Circonvenzione di incapace e persona sordomuta
Tribunale Nola, sentenza 16 gennaio 2024 n. 1835
TRIBUNALE DI NOLA
GIUDICE UNICO DI PRIMO GRADO
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
Sezione Penale
Il giudice Dott.ssa Giusi Piscitelli;
alla pubblica udienza del 30.10.2023 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la
seguente
SENTENZA
nei confronti di: S.A., nato a N. (N.), il (…), residente in M. del C. (A.) alla via M. m. 35, difeso di
fiducia dagli avv.ti …
Libero-Assente
IMPUTATO
del delitto p. e p. dall’art. 643 c.p. perché, per procurare a sé ad altri un profitto, abusando dello stato
d’infermità di S.R., in ragione della sua età e del suo stato di salute (certificato dal Ministero del
Tesero – Commissione Medica Periferica per le Invalidità Civile), lo induceva a compiere atti che
comportavano effetti giuridici dannosi per il predetto, e precisamente lo induceva a farsi
sottoscrivere l’assegno postale nr (…) determinando un danno economico pari ad Euro 11.500,00.
In Nola (NA) 1124.6.2019
Con la recidiva reiterata
Svolgimento del processo
Con decreto emesso in data 23.3.2021 il GUP in sede rinviava a giudizio l’imputato S.A. innanzi a
questo Tribunale, in composizione monocratica, affinché rispondesse del reato a lui ascritto in
rubrica.
All’udienza del 6.12.2021, dichiarata l’assenza dell’imputato. In data 23.5.2022 dichiarato aperto il
dibattimento erano ammesse le prove così come richieste e si procedeva all’escussione del teste E.G.,
in servizio presso il Commissariato di PS di Nola; altresì’ era acquista documentazione tra cui
documentazione bancaria (relativa al conto intestato a S.R., copia assegno e specimen relativi al
conto banco posta) nonché documentazione medica prodotta da S.R..
In data 22.5.2023 erano escussi i testi S.L. e S.R., di cui era acquisita con il consenso delle parti la
denuncia querela sporta in data 3.7.2019 con successiva integrazione dell’11.7.2019
In data 30.10.2023 il Giudice dichiarava chiuso il dibattimento ed avevano luogo le discussioni delle
parti. Infine, all’esito della camera di consiglio, il Giudice deliberava la presente decisione, resa
pubblica mediante lettura.
Motivi della decisione
All’esito dell’istruttoria dibattimentale risulta provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la
responsabilità di S.A. per il reato a lui ascritto in rubrica.
La genesi del presente procedimento trae origine dalla denuncia querela sposta da S.R., nipote della
persona offesa S.R..
Fonti di prova sono la denuncia sporta in data 3.7.2019 – con successiva integrazione-nonché la
deposizione resa da S.R. riscontrata dalla deposizione resa dal teste S.L. nonché dalla
documentazione in atti da cui è emerso quanto segue.
Sin d’ora di evidenzia la piena credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dai testi in quanto
dotate di precisione, coerenza e concordanza.
S.R., sordomuto dalla nascita, era titolare di un conto corrente a lui intestato su cui confluiva la
pensione di invalidità.
Giova premettere che sia la denuncia querela sia la deposizione resa da S.R. nel corso del giudizio
sono state rese con l’assistenza di S.L., nipote della p.o. nonché fratello dell’imputato S.A., in quanto
S.R. utilizza un linguaggio dei segni convenzionalmente noto soltanto ai familiari più stretti e non
potendo dunque avvalersi di un esperto della lingua dei segni che non avrebbe capito il linguaggio
utilizzato da costui.
Di seguito si riporta quanto emerso dalla denuncia sporto in data 3.7.2019 da S.R..
S.R. doveva andare presso l’Ufficio Postale di Nola per chiudere il conto corrente e consegnare il
blocchetto degli assegni. Nell’occasione S.A., suo nipote, si offrì di accompagnarlo.
In data 27 giugno 2019 R. effettuava un estratto conto constatando che in data 17.6.2019 erano sti
prelevati Euro 11.500,00 tramite assegno postale n. (…).
Visto l’ammanco realizzava che il prelievo era stato effettuato da S.A. in occasione della restituzione
del blocchetto degli assegni.
Chiamato il nipote A. gli riferiva che gli aveva sottratto Euro 11.500,00 e li doveva restituire pertanto
il giorno stesso alle ore 14.30 circa, ad un appuntamento fissato con lo zio R. nel bar di fronte all’A.,
restituiva una parte della somma parti ad Euro 4.000,00 in contanti, dicendogli che il giorno dopo
gli avrebbe restituito i restanti 7.500,00 Euro. A fronte della mancata restituzione della somma, R. si
confidava con il nipote S.L. il quale, contattava in presenza di L., il fratello A. chiedendogli di
restituire il resto dei soldi; A. riferiva che l’assegno lo aveva fatto lo zio R. mettendo come beneficiano
S.A. e quindi non doveva restituire niente allo zio; L. rispondeva che se non li avesse restituiti lo zio
lo avrebbe querelato, il fratello A. rispondeva testuali parole “fate quello che volete perché lo zio è
diventato scemo” e chiudeva la telefonata.
Ad integrazione di quanto denunciato il giorno 11.7.2019 anno 2019, S.R. ulteriormente precisava
tramite l’assistenza di S.L. che dunque parla in prima persona “Premesso quanto già denunciato
precedentemente in data 03.07.2019 presso i Vostri Uffici, vorrei riferivi che sono venuto in possesso
della copia dell’assegno n. (…) di Euro 11500,00 emesso a favore di S.A. a firma di mio zio S.R. : detta
copia del titolo l’ho mostrata a mio zio, che mi ha fatto capire di non aver mai apposto la firma di
quietanza. Inoltre vi riferisco che in data 24 giugno 2019 mio fio si è recato all’Ufficio postale centrale
insieme a mio fratello S.A., in quanto la direttrice dell’Ufficio Postale chiedeva che fosse firmata una
dichiarazione di regolarità di emissione dell’assegno in parola a favore di S.A.. In detta sede , mio
zio che effettivamente firmava la dichiarazione pensava, perché indotto in errore da mio fratello ,
che stesse firmando la riconsegna del blocchetto degli assegni, atteso che effettivamente in detta sede
e circostanza consegnava il blocchetto degli assegni ,completo e mancante del solo assegno n. (…) di
Euro 11500,00 emesso a favore di S.A., A.D.R. Vorrei ribadire che mio fio non conosce l’alfabeto dei
segni , è analfabeta ed è sordomuto dalla nasata, tuttavia riesce a farsi capire con una mediazione tra
segni e suoni . —————/
A.D.R.: Il blocchetto degli assegni era nelle mani di mio fratello, perché mio fio gli aveva fatto capire
che voleva riconsegnarlo alle Poste, in quanto non gli necessitava, poiché per i prelievi utilizzava il
bancomat.A.D.R. Non ho altro da dichiarare o modificare;- A.D.R.: Vi consegno la copia del titolo in
questione e la copia della dichiarazione di regolarità dell’emissione del titolo.”.
In dibattimento S.R., confermando quanto riferito in sede di denuncia asseriva che non voleva dare
la somma di Euro 11.500 al nipote A. e che avesse apposto la firma soltanto perché tratto in inganno
dallo stesso in ordine alla disposizione patrimoniale.
Tanto che si era accordo dell’ammanco solo quando, pochi giorni dopo essersi recato all’ufficio
Postale con il nipote, egli aveva controllato il saldo del conto rendendosi conto che era stato
prosciugato.
Il teste S.L. confermava il narrato della persona offesa asserendo che lo zio R. si fosse presentato da
lui arrabbiato perché gli era stata sottratta una somma di Euro 11.500 sul conto corrente credendo
lui il responsabile. A. infatti interpellato dallo zio aveva dato la colpa al fratello.
Per quanto riferito dal S.R. al nipote, la somma era sparita dopo che egli era recato in posta
accompagnato dal nipote A.. In quella occasione, pensando di dover chiudere il conto e consegnate
il blocchetto di assegni, egli aveva firmato delle carte.
Solo dopo si era reso conto che sul conto mancava la somma di Euro 11.500.
Orbene, L. allora chiamava il fratello A., in presenza dello zio R., per comprendere cosa fosse
accaduto. A. asseriva che lo zio gli avesse prestato consapevolmente la somma, di 11.500 Euro,
perché doveva fate dei lavori e che li avrebbe restituiti. Il teste asseriva di aver creduto alla versione
dello zio R. in quanto già altre volte egli aveva erogato prestiti ad A. e non vi era stati problemi, per
cui se lo zio stavolta lamentava un ammanco era certamente perché non aveva inteso erogare alcun
prestito.
Credendo invece alle parole dello zio R., S.L. aveva accompagnato lo zio presso l’ufficio postale per
verificare in che modo l’imputato avesse prelevato la somma; ivi la direttrice, comunicando che era
stato emesso un assegno, riferiva che, prima di mettere all’incasso il titolo, avesse anche chiesto a
S.R. se riconoscesse o meno la firma ivi apposta, ricevendo risposto affermativa da S.R..
Nonostante ciò, il teste S.L. riferiva che lo zio più di una volta gli avesse ribadito che, pur avendo
messo la firma, egli non aveva compreso il significato della disposizione patrimoniale che aveva
compiuto.
Invero, nella documentazione in atti trovava conferma la circostanza che fosse stato emesso l’assegno
n. (…) dell’importo di Euro 11.500,00 datato 17.6.2019 in favore dell’imputato S.A., con firma
emissione compatibile con quella della p.o. S.R. e che, in data 24.6.2019, S.A. avesse anche confermato
per iscritto al direttore dell’ufficio postale l’emissione dell’assegno ( cfr. copia assegno e
dichiarazione di regolarità dell’emissione del titolo).
Altresì emergeva quanto alla condizione soggettiva della p.o. S.R. che egli era invalido civile per
sordomutismo (cfr. pratica di invalidità ed accertamento seduta del 3.7.96).
Tale il fatto, così come ricostruito alla luce delle dichiarazioni della p.o. S.R. nonché del teste S.L.
appaiono ampiamente credibili perché intrinsecamente coerenti, costanti nel tempo (come è dato
evincere dalla assenza di contestazioni) e, soprattutto, perché suffragate dalla documentazione,
prevalentemente bancaria, acquisita in dibattimento, appare opportuno inquadrare gli elementi di
struttura del reato di circonvenzione di incapace, oggetto degli addebiti, al fine di verificare se, nel
caso concreto, ne ricorrano gli estremi.
Preliminarmente è utile osservare come la fattispecie disciplinata dall’art. 643 del codice penale
rientri tra i delitti “a soggetto passivo qualificato” (o “qualificati dal soggetto passivo”), nei quali
l’interesse tutelato fa capo soltanto a determinate categorie di soggetti: come noto, in questi casi la
norma penale richiede, ai fini dell’integrazione della fattispecie tipica, una particolare qualità o
qualifica, naturalistica o giuridica, della persona offesa4. Ebbene, l’art. 643 c.p. menziona
espressamente tre categorie di soggetti passivi, connotati da altrettanti specifici status’, minori,
infermi di mente e deficienti psichici.
Quindi La fattispecie incriminatrice de qua vertitur richiede, in primo luogo, che il soggetto passivo
sia una persona minore ovvero affetta da infermità o deficienza psichica. Limitandoci ad enuclearne
la definizione, per “deficienza psichica” generalmente si intende una stato di minorazione della sfera
intellettiva, volitiva o affettiva produttivo di un effetto deviante dal pensiero critico (come detto, non
necessariamente fondato su cause patologiche od ambientali), che influisce sulla realizzazione
dell’azione. Dunque, sinteticamente, una (generica) situazione di “minorata difesa psichica”,
suscettibile di esplicare un effetto turbatore della funzione volitiva, tale da favorire la realizzazione
dell’azione criminosa da parte dell’agente, rendendo più agevole l’altrui opera di suggestione.
All’interno del concetto vengono fatte rientrare le situazioni più disparate, inglobando finanche
condizioni psichiche di minore portata o meramente transitorie (come vedremo a breve, tale
circostanza si rivelerà molto utile ai fini della nostra indagine). Si è parlato, specialmente in
giurisprudenza, di idee deliranti di gelosia o di persecuzione, emarginazione ambientale, rusticitas,
infermità fisiche, crisi di astinenza del tossicodipendente, sordomutismo, debolezze caratteriali,
forme depressive e manifestazioni emozionali collegate alla vecchiaia, e, in generale di ogni altra
analoga situazione che si presti agli abusi, purché idonea ad escludere la capacità del circonvenuto
di avere cura dei propri interessi.
Nel caso in esame, la parte offesa, S.R., può essere certamente considerata affetta da deficit psichico
in quanto sordomuta dalla nascita.
Questa condizione soggettiva è sufficientemente provata, oltre che dalla documentazione medica in
atti, da ulteriori riscontri emersi in dibattimento. A supporto, si evidenzia la testimonianza resa dal
nipote S.L. il quale dichiara in dibattimento che S.R., pur essendo in grado di attendere alle spese
quotidiane, avesse bisogno di essere accudito dai nipoti, soprattutto quando doveva comunicare con
terzi in quanto soltanto i familiari riuscivano a comprendere cosa dicesse.
Tale situazione assume particolare rilevanza nei cd. delitti di cooperazione con la vittima –
come è quello in esame – presupponenti un rapporto interattivo tra ‘incube’ e ‘succube’: la resistenza
della vittima inferma, infatti, può risultare ancor più scemata nei confronti di persone con le quali vi
sia un legame di fiducia, come quello che caratterizzava S.R. e l’imputato S.A..
Nucleo essenziale della fattispecie criminosa è, poi, il compimento di un atto ”’che importi qualsiasi
effetto giuridico … dannoso” per la vittima o per terze persone. Nonostante non ci sia unanimità di
vedute sul punto, tali effetti giuridici devono – ad avviso di chi scrive – causare alla vittima del reato
un danno di natura patrimoniale, poiché la sistematica del codice include l’art. 643 c.p. nella
categoria dei delitti contro il patrimonio.
Fatta questa premessa, l’analisi delle movimentazioni bancarie del conto corrente correlato intestato
alla p.o. – acquisite agli atti del procedimento – mostra con chiara evidenza che S.R. ha subito un
pregiudizio patrimoniale di rilevante entità: infatti, l’estratto conto, che in data 17.6.2019 era
addebitata sul conto la somma di Euro 11.500,00 per pagamento dell’assegno n.(…), in favore di A.S.;
somma che costruiva l’importo complessivo dei risparmi posseduti dallo S.R..
Altro requisito di struttura del reato in contestazione è, poi, l’induzione del soggetto passivo a
compiere gli atti di disposizione che si rivelino pregiudizievoli.
Tale attività induttiva “può essere desunta in via presuntiva quando la persona offesa sia affetta da
una malattia che la privi gravemente della capacità di discernimento, di volizione e di
autodeterminazione … potendo l’induzione consistere anche in un qualsiasi comportamento o
attività – come una semplice richiesta – cui la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace
di opporsi, e che la porti quindi a compiere atti privi di alcuna causale, che essa in condizioni normali
non avrebbe compiuto, e che siano a lei pregiudizievoli e favorevoli all’agente” (Cass. n. 18583 del
7.4.2009, RV. 244546, imp. Padovani, relativa ad una ipotesi in cui la vittima, affetta da demenza
senile, aveva firmato all’imputata una serie di assegni e reso la stessa beneficiaria di una polizza sulla
vita).
Quindi, la prova della condotta induttiva può essere tratta “anche da elementi indiziari e prove
logiche, avendo riguardo alla natura dell’atto, all’oggettivo pregiudizio da esso derivante e ad ogni
altro accadimento connesso al suo compimento” (Cass. n.6078 del 9.1.2009, RV. 243449. imp. T.).
Facendo applicazione dei suddetti principi al caso sottoposto al vaglio del Tribunale, la natura
dell’atto dispositivo compiuto da S., indotto dall’imputato, dimostra chiaramente, per le ragioni
analiticamente esposte, come non trovino in alcun modo giustificazione in un interesse dello S.R.
pertanto può affermarsi, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si tratta di atto che la P.O. – se non
fosse stata in una condizione di minorazione psichica – non avrebbe mai compiuto, considerato che
la somma costituivano gli unici risparmi che lo stesso avesse sul conto nonché considerata la sua età
e la condotta di vita.
Per quanto riguarda il dolo, esso implica – come coscienza e volontà del fatto tipico – la
consapevolezza da parte dell’agente della condizione di minorità, infermità o deficienza psichica del
soggetto passivo, nonché l’intenzione di strumentalizzarla.
Pertanto, non è possibile ritenere che l’odierno imputato non fosse in grado di sapere e di rendersi
conto dello stato psichico dello zio.
In altre parole, la situazione di deficienza psichica della vittima era oggettiva e riconoscibile da parte
di tutti, in modo che chiunque ne avrebbe potuto abusare per i propri fini illeciti (ex multis, Cass.,
45327 del 10.11.2011, RV. 251219, imp. S.).
E’ inoltre giurisprudenza consolidata che la prova del dolo può essere anche di natura presuntiva,
poiché “lo stato anomalo del soggetto passivo può essere legittimamente desunta dalla evidenza di
esborsi immotivati, dalla donazione di beni di cospicuo valore e dalla stessa arrendevolezza
dimostrata dal circonvenuto” (Cass. n.6782 del 14.12.1977, RV. 139201, imp. H.).
L’ulteriore elemento psicologico richiesto dalla norma – ovvero il dolo specifico, che si ravvisa nella
finalità di procurare a sé o ad altri un profitto – è anch’esso inequivocabilmente dimostrato dal tenore
dell’operazione finanziaria che non trovava diversa giustificazione.
L’imputato non forniva alcuna versione dei fatti, tuttavia dalla deposizione resa dai testi emergeva
che avesse corrisposto in contanti la somma di Euro 4000,00 a titolo di restituzione del maltolto, tatto
che appare significativo in ordine al fatto che la somma non fosse stata erogata spontaneamente da
S.R..
Possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche in considerazione del comportamento
processuale.
Va esclusa la recidiva contestata (recidiva reiterata) atteso che l’imputato è gravato da un solo
precedente penale, per cui sussiste al più recidiva semplice di cui all’art. 99 comma 2 c.p.; tuttavia si
ritiene che può essere esclusa l’applicazione della recidiva potendosi ritenere la commissione
dell’ulteriore reato come occasionale ricaduta del reo.
Invero, la circostanza dell’esistenza di precedenti penali, da sola considerata, non può in alcun modo
condurre, da parte del giudice, ad una applicazione automatica dell’istituto della recidiva
richiedendosi, viceversa, una “relazione qualificata” tra tali precedenti e il nuovo delitto non colposo
commesso. E infatti la valutazione deve essere compiuta in concreto, alla luce delle peculiarità del
caso di specie, tenendo in considerazione tutta una serie di indici descrittivi della fattispecie tra i
quali rientrano, a titolo di esempio, la natura e la tipologia dei reati commessi, il lasso temporale
intercorrente tra gli stessi, l’offensività delle diverse condotte, ecc. La valutazione di tali elementi
può condurre, infatti, anche all’accertamento di una occasionalità della ricaduta del reo, che non
integra in alcun modo una rafforzata propensione a delinquere, unica circostanza che può
legittimamente comportare l’applicazione di un aumento sanzionatorio per la ritenuta recidiva.
Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, tenendo conto dei criteri previsti dall’art. 133 c.p.,
si stima equo irrogare la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione: pena base anni due di
reclusione, ridotta ex art. 62 bis c.p. alla pena inflitta.
Non può essere concessa la sospensione condizionale della pena avendone beneficiato già una volta
a fronte della condanna ad anni uno di reclusione per cui la concessione della sospensione
condizionale della pena per la seconda volta non rispetterebbe i limiti di cui all’art. 164 c.p.
Consegue di diritto la condanna al pagamento delle spese processuali.
La complessità delle questioni trattate giustifica la concessione del più lungo termine indicato in
dispositivo per il deposito dei motivi.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara S.A. colpevole del reato a lui ascritto in rubrica, e esclusa la
recidiva contestata, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di anni uno
e mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.