della misura cautelare erano state chieste dal P.M. sulla base del fatto che
non vi erano “elementi idonei a sostenere fondatamente l’accusa in giudizio” in quanto “la verifica
dell’attendibilità intrinseca del racconto della persona offesa che ha più volte cambiato la versione
dei fatti, ha dato esito negativo in quanto non si ritiene possa essere idonea a sostenere l’accusa in
giudizio. […] Peraltro, l’atteggiamento della persona offesa che più volte ha avuto occasione di
riferire l’accaduto alla P.G. ed all’A.G. e che, nonostante contestazioni precise, ha reiterato una
versione dei fatti inconciliabile con i riscontri oggettivi acquisiti, per poi modificarla da ultimo, circa
tre mesi dopo l’iniziale denuncia, non conferisce a dette dichiarazioni un’intrinseca attendibilità
idonea a sostenere l’accusa in giudizio” (doc. 3 attore).
Nella denuncia querela inizialmente sporta Y aveva dichiarato:
a) di essersi iscritta al sito di incontri BADOO a scopo di amicizia e di aver iniziato a chattare di cose
generiche di poca importanza con ‘umbipr’, che si definiva un ragazzo di 32 anni di *** di nome ***;
b) di aver ricevuto giovedì 07.02.2013 una telefonata sul proprio cellulare da un numero di telefono
non salvato in rubrica, di non aver risposto e di avergli poi inviato un sms per chiedere chi fosse;
c) che le veniva risposto che si trattava di ***, e che da quel momento avevano iniziato a sentirsi
tramite sms in particolare nel pomeriggio dopo le ore 15.00, inizialmente di cose banali;
d) che il giorno 11.02.2013 percorreva una strada di *** e riceveva una telefonata da X che le diceva:
‘sei carina in mezzo alla strada, puoi fermarti a fumare una sigaretta?’, di essersi girata e di aver
notato dietro di lei a bordo di una autovettura, probabilmente una Mercedes di colore grigio, un
ragazzo alla guida che la salutava con la mano, lei non si fermava e al telefono gli rispondeva che
non aveva voglia di fermarsi e chiudeva la conversazione;
e) di aver ricevuto la sera stessa il seguente sms ‘avrei voluto che tu mi facessi una sega, sono eccitato,
sono sul divano. Se vuoi trovo una scusa per uscire, basta che mi fai un pompino, a me piace stare
sopra e mi piace leccare’;
f) che rispondeva di smettere e non continuare e che il numero di messaggi scambiati era stato
notevole;
g) di essere uscita il giorno successivo, 12.02.2013, verso le ore 16.00, col proprio cane al guinzaglio,
raggiungendo l’ingresso del GOLF CLUB;
h) di aver lasciato libero il cane a scorrazzare sulla neve rimanendo ad osservarlo ascoltando la
musica con gli auricolari del telefono, rivolta verso la campagna;
i) che ad un tratto si era sentita toccare sulla spalla sinistra e voltatasi riconosceva X, che la afferrava
al bavero del giubbotto e alla sciarpa e senza dire nulla la trascinava con forza verso la sua
autovettura che si trovava proprio dietro, parcheggiata all’interno del citato ingresso al campo da
golf;
j) che lei non lo aveva udito arrivare in ragione del fatto che indossava gli auricolari e ascoltava della
musica;
k) che X la spingeva all’interno dell’auto sul sedile del passeggero anteriore che aveva già lo
schienale abbassato e la portiera già aperta, che le saliva sopra e cercava di abbassarle la zip del
giubbotto, ma lei opponeva resistenza per quanto possibile, che, malgrado lei cercasse di
divincolarsi, lui cercava di abbassarle i pantaloni della tuta, riuscendo a sfilarle parzialmente sia i
pantaloni della tuta che le mutande;
l) che X, tenendola con una mano, con l’altra si sbottonava i jeans davanti e estraeva il pene in
erezione, allargando dall’interno le sue gambe e la penetrava, aiutandosi con la mano, e dopo essersi
dimenato per un po’ tirava fuori il pene dalla vagina, si avvicinava con il pene al suo viso e,
afferratale la testa con una mano, la obbligava ad avere un rapporto orale e quindi introduceva il
suo pene nella sua bocca e le eiaculava in bocca;
m) che a quel punto X si spostava verso il volante, apriva la portiera della macchina e la gettava fuori
dandole una spinta coi piedi;
n) che lei rovinava a terra, si alzava e rivestiva frettolosamente e scappava sulla strada di via Valline
per raggiungere la località Maiatico;
o) che verso le ore 19.00, raggiungeva la sua abitazione, entrava in casa e nulla raccontava ai genitori;
p) di ricordare che nel momento in cui veniva gettata fuori dalla macchina, il suo cane era rimasto
ad attenderla e nei momenti in cui si trovava all’interno della macchina, lo sentiva che cercava di
arrampicarsi sull’autovettura;
q) di aver telefonato al proprio dottore ginecologo *** per comunicargli di aver subìto una violenza
sessuale e che aveva dolori alla vagina, che il medico le riferiva che era impegnato e di andare da lui
il giorno dopo;
r) che giunta a casa non ne parlava con nessuno, si lavava e lavava i vestiti affinché i suoi familiari
non si accorgessero di nulla;
s) che il giorno successivo il ginecologo, essendo trattenuto per un impegno a Parma, aveva dovuto
rinviare la visita a giovedì 14.02.2012, riservandosi di stilare un certificato qualora avesse sporto
denuncia;
t) di aver cancellato tutti gli sms con X in quanto essendo fidanzata non voleva compromettere la
relazione.
Il 26.02.2013, sentita nuovamente a s.i., la Y dichiarava di non sapere come il X fosse venuto in
possesso del suo numero di cellulare e che le conversazioni con lo stesso erano sempre rimaste sul
generico, negando di aver mai accettato di incontrarlo e che lo stesso invece le mandava messaggi
nei quali manifestava l’intenzione di compiere atti sessuali con la stessa.
A seguito dell’espletamento di ulteriori indagini la Procura si determinava a chiedere
l’archiviazione.
Nella richiesta di archiviazione si legge: “il presente fascicolo trae le mosse da una dettagliata
denuncia-querela […] della persona offesa […] inizialmente i riscontri acquisiti confermavano la
versione della Y […]: un referto medico del dr. *** che le diagnosticava la presenza di aree abrasive
con secrezioni biancastre a livello dei genitali esterni in regione vulvare (anche il dr. ***, escusso a
s.i., confermava di essere stato contattato dalla Y nell’immediatezza dell’asserita violenza); taluni
sms inoltrati dal X alla Y all’atto della stesura della denuncia-querela che confermavano
l’intervenuto rapporto sessuale; le sommarie informazioni di *** che confermavano la versione data
dalla Y in quanto dalla stessa riferita loro, nonché le ulteriori dichiarazioni rilasciate dalla Y in sede
di sommarie informazioni del 26 febbraio ove precisava, in senso confermativo, quanto in
precedenza narrato; […] invero, in sede di interrogatorio di garanzia, il X rilasciava talune
dichiarazioni che minavano la credibilità della versione della persona offesa; in particolare, pur
ammettendo il rapporto sessuale, asseriva come lo stesso fosse stato pienamente consenziente ed
avvenuto all’interno dell’abitazione della Y. Quest’ufficio […] predisponeva apposito fascicolo
fotografico contenente numerose fotografie dell’abitazione della Y. […] venivano richieste al X talune
precisazioni relative ai dettagli dell’abitazione che in effetti risultavano noti all’indagato; la difesa
del X produceva inoltre documentazione attestante l’utilizzo dell’autovettura MERCEDES […] da
parte del padre dell’indagato […] il giorno 12 febbraio 2013, data dell’asserita violenza sessuale e
data in cui il predetto si era recato con l’autovettura […] in Livorno [..] veniva acquisita attraverso la
Polizia Postale copia delle conversazioni intrattenute tra la Y e il X sulla chat del sito www.badoo.it
dalla quale emergeva un reciproco scambio di battute a sfondo sessuale finalizzato a successivo
incontro […] veniva nuovamente escussa a sommarie informazioni Y che, in data 20.02.2013,
nonostante talune contestazioni sollevate […] confermava integralmente la versione in precedenza
rilasciata, pur modificando parzialmente gli orari dei fatti; venivano acquisiti e sviluppati dalla P.G.
operante con relazione depositata in data 15 maggio 2013 i tabulati telefonici delle utenze dei
soggetti coinvolti: emergevano così numerose discrasie con la versione dei fatti data dalla persona
offesa che, invero, coincidevano con le dichiarazioni date dall’indagato in sede di interrogatorio […]
si procedeva pertanto ad escutere nuovamente a sommarie informazioni la persona offesa che in
data 22 maggio 2013 forniva una nuova versione dei fatti: pur confermando di essere stata vittima
di violenza sessuale, riferiva che i fatti erano avvenuti all’interno della sua abitazione e non
all’interno dell’autovettura […]”.
In particolare, nelle sommarie informazioni del 22.05.2013 la stessa dichiarava: “[..] ho omesso taluni
dettagli per timore del rapporto con il mio fidanzato e per i miei genitori che la pensano molto
all’antica […] preciso soltanto che i numeri di telefono ce li siamo scambiati sul sito badoo e dopo i
contatti sono avvenuti o tramite sms o tramite chiamate […]”. Alla domanda ‘chi ha preso l’iniziativa
di incontrarvi di persona?’ ha risposto: “lui ha insistito molte volte; io all’inizio gli ho detto molte
volte no e poi l’11/02/2012, siccome i miei genitori erano a lavoro ed io ero a casa, dopo aver lavorato
fino alle ore 13.00, ci siamo messi d’accordo per conoscerci quel giorno. Ci siamo visti vicino al
supermercato Coop ed abbiamo fumato insieme una sigaretta. Siamo stati insieme circa una decina
di minuti e poi ci siamo salutati, (il 12.02.2013) ho invitato X a bere un caffè a casa mia. Da parte mia
non c’erano intendi di questo tipo (di natura sessuale). Gli approcci di natura sessuale erano soltanto
virtuali, nella realtà non volevo altro che coltivare un rapporto di amicizia anche perché sapevo che
lui conviveva con un’altra persona”.
A seguire descriveva l’incontro in casa sua, confermando la violenza subìta e dettagliandola con
particolari differenti da quelli precedentemente dichiarati.
In sede di audizione da parte del CTU la Y ha dichiarato di aver dato il numero al X, che “un
pomeriggio, ero in casa da sola, gli ho chiesto di venire a prendere un caffè, nel 2013, sei anni fa. Lui
mi aveva proposto di vederci fuori casa, ma io mi sentivo più tranquilla in casa”, che si scambiavano
messaggi a contenuto sessuale, ma per gioco, avendolo invece rifiutato quando lui chiedeva un
amplesso, confermando che il rapporto non era stato consenziente ed affermando di aver dato una
ricostruzione diversa dal reale del solo contesto dei fatti per paura del giudizio dei familiari.
In sede di indagini e anche in sede di interrogatorio formale nel presente processo il X ha ammesso
il rapporto sessuale con la Y, affermando però la natura consenziente dello stesso
Secondo la difesa di parte convenuta la Y non avrebbe avuto la consapevolezza della falsità e della
infondatezza delle accuse, essendo quindi insussistente il dolo del reato di calunnia, stante la
condizione psico-fisica della stessa, avendo sofferto fin da giovane età di gravi problemi psichici e
cognitivi, crisi epilettiche, stati di ansia e depressione, sottoposta a cura farmacologica, anche con
antidepressivi, fin dall’età di 14 anni.
La difesa di parte convenuta ha poi aggiunto: “in questo quadro oggettivo, si possono agevolmente
immaginare i motivi per cui ella ha fornito alle Autorità versioni discordanti circa il luogo degli
accadimenti, che hanno indotto il G.I.P. a non rinviare a giudizio l’indagato. Peraltro, partendo
dall’unico dato certo emerso dalle indagini, ovvero, come abbiamo visto, che i rapporti sessuali
hanno avuto luogo tra le parti e che sono stati connotati da ‘particolare veemenza’, è comprensibile
che la Y, che si trovava in uno stato psico-fisico di estrema confusione, debolezza e fragilità, abbia
considerato come violenza tale atto sessuale”.
Tutto ciò premesso si concorda con la difesa di parte convenuta laddove la stessa afferma “Sia
consentito un commento conclusivo. L’affaire Y-X rimane avvolto da un alone di mistero”, il che è
più che frequente nei casi di violenza sessuale che si realizzano, molto spesso, in assenza di testimoni
e dove la giustizia spesso è chiamata ad accertare i fatti pressoché solo alla luce delle dichiarazioni
dei soggetti coinvolti, dei quali è pertanto essenziale verificare l’attendibilità.
Il processo non mira al raggiungimento della verità assoluta ma all’accertamento della c.d. verità
processuale, per come emergente dagli atti raccolti esaminati con la lente della regola probatoria del
caso.
Il giudicante ritiene che, secondo la regola probatoria vigente nel processo civile del più probabile
che non, dagli elementi in atti sopra richiamati si possa affermare che è più probabile la ricostruzione
dei fatti operata dall’attore, ovvero che il rapporto sessuale tra le parti sia stato consenziente.
A tal proposito, sempre nella richiesta di archiviazione si legge: “Pertanto rilevato che […] i riscontri
acquisiti, se da un lato confermavano l’esistenza di un rapporto sessuale tra la Y ed il X in data 12
febbraio 2013, peraltro connotato da peculiare veemenza (cfr. certificato medico in atti e
dichiarazioni dell’indagato in sede di interrogatorio di garanzia), d’altro canto non introducono
elementi idonei a sorreggere l’ipotesi di un rapporto con coercizione (l’incontro era stato
programmato anche dalla persona offesa, la finalità dello stesso, alla luce delle conversazioni del
sito www.badoo.it acquisite in atti, era inequivocabile, i contatti telefonici successivi ai fatti tra la Y
e X non confortano l’ipotesi di violenza sessuale. Peraltro, l’atteggiamento della persona offesa che
più volte ha avuto occasione di riferire l’accaduto alla PG ed all’AG e che, nonostante contestazioni
precise, ha reiterato una versione dei fatti inconciliabile con i riscontri oggettivi acquisiti, per poi
modificarla da ultimo, circa tre mesi dopo l’iniziale denuncia, non conferisce a dette dichiarazioni
un’intrinseca attendibilità […J”.
In particolare, posto che certamente ogni persona, pur avendo scambiato messaggi a contenuto
sessuale, ha sempre il diritto di determinarsi in senso contrario secondo una sua libera scelta, in
questa sede l’unico elemento a favore della dedotta coercizione risultano essere le dichiarazioni della
Y che, sia in sede penale, che in questa sede, si sono dimostrate contraddittorie e inattendibili,
militando tutti gli altri elementi in senso contrario.
A detta conclusione non osta la mancata iscrizione per calunnia della Y nel registro degli indagati,
posta (a) l’autonomia dei due processi; (b) la circostanza che le valutazioni da effettuarsi in sede
penale soggiacciono a una diversa regola probatoria, più rigorosa, che deve reggere con riferimento
a tutti gli elementi della fattispecie di reato prevista.
Considerato che la Y è stata parte del più che probabile rapporto consenziente, non si ritiene
confacente la giurisprudenza citata da parte convenuta secondo la quale la archiviazione di una
denuncia non può condurre ad alcun risarcimento del danno nei confronti del denunciato, con le
specificazioni di cui infra con riferimento alla incapacità della Y di comprendere il momento dedotta
dalla difesa della stessa.
A tal proposito, difatti, la difesa di parte convenuta ha affermato l’insussistenza del dolo del reato
di calunnia in quanto la Y non avrebbe avuto la consapevolezza della falsità e della infondatezza
delle accuse, essendo la stessa afflitta da gravi problemi psichici e cognitivi, crisi epilettiche, stati di
ansia e depressione, sottoposta a cura farmacologica, anche con antidepressivi, fin dall’età di 14 anni
e che pertanto, trovandosi in uno stato psico-fisico di estrema confusione, debolezza e fragilità, abbia
considerato come violenza tale atto sessuale.
Stante la specifica fattispecie in esame, ritiene la scrivente che sostenere che la Y non si sarebbe resa
conto della falsità delle accuse più che alla mancanza del dolo del reato di calunnia si riferisca ad
una incapacità della Y di comprendere e determinarsi dal punto di vista sessuale (ndr. incapacità di
intendere e di volere).
A tal proposito, deve esaminarsi la relazione della CTU dr.ssa LESTINGI.
Analizzata dettagliatamente la documentazione, sanitaria e non, in atti, ed eseguiti test specifici, la
CTU ha esposto le seguenti considerazioni: “In un’ottica di ricostruzione della storia globale della
paziente, si può asserire che ella sia nata in un contesto di vita povero sul profilo degli stimoli
culturali. Per questo motivo, nel test di Intelligenza Wais, somministrato presso uno dei più
autorevoli Istituti neurologici italiani, il Carlo Besta di Milano, veniva riscontrato un livello cognitivo
nella norma, con un punteggio totale di 90, ma con dei risultati inferiori nelle prove verbali rispetto
alle prove di performance, in particolare con deficit nell’area delle Informazioni Generali, che
servono a valutare alcune nozioni culturali. Nel 2009, quando la perizianda aveva 14 anni, sarebbe
esordita all’improvviso una crisi epilettica parziale secondariamente generalizzata, con perdita di
coscienza. Da allora la Y è stata sottoposta a terapie farmacologiche e ad alcuni accertamenti
strumentali. […] In altri termini la ragazza sarebbe stata affetta da una forma Criptogenetica, ossia
da un tipo di patologia epilettiforme senza una causa organica precisa e semiologicamente non
definibile nell’ambito delle classificazioni comiziali più comuni.
L’insorgenza del disturbo e tutto il sofferto percorso del trattamento farmacologico, hanno
modificato l’esistenza della Y in senso peggiorativo. I familiari sono diventati molto protettivi, la
ragazza si è sentita particolarmente fragile. Bisogna ricordare che l’esordio dei sintomi neurologici
in adolescenza ha influenzato lo sviluppo evolutivo del soggetto. Infatti, uno dei cosiddetti ‘compiti
evolutivi’ (Charmet, 2012) dell’adolescenza è caratterizzato proprio dai processi di mentalizzazione
del corpo. In tal senso, la Y si è trovata a dover sperimentare un’improvvisa sensazione di precarietà
e fragilità esistenziale, in quanto le crisi si manifestavano senza una causa precisa e venivano vissute
con senso di pericolo ed estrema apprensione.
La documentazione sanitaria propende inizialmente per la presenza di un disturbo ansioso-
depressivo reattivo, provocato proprio dall’insieme di vissuti d’impotenza e sofferenza scatenati
dalle crisi. […] Si potrebbe essere sviluppata una forma sovrapposta di istero-epilessia, un quadro
sindromico che presenta caratteristiche funzionali. La letteratura scientifica recente (Devinsky, 2011)
parla di convulsioni psicogene non epilettiche, le quali sono avvenimenti rassomiglianti alle crisi
epilettiche ma prive della caratteristica scarica elettrica associata all’epilessia, le cosiddette PNES.
Esse sono crisi presenti sia in soggetti con epilessia vera ,che in soggetti con disturbi di personalità
o altre patologie psichiatriche (in genere disturbi istrionici o borderline). […] Nella ricostruzione
anamnestica si può evidenziare che la perizianda fosse trattata proprio come persona malata e
bisognosa di protezione. La strutturazione dell’Io si è sviluppata, a partire dalla prima adolescenza,
in maniera deficitaria e con una preponderanza di istanze regressive rispetto a quelle di autonomia.
Ancora adesso gli indici psicodiagnostici confermano la fragilità identitaria del soggetto, strutturata
in modo autoreferenziale e carente sul profilo delle relazioni oggettuali e della capacità di
rapportarsi con l’ambiente esterno. Per tale motivo nel corso della crescita, si è sviluppato un quadro
sindromico anche di tipo psichiatrico, definito come ‘sindrome ansioso-depressiva’ reattiva alla
patologia neurologica. […] In particolar modo la paziente sembrava spaventata dalle situazioni nelle
quali doveva assumere delle responsabilità e nelle quali per forza di cose doveva svolgere dei
compiti inerenti l’adultità. La autorappresentazione simbolica dell’Io era invece imperniata su una
concezione di insicurezza, bassa autostima, incapacità organizzativa.
Per quanto concerne gli aspetti meramente psicologici la paziente era seguita da una psicologa che
è deceduta da qualche tempo. Agli atti è presente una sola relazione scritta della psichiatra Molè,
per cui non è possibile ricostruire tale percorso di supporto in modo oggettivo e verificare la
presenza di una ipotesi diagnostica e psicopatologica nel periodo relativo al quesito (2013). […] È
stata fatta una diagnosi descrittiva di sindrome ansioso-depressiva, inizialmente reattiva alla
patologia epilettica. Alcuni professionisti, tipo la dott.ssa Zinelli del CSM di Langhirano, hanno
ipotizzato la presenza di un disturbo depressivo primario coesistente con quello neurologico. Sono
anche stati fatti alcuni accenni alla presenza di un disturbo di personalità misto, sempre su base
descrittiva. […] La Molè ha visitato la paziente nel 2013, poco tempo dopo l’evento traumatico. Nel
certificato ella riportava la presenza di una diagnosi di Disturbo dell’Umore e di Disturbo di
Personalità NAS, senza ulteriori accertamenti psicodiagnostici. Dai racconti della perizianda e dai
certificati sanitari emerge in ogni caso il dato che il livello di Funzionamento effettivo del soggetto
fosse inferiore rispetto alle aspettative tipiche della sua età. […]
Rispetto al legame con il sig. X la perizianda dice di averlo conosciuto su un sito per persone single,
non molto tempo prima del febbraio 2013. La Y racconta della nascita di una progressiva curiosità
nei suoi confronti, sempre tramite comunicazioni telematiche. La relazione epistolare tramite mail
sarebbe persistita nonostante il fatto che la Y avesse instaurato in precedenza un legame affettivo
con l’uomo che poi l’avrebbe sposata. Non è possibile comprendere in modo specifico l’assetto
psicopatologico della ragazza nel periodo della relazione virtuale con X. Si potrebbe arguire che le
tematiche emotive che hanno alimentato il rapporto epistolare siano state connotate dal desiderio di
trasgressione e di generico bisogno di riconoscimento narcisistico, finalizzato al rinforzo dell’Io e
dell’identità di genere. Probabilmente quando la conoscenza virtuale è avvenuta fattivamente e si è
trasformata in qualcos’altro, sono scattate dinamiche psicologiche ed aspettative divergenti ed
incontrollabili. […] La documentazione sanitaria non permette di ricostruire lo status psichico della
Y, essendo esigua e redatta da uno specialista privato.
RISPOSTA AL QUESITO DEL GIUDICE
La perizianda appare affetta una forma di Epilessia parziale secondariamente generalizzata
verosimilmente criptogenetica e semiologicamente non definibile, esordita in età adolescenziale (14
anni). Da allora il soggetto manifesta crisi convulsive occasionali, slatentizzate da situazioni
stressanti o ansiogene. Il trattamento farmacologico anticomiziale persiste da anni e non evita il
ripresentarsi delle crisi. Il profilo cognitivo è nella norma; l’intelligenza è prevalentemente di tipo
concreto e presenta problematiche di elaborazione dei concetti e di capacità di astrazione dovuta al
basso livello culturale
Sul versante psichiatrico la perizianda è affetta da una sindrome ansioso-depressiva che è stata
considerata reattiva alla condizione Medica Generale secondo DSM IV TR, ossia Disturbo
dell’Umore dovuto alla Condizione Medica generale e Disturbo di personalità NAS nell’anno 2013
in base alle osservazioni di una specialista psichiatra. Tale diagnosi non permette di stabilire
l’effettivo grado di incapacità di intendere, intesa come capacità di comprendere il valore delle
proprie azioni e quella di volere, intesa come capacità di autodeterminarsi, nel periodo al quale si
riferisce, ossia nei mesi di dicembre 2012, gennaio e febbraio 2013, periodo nel quale ci sarebbe stata
la relazione con il sig. X (soltanto ‘virtuale’ tramite mezzi telematici, tranne che nel giorno 12 febbraio
2013 secondo l’ultima dichiarazione in sede giuridica).
L’assetto psicologico attuale del soggetto depone per la presenza di una struttura di personalità
fragile ed immatura, con problematiche relazionali insorte sin dall’età infantile”
Sentita a chiarimenti all’udienza del 06.02.2020, la CTU ha aggiunto: “I disturbi che ho riscontrato
ed esposto nella relazione non comportano in astratto necessariamente una incapacità di intendere
e di volere, nel caso concreto come ho già specificato non è possibile valutare la sussistenza o meno
della capacità al tempo dei fatti. […]”.
Interessanti a tal proposito anche le specificazioni rese in quella sede dai CC.TT.PP., di seguito
riportate: CTP DR. F. “mi riporto alle osservazioni già fatte e preciso che nessuna delle patologie
indicate nelle certificazioni prodotte è tale da comportare un vizio di mente anche solo parziale e da
inficiare la capacità di intendere e di volere. Il fatto che in quel periodo la Y non avesse eseguito
visite di controllo conduce ad affermare con elevato grado di probabilità che la stessa in quel periodo
non ne avesse bisogno”. CTP PROF. T. “condivido le conclusioni della dr.ssa LESTINGI essendo
difficile capire da un punto di vista psichiatrico forense la connessione tra un disturbo mentale ed
un fatto. La circostanza di recarsi o meno a una visita è un indicatore, ma non è sufficiente a fare una
valutazione. Con lo stesso tipo di patologia per un certo tipo di comportamento si può essere capaci,
e per un altro tipo di comportamento si può non esserlo. La Y nel suo percorso esistenziale ha avuto
qualche inclinatura ma che questo possa essere messo in relazione con una incapacità non è provato,
ma neppure si può escludere. In astratto bisogna verificare se c’è una relazione diretta tra l’azione e
la psicopatologia. Ad esempio: se uno schizofrenico sente una voce che gli dice di uccidere la cassiera
e la uccide potrebbe dimostrarsi la relazione tra il picco di disturbo e l’alterazione del processo
psichico e quel comportamento specifico, diversamente non è detto che se lo schizofrenico entra nel
supermercato e commette un furto non sia in grado di capire il disvalore dello stesso. Nel caso di
specie non abbiamo evidenze né in un senso, né nell’altro ovvero che vi sia stato o no un processo
che abbia inciso sulla capacità di intendere e di volere con riferimento alla denuncia. Il dubbio può
legittimamente rimanere in quanto vi sono una serie di elementi in una vicenda turbante di per sé e
che hanno coinvolto in una persona di particolare fragilità e con le problematiche esposte dalla CTU
e in relazione alla quale esiste una documentazione nel corso degli anni che evidenzia dei disturbi
psicopatologici”.
Risulta pertanto scientificamente impossibile, secondo la CTU, ed anche secondo il CT di parte
convenuta, stabilire se la Y fosse capace di intendere e di volere negli eventi per cui è causa.
In ambito giuridico, sussistendo il divieto di non liquet, soccorrono pertanto i criteri di riparto
dell’onere della prova e la regola probatoria vigente nel processo civile.
Per quanto riguarda l’onere della prova, si evidenzia che, raggiunta la maggiore età, le persone sono
presunte capaci di intendere e di volere, potendo però dimostrarsi il contrario.
Nel caso di specie, ad avviso della scrivente, non sono stati raccolti elementi contrari sufficienti
giacché non vi è documentazione medica del periodo ed i disturbi riscontrati dalla CTU non
comportano in astratto necessariamente una incapacità di intendere e di volere. Lo stesso CT di parte
convenuta ha inoltre specificato che è “difficile capire da un punto di vista psichiatrico forense la
connessione tra un disturbo mentale ed un fatto” e che “con lo stesso tipo di patologia per un certo
tipo di comportamento si può essere capaci, e per un altro tipo di comportamento si può non
esserlo”.
In particolare, non è emerso alcun elemento per deponga per una incapacità della Y di comprendere
l’atto sessuale, esprimere un consenso consapevole e di determinarsi in tal senso. Ciò pertanto
esclude una corresponsabilità dell’attore ai sensi dell’art 1227 c.c.
Inoltre, nessun elemento depone per una incapacità della Y al momento della denuncia, ove anzi la
stessa ha reso una versione dei fatti con particolari dettagliati inventati al successivamente dichiarato
scopo di non far sapere ai propri familiari che aveva invitato il X a casa.
Ciò premesso, per quanto riguarda il danno non patrimoniale richiesto si evidenzia che il danno
morale, consistendo in “una sofferenza interna del soggetto, esso, da una parte non è accertabile con
metodi scientifici, e dall’altra, come per tutti i moti dell’animo, solo quando assume connotazioni
eclatanti può essere provato in modo diretto, non escludendosi, però, che, il più delle volte, esso
possa essere accertato in base a indizi e presunzioni che, anche da soli, se del caso, possono essere
decisivi ai fini della sua configurabilità” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 3 aprile 2008, n. 8546). Inoltre, il danno
all’immagine “non è ‘in re ipsa’, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse
tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesioni, sicché la sussistenza di siffatto
nocumento deve essere oggetto di prova, anche attraverso presunzioni” (cfr. Cass. Sez. 1, sent.
16/04/2018 n. 9385).
Secondo comuni massime di esperienza e l’id quod plerumque accidit, gli effetti di una più che
probabile infondata denuncia di violenza sessuale sono devastanti per la vita dell’indagato.
A tal proposito, si rileva inoltre che i testi sentiti all’udienza del 01.10.2020 sui capitoli di cui alla
memoria istruttoria di parte attrice hanno dichiarato quanto segue.
D.S.C.: “Cap. 14 confermo. Io ero la titolare del BAR GLUTTONY. Lì ho sentito che la Y al bar
raccontava sempre che era stata violentata dal X. Raccontandolo è diventato l’argomento del
momento, sia che la Y ci fosse sia che non ci fosse. La Y ne parlava ad alta voce al bar. Ne ha parlato
anche con me, penso di essere stata la prima. Cap. 16 confermo. Diciamo che si vedeva un po’ meno.
Se non ricordo male avevo saputo che il X non poteva avvicinarsi alla Y più di un tot, ricordo una
sera che X era al bar e avevo avvisato la Y di non venire perché c’era X che era arrivato prima di lei.
In quella occasione ricordo che invece lei è venuta col fratello e il moroso ed ha chiamato i
Carabinieri, pur avendo saputo da me che X era già lì da prima che arrivasse lei”. “ADR AVV.
FABBRI preciso che X che frequentava il mio bar prima praticamente sempre, dopo gli eventi che ho
riferito è venuto raramente. Ovvio che io non giravo nel paese continuamente, ma sapevo dai clienti
che venivano al bar che lui non si faceva più tanto vedere in giro per ***. Cap. 20 ho già risposto. È
stato l’argomento principale di cui si parlava al bar”.
M. I.: “Cap. 13 confermo. Preciso che io e il X eravamo vicini di casa. Lui però fece i domiciliari dai
suoi genitori a quello che so, sua mamma parlava con mia mamma, che si chiama LISA BURALDI,
e parlando è venuto fuori che era disoccupato. Ho saputo che era disoccupato da mia mamma, io
ero piccola”. ADR non ricordo per quanto tempo è stato disoccupato, io avevo 14/15 anni”. Cap. 17
confermo, dopo i domiciliari per la denuncia della Y si parlava in paese della denuncia e so che X si
era trasferito in quanto prima eravamo vicini di casa”.
L. B.: “Cap. 13 non mi ricordo di preciso. Mi ricordo poco, ricordo che è rimasto per un po’ di tempo
fermo dal lavoro. Ho saputo che era rimasto fermo dal lavoro tramite la mamma del X, RENATA,
non ricordo il cognome. Cap.17 non ricordo la data ma ricordo che ha cercato casa a FORNOVO e si
è trasferito lì, l’ho saputo da lui”.
F. I.: “Cap. 16 confermo, io abito a *** e frequento i bar della città. Sentivo parlare dell’argomento
della Y, dopo che era venuto fuori detto argomento ho visto poco il X. Prima lo trovavo spesso al
GLUTTONY che è un bar di ***, dopo l’ho visto forse solo una volta in quel bar col cane. Cap. 20
sono passati tanti anni, mi ricordo a stento ma ricordo che parlavano di questa vicenda, che è stata
ingrandita. ADR Giudice chi ne parlava? Spesso ne parlava il fratello della sig.ra Y di lei al bar in
piazza. Non ho sentito altre persone che ne parlavano quando c’ero io. ADR Avv. Galvani: ho sentito
che il fratello della Y che ne parlava sia prima del trasferimento del X, sia successivamente al suo
trasferimento a FORNOVO”.
Dai documenti prodotti inoltre si evince che il X aveva in corso per l’anno 2013 contratto di
consulenza commerciale con la società studio G.R. a r.l. dalla quale quest’ultima è receduta per le
vicende penali che hanno coinvolto l’odierno attore (cfr. doc. 5 e 6 parte attrice).
Nella fattispecie, pertanto, da un lato, secondo comuni massime di esperienza può ben sostenersi
che un soggetto si trovi in uno stato transeunte di turbamento per essere accusato di un reato
infamante quale è la violenza sessuale, dall’altro, risulta che ne sia uscita lesa l’immagine
dell’odierno attore, il quale si è trovato in difficoltà a frequentare il bar di paese ed ha preferito
cambiare abitazione. Inoltre, stante la misura cautelare degli arresti domiciliari, è venuta a
conoscenza dell’accusa anche la società con cui il X collaborava, il che ha condotto al recesso in
tronco del rapporto di collaborazione in corso d’anno (cfr. doc. 6 parte attrice).
Ciò posto, considerate: (a) la pesantezza dell’accusa; (b) che la stessa si è diffusa nei confronti di
persone vicine all’attore, concittadini, ed anche al proprio datore di lavoro; (c) la compromissione
della libertà personale, si ritiene equo quantificare il danno non patrimoniale, sia per danno morale,
che per danno all’immagine, in complessivi € 30.000,00.
Per quanto riguarda il danno patrimoniale, dai documenti prodotti si evince: (a) che il X aveva in
corso per l’anno 2013 contratto di consulenza commerciale con la società studio G.R. a r.l. dalla quale
quest’ultima è receduta per le vicende penali che hanno coinvolto l’odierno attore (cfr. docc. 5 e 6
parte attrice); (b) che nel corso dell’anno precedente lo stesso aveva fatturato le somme di cui ai
documenti 7 e 21 prodotti da parte attrice.
Tenuto conto che non vi è alcun elemento da cui potersi evincere che il contratto annuale sarebbe
stato rinnovato anche per il 2014, si ritiene di riconoscere una media delle somme nette percepite
l’anno precedente per 11 mesi, pari ad € 8.811,45 da cui operare una riduzione del 23%, tenuto conto
della presumibile tassazione, pertanto per € 6.784,82.
Sulla somma capitale, debito di valore in quanto posta risarcitoria, vanno conteggiati, previa
devalutazione per il risarcimento del danno non patrimoniale, rivalutazione ed interessi al tasso
legale (cfr. “In tema di risarcimento del danno, la liquidazione va effettuata in valori monetari attuali,
per cui il riconoscimento degli interessi legali sulle somme rivalutate non richiede una espressa
domanda dell’interessato, che resta inclusa in quella di integrale risarcimento inizialmente proposta.
Ne consegue che la richiesta avanzata per la prima volta in appello non viola l’art. 345 c.p.c., atteso
che nei debiti di valore il riconoscimento degli interessi c.d. compensativi costituisce una modalità
liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice far ricorso con il limite
dell’impossibilità di calcolarli sulle somme integralmente rivalutate alla data dell’illecito, e che
l’esplicita richiesta deve intendersi esclusivamente riferita al valore monetario attuale ed
all’indennizzo del lucro cessante per la ritardata percezione dell’equivalente in denaro del danno
patito” – Sez. 3, Sentenza n. 25615 del 21/12/2015, Rv. 638300 – 01), che per pacifica giurisprudenza
decorrono dal momento del fatto, id est 19.02.2013, sulla somma via via rivalutata e sino alla
pubblicazione della presente sentenza (cfr. Cass. Sez. Un. n. 1712/1995 e la mai contrastata successiva
giurisprudenza di legittimità). Dalla pubblicazione della decisione, a seguito della liquidazione del
risarcimento, la obbligazione assume la natura di obbligazione di valuta, pertanto decorrono i soli
interessi al tasso legale sino al saldo effettivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo, anche per la fase di
negoziazione assistita.
Le spese di CTU devono essere poste a carico di parte convenuta. Non risulta depositata
documentazione attestante le spese di CTP.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita,
così dispone:
accertata ex art. 2043 c.c. la responsabilità dell’evento per cui è causa e dei danni ad esso conseguenti
come indicati in narrativa a carico di Y , condanna Y a corrispondere a X € 30.000,00 a titolo di
risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi al tasso legale sulla somma devalutata al
19.02.2013 e rivalutata di anno in anno dal 19.02.2013 al giorno di pubblicazione della sentenza,
nonché € 6.784,82 oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT e gli interessi al tasso legale
sulla somma di anno in anno rivalutata, dal 19.02.2013 al giorno di pubblicazione della sentenza, a
titolo di risarcimento del danno patrimoniale;
condanna altresì Y a rimborsare a X le spese di lite, che si liquidano in € 545,00 per spese, € 8.000,00
per compensi, oltre I.V.A., C.P.A. e 15 % per spese generali
Pone definitivamente le spese di CTU a carico di Y .
IL GIUDICE
dott.ssa Elena Pisto