Corte d’Appello di Milano, Sezione Prima Civile, Sentenza 12
febbraio 2025,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione prima civile
Nella persona dei magistrati:
Dott.ssa Serena Baccolini Presidente
Dott.ssa Alessandra Arceri Consigliere rel.
Dott.ssa Manuela Cortelloni Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. _/2023 promossa in grado d’appello da:
L. C. , (C.F. ______), rappresentata e difesa dall’avv. M. M. (C.F. _ – P.E.C.
__-) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Monza, Via _____-,
giusta procura in atti, ammessa al gratuito patrocinio con delibera del COA di
Milano in data 18.05.2023 n. 2579.
– APPELLANTE –
contro
P. F. (C.F. ______-), rappresentato e difeso dall’avv. F. G. (C.F. _____ – –
fax: ) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Monza, _, giusta
delega in atti.
– APPELLATO –
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 804 del 31 marzo 2023 del Tribunale
di Monza pubblicata in data 3.04.2023
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per L. C. – Appellante
“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Milano, ogni contraria eccezione, deduzione
e domanda disattese:
Giurisprudenza di merito Ondif
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Nel merito:
– in via principale accogliere l’atto di appello e per l’effetto, in riforma della
sentenza n. 804/2023 emessa dal Tribunale di Monza, Prima Sezione Civile,
Giudice GOT Dott.ssa Stefania MAXIA, nell’ambito del giudizio nr. 4633/2020
R.G. Tribunale di Monza, e depositata in cancelleria in data 3.04.2023 notificata
il 3.04.2023 (doc. 1), accogliere le conclusioni avanzate nel giudizio di primo
grado che qui si riportano:
– “in via preliminare: attesa, altresì, la non contestazione circa i beni mobili
oggetto di richiesta di restituzione da parte dell’opponente, emettersi in favore
della stessa ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c., essendoci i
presupposti di prova scritta, per la consegna dei beni di proprietà della Sig.ra C.
ancora presenti nell’abitazione del Sig. F. , di cui all’allegato della querela (doc.
7) fascicolo opponente;
– in via principale:
a) accertata la mancanza di titolo contrattuale e pertanto del presupposto di
pagamento per i motivi di cui in narrativa, Dichiarare che nulla è dovuto al Sig.
F. ;
b) in via subordinata accertata e dichiarata:
– la diversa fattispecie contrattuale tra la dazione degli assegni e l’erogazione
dell’importo mutuato con il finanziamento e la mancanza di idoneo titolo a
supporto della pretesa del Sig. F. e nella ipotesi di accoglimento anche parziale
della domanda dell’opposto dichiarare il decreto ingiuntivo illiquido ed
indeterminato e che la Sig.ra C. è tenuta al solo versamento e ristoro
dell’importo finanziato; e per l’effetto compensarsi le somme liquidate a titolo di
risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. all’attrice opponente sulle somme che
eventualmente saranno accertate e dovute alla convenuta;
In via ulteriormente subordinata: richiamando quanto espresso in narrativa alla
pag. 5 della memoria istruttoria n. 3 di parte attrice – in merito alla domanda
svolta in via principale alternativa dal convenuto opposto, l’attrice opponente
aderisce alla domanda alternativa ex adverso formulata in via principale dalla
controparte se svolta ex art. 2041 II co c.c. o intesa come valutazione
dell’arricchimento secondo il valore dell’auto ad oggi, così come già manifestato
Giurisprudenza di merito Ondif
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in volontà di conciliazione da parte della Sig.ra C. a verbale dell’udienza del
26.05.2021
In via riconvenzionale: accertare e dichiarare che il Sig. F. detiene
illegittimamente i beni della Sig.ra C. e condannarlo alla restituzione immediata
degli stessi e/o alla corresponsione a favore della Sig.ra C. della somma di euro
30.000,00 o in quella maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia, pari al
valore dei beni.
In via subordinata (alla riconvenzionale) dichiararsi interamente compensate,
per effetto di compensazione giudiziale le reciproche pretese delle parti;
In ogni caso: e per l’effetto, di quanto precede, revocare e/o dichiarare nullo
e/o annullabile dichiarare irrito ed inefficace il d.i. opposto, e/o accertare e
dichiarare che nulla è dovuto dalla Sig.ra C. per effetto di alcun titolo allegato
dal Sig. F. mandando assolta la Sig.ra C. da ogni pretesa di pagamento e
condannare anzi il Sig. F. al risarcimento del danno da calcolarsi in via
equitativa per avere convinto l’ex compagna all’acquisto del bene per il quale
oggi richiede il pagamento mediante procedimento monitorio nonostante le
eccezioni e contestazioni al pagamento per la mancanza di titolo mosse verso di
lui già in via pregiudiziale ex art. 96 c.p.c.. In ogni caso: con vittoria di
compensi e spese come da normativa vigente, anche in riferimento all’art. 91 I
co. c.p.c. e 96 co. III c.p.c. a seguito della proposta di conciliazione giudiziale
ex art. 185 bis c.p.c. accettate esclusivamente da parte attrice – opponente
come da verbale del 26.05.2021.
In via istruttoria: si richiama integralmente quanto indicato nelle memorie ex
art. 183, comma VI, c.p.c. n. 2 e 3 rispettivamente del 21 luglio 2021 e del 13
settembre 2021.
Si chiede, altresì, la rimessione in istruttoria alla luce delle nuove e
contraddittorie circostanze emerse, mai dedotte prima, in sede di interpello del
Sig. F. all’udienza del 7.03.2022, ed in ordine alle dichiarazioni dello stesso in
merito alla presunta mancata detenzione dei beni mobili e arredi della Sig.ra C.
presso la sua abitazione;
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con riserva di capitolare ed indicare testi in merito ai fatti dedotti, e con
possibilità del Giudice di disporre, se del caso, l’ispezione dei luoghi ex art. 258
c.p.c. e/o sulle cose ex art. 118 c.p.c.”.
E conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate
dall’appellato dinanzi al Tribunale di Monza per tutti i motivi meglio esposti
nell’atto di citazione in appello. In via istruttoria si chiede l’ammissione delle
istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado per tutte le ragioni
esposte nella parte motivata dell’atto di citazione in appello e nello specifico:
interpello del Sig. F. sui capitoli di prova non ammessi di cui alle memorie n. 2
e 3 ex art. 183 VI co. c.p.c. Si chiede, altresì, la rimessione in istruttoria alla
luce delle nuove e contraddittorie circostanze emerse, mai dedotte prima, in
sede di interpello del Sig. F. all’udienza del 7.03.2022, ed in ordine alle
dichiarazioni dello stesso in merito alla presunta mancata detenzione dei beni
mobili e arredi della Sig.ra C. presso la sua abitazione; con riserva di capitolare
ed indicare testi in merito ai fatti dedotti, e con possibilità del Giudice di
disporre, se del caso, l’ispezione dei luoghi ex art. 258 c.p.c. e/o sulle cose ex
art. 118 c.p.c..
Si chiede ammettersi ex art. 153, II comma, c.p.c. produzione della denuncia –
querela del 17.01.2023 del sig. C. N. (doc. 7).
Si indica sin d’ora a teste: sig.C. N. .
Con vittoria di spese e compensi di lite e delle anticipazioni, oltre spese
forfettarie 15%, contributo Legge 576/80, spese successive ed occorrende
relativi ad entrambi i gradi di giudizio.”
Per P. F. – Appellato
“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis reiectis, così giudicare:
• rigettare l’istanza di sospensione e/o revoca della provvisoria esecutorietà
della sentenza impugnata, in quanto inammissibile e/o infondata in fatto ed in
diritto per i motivi indicati in atti;
• rigettare l’appello proposto, in quanto inammissibile e/o infondato in fatto ed
in diritto per i motivi indicati in atti, e per l’effetto confermare la sentenza
gravata n. 804/2023 emessa dal Tribunale di Monza, Dott.ssa Maxia, in data
31/03/2023 e depositata in data 03/04/2023, ovvero, in via principale
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alternativa, condannare la sig.ra C. L. al pagamento in favore del sig. F. P.
della somma di Euro 21.314,38, oltre interessi di mora dal dovuto al saldo, per i
motivi in fatto ed in diritto, anche ex art. 2041 cc, indicati in atti;
• condannare parte appellante a corrispondere in favore del sig. F. P. la
somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali, e/o quella diversa somma
ritenuta di legge e/o di giustizia ai sensi dell’art. 96 C.p.c., nonché revocare
l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Milano in favore della sig.ra C. per tutti i motivi indicati in atti.
Con rifusione di spese e competenze del presente giudizio, oltre 15% per spese
forfettarie, cpa e iva. In via istruttoria, senza accettazione dell’inversione
dell’onere probatorio gravante sull’opponente/appellante in relazione alle
effettuate eccezioni e difese, si insiste per l’ammissione dei documenti
depositati, nonché per l’ammissione della prova per interpello sui seguenti
capitoli di prova ritualmente indicati nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 2,
Cpc, del 22/07/2021, depositata nell’interesse del sig. F. nel giudizio di primo
grado che qui s’intendono preceduti dal “vero che”:
1) in data 19/07/2016 la sig.ra C. ha acquistato nel proprio interesse dall’ente
venditore Concessionaria Messa T. Spa il veicolo Renault Captur Hypnotic, tg.
____, che veniva immatricolato il 29/09/2016 ed alla Stessa intestato, come da
documenti che si rammostrano (All. n. 1 – 2 fascicolo monitorio);
2) a far data dall’acquisto ad oggi, la sig.ra C. ha avuto ed ha tutt’ora il pieno
ed esclusivo possesso del veicolo Renault Captur Hypnotic, tg. __;
3) il prezzo del veicolo Renault Captur Hypnotic, tg. FF828RV, è stato pattuito
dalle parti in Euro 19.650,00, comprensivo di Euro 850,00 quale importo
corrispondente al valore del veicolo usato di proprietà della sig.ra C. ritirato
dalla Concessionaria, Euro 1.800,00 a titolo di caparra confirmatoria, Euro
6.000,00 da versarsi a mezzo finanziamento ed Euro 11.000,00 quale saldo
finale; 4) contestualmente all’acquisto, in data 19/07/2016, la sig.ra C. ha
stipulato con RCI BANQUE – Finrenault il relativo contratto di finanziamento per
Euro 6.000,00, oltre oneri e spese, per un totale di Euro 8.382,96, come da
documento che si rammostra (All. n. 3 fascicolo monitorio);
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5) il sig. F. ha sottoscritto il contratto di finanziamento di cui al predetto punto
4) in qualità di coobligato/terzo garante, come da documento che si rammostra
(All. n. 3 fascicolo monitorio);
6) il sig. F. ha versato, in luogo della sig.ra C. , in relazione alle obbligazioni
dalla Stessa contratte con la Concessionaria Messa T. Spa e RCI BANQUE –
Finrenault di cui ai predetti punti 1) e 4), il complessivo importo di Euro
21.314,38;
7) la sig.ra C. si era impegnata a ripianare il debito nei confronti del sig. F. per
l’importo di Euro 21.314,38 a mezzo delle entrate mensili che riceveva
periodicamente sia dall’ex coniuge, a titolo di mantenimento, per Euro
800,00/700,00 mensili, sia dal sig. R. M. , per Euro 600,00 mensili, a cui aveva
concesso in godimento dal dicembre 2015 l’unità immobiliare di Sua proprietà
sita in Giussano – via Baracca 11, come da documento che si rammostra (All. D
costituzione F. ).
Ci si oppone, altresì, all’avversa istanza di rimessione della causa in istruttoria
in quanto assolutamente infondata in fatto ed in diritto per tutti i motivi indicati
in atti, nonché all’ammissione dell’avverso documento allegato all’atto di appello
di cui al doc. 7 (denuncia-querela del 17.01.2023 del sig.C. N. ), in quanto del
tutto irrilevante.
Ci si oppone, infine, all’ammissione della prova orale ex adverso richiesta nella
memoria ex art. 183, VI comma, n. 2, cpc, depositata in favore di parte
opponente nel giudizio di primo grado, in quanto i capitoli formulati sono, in
sostanza, volti a provare accordi contrari al contenuto dei documenti di causa,
ed in particolare, al contratto di finanziamento (All. B n. 3 fascicolo monitorio),
dal quale si evince, com’è pacifico, che il sig. F. è un mero coobbligato/terzo
garante, nonché all’ordine di acquisto del veicolo (All. B. n. 1 fascicolo
monitorio), attestante anch’esso che l’obbligazione è stata contratta
nell’interesse esclusivo del cliente C. , con conseguente diritto in capo
all’odierno opposto/appellato, pertanto, in qualunque caso, di restituzione in via
di regresso dell’importo versato. In ogni caso, fermo quanto sopra dedotto, ci si
oppone all’ammissione della prova per interpello e per testi di cui agli avversi
capitoli formulati nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 2, Cpc, in quanto: i
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capitoli 1) e 2) irrilevanti, 3), 4), 5) 6) e 7) irrilevanti e generici, 8), 9) e 10)
generici, valutativi ed irrilevanti, 11) e 12) generici, valutativi, irrilevanti e
contrari alle risultanze documentali, 13) documentale, 14) irrilevante, valutativo
e generico, 15) irrilevante e documentale, 16) irrilevante, valutativo e da
provarsi documentalmente, 17) contrario alle risultanze documentali e
valutativo, 18) documentale, 19) e 20) generici e da provarsi
documentalmente, 21) contrario alle risultanze documentali nonché generico ed
irrilevante, 22) documentale, 23) contrario alle risultanze documentali nonché
generico ed irrilevante.
Si dichiara di non accettare il contraddittorio su domande avversarie nuove.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Procedimento monitorio e giudizio di opposizione
I.1. Con decreto ingiuntivo n. 824/2020 emesso su ricorso di P. F. , il Tribunale
di Monza ingiungeva a L. C. il pagamento di euro 21.314,38, oltre interessi di
mora dal 25.10.2019 sino al saldo e spese del procedimento monitorio.
A fondamento della pretesa monitoria azionata, il ricorrente sosteneva di
vantare un credito di euro 21.314,38 nei confronti della sig.ra C. , a titolo di
restituzione di un prestito concessole per l’acquisto di un’autovettura. In
particolare, esponeva di aver versato il corrispettivo per l’acquisto del veicolo
Renault Captur Hypnotic, tg. ___, intestato alla ricorrente, alla concessionaria
Messa T. S.p.A., il quale ammontava:
– a euro 1.800,00 a titolo di caparra confirmatoria;
– a euro 11.000,00 a titolo saldo finale;
– a euro 8.382,98, a titolo di finanziamento contratto con RCI BANQUE –
Finrenault nella qualità di coobbligato/terzo garante, pagato in 36 rate
mensili.
I.2. Con atto di citazione tempestivamente notificato L. C. proponeva
opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, eccependo:
I. sul piano fattuale, l’infondatezza della domanda di ingiunzione per carenza
del presupposto della prova scritta del credito ingiunto;
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II. sul piano giuridico, la qualificazione come obbligazione naturale della
somma elargita \dal F. a favore della ricorrente e, per l’effetto,
l’accertamento che nessuna somma gli fosse dovuta, anche perché il sig.
F. non avrebbe provato né il titolo restitutorio, né l’obbligo restitutorio in
capo all’opponente;
III. in subordine, la configurabilità, nella fattispecie, di una donazione
indiretta solo per la somma di euro 12.800,00 elargita in via immediata
dal sig. F. , qualora si fosse ritenuta fondata la richiesta di quanto versato
dal F. per il rimborso del finanziamento per i restanti € 6.000,00, oltre gli
interessi;
Alla luce dei seguenti rilievi, chiedeva, in via preliminare, che non venisse
concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto; nel merito,
che venisse accertata l’assenza del titolo contrattuale per la pretesa creditoria
avanzata; in via subordinata, che venisse accertata e dichiarata la diversa
fattispecie contrattuale qualificante la dazione degli assegni e l’adempimento del
finanziamento; ovvero, in caso di accoglimento parziale, che venisse dichiarato
illiquido e indeterminato il decreto ingiuntivo, senonché valido solo per la parte
relativa all’importo versato a titolo di restituzione del finanziamento ricevuto per
l’acquisto del veicolo.
Infine, avanzava domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. nei
confronti dell’opposto e domanda riconvenzionale, con la quale chiedeva la
restituzione dei beni mobili di sua proprietà o il pagamento del valore degli
stessi, pari alla somma di euro 30.000,00, che asseriva fossero nel possesso del
sig. F. presso la sua abitazione (doc. 1 querela, elenco e fotografie).
In via ulteriormente subordinata alla riconvenzionale, chiedeva che venissero
dichiarate compensate giudizialmente le reciproche pretese delle parti. In ogni
caso, chiedeva che venisse dichiarato nullo e/o annullabile ed inefficace il
decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto, che non venisse condannata la sig.ra
C. ad alcun pagamento nei confronti del sig. F. .
I.3. P. F. , costituendosi nel giudizio di primo grado, chiedeva il rigetto delle
domande ex adverso formulate, in quanto infondate in fatto ed in diritto. Per
l’effetto, chiedeva la condanna della ricorrente al pagamento in suo favore della
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somma di euro 5.000,00, oltre interessi legali e/o della diversa somma ritenuta
di giustizia, a titolo di risarcimento del danno ex art. 96 co. 3 c.p.c.
I.4. All’udienza del 14.4.2021, ognuna delle parti formulava una propria
proposta transattiva, non accettata dalla controparte, cui seguiva una proposta
del Giudice. All’udienza del 26.5.2021, la proposta conciliativa del Giudice
veniva accettata solo da parte opponente, eccependo parte opposta che la
sig.ra C. non gli avesse mai avanzato in concreto la proposta così come
formulata dal Giudice; per l’effetto, il Giudice concedeva i termini per le
memorie di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c.
I.5. All’udienza del 13.10.2021 la causa veniva assunta in riserva sulle istanze
istruttorie avanzate dalle parti. In particolare, parte opponente chiedeva
l’emissione di ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. alla riconsegna dei beni personali
rimasti nell’abitazione del F. .
1.6. Il Tribunale, con ordinanza del 3.11.2021, ammetteva l’interrogatorio
formale richiesto dalle parti nelle rispettive memorie istruttorie ex art. 183 co. 6
n. 2 c.p.c. datate 21.7.2021 e 22.7.2021 per i seguenti capitoli di prova (n. 8,
9, 10, 11, 12, 14, 17, 18, 19, 20) articolati da parte opponente e per capitoli n.
2 e 7 dedotti da parte opposta, ritenendo inammissibili e irrilevanti le altre
richieste istruttorie avanzate dalle stesse; infine rigettava l’istanza ex art. 186
ter c.p.c. formulata dall’opponente, non sussistendo i relativi presupposti.
1.7. Il Giudice di prime cure espletava l’interrogatorio formale della sig.ra C. e
del sig. F. nell’ udienza del 7.03.2022.
II. La sentenza di primo grado.
All’esito del giudizio, il Tribunale di Monza, Sezione I Civile, ha emesso la
sentenza n. 804/2023, pubblicata in data 3.04.2023, con la quale ha rigettato
l’opposizione e, per l’effetto, ha confermato il decreto ingiuntivo n. 824/2020
del 11.3.2020. Ha infine rigettato la domanda riconvenzionale formulata da
parte opponente, condannando la stessa alla refusione delle spese di lite.
Il Tribunale, con tale pronuncia, è pervenuto al rigetto dell’opposizione sulla
base dei seguenti rilievi:
– ha ritenuto pacifico, in quanto non contestato e documentalmente provato,
che il sig. F. avesse provveduto in via esclusiva all’integrale pagamento del
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complessivo importo di euro 21.314,28, prezzo d’acquisto dell’autovettura
Renault Captur, targata ___, intestata alla sig.ra C. (doc. 4, 5 e 8 fasc.
monitorio);
– ha ritenuto che i pagamenti fossero stati effettuati per adempiere ad
un’obbligazione sorta nell’esclusivo interesse della sig.ra C. ai fini
dell’acquisto di veicolo a lei intestato;
– ha ritenuto non sussistenti elementi deponenti per la configurabilità della
dazione in termini di adempimento di obbligazione naturale, pur essendo le
parti conviventi more uxorio all’epoca dello spostamento patrimoniale; né, in
particolare, parte opponente avrebbe provato né la necessità
dell’acquisto/attribuzione patrimoniale, né il vincolo solidaristico, dovendosi
pertanto qualificare l’acquisto come spesa straordinaria nell’ambito della
convivenza intercorsa tra le parti;
– parimenti ha ritenuto che difettassero gli elementi per ritenersi effettuata,
tra le parti, una donazione indiretta del veicolo, non essendovi prova
dell’animus donandi in capo al sig. F. , che aveva sottoscritto il
finanziamento come garante;
– per l’effetto, ha ritenuto che parte opposta avesse diritto alla restituzione
degli importi versati sia ai sensi dell’art. 1298 c.c., per le somme corrisposte
a titolo di rate del finanziamento, sia ai sensi dell’art. 2041 c.c. a fronte
dell’arricchimento della sig.ra C. e del depauperamento del sig. F. ;
– ha rigettato la domanda riconvenzionale avanzata da parte opponente, non
avendo la stessa dimostrato che fossero ancora presenti beni di sua
proprietà presso l’abitazione del F. ;
– ha rigettato la richiesta di integrazione probatoria avanzata dall’opponente
in sede di precisazioni delle conclusioni, stante la sua tardività;
– ha rigettato, infine, la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata da parte
opposta, non ritenendo sussistenti i relativi presupposti per il suo
accoglimento.
III. Il giudizio di appello.
III.1. Avverso tale decisione ha proposto appello la sig.ra C. , articolando
cinque motivi di gravame così rispettivamente rubricati:
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1. In merito ai capi 12-13 pagina 2-3 della sentenza di primo grado per
violazione di legge e falsa applicazione del principio sull’onere della prova ex
art 2697 c.c. e degli artt. 115 116 c.p.c.
In ordine ai capi 14, 15, 16 pag. 3 per erronea ricostruzione dell’inquadramento
giuridico del fatto e violazione degli artt. 115 – 116- c.p.c.
In relazione al Capo 16, 17 pag.3 omessa valutazione dell’adesione
dell’appellante alla domanda dell’appellata sull’art. 2041 e dell’animus donandi
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Si impugna il capo 18 pag. 3 per erronea valutazione disamina della domanda
riconvenzionale dell’appellante
Capo 19 sull’integrazione istruttoria viene impugnato per vizio nell’iter logico
giuridico del processo e della decisione così come riportata in sentenza di primo
grado violazione art 115 e 116 c.p.c.
Pertanto, ha chiesto, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento delle
conclusioni già avanzate nel giudizio di primo grado e, per l’effetto, che venisse
condannata parte appellata alla refusione delle spese di lite ex art. 91 co. 1
c.p.c. e al risarcimento dei danni ex art. 96 co. 3 c.p.c. Infine, in via istruttoria,
ha insistito per l’ammissione delle prove orali non ammesse in primo grado,
per l’ispezione dei luoghi ex art. 258 c.p.c. e/o sulle cose ex art. 118 c.p.c. e
per l’ammissione ex art. 153 co. 2 c.p.c. della produzione di cui al documento
n. 7 (denuncia/querela del 17.01.2023 del sig.C. N. ), effettuata in uno con
l’atto di appello.
III.2. Costituendosi nel giudizio di appello, l’appellato P. F. ha chiesto, in via
preliminare, di voler dichiarare inammissibili, ex artt. 342 bis e/o 348 bis c.p.c.,
l’impugnazione ex adverso proposta e la produzione del documento n. 7,
considerata la sua novità ex art. 345 c.p.c.; nel merito ha chiesto il rigetto
dell’appello, stante la sua infondatezza.
III.3. All’udienza di prima comparizione, celebrata in data 25 ottobre 2023,
parte appellante ha rinunciato all’istanza di sospensione della provvisoria
esecutività della sentenza impugnata, insistendo sulle richieste difensive. La
Corte ha fissato udienza di rimessione della causa in decisione in data 18
dicembre 2024, (rinviata d’ufficio in data 15 gennaio 2025), ed assegnato, ex
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art. 352 c.p.c., i termini di legge per il deposito del foglio di precisazione delle
conclusioni, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità
dell’appello ex art. 342 c.p.c. sollevata dalla parte appellata.
L’appello è stato articolato in maniera specifica, con analitica indicazione delle
parti della sentenza, nonché della ratio decidendi che l’appellante ha inteso
sottoporre al vaglio critico della Corte, in linea con i principi fissati in materia
dalla giurisprudenza di legittimità.
L’eccezione di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., sulla quale parte appellata
ha insistito anche in sede di precisazione delle conclusioni, deve intendersi
altresì superata sin dal momento in cui la Corte ha dato corso ordinario al
presente giudizio, fissando l’udienza per l’espletamento di detto incombente
(cfr. Cass. 1496/2016).
Tanto premesso, nel merito, l’appello è infondato e va rigettato, con
conseguente conferma della sentenza impugnata e rigetto delle domande
proposte dall’attrice, odierna appellante, per le seguenti considerazioni.
Sui primi tre motivi di appello, suscettibili di trattazione congiunta.
Il primo, il secondo e il terzo motivo dell’appello, che si prestano ad una
trattazione congiunta, sono infondati.
Parte appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha
accolto la domanda di restituzione avanzata dal convenuto, prescindendo dalla
sussistenza di prove a conforto dell’assunto, da costui sostenuto, che le somme
fossero state oggetto di un mutuo a favore della C. , e non tenendo conto delle
risultanze istruttorie.
Ha denunciato, per l’effetto, la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c.,
in tema di onere della prova.
Parte appellante ha altresì impugnato la decisione di prime cure laddove ha
escluso che l’elargizione di somme da parte del F. fosse da qualificarsi, così
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come la C. aveva dichiarato in fase di interrogatorio formale del 7 marzo 2022,
descrivendo analiticamente il tenore degli accordi presi con il F. , come accordo
di contribuzione nell’ambito di un rapporto di convivenza more uxorio,
ritenendo, diversamente, che si trattasse di una spesa di carattere straordinario
e che, pertanto, si ponesse in ogni caso al di fuori dei parametri contributivi
consoni al ménage familiare.
In particolare, parte appellante ha contestato le seguenti conclusioni del
Tribunale: “Il signor P. F. ha, quindi, diritto alla restituzione di tutti gli importi
versati sia ai sensi dell’art. 1298 c.c. per le somme corrisposte a titolo di rate
del finanziamento, per essere stata l’obbligazione contratta nell’esclusivo
interesse dell’opponente” – non avendo considerato la convivenza more uxorio
intercorsa tra le stesse parti.
Infine, l’appellante ha censurato la decisione di primo grado là dove il Tribunale
non ha valutato l’adesione della C. alla domanda formulata ex adverso ex art.
2041 c.c., fatta propria dalla stessa attrice in sede di precisazione delle
conclusioni.
Ha altresì impugnato la sentenza, gradatamente, nella parte in cui il giudice di
primo grado ha escluso che il F. avesse posto in essere gli atti di disposizione
a favore della C. , in ogni caso, con animus donandi.
Invero, l’appellante ha precisato che si dovrebbe ravvisare l’animus donandi
almeno in relazione alla parte della somma, pari ad euro 12.800,00, pagata
dall’odierno appellato tramite consegna di assegni bancari e non mediante
rimborso del finanziamento.
A tali deduzioni il convenuto, opponendosi all’accoglimento dell’appello, ha
replicato come non sussistano elementi di sorta atti a giustificare il
trasferimento patrimoniale avvenuto, che pertanto, altro non può ritenersi se
non privo di causa, e dunque ripetibile. In via gradata, considerando che
l’autovettura si trova nell’attuale possesso della C. , ha comunque formulato
domanda di indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c. .
Tanto premesso, questa Corte osserva, in primo luogo, come non sia stato mai
contestata l’avvenuta dazione, da parte del F. , della complessiva somma di €
21.314,38, pagata, in parte, all’atto dell’intestazione del veicolo alla C. , e per la
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restante parte, mediante il pagamento di un finanziamento da costei contratto
per il medesimo acquisto, cui lo stesso F. aveva preso parte in qualità di
garante.
Nello specifico, trattasi di finanziamento contratto con RCI BANQUE –
Finrenault per l’acquisto della citata autovettura stipulato dalla sig.ra C. in
data 19.07.2016, in cui risulta essere “coobbligato” il sig. F. , e risulta essere
stato da costui saldato, con il pagamento dell’ultima rata, in data 30.09.2019
(cfr. doc. 8 appellato e doc. 4 appellante).
È ben vero che, come noto, riguardo alla domanda di restituzione di somme di
denaro che si assume siano state consegnate a titolo di mutuo, la Corte di
cassazione ha più volte chiarito che “l’attore che chiede la restituzione di
somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697, comma 1 c.c., a provare gli
elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il
titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (ex multiis, Cass.
30944/2018, Cass. 24328/2017, Cass. 9209/2001, Cass. 1321/1995).
Pertanto, ove sia provata o non contestata la datio rei, il soggetto che ne
chieda la restituzione è tenuto, aggiuntivamente, a dare la prova del fatto che
la dazione sia stata effettuata per titolo che ne importi la restituzione, con la
conseguenza che l’onere della prova su di lui incombente può dirsi adempiuto
solo quando risultino accertati entrambi tali elementi del fatto costitutivo della
pretesa.
Deve essere, tuttavia, altresì considerato il fatto che l’opponente, odierna
appellante, nell’ammettere di aver beneficiato delle somme sopra menzionate,
versate dal F. , contestando che le stesse le fossero state consegnate, come da
questi allegato, a titolo di mutuo, ha – a propria volta – dedotto diverse
giustificazioni per contrastare l’obbligo di restituzione ex adverso invocato,
cause di giustificazione che, di conseguenza, devono – al pari del titolo
restitutorio dedotto da parte del F. – essere oggetto di rigoroso vaglio,
essendo, in difetto, nonostante la carenza di prova del titolo restitutorio
azionato in via principale, l’incameramento di esse da parte dell’accipiens
comunque non giustificato.
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Va, in tal senso, richiamata la giurisprudenza di legittimità che ha precisato
“Allorché una parte, provata la consegna di una somma di denaro all’altra, ne
domandi la restituzione omettendo di dimostrare la pattuizione del relativo
obbligo, e la controparte non deduca alcuna causa idonea a giustificare il suo
diritto a trattenere la somma ricevuta, il rigetto per mancanza di prova della
domanda restitutoria va argomentato con cautela e tenendo conto di tutte le
circostanze del caso, onde accertare se la natura del rapporto e le circostanze
del caso concreto giustifichino che l’accipiens trattenga senza causa il denaro
ricevuto dal solvens. (Cass. 27372/2021).
Si rammenta, pertanto, con riferimento alla prima ragione giustificatrice addotta
dalla C. , ovvero che si trattasse di ordinaria contribuzione nell’ambito della
convivenza allora in essere tra le parti, che la giurisprudenza riconosce la
meritevolezza della causa attributiva in tale ambito purchè rispettosa dei
principi di proporzionalità ed adeguatezza, affermando che “in tema di
convivenza more uxorio è configurabile un indebito arricchimento ed è pertanto
possibile proporre il relativo rimedio giudiziale, nel caso in cui le prestazioni rese
da un convivente e convertite a vantaggio dell’altro esorbitano dai limiti di
proporzionalità e adeguatezza, ossia esulano dal mero adempimento delle
obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza, il cui contenuto va
parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia
di fatto” (Cass. 3 febbraio 2020 n. 2392; v. anche, nel medesimo senso, Cass.
civ. . civ. ord. n. 16864/2023 secondo la quale: “Le unioni di fatto, quali
formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi
nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2
Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun
convivente nei confronti dell’altro, doveri che si esprimono anche nei rapporti di
natura patrimoniale, sicché le attribuzioni finanziarie a favore del convivente
“more uxorio”, effettuate nel corso del rapporto per far fronte alle esigenze
della famiglia (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del
convivente con quindici bonifici per un importo complessivo di € 74.000),
configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., a
condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, per
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la cui valutazione occorre tener conto di tutte le circostanze fattuali, oltre che
dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del “solvens”).
Alla luce delle superiori coordinate ermeneutiche, la Corte ritiene di condividere
la valutazione del Tribunale che così si è espresso: “la spesa per l’acquisto del
veicolo deve qualificarsi come straordinaria, in quanto di ingente valore e non
occasionale, non rientrante nell’ordinario ménage familiare”.
Del resto, nessuna prova è stata offerta dalla C. per argomentare che la
convivenza con il F. fosse caratterizzata da un tenore di vita talmente elevato
da giustificare una simile attribuzione quale ordinaria contribuzione per la vita
domestica, tanto più che, per stessa ammissione di parte appellante, la
convivenza è durata di fatto solo due anni, e – sebbene l’appellante abbia
sostenuto l’uso più intenso della vettura da parte del F. – la C. di fatto l’ha
tenuta per sé al termine della stessa.
Si ritiene, conclusivamente su questo punto, che non possa accogliersi la
pretesa di parte C. di trattenere le somme erogate dal F. per asserito
assolvimento di un dovere morale e sociale connesso alla convivenza tra gli
stessi.
Per quanto poi riguarda l’ulteriore giustificazione addotta dalla C. per la
mancata restituzione delle somme erogate a suo favore dal F. , ovvero che tali
somme fossero oggetto di donazione indiretta, quanto meno con riferimento alle
somme diverse da quelle oggetto di rimborso del finanziamento per l’acquisto,
vi è da rilevare che costei avrebbe dovuto fornire la prova dell’animus donandi
del F. al momento della dazione, come la giurisprudenza di legittimità reputa
necessario, onere della prova che non può certo dirsi assolto con la mera
rappresentazione dell’esistenza tra le parti di una convivenza more uxorio,
oltretutto protrattasi per soli due anni.
Né può darsi rilievo, di per sé, alla circostanza che il F. abbia chiesto la
restituzione dei denari solo una volta cessata la convivenza, ovvero al fatto che
la C. , mostrando animo conciliativo, aveva dichiarato di aderire alla domanda
di indebito arricchimento avversaria, circostanza invero, al fine che occupa,
irrilevante, posto che il F. ha proposto tale domanda soltanto in via gradata, e
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per l’ipotesi in cui non fosse stata accolta la principale domanda di ripetizione di
indebito.
La bontà di quanto detto, peraltro, trova conforto nell’orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo cui “In caso di acquisto “pro indiviso” di un
immobile effettuato da due conviventi “more uxorio” per quote uguali in difetto
di diversa indicazione nel titolo, stante la presunzione di cui all’art. 1101 c.c., il
maggior apporto fornito dal co-acquirente nella corresponsione del prezzo non
può presumersi effettuato in favore dell’altro a titolo di liberalità, avente
giustificazione nella mera convivenza, senza che sia fornita dimostrazione,
anche mediante presunzioni, purché serie, dell’animus donandi. Pertanto, in
difetto di tale prova, il convivente che abbia sborsato una somma maggiore ha il
diritto di ottenere dall’altro il rimborso della parte eccedente la sua quota”
(Cass., Sez. II, ordinanza del 14/07/2021 n. 20062). E, in tema di donazione
indiretta, la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che “L’intenzione
di donare emerge solo dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo
caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in
giudizio” (Cass., Sez. II, ordinanza del 21.5.2020, n. 9379).
Per tali motivi, in assenza di alcun elemento di prova, anche presuntivo, volto a
dimostrare l’ animus donandi, va respinto anche l’argomento rappresentato
dalla C. per sostenere che le elargizioni del F. rappresentassero donazioni
indirette in suo favore.
Con il quarto motivo appello, poi, parte appellante ha censurato la sentenza
di primo grado nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale
avanzata dall’attrice, avente ad oggetto la restituzione di alcuni beni mobili di
sua proprietà che, a detta della stessa, il F. tuttora deterrebbe presso la sua
abitazione, o in alternativa, il pagamento del loro controvalore, che ella
quantifica nella somma di euro 30.000,00.
Secondo l’appellante, il Giudice di prime cure non avrebbe considerato quale
prova del diritto alla restituzione l’elenco dei beni (cfr. doc. 3) e la circostanza
che essi fossero stati fotograficamente ritratti all’interno di casa del F. , (cfr.
documentazione fotografica in atti).
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A comprova di ciò, l’appellante ha affermato di aver esposto denuncia/querela
ex art. 646 c.p. avente ad oggetto tali beni (cfr. doc. 3A).
Sul punto, ha chiesto poi che venisse ammesso il doc. n. 7, contenente la
denuncia sulla scomparsa di tali beni dell’ ex marito il sig. N. C. , rilevante, a
detta della stessa, al fine di dimostrare il diritto alla restituzione.
Rileva il Collegio – al proposito – che la produzione è senz’altro inammissibile ai
sensi dell’art. 345 c.p.c., in quanto “nuova” a tutti gli effetti.
Il documento, infatti, è di formazione anteriore alla scadenza per il deposito
delle memorie istruttorie, ed avrebbe pertanto potuto esser prodotto
tempestivamente; di più, la necessità di effettuarne la produzione non è affatto
sorta dopo l’interrogatorio formale del F. .
Ad abundantiam, e per mera completezza della motivazione, va osservato che
lo stesso sarebbe comunque irrilevante e non dimostrerebbe alcunché, perché
riportante semplicemente circostanze che il denunciante avrebbe appreso de
relato parte actoris.
L’allegazione dell’appellante non è pertanto di certo sufficiente per ritenere
provata la domanda di restituzione relativa ai beni elencati; né la
documentazione fotografica, allegata alla denuncia dell’appellante, non
rappresenta prova della ancor attuale presenza di effetti ed oggetti personali
della C. presso l’abitazione del F. .
Tanto premesso, la domanda riconvenzionale deve essere rigettata.
Infine, con il quinto motivo d’appello, l’appellante ha censurato la decisione
di prime cure nella parte in cui ha rigettato l’istanza di integrazione probatoria,
stante la sua tardività.
Parte appellante ha evidenziato che, avendo l’appellato dichiarato “fatti nuovi”
durante l’interrogatorio formale, la stessa avrebbe avuto diritto alla replica.
La Corte ritiene che tale motivo sia infondato e debba essere rigettato.
L’istanza di integrazione probatoria, come correttamente rilevato dal primo
giudice, doveva essere formulata con le memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c. ed in
ogni caso, non è “sopravvenuta” all’interrogatorio formale, in cui, a ben vedere,
il F. ha fermamente respinto la tesi avversaria circa la natura delle elargizioni,
ha negato che beni della C. siano rimasti presso la propria abitazione ed ha
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allegato circostanza (l’aver provveduto al pagamento delle rate di finanziamento
“perché la C. non pagava”) che per nulla immuta la tesi – da sempre sostenuta
dal F. – che le elargizioni fossero avvenute non per spirito di liberalità, o per
adempiere ad obblighi di solidarietà, ma con animo di ottenerne la restituzione.
La contestazione dell’appellante circa la negata possibilità di replica alle
dichiarazioni del convenuto espresse durante l’interrogatorio formale non coglie
in ogni caso nel segno, in quanto l’esercizio del diritto di replica e di
contestazione avrebbe dovuto essere esercitato, semmai, all’esito di tale
incombente, mentre invece, dalla piana lettura del verbale del 7 marzo 2022, si
rileva come sia stato lo stesso procuratore della C. ad instare affinché venisse
fissata udienza di precisazione delle conclusioni, così implicitamente rinunciando
ad ogni ulteriore istanza istruttoria.
Per le ragioni esposte, l’appello svolto da L. C. deve essere rigettato e
confermata la sentenza impugnata.
Il regolamento delle spese di lite e la domanda di condanna ex art. 96
c.p.c.
Quanto alle spese del grado, esse seguono la soccombenza e, tenuto conto
della natura e del valore della controversia, della semplicità delle questioni
trattate, dell’impegno difensivo in concreto richiesto e prestato dai difensori
delle parti, nonché dei parametri e criteri tutti ex D.M. n. 55/2014 e ss.mm.ii,
pare congruo liquidare le stesse secondo i parametri minimi dello scaglione di
riferimento (26.000,00 – 52.000,00) e dunque in complessivi € 3.473,00 (di cui
euro 1.029,00 per la fase di studio, euro 709,00 per la fase introduttiva ed euro
1.735,00 per la fase decisionale, nulla per la fase istruttoria, che non si è
svolta), oltre spese forfetarie (15%) e oneri di legge, se e in quanto dovuti.
Deve essere altresì rigettata la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata
dall’appellante, considerando il rigetto dell’appello e il conseguente
accertamento della pretesa creditoria dell’appellato.
Inoltre, viste le ragioni della decisione, non completamente aderente
all’impostazione del F. , si ritengono parimenti non sussistenti i presupposti per
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l’accoglimento della domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata dall’appellato nei
confronti della sig.ra C. . Invero, agire in giudizio per far valere una pretesa che
si rivela infondata, non è condotta, di per sé, rimproverabile (cfr. Cass. ord. n.
21570/2012).
Vista la soccombenza in duplice grado, sussistono i requisiti ed i presupposti per
il versamento del doppio contributo a norma dell’art. 13 comma 1 quater del
D.P.R. n. 115/2002 e s.m.i.
P.Q.M.
la Corte d’Appello di Milano, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa,
definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede:
– rigetta l’appello proposto da L. C. avverso la sentenza n. 804 del 31 marzo
2023 del Tribunale di Monza, pubblicata in data 3 aprile 2023, che conferma in
ogni sua parte;
– condanna l’appellante a rifondere all’appellato P. F. le spese del presente
grado di appello liquidate in complessivi euro 3.473,00 per compensi, oltre 15
% per rimborso spese forfettarie, oltre IVA e C.P.A. come per legge;
– dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art.
13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 così come modificato dall’art. 1
comma 17 della L. 24/12/2012 n. 228.
Milano, 16 gennaio 2025
Il consigliere est
dott.ssa Alessandra Arceri
Il presidente
dott.ssa Serena Baccolini