Una stabile convivenza ultratriennale dei coniugi non preclude di per sé la delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento per vizi genetici del matrimonio-atto.

Cass. civ., Sez. I, Ord. 28/01/2025, n. 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6829/2024 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in R (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato
MARZO GIANCARLO (-) rappresentato e difeso dall’avvocato MARCIANO
FABRIZIO (Omissis)
-ricorrente-
Contro
B.B., elettivamente domiciliato in R (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato
INCHINGOLO GIANNI (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato
AMBROSIO MARIA (Omissis)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 47/2024 depo-sitata il
09/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal
Consigliere FILIPPO D’AQUINO.
Svolgimento del processo
1. A.A. ha proposto ricorso davanti alla Corte di Appello di Napoli, chiedendo
dichiararsi l’efficacia della sentenza rotale del 25 novembre 2020 del Tribunale
Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo, divenuta definitiva, con cui era stata
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dichiarata la nullità del matrimonio contratto con B.B. in data 29 dicembre
1997, per difetto di discrezione di giudizio di entrambi i coniugi e per incapacità
del ricorrente ad assumere gli obblighi coniugali.
2. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il
ricorso del ricorrente, ritenendo la sentenza contraria all’ordine pubblico in
conformità ai principi di Cass., Sez. U., n. 16379/2014 , per il fatto che
l’instaurazione della convivenza e il per-durare della stessa per oltre un triennio
non consente il venir meno del matrimonio, inteso come rapporto, quand’anche
esistessero vizi genetici dell’atto di matrimonio.
3. Propone ricorso per cassazione il A.A., affidato a due motivi, cui resiste con
controricorso la B.B.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3,
cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc.
civ., nonché degli artt. 797 , primo comma, n. 7 cod. proc. civ., anche alla luce
dei principi indicati da Cass., n. 149/2023 , in relazione alla convivenza
ultratriennale, in assenza di allegazione di fatti idonei a integrare il contrasto
della sentenza rotale con i principi di ordine pubblico.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 , primo comma, n.
4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 8 lett. b) del
Protocollo addizionale all’Accordo di modifica del Concordato Lateranense
stipulato in data 18.02.84 tra Stato Italiano e Santa Sede, ratificato con L. n.
121/1985 , nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché ancora degli
artt. 132 , secondo comma, n. 4, e 118 disp. att. cod. proc. civ.
3. Osserva il ricorrente – a sostegno dei due motivi di impugnazione – che la
convivenza non può operare in termini ostativi al riconoscimento di vizi genetici
dell’atto di matrimonio, ove il vizio genetico sia riconosciuto dall’ordinamento
interno e, in particolare, riguardi vizi del consenso analoghi a quelli previsti
dall’ordinamento italiano. Osserva, inoltre, il ricorrente che il giudice interno
non può riesaminare il merito della sentenza del Tribunale ecclesiastico.
4. Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, non
essendo oggetto del ricorso la rivalutazione del giudizio in fatto articolato dal
giudice del merito, né incentrandosi il ricorso su una rivalutazione della
motivazione del giudice del merito. Non meritano accoglimento neanche le
ulteriori eccezioni di inammissibi-lità per difetto di specificità, essendo il ricorso
sufficientemente an-corato ai fatti, agli atti e ai documenti di causa, né
trattandosi di censure nuove, essendo le stesse pertinenti alla originaria causa
petendi.
5. I due motivi, i quali possono essere esaminati congiunta-mente, sono
fondati. Secondo la tradizionale giurisprudenza di questa Corte (Cass., n.
27236/2008 ), l’ordine pubblico non osta al riconoscimento in Italia della
sentenza rotale che abbia dichiarato nullo il “matrimonio-atto” concordatario
nel caso previsto dal can. 1095, n. 2, ob gravem defectum discretionis iudicii
Giurisprudenza di legittimità Ondif
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(per mancanza grave della discrezione di giudizio: Cass., n. 27236/2008 ). Con
il menzionato arresto, questa Corte ha ritenuto che “non ogni incompatibilità
con l’ordine pubblico italiano rileva a impedire l’efficacia di esse nel nostro
ordinamento, dovendo il giudice della delibazione tenere conto della specificità
dell’ordinamento canonico”, risultando ostative al riconoscimento le sole
“incompatibilità assolute con l’ordine pubblico italiano”, non anche quelle
relative “in ragione del favore particolare al loro riconoscimento che lo Stato
italiano s’è imposto con il protocollo addizionale del 18 febbraio 1984
modificativo del concordato” (Cass., n. 27236/2008 ; Cass. Sez. U., n.
19809/08 ). Solo in caso di non assimilabilità delle cause di annullamento a
quelle interne l’ordine pubblico preclude il riconoscimento delle sentenze
ecclesiastiche (Cass. Sez. U., n. 19809/08 , cit.), mentre nei casi in cui la
fattispecie di diritto canonico sia assimilabile a quelle dell’ordi-namento interno
e sia “ancorata a fatti oggettivi analoghi” (Cass., n. 27236/2008 ),
l’incompatibilità è relativa e non ne preclude il rico-noscimento
nell’ordinamento italiano.
6. Sotto questo specifico profilo, questa Corte ha ritenuto che l’ordinamento
interno, nella parte in cui prevede l’incapacità, anche di intendere e di volere,
dei nubendi (artt. 117 , 119 , 120 cod. civ.) “non differisce in linea di massima
da quella dell’ordinamento canonico” (Cass., n. 27238/2008 , cit.); ragione per
la quale, al riconoscimento in Italia della sentenza dichiarativa di nullità del
matrimonio per difetto di discrezione di giudizio non è ostativo l’ordine
pubblico, senza – peraltro – che osti la tutela dell’incapace nel caso in cui la
domanda fosse proposta dal soggetto non affetto da incapacità, come avviene
in caso di annullamento del matrimonio per errore sulle qualità essenziali
dell’altro coniuge ex art. 122 cod. civ., derivante da malattia fisica o psichica
(Cass., n. 27238/2008 ).
7. Questo principio, riaffermato successivamente (Cass., n. 19808/2009 ;
Cass., n. 9844/2012 ), è stato rimeditato dalla successiva giurisprudenza di
questa Corte che, evidenziando la rilevanza del matrimonio-rapporto, in
relazione agli obblighi solidaristici che derivano dalla convivenza (fatti propri
dalla giurisprudenza costituzionale e dal diritto dell’Unione) e alla efficacia
sanante della convivenza sui vizi del matrimonio-atto, come risultante dai casi
di decadenza della proposizione delle varie azioni di annullamento (artt. 119 –
123 cod. civ.), ha ritenuto che la convivenza come coniugi, quale elemento
essenziale del matrimonio-rapporto, ove pro-trattasi per almeno tre anni dalla
celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di
ordine pubblico italiano, tale da impedire la dichiarazione di efficacia della
sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio
genetico del matrimonio-atto (Cass., Sez. U., nn. 16379-16380/2014; Cass., n.
1494/2015 ; Cass., n. 1622/2015 ; Cass., n. 1788/2015 ; Cass., n. 3877/2015
). Pertanto, una volta integrata la convivenza ultratriennale, divengono
irrilevanti nell’ordinamento interno i vizi genetici del matrimonio canonico
“nonostante la sussistenza dell’e-lemento essenziale della convivenza
coniugale” (Cass., Sez. U., n. 16379/2014 , cit.).
Giurisprudenza di legittimità Ondif
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8. La giurisprudenza più recente ha, tuttavia, dato una interpre-tazione
restrittiva di questo principio. È stata negata applicazione del principio, ad
esempio, nel caso in cui la sentenza ecclesiastica abbia dichiarato la nullità del
matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge
dovuto a dolo di questo, anche in caso di convivenza ultratriennale dei coniugi.
Questo caso di annul-lamento del matrimonio-atto è, difatti, previsto anche
nell’ordina-mento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza
prima della scoperta del vizio (Cass., n. 17910/2022 ).
9. Più in generale, non tutte le sentenze ecclesiastiche di annul-lamento per
vizi genetici del matrimonio-atto sono precluse dalla protrazione di una
convivenza ultratriennale stabile dei coniugi, ma solo quelle che non hanno
rilevanza per l’ordinamento interno, risul-tando viceversa delibabili le sentenze
di annullamento per vizi genetici “che rilevano come tali anche per il codice
civile italiano” (Cass., n. 17910/2022 , cit.).
10. Nel qual caso, non è la convivenza ultratriennale in sé a costituire un limite
di ordine pubblico alla delibazione in Italia di sentenze di annullamento per vizi
di capacità, integrato dalla mera deficienza caratteriale o immaturità del
coniuge, ma solo quei vizi che originino da un deficit psichico, ossia da uno
stato patologico idoneo a incidere sulla capacità di intendere e volere del
soggetto e sul cor-retto formarsi della sua volontà cosciente, la cui valutazione
è ri-messa al giudice del merito, il quale è onerato di verificare se i vizi, come
riscontrati dalla sentenza del Tribunale ecclesiastico, si inquadrino in una delle
cause di nullità del matrimonio riconosciute dall’ordinamento italiano (Cass., n.
28307/2023 ; Cass., n. 149/2023 ), come nel caso di incapacità di intendere e
di volere (art. 120 cod. civ.). È, pertanto, compito del giudice del merito
verificare se la causa di nullità del matrimonio ecclesiastico sia da qualificarsi
come incapacità di valutare ex ante la rilevanza del vincolo matrimoniale,
analogo a un deficit psichico, ovvero a uno stato patologico idoneo a incidere
sulla capacità di intendere e volere del soggetto e sul cor-retto formarsi della
sua volontà cosciente, ovvero se costituisca una mera deficienza caratteriale o
mera immaturità del coniuge, causa di nullità, quest’ultima, che incontra il
limite dell’ordine pubblico in caso di convivenza ultratriennale (Cass., n.
28307/2023 ).
11. La sentenza di appello si è limitata a statuire l’incompatibilità con l’ordine
pubblico della sentenza ecclesiastica per la mera protra-zione della convivenza
ultratriennale, senza verificare se la causa di nullità del matrimonio-atto trovi
riscontro in analoghe cause di nullità dell’ordinamento interno, come nel caso
di un deficit psichico idoneo a comportare una incapacità di intendere e di
volere, tale da com-portare l’incapacità patologica di comprendere il senso del
matrimonio, causa di nullità alla quale non osta la convivenza ultra-triennale,
ovvero se il matrimonio sia stato annullato per mera im-maturità del coniuge,
la cui pronuncia in sede ecclesiastica non può essere riconosciuta
nell’ordinamento interno in caso di protrazione della convivenza ultratriennale.
12. Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di
Appello di Napoli, perché valuti se la causa di nullità del matrimonio
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concordatario di cui alla sentenza oggetto di delibazione si inquadri in una delle
cause di nullità riconosciute dall’ordinamento italiano secondo i principi
enunciati. Al giudice del rinvio è rimessa la regolazione delle spese del giudizio
di legittimità.
Va disposto l’oscuramento delle generalità e dei dati identificativi degli
interessati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte
di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolazione e la
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Va disposto l’oscuramento delle generalità e dei dati identificativi degli
interessati.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2025.

Prescrizione dei ratei mensili degli assegni di mantenimento. Precetto parzialmente annullato

Tribunale Castrovillari, sentenza 15 gennaio 2025 n. 74 – Giudice Spina
TRIBUNALE ORDINARIO DI CASTROVILLARI
Sezione Civile
nella persona del Giudice dott. Pasquale Angelo Spina ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. …del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi
dell’anno 2022 vertente
TRA
P1 (C.F. (…), (…) rappresentato e difeso dall’avv. …ed elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest’ultimo in…, alla via …IN VIRTÙ DI PROCURA ALLE LITI ALLEGATA all’atto di citazione in
opposizione;
ATTORE – OPPONENTE
E
C1 (C.F. (…));
CONVENUTA – OPPOSTA – CONTUMACE
Oggetto: opposizione a precetto.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con alto di citazione ritualmente notificato P2 proponeva opposizione avverso il precetto
notificato il 17.12.2021, con il quale veniva intimato a esso opponente, il pagamento, in favore di C1
dell’importo di Euro 33.690,00, oltre interessi e spese, per il mancato pagamento dell’assegno di
mantenimento di Euro 250,00 mensili (disposto con ordinanza del 04.03.2010, emessa dal Tribunale
di Castrovillari nel procedimento di separazione personale dei coniugi iscritto al n. R.G. 1584/2009).
L’opponente, in particolare, eccepiva la nullità dell’atto di precetto intimato per inesistenza del
credito e per intervenuta prescrizione della pretesa creditoria.
2. Nonostante la rituale notifica dell’atto di opposizione presso la cancelleria del Tribunale adito –
attesa l’elezione del domicilio nel circondario del Tribunale di Cosenza e la mancata indicazione del
domicilio digitale nell’atto di precetto (cfr. Cass. civ., sez. II, sent. n. 20076/2023) – C1 non intendeva
costituirsi in giudizio e, pertanto, all’udienza del 09.05.2024, ne veniva dichiarata la contumacia.
3. Nel corso del procedimento veniva acquisito il fascicolo di parte attrice e con ordinanza del
15.02.2023 veniva sospesa l’efficacia esecutiva del precetto, relativamente alle sole somme maturate
sino al mese di marzo dell’anno 2016.
All’udienza del 12.11.2024, celebrata ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., la causa veniva trattenuta per la
decisione con la concessione del termine di 60 giorni per il deposito della sola comparsa
conclusionale, attesa la contumacia dell’opposta.
4. Orbene, in punto di diritto si premette che il titolo esecutivo su cui si fonda la pretesa creditoria
appare pienamente legittimo.
Invero, la norma contenuta nell’art. 189 disp. att. c.p.c. riconosce espressamente efficacia esecutiva
all’ordinanza presidenziale emessa ex ART. 708 c.c., CON LA CONSEGUENZA CHE TALE
provvedimento è idoneo a fondare la riscossione coattiva del credito.
In merito alla questione relativa al dies a quo di decorrenza del diritto di credito derivante
dall’emissione dei provvedimenti che disciplinano l’aspetto economico in materia di separazione o
divorzio, la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene di fissare tale termine nel giorno della
presentazione della domanda giudiziale di scioglimento del vincolo matrimoniale (cfr. Cass. Civ.
10788/2018; Cass. Civ. 2687/2018).
Inoltre, la Suprema Corte di Cassazione ha espresso il principio di diritto secondo cui “L’assegno di
mantenimento a favore del coniuge. fissato in sede di separazione personale consensuale in omologa
di accordo che non ne preveda la decorrenza, è dovuto, sia pure a condizione che l’omologa
intervenga e non disponga diversamente, fin dal momento del deposito del ricorso per separazione
e non solo dalla data di pronuncia dell’omologa” (Cass. Civ., sez. III, sent. n. 41232/2021).
Inoltre, ai sensi del citato art. 189 disp. att. c.p.c., l’ordinanza con la quale il giudice dà i
provvedimenti di cui all’articolo 708 c.c. conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del
processo.
5. Applicali detti principi al caso di specie, si rileva che risulta infondata l’eccezione di insussistenza
del credito di cui all’atto di precetto, in quanto non vi è prova in atti dell’intervenuta riconciliazione
dei coniugi, atteso che la stessa non può presumersi dalla mera estinzione del giudizio di
separazione.
Inoltre, la predetta estinzione del giudizio, come visto, non determina l’inefficacia dell’ordinanza del
04.03.2010, ai sensi dell’art. 189 disp. att. c.p.c.
Né vi è prova che le somme di cui all’atto di precetto siano state corrisposte con il pignoramento
presso terzi, intrapreso da C1 nei confronti dell’odierno opponente, non essendo presente in atti
l’ordinanza di assegnazione ovvero la documentazione che dimostra l’eventuale soddisfazione del
diritto di credito.
Neppure il credito può ritenersi insussistente per un’asserita transazione conclusa tra le parti, non
essendo stata prodotta la relativa documentazione.
6. Ciò detto, si rileva che il diritto di credito risulta parzialmente prescritto per il periodo anteriore
al marzo dell’anno 2016.
Invero, il diritto a percepire i ratei mensili degli assegni di mantenimento per il coniuge si estingue
in cinque anni, a decorrere dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in rapporto alle quali
nasce, di volta in volta, il diritto all’adempimento.
Gli assegni di mantenimento, infatti, costituiscono prestazioni che debbono essere pagate
periodicamente in termini inferiori all’anno e sono soggetti al relativo regime prescrizionale
quinquennale, ai sensi dell’art. 2948, c. I. n. 4, c.c.
Invero, a tal proposito, la Corte di Cassazione ha precisato che “Il credito relativo ai ratei mensili
dell’assegno che il coniuge obbligato è tenuto a versare all’altro per il mantenimento dei figli si
prescrive in cinque anni. La prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c., infatti, si applica solo se
viene in contestazione la debenza di uno o più ratei e su tale debenza intervenga un accertamento
giudiziale sul quale si formi il giudicato.” (Cass. Civ., sez. I, sent. n. 13414/2010).
Pertanto, atteso che in alti è presente il solo atto interruttivo costituito dal precetto notificato al
debitore in data 05.03.2021, come precisato nel successivo atto di pignoramento, il credito di parte
convenuta va dichiarato prescritto limitatamente al periodo anteriore al marzo 2016.
7. Per tutto quanto precede, l’opposizione va parzialmente accolla ed il precetto parzialmente
annullato, atteso che “L’eccessività della somma portata nel precetto non travolge questo per l’intero
ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente, con la conseguenza che
l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede
il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla
quantità del credito.” (Cass. civ., sez. III, sent. n. 5515/2008; conf. Cass. civ., sez. III, ord. n.
24704/2020).
8. In virtù del parziale accoglimento dell’opposizione, si ritiene congruo compensare le spese di lite
tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa e
assorbita, così provvede:
1) accoglie parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, dichiara la nullità del precetto limitatamente
alle somme dovute sino al marzo dell’anno 2016;
2) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Conclusione
Così deciso in Castrovillari, il 15 gennaio 2025
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2025.

Divieto di compensazione dei crediti alimentari

Tribunale Avellino, Sez. II, sentenza 2 maggio 2024 n. 881 – Giudice Pellecchia
TRIBUNALE DI AVELLINO
Il Tribunale di Avellino, II sezione civile, nella persona del giudice monocratico Dott. Sossio
Pellecchia, viste le conclusioni così come precisate in atti e lette le note di trattazione scritta che
tengono luogo della discussione orale della causa, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., pronunzia la
presente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. …/2020 R.G. A.C.C., avente ad oggetto “Opposizione a precetto (art. 615, 1′
comma c.p.c.)” e vertente
TRA
Attore 1 , nata a L. 1 il D. 1 (C.F. C.F. 1 ), rappresentata e difesa dagli Avv.ti…, in virtù di procura in
atti,
OPPONENTE
CONTRO
Convenuto 1 , nato ad L. 2 il D. 2 , (C.F. C.F. 2 );
OPPOSTO CONTUMACE
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato una prima volta in data 24.02.2020 ed una seconda volta, a seguito di
ordine giudiziale di rinnovazione, in data 30.6.2020, Attore 1 ha proposto opposizione ex art. 615,
comma primo, c.p.c., avverso l’atto di precetto notificatole da Convenuto 1 per il pagamento della
somma complessiva di Euro 5.280,52 in virtù della sentenza n. …/2019 emessa dal Tribunale di
Avellino in data 22.10.2019 (dep. in pari data) con la quale Attore 1 è stata condannata al pagamento
della somma di Euro 5.058,20 nei confronti di Convenuto 1 a titolo di rimborso della metà della
somma prelevata dalla Pt 1 dal conto cointestato con … Attore 2
Attore 1 ha eccepito come unico motivo di opposizione la compensazione tra il credito del
Convenuto 1 il credito da lei vantato a titolo di mantenimento suo e della prole, disposto nella misura
di Euro 350,00 con ordinanza presidenziale del Tribunale di Avellino n. cronol. ../2017 e, in seguito,
con sentenza di separazione n. …/2019 di questo Tribunale del 10.12.2019 (dep. in data 17.12.2019).
In particolare, Attore 1 ha notificato ad Convenuto 1 at- to di precetto in data 17.07.2018 per una
somma complessiva di Euro 5.541,82, essendosi Convenuto 1 reso inadempiente rispetto all’obbligo
di mantenimento a suo carico.
L’opposto, pur se ritualmente e tempestivamente evocato in giudizio, non si è costituito.
Alla prima udienza svoltasi in data 25.11.2020, il giudice ha disposto la sospensione dell’esecuzione
e concesso i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., con rinvio all’udienza dell’11.03.2021, all’esito della
quale il giudice ha accolto le istanze istruttorie.
All’udienza del 02.03.2022, la causa, una volta istruita, è stata rinviata all’udienza del 04.04.2024,
all’esito della quale il nuovo giudice istruttore, ritenuta la causa matura per la decisione, ha rinviato
per la precisazione delle conclusioni e la decisione ex art. 281 sexies c.p.c. all’udienza del 2.05.2024.
L’opposizione fondata e va accolta.
La compensazione è un modo di estinzione dell’obbligazione diverso dall’adempimento, di carattere
satisfattivo, atteso che va a soddisfare un interesse succedaneo del creditore, rappresentato
dall’interesse del creditore di estinguere un suo debito a fronte del credito vantato verso il medesimo
soggetto che è, al contempo, suo creditore e debitore.
L’ordinamento consente così a due soggetti obbligati, l’uno obbligato verso l’altro, di estinguere le
reciproche obbligazioni per l’ammontare corrispondente.
La compensazione può essere legale laddove ha ad oggetto crediti certi, liquidi ed esigibili,
giudiziale quando il credito opposto in compensazione non è liquido ma è di pronta e facile
liquidazione e, infine, volontaria, nel caso in cui la compensazione opera per volontà delle parti, al
di fuori dei requisiti stabiliti dalla legge.
Nel caso in esame, l’opponente eccepisce la compensazione legale, essendo i crediti vantati dalle
parti in causa giudizialmente accertati nell’an e nel quantum, rispettivamente con la sentenza n.
…/2019 del 22.10.2019 il credito dell’opposto e con la successiva sentenza n. …/2019 del 17.12.2019 il
controcredito dell’opponente, da lei opposto in compensazione.
Tuttavia, la compensazione può operare per quella parte di credito spettante all’opponente a titolo
di mantenimento della stessa riconosciuto nella misura di Euro 200,00, dovendo escludersi invece la
compensazione della restante parte di credito di Euro 150,00, riferita al mantenimento della prole.
Nello specifico, l’assegno di mantenimento al coniuge separato non è qualificabile quale credito
alimentare, anche se ha la funzione di provvedere agli alimenti in favore del coniuge che si trovi
incolpevolmente “in stato di bisogno e nell’impossibilità di svolgere attività lavorati- va”, e, pertanto,
è opponibile in compensazione (Cass., Sez. 3, Sent. n. 9686 del 26.05.2020: “Con l’opposizione ex art.
615 c.p.c. il debitore esecutato può opporre in compensazione al creditore procedente un
controcredito certo (cioè, definitivamente verificato giudizialmente o incontestato) oppure un
credito illiquido di importo certamente superiore (la cui entità possa essere accertata, senza dilazioni
nella procedura esecutiva, nel merito del giudizio di opposizione) anche nell’ipotesi di
espropriazione forzata promossa per il credito inerente al mantenimento del coniuge separato, non
trovando applicazione, in difetto di un “credito alimentare”, l’art. 447, comma 2, c.c.”).
Diverso è il caso dell’assegno corrisposto per il mantenimento dei figli in virtù del suo carattere
alimentare: Cass., Sez. 6, O.R.D. n. 23569 del 18 novembre 2016: “Il carattere sostanzialmente
alimentare dell’assegno di mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la
non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti.
(Nella specie, la S.C., confermando l’ordinanza di merito, ha ritenuto l’inadempimento del coniuge
onerato, che aveva operato una illegittima compensazione tra quanto dovuto a titolo di assegno in
favore dei figli e il proprio credito per rate di mutuo”; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 11689 del
14.05.2018: “Il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a beneficio dei
figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo
con altri crediti” (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la
compensazione tra credito per spese di lite e credito derivante dal mancato pagamento di ratei
dell’assegno di mantenimento cumulativamente dovuto per l’ex moglie e le figlie).
Pertanto, la compensazione può operare unicamente per la somma di Euro 200,00 al mese
riconosciuta a titolo di mantenimento dell’opponente.
Tuttavia, essendo il danaro un bene fungibile ed essendo il credito per il mantenimento della Pt 1
stabilito con la sentenza n. 2370/2019 e qui opposto in compensazione fissato nella misura di Euro
200,00 al mese, può senz’altro valorizzarsi, anche per ragioni di economia processuale, la sua volontà
di opporlo in compensazione per Euro 5.541,82. Dunque, essendo stato il mantenimento riconosciuto
alla Pt 1 con decorrenza da maggio 2017, nel corso del presente giudizio può ritenersi sicuramente
accertato un controcredito dell’opponente pari ad almeno Euro 11.200,00, per 56 mensilità fino al
dicembre 2021.
Difatti, all’udienza del 15.12.2021 i testi Testimone 1 e Testimone 2 hanno concordemente dichiarato
che l’opposto non ha versato l’assegno di mantenimento all’opponente ininterrottamente dal maggio
2017 fino alla data della loro deposizione.
Essendo, quindi, il controcredito opposto in compensazione per Euro 5.541,82 maggiore del credito
per il quale l’opposto ha minacciato l’esecuzione, il precetto va annullato e va dichiarato che
l’opposto non ha diritto a procedere esecutivamente in danno dell’opponente per il credito indicato
nel precetto medesimo.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’opposto e si liquidano e si distraggono come in
dispositivo (III scaglione di valore, decisione senza deposito di comparse conclusionali e memorie
di replica, valori tra i minimi ed i medi).
P.Q.M.
Il Tribunale di Avellino, definitivamente pronunziando, disattesa ogni diversa istanza, deduzione
ed eccezione, così provvede: 1. accoglie l’opposizione e, per l’effetto, annulla il precetto opposto e
dichiara che l’opposto non ha diritto di agire esecutivamente in danno dell’opponente per il credito
indicato nello stesso, che si è estinto per compensazione; 2. condanna l’opposto a pagare
all’opponente le spese di lite, liquidate in Euro 125,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi
professionali, oltre iva, cpa, se dovute, come per legge, e rimborso delle spese forfettarie nella misura
del 15% dei compensi, con distrazione in favore degli avv.ti …
Conclusione
Così deciso in Avellino, il 2 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2024.

Sospensione della responsabilità genitoriale per la madre che espone il minore a grave pregiudizio per la salute e l’equilibrio psico-fisico.

TRIBUNALE PER I MINORENNI DI GENOVA
n. proc. ___/24 Cont.
IL GIUDICE DELEGATO
Visto il ricorso del Pubblico Ministero pervenuto in data 30/09/2024 e i
documenti ad esso allegati, relativi al minore:
T. D. nato a M. E. (RE) il ______2008 e residente in Via alla c.c. (__), di
fatto domiciliato in V. Z. a M. ;
figlio di
T. C. , nato a S. il ___1967 residente a R.E. , Via L. P. , e di
T. S. , nata in M. il __1977 residente in Via alla c.c. e 1 (__) di fatto
domiciliata in V. Z. a M.
Vista la richiesta del Pubblico Ministero di apertura di procedura contenziosa, al
fine di disporre l’affido del minore al Servizio territorialmente competente, con
collocamento extrafamiliare del medesimo in idonea comunità educativa; di
dare mandato al Servizio di attivare per il minore una presa in carico presso la
NPI; di inviare la madre al Servizio di Salute Mentale; di procedere con la
nomina di un curatore speciale;
Visto il decreto di convocazione urgente in data 7/10/2024, il verbale d’udienza
14.10.2024 e il contestuale provvedimento urgente di divieto espatrio, incarico
di approfondimento istruttorio al Servizio sociale e nuova convocazione,
nonché i successivi verbali d’udienza 12.11.2024 e 27.12.2024;
premesso che:
nella procedura 490/22 VG, aperta presso questo Tribunale, con decreto del
11.05.2022 questo Tribunale dichiarava l’incompetenza territoriale a favore di
quella del Tribunale per i minorenni di B. , al quale trasmetteva gli atti;
è necessario richiamare quanto contenuto in quel decreto nel quale veniva
rilevato quanto segue:
i Servizi Sociali Territoriali Polo est di R.E. , segnalavano alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di B. situazione di grave
pregiudizio del minore in oggetto;
quei SS avevano conosciuto il nucleo nel Luglio 2017, a seguito di richiesta di
indagine pervenuta da quella Procura, avanzata in conseguenza di un
intervento delle FFOO presso l’abitazione familiare;
a causa della forte opposizione della madre del minore ad instaurare una
qualsiasi comunicazione e/o progettualità con i Servizi, questi ultimi non erano
riusciti ad approfondire la situazione familiare – pur intravedendone l’instabilità
– e la procedura affari civili era stata archiviata;
nel corso però degli anni 2018 – 2019, il Servizio riceveva numerose
segnalazioni dalle scuole frequentate dal minore (tre cambi di scuola primaria
in 4 anni) relative alla forte preoccupazione per lo stato psico – emotivo di D.
ed altresì all’importante difficoltà di relazionarsi con la Signora T. ,
che spesso adottava comportamenti inadeguati verso le insegnanti e i
compagni di classe del figlio; anche in questo contesto il Servizio e la scuola
avevano cercato un dialogo con la madre al fine di collaborare nell’interesse del
minore ma senza risultato;
nello stesso periodo il padre presentava ricorso per separazione dalla moglie e
regolamentazione dell’affido del figlio presso il TO di R.E. ; il Servizio sociale,
informato dal padre del minore dell’intenzione della madre del minore di
lasciare a breve l’Italia per recarsi in M. dai nonni materni, trasmetteva una
nota urgente alla Questura di R.E. e alla Procura presso il Tribunale per i
Minorenni di B. , che rinnovava la richiesta di indagine: Servizio sociale e NPI
di R.E. trasmettevano nuova relazione, aggiornando le informazioni già fornite
e rappresentando il totale fallimento dei tentativi dei Servizi di ottenere
collaborazione da parte della madre: la psicologa incaricata non era nemmeno
riuscita a conoscere né la madre né il minore;
a seguito della partenza della diade per la M. nell’agosto 2019, il padre riusciva
ad intrattenere contatti telefonici sporadici col figlio solo fino a novembre 2019,
a causa della forte opposizione e dell’incessante controllo sul minore da parte
della madre; l’ultimo contatto dell’uomo con la moglie avveniva poi nel marzo
2020 quando la stessa riferiva di non condividere le decisioni dell’AG italiana e
quindi di non aver alcuna intenzione di tornare in Italia; la donna non rientrava
sul territorio nazionale neanche in data 30.01.2020 per l’udienza di
separazione, adducendo difficoltà economiche che non le avrebbero consentito
di sostenere il viaggio ed altresì la mancanza di un legale;
ad aprile 2019 il TO di R.E. disponeva la collocazione del minore presso il
padre, ribadita con sentenza del febbraio 2020, con la quale il minore veniva
affidato al Servizio Sociale, ed infine confermata con sentenza del novembre
2021 con la quale veniva sciolto il matrimonio tra i Signori T. – T. , sentenza
che confermava l’affido al SS con mandato di provvedere alla collocazione
presso il padre del minore e di regolamentare i tempi e i modi di contatti con la
madre;
dopo l’allontanamento dal territorio italiano, il Servizio sociale di R. E.
manteneva sporadici contatti, via mail e telefonici, con la madre sino a marzo
2020; nel corso del 2021 la madre interrompeva ogni contatto con l’assistente
sociale di riferimento, salvo inviare mail “di protesta” e richieste, spesso
improprie (di aiuto economico, lavoro, aiuto per i libri del figlio, nomina di un
avvocato penalista), al Dirigente del Servizio e a numerosi soggetti
Istituzionali, quali la Questura, il Ministero degli Esteri, l’Ordine degli Avvocati
di R.E. , l’Ambasciata italiana in M., diversi partiti politici, dalle quali si
evinceva il profondo malessere della donna; ad una di queste email la donna
allegava una relazione del SS del Comune moldavo di riferimento, dalla quale
emergeva che D. non stava frequentando la scuola e che anche per loro era
risultato impossibile creare un rapporto di fiducia con la madre;
– con comunicazione del 21.12.2021 l’Ambasciata d’Italia in M. informava il
Ministero della Giustizia dell’imminente rientro della Signora T. e del figlio in
Italia, dove avrebbero alloggiato presso il signor B. in _, S. T. (_);
– in data 25.01.2022 il signor T. presentava, presso il Comando Stazione
Carabinieri di M., integrazione della denuncia sporta a suo tempo per
sottrazione e trattenimento di minore all’estero, informando di essere stato
contattato dal Signor B. il quale invitava l’uomo ad andare a prendersi suo
figlio e lamentava il comportamento ostile della Signora T. e le scarse
condizioni igienico sanitarie in cui la stessa teneva il figlio (riferiva di essere
stato contattato da vicini che avrebbero visto escrementi e urine sul
pavimento); il padre del minore chiedeva darsi attuazione ai provvedimenti del
TO di R.E. , che stabilivano l’affido al Servizio sociale di R.E. ;
– si evinceva che il minore non avrebbe frequentato la scuola in M. e che
anche in Italia non era ancora stato iscritto presso nessun Istituto, oltre a non
avere un medico di base;
il 01/02/2022 la Procura presso il Tribunale per i minorenni di B. trasmetteva
gli atti alla Procura presso questo Tribunale per competenza territoriale; il
sostituto delegato incaricava la locale sezione di P.G. di ulteriori accertamenti e
la stessa, con nota del 23/2/2022, riferiva che il padre del minore, contattato
telefonicamente, aveva confermato che madre e figlio si trovassero presso
l’alloggio di M. , loc. S., aveva affermato di non avere idea del motivo per cui la
donna avesse cercato alloggio a M. , avendo una casa di proprietà a R.E. , in
via , e di non essere in grado di dire per quanto tempo vi sarebbero rimasti,
ma di essere convinto che il figlio non frequentasse la scuola;
con nota del 3/3/2022 la Procura della Repubblica presso questo Tribunale
trasmetteva il fascicolo di affari civili al corrispondente Ufficio bolognese che,
peraltro, in data 17/3/2022 disponeva la restituzione degli atti a Genova a
ragione della pendenza di (altro) procedimento di affari civili presso la locale
Procura;
– in data 07.03.2022, le Forze dell’ordine avevano avuto accesso all’abitazione
occupata dalla signora T. e dal figlio su richiesta della prima, in relazione a un
ipotetico furto (dalla stessa signora smentito all’arrivo degli agenti):
nell’occasione gli operatori riscontravano una situazione di degrado abitativo,
risultando la casa priva dei servizi essenziali e molto trascurata dal punto di
vista igienico, al punto da rendere impossibile la permanenza all’interno a
causa dell’odore nauseabondo che la permeava;
– il 29.03.2022 la T. , accompagnata dal figlio si presentava presso la Questura
di M. C. per consegnare un esposto nei confronti del Signor B. : la donna
riferiva che da oltre due mesi il locatario aveva interrotto l’erogazione della
corrente elettrica costringendo la diade ai conseguenti disagi ( dalla relazione
del Servizio in data 08.04.2022 emerge come la sospensione delle utenze
sarebbe stata dovuta al mancato pagamento da parte della T. del canone
locativo fissato in € 500,00 al mese); la Questura segnalava che in quel
frangente, come in precedenti occasioni nelle quali la donna si era recata
presso quegli uffici dichiarando di voler sporgere non meglio specificate
denunce (di fatto mai presentate poiché la donna si rifiutava di fornire le
informazioni richiestele), era presente anche il figlio, di cui veniva notato
l’evidente disagio psichico e la crescente condizione di agitazione e
disorientamento; per ammissione della madre, il minore non era stato inserito
in alcun percorso scolastico e non gli era stato assegnato un medico di base;
– il Servizio sociale di M. , con relazioni del 29/3/2022 e 8/4/2022, riferiva di
avere inutilmente cercato di avere un incontro con la signora T.; in occasione
dei contatti telefonici, la donna aveva dichiarato di essere stata danneggiata e
maltratta dai Servizi sociali di R.E. – dove il minore era anagraficamente
residente;
– di avere presentato domanda di erogazione del reddito di cittadinanza, di
essersi rivolta ad un legale e di avere iscritto il figlio, per un percorso didattico
a distanza, all’Istituto “G. L. ”, dal quale si era in attesa di conferma
dell’effettivo inserimento scolastico;
rilevato che:
– dal ricorso del Pubblico Ministero, dalle segnalazioni e dalle indagini di P.G.
risulta che la condizione in cui versa il minore è ancora caratterizzata da profili
di grave criticità, trascuratezza e inadempienza dell’obbligo scolastico,
problematiche già affrontate nel 2022 dal Servizio;
– con relazione del 16.03.2023 il Servizio sociale del Comune di M. esprimeva
preoccupazione per la situazione del minore poiché all’instabilità abitativa
(immobile privo di parte delle utenze essenziali oggetto di procedura di sfratto)
ed economica, si unisce un mancato rispetto delle regole da parte della T. che
non manda ormai da anni D. a scuola; inoltre il ragazzo è stato costretto a
seguire la madre nei suoi spostamenti, che non gli hanno garantito nessuna
stabilità, che gli hanno inibito ogni legame con il padre, il quale, peraltro, non
sembra aver fatto azioni concrete e concludenti per prenderlo con sé o
tutelarlo da una situazione di possibile rischio; sono da evidenziare i continui
passaggi della madre tra i diversi servizi con richieste quantomeno bizzarre e
l’abitudine di filmare e registrare tutto ciò che le viene detto per poi
pubblicarne i risultati sui social network al fine di dimostrare l’incompetenza
altrui senza però riconoscere le proprie mancanze e fragilità;
– dalla relazione dei Servizi di R.E. del 26.08.2024, si apprendeva che:
a) gli operatori avevano incontrato il padre del minore il quale aveva riferito
che, pur avendo fatto denuncia di sottrazione di minore nel 2019, i Carabinieri
di R.E. e nel 2022 ai Carabinieri di M., di fatto da circa 7 anni non viveva più
con il figlio; raccontava di aver tentato di riavvicinarsi a D. per poterlo
incontrare ma di essere stato allontanato dalle forze dell’ordine sull’assunto –
di cui non aveva compreso l’origine, vista la sentenza che prevedeva la
collocazione del minore presso di lui – che egli non fosse autorizzato ad
avvicinarsi; a suo dire, la T. aveva un attaccamento morboso nei confronti del
figlio e probabilmente aveva attraversato un periodo di forte depressione; il T.
appariva una persona rassegnata agli eventi ed esprimeva inquietudine
rispetto ad un possibile allontanamento di D. dalla famiglia;
b) la madre, sentita telefonicamente, diceva di trovarsi in una condizione
economica precaria, rappresentava una situazione in cui sentiva di essere
vittima di un sistema e le istituzioni rifiutavano qualsiasi forma di aiuto;
esplicitava la sua precarietà economica e di avere difficoltà ad iscrivere a
scuola il proprio figlio; aveva deciso di andare a vivere a M. in quanto D.
avrebbe beneficiato di un clima più favorevole avendo problemi di allergia;
risultava si fosse rivolta a diverse istituzioni dichiarando di non avere forniture
delle utenze e di non essere più in possesso di un’automobile; ribadiva che il
padre di D. non contribuiva al suo mantenimento;
– il Giudice delegato, con decreto del 07.10.2024 nominava al minore un
curatore speciale nella persona dell’avvocato M. T. S. del Foro di Genova e, in
via d’urgenza, al fine di acquisire elementi per la valutazione della necessità di
un provvedimento indifferibile e urgente, ai sensi dell’art.473bis.15 c.p.c.,
disponeva procedersi all’ascolto del minore da parte del giudice onorario
all’udienza del 14/10/2024, fissava udienza per l’audizione personale delle
parti dei difensori del curatore per il giorno 14/10/2020 e richiedeva al servizio
sociale del Comune di M. di monitorare, medio tempore, la situazione del
minore;
– il Servizio sociale di M. , in vista delle udienze del 14 ottobre, trasmetteva
una relazione di aggiornamento, descrivendo una situazione sostanzialmente
invariata: sull’alloggio occupato dalla diade grava una procedura di sfratto;
l’assenza di qualsiasi accordo legale con il proprietario l’allaccio delle forniture
di energia elettrica – cui la signora T. sopperisce con generatori -, gas e
acqua, situazione che la donna lamenta presso varie istituzioni ma nulla fa per
modificare (pur essendo proprietaria di un appartamento a R.E. , non solo non
vuole trasferirvisi – verosimilmente per il timore che il padre di D. possa
tentare di dare esecuzione alla prevista collocazione del minore presso di lui -,
ma nemmeno si adopera per venderla o locarla e recuperare così le risorse per
garantire a se’ e al figlio un’abitazione idonea; la precarietà igienica viene
addotta a giustificazione della mancata frequenza scolastica di D. (“non si può
lavare, si vergogna”); il minore vive in una condizione di isolamento, non
uscendo quasi mai di casa (anche per il timore che il proprietario ne approfitti
per impedire il loro rientro); se la madre si allontana, D. la chiama in modo
ossessivo; invano si è tentato di avviare il minore al servizio di NPI e la madre
al SSM: la signora T. continua ad essere convinta che ci sia un complotto
contro di lei, ordito dall’ex marito con la connivenza di varie istituzioni, e a
minacciare accuse infamanti ai danni di questo o quell’operatore se non
soddisfatta nelle sue richieste;
– all’udienza del 14/10/2024 non comparivano ne’ il minore ne’ i genitori: la
madre faceva pervenire una lettera manoscritta nella quale rappresentava di
non potersi recare in tribunale per le precarie condizioni economiche e
chiedeva rinvio di udienza;
– il giudice delegato, accogliendo l’istanza di rinvio e dando atto della
mancanza di riscontro della notifica al padre del minore, accoglieva la richiesta
del curatore di immediata imposizione di un divieto di espatrio al minore e
chiedeva al servizio sociale di M. un approfondimento della situazione socio
familiare
– si disponeva nuova udienza di ascolto del minore davanti al G.O e delle parti
davanti al G.D per il giorno 12.11.2024;
– con relazione del 06.11.2024 il Servizio riferiva che la situazione familiare
non era sostanzialmente variata; che lo sfratto esecutivo era stato rimandato;
che la madre aveva chiamato le Forze dell’Ordine asserendo di aver visto l’ex
marito intorno al suo domicilio, fatto che non trovava alcun riscontro; il
ragazzo continuava a rimanere isolato nell’abitazione, senza frequentazioni, ad
eccezione della madre e delle figure istituzionali che la madre stessa via via
contattava come Carabinieri, personale medico di emergenza e volontari; il
minore a 17 anni non ha ancora conseguito la licenza media e da anni vive in
isolamento, tale da mettere in serio dubbio il fatto che possa ripristinare un
rapporto con i coetanei; si rende indispensabile una presa in carico da parte
della Neuropsichiatria infantile cosa che la madre ha sempre osteggiato; il
padre, sentito dagli operatori, ribadiva di non avere alcun rapporto con il figlio,
né di persona, né telefonicamente e attribuiva alla ex consorte la responsabilità
di aver impedito ogni relazione; il padre riferiva di auspicare un rientro del
minore a R.E. in modo da poterlo avere più vicino e da poterlo sostenere;
veniva segnalato che, in occasione di un accesso dell’Ufficiale giudiziario presso
il domicilio il medesimo per l’esecuzione dello sfratto, lo stesso era stato
aggredito verbalmente e fisicamente dalla T. e dal figlio; tale episodio
induceva a pensare che per l’accesso definitivo potesse essere necessario il
supporto di personale medico specializzato;
– all’udienza del 12.11.2024, nonostante rituale e tempestiva notifica, nessuno
compariva; era pervenuta una comunicazione via mail della madre del minore,
che adduceva l’impossibilità sua e del figlio di essere presenti in tribunale per
mancanza di un mezzo di trasporto, per motivi economici e perché non
“presentabili” per l’impossibilità di fare una doccia e di lasciare i propri effetti
nell’abitazione, stante il rischio di esserne privati e di essere esclusi dal
domicilio per motivi di sfratto; allegava documentazione volta a provare le
varie violenze e ingiustizie subite, addotte quale causa delle attuali condizioni;
– il Curatore riferiva di avere appreso dalla dr.ssa I. M. che il Servizio aveva
effettuato tre visite domiciliari, dalle quali era emerso che l’abitazione, pur se
adeguata, è priva delle utenze, che sono presenti due cani, di uno dei quali la
madre aveva chiesto il trasferimento al canile, ma quando l’unità cinofila si era
recata a questo scopo al domicilio, D. si era opposto, aggredendo la madre; la
verosimile sussistenza di problematiche neuropsichiatriche induceva a ritenere
indicato l’inserimento di D. , in caso di allontanamento, in una comunità di tipo
terapeutico; chiedeva, quindi, alla luce degli elementi acquisiti, che si
provvedesse con urgenza all’affido del minore al Servizio sociale del Comune di
M. con collocazione in idonea comunità; se del caso anche valutando la
sospensione della madre dalla Responsabilità Genitoriale;
– in data 5/12/2024 perveniva a questo Ufficio, così come al Servizio sociale di
M. , dalla Questura di R.E. una missiva, che la signora T. aveva inviato a
quell’Ufficio di PS, nella quale la donna lamentava di essere stata – insieme al
figlio – vittima di una serie di atti illeciti e ingiustizie e chiedeva sostegno
economico;
– il Servizio sociale, in risposta a quella segnalazione, con relazione del
6/12/2024 ripercorreva le tappe dell’annosa vicenda, a partire dalla prima
segnalazione della condizione di disagio familiare, inviata nel 2017 dalle Forze
dell’ordine al Servizio sociale di R.E. (che non aveva avuto seguito a causa
dell’impossibilità di un approfondimento istruttorio a causa dell’ostilità della
signora T. ) e dalle segnalazioni degli Istituti scolastici per assenze e
oppositività del minore (anche il Servizio NPI non aveva potuto completare la
valutazione del minore per mancata presentazione di madre e figlio); la donna
aveva ripetutamente denunciato il padre di D. per presunte violenze (denunce
che l’ex marito afferma essere state tutte archiviate, non senza avergli
provocato difficoltà, anche lavorative) e si era rivolta ad un centro
antiviolenza; accuse di volerla indurre alla prostituzione erano state formulate
verso vari soggetti, non escluso lo stesso Servizio sociale; la collocazione del
minore presso li padre, sancita dal Tribunale di R.E. in sede di separazione, in
uno con l’affido del minore al Servizio sociale, non aveva mai potuto avere
luogo perché madre e figlio, dal 2019 al 2021, si erano trasferiti in M. (per
tale condotta, integrante il reato di cui all’art.574bis c.p., la donna è stata
condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi cinque e giorni dieci
di reclusione); rientrati in Italia, si erano insediati a M. (nonostante la
proprietà di una casa in R.E. ) affittando un appartamento per € 500 al mese,
canone corrisposto solo per i primi due mesi, con conseguente ottenimento, da
parte della proprietà, di uno sfratto, la cui esecuzione è stata ripetutamente
rinviata (da ultimo riferisce il Servizio sociale essere programmato per il
28/2/2025); nel frattempo, comunque, il Servizio si era attivato a sostegno del
nucleo, erogando da luglio a dicembre 2023 un contributo economico di 400
euro mensili e adempiendo a diverse pratiche per cercare di assicurare alla
signora T. soluzioni economiche ed abitative;
– in quella relazione, come nella comunicazione trasmessa a questo Tribunale,
si segnala che senza risultato erano rimasti gli sforzi per reperire una comunità
disposta ad accogliere il minore, in vista di un possibile allontanamento;
– si costituiva nella procedura il padre del minore, chiedendo l’adozione dei
provvedimenti più opportuni a tutela del figlio, a cominciare dalla sua
collocazione in ambiente protetto per il tempo necessario a consentirne la
collocazione presso il padre o, in via gradata, in comunità, educativa o
terapeutica, prossima all’abitazione paterna; in subordine l’affido al SS con
mandato all’assunzione delle decisioni in materia sanitaria ed educativa e alla
regolamentazione dei contatti con i genitori; in ogni caso con sospensione della
madre dall’esercizio della responsabilità genitoriale e condanna della madre al
pagamento di una somma per ogni giorno di inadempienza ai propri obblighi, di
una sanzione amministrativa pecuniaria e del risarcimento del danno in favore
del sig. T. e del minore;
– all’udienza del 27.12.2024, dinanzi al GO, il padre del minore riferiva essergli
impedito ogni contatto con il figlio, che, a suo giudizio, versava in una
situazione di isolamento, malessere e pregiudizio addebitabili al
condizionamento agito dalla madre, dalla quale chiedeva fosse separato;
affermava di non avere fatto nulla a tutela del minore negli ultimi due anni
perché non aveva ricevuto sostegno da nessuno, ma di essere disponibile a
prenderlo con se’, dopo un iniziale, indispensabile inserimento in comunità;
– la curatrice speciale insisteva per l’allontanamento e la collocazione urgente
in comunità e per una valutazione diagnostica, la dichiarazione di contumacia
della madre, la sospensione della stessa dalla r.g. (rinunciando invece alla
richiesta di sospensione del padre);
– dall’aggiornamento del Servizio sociale, pervenuto li 3.2.2025, risulta che la
situazione del nucleo è immutata: lo sfratto, che avrebbe dovuto essere
eseguito il 30.1.2025, ha dovuto essere rinviato al 28.2.2025 in quanto il
minore ha dato in escandescenze, proferendo volgarità e bestemmie, tanto da
indurre il medico presente a chiamare l’ambulanza, ma la madre ha rifiutato ai
sanitari il consenso a visitare il ragazzo, sì che le è stato consigliato l’accesso al
Servizio di NPI: non risulta che ciò sia avvenuto ne’ è prevedibile che avvenga,
in futuro, per volontà della signora T. , la quale già in precedenza aveva
dichiarato esplicitamente di non dare il consenso a visite psichiatriche o
neuropsichiatriche (vedi missiva inviata dalla stessa alla Questura di R.E. il
26.11.2024);
– la signora T. risulta avere recentemente scritto al consolato M. riferendo di
essere trattenuta forzosamente a M. sotto protezione, assicuratale a seguito
delle denunce sporte verso l’ex marito: la circostanza è priva di qualsiasi
riscontro e le denunce di cui sopra risultano essere state archiviate;
– in data 6.2.2025 perveniva nota della Prefettura di R.E. che, in relazione allo
sfratto esecutivo di cui è pendente l’esecuzione e alla connessa richiesta di
concessione della Forza pubblica, rappresentava la difficile situazione, della
signora T. e del minore, in ragione della quale quella Autorità comunica di
essere in attesa delle determinazioni di questo Tribunale;
Ritenuto che:
– il minore versa in una condizione di grave pregiudizio, atteso il protrarsi di
inadempienza scolastica, il totale isolamento, con conseguente impossibilità di
relazioni sociali con i pari, e il grave rischio di consolidare danni psico-evolutivi,
nonché alla luce della precarietà della situazione abitativa con sfratto esecutivo
e connotata da condizioni igienico-sanitarie assolutamente inadeguate;
– la situazione sopradescritta rende evidente la necessità di collocamento
extrafamiliare del minore e l’affido del medesimo al Servizio sociale
territorialmente competente;
– al di là delle difficoltà economiche, la T. , esponendo il minore a scelte di vita
inadeguate e del tutto prive di stabilità, negandogli la continuità della
frequenza scolastica, esponendolo a condizioni abitative gravemente carenti,
rifiutandosi di collaborare con i Servizi sociali ed anzi mettendosi in opposizione
con gli stessi (nonostante gli aiuti ricevuti, che la donna non riconosce, al
contrario accusando le istituzioni di essere colpevoli di una situazione della
quale lei stessa è, al contrario, responsabile), negando il consenso a una
valutazione NPI, ha determinato una situazione di grave pregiudizio per il
figlio, situazione ulteriormente aggravata dallo sfratto imminente;
– questi comportamenti ne giustificano ampiamente la sospensione
dall’esercizio della responsabilità genitoriale;
– quanto al padre di D. , pur dichiarandosi consapevole delle carenze genitoriali
della T. e pur avendo rivendicato e ottenuto la collocazione del figlio presso di
se’, non si è mai efficacemente adoperato e impegnato per tutelare il minore:
oggi ribadisce la volontà di avere il figlio presso di se’ e il desiderio di farsene
carico: il Tribunale ne prende atto e ritiene, perciò, di soprassedere allo stato
dalla sua sospensione dalla r.g., al contempo assegnando però al Servizio
sociale affidatario l’autorità di assumere le decisioni inerenti la salute e
l’educazione del minore, almeno fin quando lo stesso si troverà in collocazione
extrafamiliare;
– dovrà procedersi a una valutazione dello stato psicofisico di D. e avviare
un’idonea valutazione psicodiagnostica e NPI e presa in carico psicologica se
ritenuto necessario: il mandato conferito al Servizio sociale include la
prestazione del consenso ad un eventuale ricovero a ciò finalizzato e potrà
essere speso anche in sede di allontanamento qualora la mancanza di una
valutazione NPI continui ad essere di ostacolo all’individuazione di una
struttura idonea alla collocazione del minore;
– la madre dovrà essere avviata ad una valutazione psicodiagnostica e, se
possibile, ad un sostegno alle capacità genitoriali, che pare opportuno avviare
anche per il padre, presso il Servizio consultoriale di competenza;
– al momento si debbano evitare contatti del minore con i genitori, contatti che
potranno riprendere in forma protetta a seguito di attenta valutazione da parte
dei Servizi sociali e sanitari e previa autorizzazione del Giudice Delegato;
Visti gli artt. 333 c.c., 473 bis e ss. c.p.c e 5 bis l. 184/1983 e con efficacia
immediata
AFFIDA
T. D. nato a M. E. (RE) il __2008, al Servizio Sociale di M. per l’elaborazione
ed attuazione in suo favore del miglior progetto di tutela e sostegno, con
mandato all’assunzione delle decisioni, anche di straordinaria amministrazione,
in materia di istruzione, educazione e sanità e all’individuazione della più
idonea collocazione residenziale del minore, individuazione in funzione della
quale il Servizio sociale potrà chiedere/consentire il temporaneo ricovero del
minore in ambiente NPI o psichiatrico a fini di inquadramento diagnostico
AUTORIZZA
l’ausilio di Forza pubblica ai fini dell’esecuzione in sicurezza dell’allontanamento
del minore, da organizzarsi, se ritenuto opportuno, in concomitanza con
l’esecuzione del programmato sfratto
SOSPENDE
T. S. dall’esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti del figlio T. D.
DISPONE
che la notifica del presente decreto e del ricorso del PM alla madre avvenga
contestualmente o immediatamente dopo l’allontanamento del minore, ad
opera della stessa autorità di PS che presterà ausilio alla sua esecuzione;
VIETA
Allo stato ogni contatto fra il minore e la madre: il Servizio valuterà, alla
stregua dei risultati del percorso effettuato dalla signora T. , se e quando
sottoporre al Giudice delegato la proposta di ripresa dei contatti, almeno
inizialmente in forma protetta
INCARICA
Il Servizio Sociale di M. , anche in collaborazione con i Servizi Sanitari
territorialmente competenti, che provvederà direttamente ad investire,
trasmettendo copia del presente decreto, di:
– organizzare l’allontanamento del minore dal contesto familiare con le
modalità per lo stesso meno traumatiche, coordinandosi con l’autorità di PS
prescelta per l’assistenza (da individuarsi, preferibilmente, nelle stesse FFOO
incaricate di prestare assistenza all’esecuzione dello sfratto);
– provvedere all’immediato inserimento del minore in comunità educativa,
possibilmente ad alta intensità, salva la collocazione in comunità terapeutica,
se indicata all’esito della valutazione NPI;
– valutare le condizioni psicofisiche del minore, avviarlo ad una valutazione NPI
e assicurargli le cure e il sostegno, anche psicologico, che verranno ritenuti
indicati;
– valutare modi e tempi della necessaria ripresa del percorso scolastico del
minore;
– avviare la madre ad una valutazione presso il SSM e, a seconda dell’esito, ad
una presa in carico psichiatrica ovvero ad una valutazione e sostegno alla
genitorialità presso il competente consultorio;
– avviare il padre ad una valutazione e, se possibile, ad un sostegno della
funzionalità genitoriale presso il Servizio consultoriale competente in relazione
alla sua residenza;
– avviare, tenuto conto dei bisogni del minore – anche sanitari e di
ambientamento nel nuovo contesto – e dell’impegno paterno, un percorso di
riavvicinamento padre -figlio, a partire dall’avvio di incontri protetti, previa
approvazione di questo Giudice delegato;
– informare immediatamente questo TM dell’avvenuta esecuzione e
trasmettere una prima relazione di aggiornamento una volta eseguito il
provvedimento e una successiva entro la data dell’udienza di seguito indicata;
CONFERMA
il divieto di espatrio del minore T. D. nato a M. E. (RE) il ____2008 come da
provvedimento del 14.10.2024.
FISSA
udienza di prima comparizione personale delle parti, dei difensori e del
curatore dinanzi a se’ per il giorno 22.5.2025, ore 11,30 presso il Tribunale per
i minorenni di Genova, stanza 201, avvisandole che la mancata comparizione
senza giustificato motivo costituisce, come previsto dall’art.473 bis.21 c.p.c.,
un comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’art.116 c.p.c. e
nella liquidazione delle spese.
INVITA
La signora T. S. a comunicare, entro l’udienza sopra indicata, se non intenda
avvalersi dell’intervento dell’Autorità consolare del proprio Paese d’origine,
avvisandola che in assenza di sua indicazione in tal senso, questa Autorità
giudiziaria provvederà alla comunicazione prevista dagli artt.2 comma 7 D.Lvo
286/1998 e 4 DPR 394/1999
AVVISA
Le parti convenute che:
– la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria ai fini della costituzione in
giudizio, della presentazione di domane ed eccezioni e comunque dell’esercizio
dei poteri riconosciuti alle parti nel procedimento e che, in difetto di
costituzione a mezzo di difensore, si procederà in contumacia;
– le spese di difesa sono a carico dell’interessato; per ottenere l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato la persona dovrà avere redditi inferiori al limite
previsto dalla legge (art. 76 d.p.r. 115/2002), e rivolgersi al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Genova, Palazzo di giustizia, Piazza Portoria 1;
DISPONE
Che la notifica del presente decreto alla madre del minore sia differita al
momento della sua esecuzione e che alla stessa provveda l’autorità di PS
presente in assistenza.
Manda alla Cancelleria per l’immediata notifica al curatore e al padre, presso il
difensore domiciliatario, e per la sua immediata comunicazione al PM e al
Servizio sociale del Comune di M. , che ne darà comunicazione e ne fornirà
copia all’Autorità di PS individuata per prestare assistenza.
Genova, 8.2.2025
IL GIUDICE DELEGATO
Daniela Verrina

Responsabilità professionale dell’avvocato che instaura tardivamente l’azione di disconoscimento della paternità.

Tribunale Brescia, Sez. II, Sent., 20/01/2025, n. 256
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BRESCIA
SEZIONE SECONDA CIVILE
nella persona del Giudice dott.ssa Elena Fondrieschi ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
Nella causa civile di 1 GRADO iscritta al n. r.g. 18234/2019 promossa da:
P1 , con l’avv. Bruno Liberti
ATTORE
contro
C1 , con gli avv.ti Giovanna Aucone e Sergio Ferrari
CONVENUTO
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato in data 10.12.2019, il sig. P1 conveniva in
giudizio l’avv. C1 deducendo quanto segue.
Giurisprudenza di merito Ondif
4
Nel mese di settembre 2009 il sig. P1 si rivolgeva all’avv. C1 al fine di
chiedergli assistenza professionale relativa alla procedura di separazione
promossa dalla ex moglie, X1 r.g. 14159/2009 e altresì per la causa di
disconoscimento della secondogenita X2 ,r.g. 18638/2010 (docc. 1 e 2).
L’avv. C1 predisponeva la comparsa di costituzione e risposta con la quale non
si opponeva alla domanda di separazione ma si opponeva alla richiesta
presentata dalla sig. X1 circa l’assegnazione della casa coniugale e di un
assegno di mantenimento (doc. 3).
In data 1.2.2009 all’udienza presidenziale veniva assegnata provvisoriamente
la casa coniugale cointestata ai coniugi alla sig.ra X1 ed inoltre, veniva posto a
carico del sig. P1 l’obbligo di contribuire al mantenimento della moglie
mediante assegno mensile di 400,00 curo (doc. 4).
In data 1.12.2009 l’avv. C1 informava fattore in merito alle decisioni prese nel
corso dell’udienza camerale ma lo stesso avrebbe omesso di informarlo circa la
possibilità di impugnare il provvedimento di assegnazione mediante reclamo
alla Corte d’Appello (doc. 5).
Nel mese di gennaio 2010. il sig. P1 ha, quindi, dovuto lasciare la casa
coniugale per trasferirsi presso l’abitazione della propria madre,
corrispondendo alla stessa la somma annua di 2.400,00 euro a titolo di
indennità per vitto e alloggio (doc. 8).
Successivamente, l’avv. C1 depositava una nota integrativa autorizzata datata
22.1.2010 (doc. 6) con la quale chiedeva la revoca immediata del
provvedimento di assegnazione della casa coniugale, ma tale richiesta sarebbe
pervenuta oltre la scadenza dei termini per proporre il reclamo.
Con sentenza del 19.6.2013 il Tribunale di Brescia modificava il provvedimento
di assegnazione (doc. 7) stabilendo “quanto alla domanda di assegnazione
della casa coniugale in comproprietà, è appena il coso di evidenziare che il
provvedimento di assegnazione viene adottato solo nel caso in cui vi siano figli
minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti”.
Giurisprudenza di merito Ondif
5
Inoltre lamentava che l’Avv. C1 avrebbe omesso di eccepire l’incapacità a
testimoniare della sig.a X2 nel procedimento di separazione.
L’attore deduceva di aver subito un danno patrimoniale pari a 29.000,00 euro
di cui 20.600,00 euro corrisposti a titolo di vitto e alloggio alla propria madre
da gennaio 2010 a settembre 2018, data coincidente con il decesso della
stessa ed inoltre, sarebbe stato privato di un potenziale guadagno da parte
della ex moglie in relazione al godimento esclusivo della casa coniugale per un
importo complessivo non inferiore a 8.400,00 euro (metà del canone locatizio
percepibile).
Deduceva inoltre che avrebbe subito un danno non patrimoniale quantificabile
in non meno di 25.000,00 euro a causa di un trauma psicologico conseguente
al cambiamento radicale delle proprie abitudini che lo avrebbe costretto a
ricorrere all’utilizzo di ansiolitici e calmanti (doc. 9).
In data 18.1.2019, il sig. P1 avanzava richiesta di risarcimento danni all’avv.
C1 (doc. 12), il quale rispondeva mediante missiva del 31.5.2019 affermando
di aver proposto allo stesso la possibilità di presentare reclamo avverso il
provvedimento presidenziale ma che lo stesso si sarebbe rifiutato di procedere
in tal senso (doc. 13).
Deduceva altresì che l’avv. C1 avrebbe predisposto tardivamente l’atto di
citazione in merito all’azione di disconoscimento di paternità della figlia X2
(doc. 14) e che tale procedimento si sarebbe concluso con una dichiarazione di
intervenuta prescrizione dell’azione con condanna del sig. P1 alla refusione
delle spese legali nei confronti della figlia e della ex moglie per un totale
complessivo di 17.128,00 euro (spese legali, liquidate in favore della figlia in
complessivi Euro 7.100,00 oltre accessori e nei confronti della ex moglie X1 in
ulteriori Euro 6.400,00 oltre accessori) ed inoltre, tale provvedimento gli
avrebbe precluso definitivamente la possibilità di far accertare giudizialmente
l’effettiva paternità della figlia X2 e ciò gli avrebbe comportato un danno non
patrimoniale quantificabile in non meno di 20.000,00 euro.
Giurisprudenza di merito Ondif
6
Deduceva altresì di aver corrisposto all’avv. C1 l’importo di 7.324,00 euro a
titolo di compenso professionale e ne chiedeva la ripetizione a causa
dell’asserita condotta negligente del professionista.
Chiedeva in via principale, di accertare la responsabilità professionale dell’avv.
C1 e per l’effetto, condannarlo al risarcimento di tutti i danni subiti dall’attore,
quantificati in complessivi 98.452,80 euro o nella diversa somma che venisse
accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data
del comportamento negligente al saldo effettivo.
L’avv. C1 ritualmente costituitosi in giudizio, deduceva di aver espletato
diligentemente il proprio mandato professionale in quanto l’obbligazione
dell’avvocato costituisce un’obbligazione di mezzi e non di risultato, pertanto, il
professionista avrebbe l’obbligo di mettere in atto le condizioni necessarie a
consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito ma non a
conseguire il risultato.
Esponeva inoltre, di aver informato il sig. P1 circa la possibilità di esperire
reclamo avverso il provvedimento presidenziale dell’1.12.2009 ma che costui si
sarebbe rifiutato di procedere in tal senso non volendo sostenere ulteriori costi.
Deduceva altresì di aver reso edotto l’attore di essere decaduto dall’azione di
disconoscimento della paternità della figlia X2 ma che, nonostante ciò, il sig.
P1 avrebbe deciso di procedere ugualmente con la causa ed inoltre, lo stesso
non avrebbe fornito clementi atti a dimostrare che quest’ultimo avrebbe avuto
notizia degli adulteri della moglie solo in epoca recente.
Rappresentava inoltre la mancanza di prova circa il nesso causale tra il danno
lamentato dall’attore e la condotta asseritamente negligente del convenuto.
In merito al quantum domandato dall’attore, in relazione all’indennità di vitto e
alloggio asseritamente corrisposta dallo stesso alla madre, deduceva che
l’attore non avrebbe provato di essersi trasferito presso l’abitazione della
madre, né tanto meno di aver effettuato dei versamenti alla stessa a titolo di
Giurisprudenza di merito Ondif
7
vitto e alloggio poiché le ricevute prodotte dall’attore avrebbero solo un valore
confessorio tra il sig. P1 e la sig.ra C2
Contestava altresì il quantum domandato dall’attore in riferimento al mancato
riconoscimento dell’indennità di occupazione della casa coniugale da parte della
moglie, poiché il parametro di riferimento utilizzato dal medesimo sarebbe
inappropriato ed inoltre, il sig. P1 non avrebbe fornito dei riscontri oggettivi in
merito.
Contestava inoltre la documentazione prodotta dall’attore al fine di dimostrare
il danno biologico asseritamente subito dallo stesso poiché si tratterebbe di una
consulenza stragiudiziale non assunta in contradditorio tra le parti.
Infine, contestava la richiesta di risarcimento avanzata dall’attore in merito
all’impossibilità di accertare giudizialmente l’effettiva paternità della figlia X2
poiché non si comprenderebbe la natura del danno né i criteri impiegati
dall’attore per la quantificazione dello stesso.
L’avv. C1 a conferma della correttezza della propria condotta professionale
esponeva che dopo l’esposto presentato dal sig. P1 l’Ordine degli Avvocati di
Brescia non ha dato seguito alla vicenda ed ha archiviato il procedimento.
Chiedeva in via principale, di accertare il corretto espletamento del mandato
difensivo allo stesso conferito da parte del sig. P1 accertare che nessun danno
è stato arrecato all’attore e per l’effetto, rigettare le domande attoree.
In via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento della domanda attorea,
quantificare i danni nella sola misura che venisse accertata in corso di causa e
rigettare tutte le voci di danno che non risultassero accertate nell’an e nel
quantum.
La causa è stata istruita con l’assunzione di prova testimoniale e
successivamente, fissata a precisazione delle conclusioni, è stata trattenuta in
decisione con termini di legge per deposito di comparse conclusionali e di
replica.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Giurisprudenza di merito Ondif
8
La responsabilità del prestatore di opera intellettuale, nel caso di specie
l’avvocato, per un’attività professionale negligente nei confronti del cliente
richiede la dimostrazione del danno e del nesso causale tra il comportamento
del professionista e il pregiudizio subito dal cliente (Cass. 15743/2024 ).
Quindi, anche laddove il professionista abbia commesso un errore non sussiste
un’automatica responsabilità dello stesso ovvero un automatico diritto al
risarcimento in favore del cliente essendo la responsabilità dell’avvocato
configurabile solo nel caso in cui – eseguita una valutazione prognostica – è
possibile asserire con certezza che senza l’errore il cliente avrebbe ottenuto il
risultato sperato.
Ciò premesso, nel caso di specie si osserva che la censura circa la mancata
eccezione di incapacità a testimoniare della figlia X2 non coglie nel segno
perché l’azione di disconoscimento della paternità proposta dal P1 nei confronti
della figlia X2 non comportava l’incapacità di quest’ultima a testimoniare nella
causa di separazione giudiziale dei genitori ma piuttosto una valutazione circa
la sua attendibilità. Su questo aspetto risulta che l’avvocato C1 a pagina 8 della
comparsa conclusionale della causa di separazione (cfr. all. 1) in relazione
all’udienza di ammissione dei mezzi di prova del 4 luglio 2017 ha puntualmente
rilevato che “inutile dire che la signora X2 ha espresso da tempo, per tale fatto,
ampio astio e malanimo nei confronti dell’odierno esponente e, per ciò solo, si
reputa che le sue dichiarazioni andranno più opportunamente espunte dal
Collegio a pagina 3 della memoria di replica (cfr all. n. 2), il difensore ha
ribadito che: “la stessa risposta, peraltro, si impone anche rispetto alle
condotte che le figlie hanno descritto, invero genericamente, collocandole in un
tempo assai remoto. Sulla parzialità delle deposizioni da parte delle figlie si
richiama quanto già riferito nei precedenti atti e ci si limita ad osservare che,
nell’esaminare una domanda di addebito, si reputa debba essere
particolarmente scrupoloso il vaglio di attendibilità dei testimoni, che deve
tener conto dei rapporti familiari e personali” Quindi risulta documentato che il
convenuto ha contestato l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla sig.ra X2
invitando il giudice a non tenerne conto ai fini della decisione.
Giurisprudenza di merito Ondif
9
Dalla lettura della sentenza emessa a conclusione del giudizio di separazione
emerge che quanto testimoniato dalla sig.ra X2 durante il giudizio di
separazione non ha influito sulla decisione della causa. Invero, nella sentenza
si legge che “benché … entrambe le figlie della coppia, sentite come testi
abbiano riferito che la madre aveva sempre subito le violenze del padre,
spesso ubriaco, tale contegno del coniuge non può ritenersi causa della
separazione in quanto anch’esso risalente nel tempo, avendo le figlie dichiarato
che gli ultimi anni di violenza cui avevano assistito risalivano all’anno 2001”.
Per quanto riguarda la doglianza relativa alla mancata opposizione avverso il
“provvedimento ingiusto di assegnazione della casa coniugale emesso dal
Presidente in difetto dei presupposti di legge ” non avendolo reclamato si rileva
quanto segue.
La casa coniugale era cointestata ai coniugi, la figlia X2 sebbene maggiorenne
ed economicamente sufficiente risiedeva nella casa familiare con la madre e
nutriva grande avversità verso il padre che aveva intentato azione di
disconoscimento nei suoi confronti, la sig.ra X1 era priva di reddito, tanto che il
sig. P1 anche con la sentenza di separazione è stato condannato a
corrispondere un mantenimento mensile pari a Euro 375,00, mentre il P1 era
titolare di redditi propri oltre che proprietario di altri immobili (alito n. 12), tra
cui era comproprietario della casa in cui dopo il provvedimento si è trasferito
con la madre, “di un altro immobile sito in X dove trascorre le sue giornate …
aveva la disponibilità esclusiva di altri appartamenti delle figlie, mentre la
sig.ra X1 dispone solamente della casa coniugale” (verbale 20.11.2011 all. 14
convenuto). Nel periodo in cui è stato emesso il provvedimento presidenziale
una parte della giurisprudenza riconosceva al giudice ampia discrezionalità
nell’assegnare la casa familiare di cui i coniugi fossero comproprietari a quello
tra i due economicamente più debole, ciò anche in mancanza di figli minorenni
o maggiorenni non economicamente indipendenti con esso conviventi, al fine di
favorire il consorte privo di redditi propri, consentendogli così di mantenere il
tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (Cass. civ. n. 870/1998 e Cass.
civ. n. 2070/2000 ).
Giurisprudenza di merito Ondif
10
Invero le successive richieste di modifica del provvedimento presidenziale
avanzate dalla difesa del P1 il 22.1.2010 (all-6 convenuto), il 20.11.2011 ed il
19.4.2012 (in quest’ultimo caso adducendo anche un peggioramento delle
condizioni di salute del P1 , non sono state accolte dall’allora giudice istruttore
dott.ssa F..
Non si ritiene, quindi, raggiunta la prova secondo la regola “del più probabile
che non ” che in caso di reclamo la Corte di Appello di Brescia avrebbe
senz’altro riformato il provvedimento sfavorevole al P1 assegnando a lui stesso
la casa. Sul punto si rileva che la stessa sentenza n. 2411/2013 non ha
assegnato ad alcuno dei comproprietari la casa di cui erano comproprietari.
La domanda altorea di risarcimento va respinta anche per assenza di prova del
danno. Quanto alla causa di separazione, Fattore ha dedotto di aver subito
danni rappresentati dall’indennità di vitto e alloggio che avrebbe corrisposto dal
gennaio 2010 al settembre 2018 alla propria madre per complessivi Euro
20.600,00 (Euro 2.400 annui); nonché dal mancato guadagno di Euro 8.400
che avrebbe potuto ricavare se l’immobile in comproprietà con la moglie
anziché essere goduto da quest’ultima in via esclusiva dal dicembre 2009 al
giugno 2013 fosse stato dato in locazione (valore locatizio dell’immobile
stimato in 400 euro considerato alla metà per 42 mensilità durante i quali l’ex
moglie ha goduto in via esclusiva dell’immoblle in comproprietà).
Quanto alla prima richiesta non si comprende come possa essere anche
astrattamente imputabile al convenuto il periodo dal giugno 2013 al 2018
posto che il fatto che l’attore non è tornato nel possesso dell’immobile
nonostante la sentenza n. 241 1/2013 costituisce elemento estraneo alla
condotta del convenuto per la quale il P1 ha incardinato con diverso difensore
causa r.g. 17148/2015. Coglie nel segno l’argomentazione del convenuto
laddove espone che l’attore per ottenere l’eventuale ristoro delle somme
corrisposte alla madre, avrebbe dovuto dimostrare che se fosse rimasto nella
propria casa avrebbe sostenuto una spesa in misura inferiore. In altri termini la
richiesta risarcitoria dell’attore avrebbe potuto trovare ristoro solo nel caso in
cui la difesa attorea avesse provato che in caso di revoca del provvedimento di
Giurisprudenza di merito Ondif
11
assegnazione della casa coniugale, nel medesimo lasso di tempo preso in
considerazione, il sig. P1 per il proprio mantenimento avrebbe speso una cifra
inferiore rispetto a quella sostenuta vivendo con la madre nella casa che era
cointestata ad entrambi (i testimoni indicati dall’attore hanno riferito soltanto
che il P1 avrebbe contribuito a pagare le utenze della casa materna e
all’acquisto di generi alimentari, provvedendovi personalmente o versando
alcune somme alla di lui madre: trattasi di costi che avrebbe sostenuto
quand’anche avesse continuato ad abitare nella casa coniugale di cui era
parimenti comproprietario al 50%).
La seconda richiesta si pone in termini ipotetici in quanto non è in alcun modo
certo come gli ex coniugi avrebbero gestito il bene in comproprietà nel quale
peraltro viveva anche la secondogenita X2 , non risulta quindi altamente
probabile che avrebbero posto in locazione l’immobile traendo il guadagno
asserito dall’attore.
Quanto alle conseguenze di carattere non patrimoniale si rileva che non è stata
espressamente dedotta la sussistenza di alcun danno biologico e che risulta
oltremodo difficile stabilire nel complesso quadro relazionale quali ripercussioni
sullo stato d’animo dell’attore siano potenzialmente connesse alla sola
assegnazione della casa alla ex moglie che viveva con la secondogenita verso
la quale era stato incardinata azione di disconoscimento della paternità.
Per quanto concerne la doglianza sul deposito tardivo della domanda di
disconoscimento della paternità della secondogenita X2 si rileva quanto segue.
Il professionista ha predisposto fatto di citazione per il disconoscimento nel
mese di ottobre 2010 e lo ha notificato il 4.11.2010 (doc. 14).
Lo stesso difensore, a pagina 3 della propria comparsa di costituzione datata
28.10.2009 e depositata nella causa di separazione (doc. 3), riportava
l’intenzione del sig. P1 di procedere per la richiesta di disconoscimento della
figlia X2: “Come egli ha di recente scoperto, ella da molti anni intrattiene,
senza scrupolo alcuno, diverse relazioni extraconiugali, tali da alimentare nel
marito fondati sospetti che la secondogenita X2 in realtà non sia neppure sua
Giurisprudenza di merito Ondif
12
figlia; il sig. P1 intende pertanto promuovere al più presto azione per il
disconoscimento di paternità”.
In sede istruttoria, durante l’esperimento dell’interrogatorio formale, è emerso
che al legale convenuto sin dai primi colloqui (il primo avvenuto a settembre
del 2009) era stato riferito dal cliente circa forte dubbio sulla paternità di una
delle due figlie (verbale dell’8.6.2021 : “il sig. P1 era venuto da me per la
separazione ricevuta dalla moglie perché l’assistessi in quel procedimento, in
tale occasione mi aveva parlato solo della separazione in vista della
costituzione per l’udienza. Non ricordo dopo quanto tempo, ma
successivamente il sig. P1 mi raccontò di avere dei sospetti circa la paternità di
una delle sue figlie. Io suggerii di chiedere alla collega T1 che assisteva la
moglie del P1 la disponibilità ad effettuare un esame del DNA”).
In data 9.6.2010 l’avv. C1 invia una missiva all’avv. T1 – legale della sig.ra X1 –
circa la scoperta delle relazioni extraconiugali della donna, da cui
presumibilmente sarebbe stata concepita la figlia X2 (v. sub. doc. 17).
Da quanto sopra documentato, in particolare, dalla comparsa di costituzione in
giudizio nella causa di separazione, emerge inequivocabilmente che nell’ottobre
del 2009 il P1 avesse conoscenza dell’adulterio della moglie e che tale
circostanza fosse stata resa nota all’avv. C1 il quale la riportava nel proprio
atto del 28.10.2009. Ne consegue che fazione di disconoscimento è stata
tardivamente incardinata dal legale convenuto ex art. 244 c.c.
La difesa del convenuto si concentra sul fatto che il P1 sarebbe stato informato
della probabile eccezione di decadenza che l’ex moglie e la figlia avrebbero
sollevato in ordine alla data dell’effettiva scoperta dell’adulterio e che,
comunque, l’esito negativo del giudizio è dipeso dal fatto che “il cliente non è
stato in grado di fornire elementi utili a dimostrare di aver avuto notizia dei
tradimenti in epoca recente
Si impongono due ordini di considerazioni, da un lato rimane fermo il fatto che
l’avv. C1 ha dato avvio al procedimento di disconoscimento della paternità oltre
un anno dalla dichiarata (in comparsa di costituzione) scoperta e dall’altro che
Giurisprudenza di merito Ondif
13
comunque nella sentenza n. 1915/2013 è dato atto che l’eccezione di
decadenza è stata sollevata effettivamente dalle convenute e comunque
“avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio ” e che “occorreva che il marito
dimostrasse non solo i tradimenti della moglie, ma soprattutto la data della
scoperta di questi da parte sua.
I capitoli di prova dell’attore, di cui va ribadita l’irrilevanza, erano tutti diretti a
dimostrare che la X1 dall’epoca della celebrazione del matrimonio, risalente al
maggio 1972, avesse intrattenuto relazioni extraconiugali.
Nessuna richiesta di prova orale è stata dedotta con riferimento alla recente
venuta a conoscenza delle condotte libertine della moglie”.
Quanto sopra dimostra che la tematica della decadenza dell’azione di
disconoscimento non è stata trattata con la dovuta diligenza dal professionista
incaricato che ha incardinato fazione certamente un anno dopo la scoperta e
nella stessa attività preparatoria e di predisposizione dell’atto non ha
adeguatamente approfondito una questione rilevabile anche d’ufficio senza
formulare capitoli di prova coerenti e senza aver dato atto di aver richiesto al
cliente puntuali spiegazioni sul punto. Appare, quindi, non pertinente che il
convenuto ora addebiti verso il P1 l’incapacità di costui di fornire elementi utili
sulla data della scoperta, quando, nemmeno dà atto di aver esaminato con
costui la questione e non ha dimostrato di aver colto l’essenzialità di formulare
adeguata prova a riguardo.
Tali elementi provano l’inadempimento del convenuto e fondano la richiesta di
risarcimento del danno quantificato in Euro 17.128,80 oltre interessi dal
18.1.2019 (data della prima richiesta risarcitoria doc. 12) ovvero l’importo
dovuto a titolo di spese legali liquidate in soccotnbenza in favore della P2 oltre
alla restituzione dei compensi per questa causa versati all’avv. C1
Su quest’ultimo punto risulta provato dai doc. 40-41 e 42 che l’attore ha
versato l’importo di euro 7.324,00 all’avv. C1 direttamente o ai suoi stretti col
laboratori. Dalle ricevute prodotte, infatti, è riportata la dicitura degli acconti
versati, cui segue la data del pagamento, ed accanto la firma dell’avv. C1 dallo
Giurisprudenza di merito Ondif
14
stesso riconosciuta in sede di interrogatorio formale oppure quella dei suoi
collaboratori. Costoro, avv.ti C. e P., sentiti come testimoni hanno negato di
aver ricevuto le predette somme, pur riconoscendo la paternità delle firme
siglate a fianco alle varie diciture di acconto per conto dell’avv. C1 Quanto
riferito appare inverosimile anche considerato che dalla semplice visione dei
documenti allegati sub doc. 40, 41, 42, è possibile notare come l’inchiostro sia
uniforme per ogni riga, il che fa ben intendere come sia la scritta “Acconto 00
in data…” che la sottoscrizione, siano state effettivamente eseguite con la
stessa penna. Ogni riga, infatti, è consecutiva all’altra, per cui le firme
successive risultano essere state apposte quando le precedenti risultavano già
esistenti. In assenza di prova della falsità dei documenti rileva che le
sottoscrizioni sono state effettivamente apposte dall’avv. C1 dall’avv. C. e
dall’avv. P. per conto del primo con dicitura “x M “; testi hanno confermato
l’autenticità delle loro firme nelle date di ricezione degli acconti indicati.
Dal momento che non è stata fatta espressa imputazione a quale causa si
riferisse l’importo complessivo di 7.324,00 considerato quanto liquidato nella
sentenza di disconoscimento e i valori in uso presso la terza sezione
dell’intestato Tribunale per le cause di separazione si liquida l’importo da
restituire in quanto riferibile alla causa di disconoscimento in Euro 5.500 oltre
interessi dal dovuto al saldo.
Non può invece essere riconosciuta l’ulteriore richiesta di risarcimento di danno
da perdita di chance di poter far accertare la verità biologica sulla paternità
della secondogenita X2 Invero la sentenza con cui il P1 è stato dichiarato
decaduto dall’azione di disconoscimento da atto che “dall’esame dei testi
indicati dalle convenute è emerso come da molti anni il marito accusasse la
moglie di tradimento e questo anche in presenza di terze persone (testi T2 e
T3 ; si consideri pure la denuncia querela sporta dalla X1 nei confronti del
marito nel maggio 1998 – quindi più di dieci anni prima l’indizio del presente
giudizio – sempre in relazione ad accuse di relazioni sentimentali con altri
uomini)”. Alla luce di tali considerazioni è inequivoco che data la realtà dei fatti
non si poneva alcuna occasione favorevole per un diverso accertamento e che
Giurisprudenza di merito Ondif
15
quindi non è stata la condotta del convenuto ad impedire all’attore di
conoscere la verità circa l’effettiva o meno paternità della secondogenita, già
all’epoca della notifica dell’atto di citazione non accertabile giudizialmente dato
il tempo trascorso dalla scoperta degli adulteri.
Le spese di lite seguono la soccombenza con condanna di parte convenuta alla
rifusione in favore di parte attrice delle spese di lite, liquidate in complessivi
Euro 5.838.55 di cui Euro 5.077,00 per compenso professionale (considerati
valori medi per fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale) ed Euro
761.55 per spese generali oltre iva, cpa, spese di notifica, contributo unificato
e marca da bollo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Brescia, in composizione monocratica, definitivamente
pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita così
dispone:
Condanna il convenuto a corrispondere all’attore l’importo di Euro 17.128,80
oltre interessi legali dal 12.1.2019 al saldo.
Condanna il convenuto a restituire l’importo di 5.500 oltre interessi legali dalla
ricezione al saldo.
Condanna parte convenuta a rifondere a parte attrice le spese di lite, liquidate
come in parte motiva.
Conclusione
Così deciso in Brescia, il 20 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2025.

Pubblicazione del testamento olografo: nessuna responsabilità del notaio che non indaga sul legato in difetto di incarico in tal senso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 6 febbraio 2025, n. 2969
Svolgimento del processo
1. S.B., nel convenire dinanzi al Tribunale di Pistoia il notaio M.R., espose di
essere nipote della signora N. B., deceduta il 9 dicembre del 2008, la quale,
con testamento olografo, aveva disposto che l’attrice divenisse, oltre che sua
erede, altresì legataria di un immobile sito in Marina di Massa.
2. Il testamento era stato pubblicato il successivo 17 dicembre dal notaio R.,
che avrebbe di lì a poco formalizzato l’accettazione dell’eredità da parte di tutti
gli eredi con atto pubblico nel quale venivano indicati, tra l’altro, gli estremi
catastali dell’appartamento pervenuto alla B. a titolo di legato.
3. L’immobile era stato acquistato dalla de cuius il primo gennaio del 2004 con
rogito per notar D.L., nel quale si dava espressamente atto che “l’intero
fabbricato, di cui fa parte l’immobile alienato, è soggetto a vincolo di
destinazione alberghiera”: vincolo per la cui gestione era stata costituita la
società GRTA s.r.l., della quale l’allora acquirente divenne socia in parte qua,
senza che il notaio R. ne facesse menzione nell’atto di accettazione dell’eredità
da parte, tra gli altri, di S.B..
4. All’esito di un’indagine della Guardia di Finanza svolta nel mese di marzo del
2009, era peraltro emersa l’inesistenza di qualsivoglia gestione turistico –
alberghiera dell’immobile. Di qui, la revoca della licenza e l’instaurazione
dapprima di un giudizio tributario, poi di un procedimento penale per il reato di
lottizzazione abusiva, definito con sentenza che aveva disposto la confisca
dell’immobile, provocando all’attrice un danno da lei stessa quantificato in oltre
400 mila euro.
Il giudizio di merito
1. L’odierna ricorrente, premesso di aver conferito al notaio R. l’incarico di
esaminare il testamento della zia e di ricostruirne il patrimonio ereditario, lo
convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia, chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni subiti a causa della sua condotta professionale, a suo
dire gravemente negligente.
2. Il notaio chiese e ottenne di chiamare in garanzia la propria assicurazione,
entrambi i convenuti opponendosi poi alle richieste dell’attrice.
3. Il Tribunale di Pistoia, con sentenza del 6.11.2016, rigettò la domanda,
ritenendo che l’attrice non avesse fornito la prova dell’asserito conferimento di
uno specifico incarico al notaio da ritenersi esteso oltre la pubblicazione del
testamento, ed avente ad oggetto, in particolare, una consulenza circa
l’opportunità o meno di rinunciare all’oggetto del legato. Per altro verso, il
notaio R. non si era, comunque, premurato di compiere le visure ipotecarie cui
era tenuto per legge, onde poter comunicare alla cliente l’esistenza del vincolo.
4. La Corte di appello di Firenze, investita dell’impugnazione della signora B., la
rigettò con sentenza del 13.9.2022, ritenendo, nella sostanza, che la
trascrizione degli acquisti mortis causa – caratterizzata dalla più limitata
funzione di garantire soltanto la continuità delle trascrizioni – fosse priva della
efficacia di natura dichiarativa tipica degli acquisti immobiliari, e ciò a più forte
ragione in presenza di un legato, la cui efficacia, come è noto, si dispiega ipso
iure al momento stesso dell’apertura della successione, salva la facoltà del
beneficiario di rifiutarne l’acquisto.
Motivi della decisione
Il ricorso per cassazione
1. Per la cassazione della sentenza della Corte fiorentina S.B. ha presentato
ricorso affidato a due motivi.
2. Resistono con controricorso il notaio R. e la compagnia di assicurazioni (che
deposita memoria).
3. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa
applicazione dell’art. 47. Comma 2 della legge n. 89 del 1913 come sostituito
dall’art. 12 del D.lgs. n. 249 del 2006; la violazione e/o la falsa applicazione
dell’art. 1176 comma 2 e dell’art. 1375 c.c.
4. Con il secondo motivo, S.B. si duole della violazione dell’art. 115 c.p.c. e
dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio con grave travisamento delle
prove.
La decisione della Corte
1. Il ricorso non può essere accolto.
2. In disparte i non marginali profili di inammissibilità di entrambi i motivi (non
rientrando nell’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c.
la censura di erronea ricognizione, da parte del giudice di merito, della
fattispecie concreta sulla base delle emergenze probatorie, che è
istituzionalmente sottratta al sindacato di legittimità), la loro infondatezza
deriva dalla struttura stessa del ragionamento probatorio erroneamente
invocato dalla ricorrente, volta che il tribunale prima, la Corte di appello poi,
hanno accertato, con motivazione non censurabile poiché del tutto esente da
vizi logici, prima ancora che giuridici, che l’oggetto dell’incarico ricevuto dal
notaio fosse circoscritto alla pubblicazione del testamento (attività ben diversa,
quanto agli oneri consequenziali, dal rogito di un atto di trasferimento
immobiliare tra vivi), e non ricomprendesse in alcun modo una consulenza
circa l’opportunità, per la signora B., di rinunciare al legato – onde l’assoluta
irrilevanza dell’eventuale, successiva manifestazione di una sua volontà di
rinuncia, peraltro meramente ipotetica, da esprimere in tal senso ex post.
3. Né risulta efficacemente censurata la motivazione della Corte territoriale
nella parte in cui ha escluso qualsiasi vizio di omessa pronuncia da parte del
tribunale in ordine alla richiesta risarcitoria, domanda che si poneva in evidente
relazione di dipendenza logica, prima ancora che giuridica, rispetto
all’auspicata quanto impredicabile affermazione di responsabilità per omissione
da parte del notaio.
4. La stessa motivazione della sentenza di primo grado, secondo cui “parte
attrice non ha assolto all’onere probatorio a suo carico omettendo non solo di
produrre documentazione, ma anche di articolare prove orali in ordine al
contenuto dell’incarico in concreto conferito al professionista”, riportata dal
giudice di appello nella prima pagina -non numerata- della motivazione della
sentenza impugnata, non risulta mai censurata in sede di giudizio di appello, e
si pone in termini definitivamente ostativi all’accoglimento del ricorso.
5. L’ulteriore contestazione relativa al mancato trasferimento delle quote di
proprietà della società GRTA risulta, infine, del tutto inammissibile per patente
novità, in quanto mai allegata nel corso del giudizio.
Il principio di diritto
Ai sensi dell’art. 384, I comma c.p.c., essendo stato il ricorso esaminato e
deciso ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la Corte enuncia il principio di diritto
che segue:
In tema di responsabilità del notaio, l’espressione “ricevere un atto” contenuta
nella legge notarile va intesa nel senso non di accettare materialmente un
documento, bensì di indagare la volontà delle parti, interpretarla ed esprimerla
in forma giuridica in modo che possa conseguire gli effetti voluti dalle stesse.
Ne consegue che in caso di pubblicazione di un testamento olografo, l’atto
“ricevuto” dal notaio, è l’atto di pubblicazione, il quale nulla aggiunge alla
validità, invalidità o mera convenienza del testamento e/o dell’eventuale legato
in esso previsto con riferimento alla posizione dell’erede o del legatario
(fattispecie in tema di legato ritenuto, ex post, “sconveniente” dal legatario,
che invocava erroneamente una più pregnante indagine da parte del notaio
nonostante l’assenza di uno specifico incarico conferitogli in tal senso).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di Cassazione, che si liquidano, in favore del controricorrente R., in
complessivi E. 7.200, di cui 200 per spese, e della controricorrente compagnia
Assicuratori dei Lloyd’s in complessivi E. 7.500, di cui 200 per spese.
Dall’esame degli atti emerge la non applicabilità, poiché il processo ne risulta
esente, della disposizione di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115
del 2002.

IL PUNTO SUL PROCESSO CIVILE. PROF. F.P. LUISO

ANALISI GIURISPRUDENZIALE
Corte Costituzionale 3 giugno 2024, n. 96, Foro it. 2024, I, 1628
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. dell’art. 171-bis c.p.c.,
nella parte in cui prevede l’emanazione, con decreto, di provvedimenti di
carattere interlocutorio fuori udienza e senza alcun contraddittorio
preventivo con le parti, in riferimento all’art. 24 Cost.
Corte di Cassazione s. u. 19 gennaio 2024, n. 2075, Foro it. 2024, I, 784
In tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura,
di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del
relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo
a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o
mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia
antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia
successivo alla notificazione del ricorso stesso.
Corte di Cassazione s. u. 19 gennaio 2024, n. 2077, Diritto & Giustizia 2024,
22 gennaio
In caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in
modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici – al
messaggio di posta elettronica certificata (p.e.c.) con il quale l’atto è
notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale
l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta
su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata
con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, comma 3, c.p.c.,
di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la
procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente
conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per
cassazione.
Corte di Cassazione s. u. 5 marzo 2024, n. 5792, Foro it. 2024, I, 2487
Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, che ricorre in caso di
svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della
riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo
istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto,
in concorso dei presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il
fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza
ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto
probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso
dei presupposti di legge, ai sensi dell’art. 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si
tratti di fatto processuale o sostanziale.
Corte di Cassazione s. u. 12 marzo 2024, n. 6477, Diritto & Giustizia 2024,
13 marzo
Se privo dell’apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in
forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è
sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la
paternità certa dell’atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la
notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell’Avvocatura
generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua
copia analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato
dello Stato.
Corte di Cassazione s. u. 28 marzo 2024, n. 8486, Diritto & Giustizia 2024,
3 aprile
Il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a
quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere
proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente,
destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli
oggetto del precedente atto di impugnazione.
L’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le
forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria
dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua
proposizione può sorgere dall’impugnazione principale o da
un’impugnazione incidentale tardiva.
Corte di Cassazione s. u. 10 aprile 2024, n. 9611, Foro it. 2024, I, 1819;
Foro it. 2024, I, 2469
Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi per cassazione
inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, il giudice che ha
formulato la proposta di definizione accelerata può far parte, anche in
qualità di relatore, del collegio che definisce il giudizio, non sussistendo
alcuna situazione di incompatibilità rilevante ai fini dell’astensione o della
ricusazione, sia perché la proposta non ha funzione decisoria e non è
suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, sia perché la
decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente
non si configura quale fase distinta e autonoma del giudizio di legittimità né
ha contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
Corte di Cassazione s. u. 29 aprile 2024, n. 11399, Foro it. 2024, I, 2396
Il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 363-bis c.p.c., in presenza di tutte le
condizioni previste dalla disposizione, può riguardare questioni di diritto
che sorgano anche nei procedimenti cautelari ante o in corso di causa.
Corte di Cassazione s. u. 30 aprile 2024, n. 11676, Diritto & Giustizia 2024,
3 maggio
Nel processo tributario, le modalità di proposizione dell’appello incidentale
– che l’art. 54, comma 2, d.lg. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede che sia
contenuto, a pena di inammissibilità, nell’atto di costituzione dell’appellato,
al pari delle modalità di proposizione dell’appello incidentale che, a pena di
decadenza, l’art. 343, comma 1, c.p.c., prescrive sia contenuto nella
medesima comparsa di risposta depositata – riguardano esclusivamente le
ipotesi di processi relativi a cause inscindibili o dipendenti, non anche quei
giudizi nei quali siano portate al vaglio dell’organo giudiziario cause
scindibili; pertanto, l’appellato che intende impugnare la sentenza anche nei
confronti di una parte del giudizio di primo grado non convenuta
dall’appellante principale in riferimento a cause scindibili, deve proporre
l’appello mediante notifica nel termine di cui all’art. 23 d.lg. n. 546 del 1992,
decorrente dal momento della conoscenza della sentenza e comunque non
oltre i termini di decadenza dal diritto all’impugnazione.
Corte di Cassazione s. u. 7 maggio 2024, n. 12449 Foro it. 2024, I, 1752
Ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna
specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo
la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto
dall’art. 1284, comma 1, c.c., se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche
sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico
accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla
proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione
speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in
quanto, da un lato il giudice dell’esecuzione, al cospetto del titolo esecutivo
giudiziale, non ha poteri di cognizione, ma deve limitarsi a dare attuazione
al comando contenuto nel titolo medesimo e, dall’altro lato, il comma 4
dell’art. 1284 non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva
degli interessi (cui la legge collega la relativa misura), ma rinvia ad una
fattispecie integrata da ulteriori presupposti, oggetto di accertamento
giurisdizionale.
Corte di Cassazione s. u. 13 maggio 2024, n. 12946 Foro it. 2024, I, 1707
Ai giudizi o ai procedimenti di revisione delle condizioni di separazione o di
divorzio, nei quali si discuta del contributo di mantenimento o dell’assegno
divorzile nelle varie forme, resta applicabile la disciplina sulla sospensione
dei termini processuali nel periodo feriale, salvo che non ricorra il decreto
di riconoscimento dell’urgenza della controversia (art. 92 ord. giud.) nel
presupposto che la sua ritardata trattazione possa provocare grave
pregiudizio alle parti.
Corte di Cassazione s. u. 29 maggio 2024, n. 15130 Foro it. 2024, I, 2017
In tema di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., l’ordinanza di
rinvio emessa dal giudice di merito senza aver sentito le parti sul proposito
di investire la Corte di cassazione, in violazione del comma 1 dell’art. 363-
bis c.p.c., non è automaticamente nulla né rende di per sé inammissibile il
rinvio, potendo il contraddittorio preventivo essere recuperato nella fase
dinanzi alla Corte di cassazione con le memorie in vista della pubblica
udienza e con la discussione orale dinanzi alla Corte.
Corte di Cassazione s. u. 17 giugno 2024, n. 16784 Foro it. 2024, I, 3042
Gli atti di formazione del ruolo e di calendarizzazione delle cause e delle
udienze non sono atti giurisdizionali, né amministrativi, bensì di
«amministrazione del processo civile» interni all’ordinamento giudiziario e,
in quanto tali, non sono sindacabili dalle parti, le quali dispongono di una
pluralità di strumenti esercitabili ex ante ed ex post e funzionali a tutelare il
proprio diritto ad una decisione della causa in tempi ragionevoli, che
spaziano dalle istanze, seppur atipiche, di anticipazione, ovvero di rinvio
delle udienze, ai rimedi preventivi, ovvero indennitari di cui alla l. n.
89/2001, sino alla segnalazione in sede disciplinare degli illeciti compiuti
dal giudice.
Corte di Cassazione s. u. 15 ottobre 2024, n. 26727 Diritto & Giustizia 2024,
16 ottobre
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte
dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella
introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro
fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione
della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione.
Corte di Cassazione s. u. 5 novembre 2024, n. 28452 Diritto & Giustizia
2024, 6 novembre
Nel regime antecedente alla novella recata dal d.lg. n. 149 del 2022, la
notificazione a mezzo PEC eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3-bis l. n.
53 del 1994 non si perfeziona nel caso in cui il sistema generi un avviso di
mancata consegna, anche per causa imputabile al destinatario (come
nell’ipotesi di saturazione della casella di PEC con messaggio di errore dalla
dicitura ‘casella piena’), ma soltanto se sia generata la ricevuta di avvenuta
consegna (c.d. “RdAC”). Ne consegue che il notificante, ove debba evitare
la maturazione a suo danno di un termine decadenziale, sarà tenuto a
riattivare tempestivamente il procedimento notificatorio attraverso le forme
ordinarie di cui agli artt. 137 e ss. c.p.c., potendo così beneficiare del
momento in cui è stata generata la ricevuta di accettazione della originaria
notificazione inviata a mezzo PEC.
Corte di Cassazione s. u. 14 novembre 2024, n. 29432 Diritto & Giustizia
2024, 15 novembre
Nel procedimento di correzione degli errori materiali, ex artt. 287, 288 e
391-bis c.p.c., in quanto di natura sostanzialmente amministrativa e non
diretto a incidere, in situazione di contrasto tra le parti, sull’assetto di
interessi già regolato dal provvedimento corrigendo, non può procedersi alla
liquidazione delle spese, non essendo configurabile in alcun caso una
situazione di soccombenza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 91 c.p.c.,
neppure nella ipotesi in cui la parte non richiedente, partecipando al
contraddittorio, opponga resistenza all’istanza.

Corte di Cassazione s. u. 19 novembre 2024, n. 29812
In tema di giudizio di legittimità, la perdita della capacità processuale della
parte ricorrente (sia persona fisica, sia persona giuridica) intervenuta dopo
il conferimento della procura speciale al difensore per il giudizio di
cassazione, ma prima della notifica del ricorso alla controparte, non
determina l’inammissibilità dell’atto d’impugnazione, in forza del principio
di ultrattività del mandato.
Corte di Cassazione s. u. 4 dicembre 2024, n. 31136
Nel caso di domande avvinte da un nesso di cumulo alternativo soggettivo
sostanziale per incompatibilità, proposte dall’attore nei confronti di due
diversi convenuti, la sentenza di primo grado che condanna colui che sia
individuato come effettivo obbligato contiene una statuizione di fondatezza
della rispettiva pretesa e una statuizione di rigetto nel merito della pretesa
alternativa incompatibile. Il nesso di dipendenza implicato dal cumulo
alternativo comporta in sede di impugnazione l’applicazione dell’art. 331
c.p.c. e la riforma del capo della sentenza inerente alla titolarità passiva del
rapporto dedotto in lite, conseguente all’accoglimento dell’appello
formulato dal convenuto alternativo rimasto soccombente in primo grado,
ha effetto anche sul capo dipendente recante l’enunciazione espressa, o
anche indiretta, ma comunque chiara ed inequivoca, di infondatezza della
pretesa azionata dall’attore verso l’altro convenuto. Affinché il giudice
d’appello, adito in via principale sul punto dal convenuto soccombente,
possa altresì accogliere la pretesa azionata verso il litisconsorte alternativo
assolto in primo grado e perciò condannare quest’ultimo, l’attore non può
limitarsi a riproporre ex art. 346 c.p.c. la rispettiva domanda, esaminata e
respinta nella sentenza impugnata, ma deve avanzare appello incidentale
condizionato.

Il Giudice del reclamo ex art 473-bis.24 c.p.c. decide rebus sic stantibus.

Corte d’Appello di Roma, Sezione Persona e
Famiglia – Minorenni, Ordinanza del 7 gennaio 2025,
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
Sezione Persona e Famiglia – Minorenni
Composta dai magistrati:
dott. Sofia Rotunno Presidente
dott. Francesca Romana Salvadori Consigliere
dott. Gabriele Sordi Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel proc.to iscritto al n. 3829 del ruolo degli affari di volontaria giurisdizione dell’anno
2024 promosso con ricorso ai sensi dell’art 473 bis 24 c.p.c. depositato il 15.7.2024
avverso l’ordinanza resa dal Giudice delegato del Tribunale di Roma nel proc.to n.
38159/2023 in data 3.7.2024 e comunicata alle parti in pari data;
tra
A. C. , nata a G. il ______-1983 residente in R. Via______ C.F. _____ rappresentata
e difesa dall’Avv. Fiorella D’Arpino ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Roma Via Imera;
reclamante
e
P. L. , nato a T. (MT), il _____1982 residente a R. in via ___, codice fiscale
rappresentato e difeso dall’Avv. Luigina Tucci ed elettivamente domiciliato presso il suo
studio in Roma alla Via Giuseppe De Leva 39;
reclamato
_ _ _
Con ricorso tempestivamente depositato il 15.7.24 la sig.ra A. C. ha proposto reclamo
ai sensi dell’art 473.bis 24 c.p.c. avverso l’ordinanza con la quale il G.d. del Tribunale
di Roma, all’esito dell’esperimento di apposita c.t.u., aveva modificato il regime di
affido da condiviso ad esclusivo al padre della figlia G. nata il ___2019 al matrimonio
contratto con il sig. P. L. , confermatone il collocamento presso quest’ultimo e
rimodulato restrittivamente il calendario degli incontri madre-figlia, da svolgersi alla
presenza della nonna materna o di altra persona di comune fiducia, con l’attivazione
del servizio s.i.s.mi.f.
Ella ha chiesto il ripristino del regime di affido condiviso, affermando che allo stesso
mai si era opposto il marito e che ella, pur avendo sofferto di patologia psichica, era
stabile, collaborativa e perfettamente in grado di condividere consapevolmente le
decisioni da adottarsi nel primario interesse della minore, svolgendo regolarmente il
suo lavoro di insegnante presso la scuola primaria, lo stesso del marito, anche le
risultanze della c.t.u. non essendo risultate sfavorevoli. Invocava altresì l’incremento
della sua frequentazione con la figlia nei termini di cui al suo ricorso del 10.6.24 o,
quantomeno, in quelli proposti dalla stessa C.t.u.
Costituitosi in giudizio, il sig. P. L. ha chiesto confermarsi l’ordinanza impugnata. Il
regime di affido esclusivo a sé della figlia era da ritenersi, asseriva, pienamente
giustificato al fine di assicurare il benessere e la sicurezza di G. per come aveva
illustrato in motivazione il G.d. che, correttamente, aveva dato un diverso e maggiore
rilievo alle criticità evidenziate dalla consulente tra cui: la mancanza di consapevolezza
che si era manifestata con una non piena collaborazione della sig.ra A. nel raccontare
i suoi vissuti inerenti la patologia, parzialmente celati; la ricerca costante di
attestazioni positive da parte dei suoi curanti, rilasciate in assenza dei necessari
presupposti fattuali.
Se era vero che egli non si era opposto all’affido condiviso della minore nelle varie fasi
dalla vicenda, ciò aveva fatto al solo scopo di non stressare ulteriormente la sig.ra A.
mettendone in discussione la capacità genitoriale in un momento di sua grave fragilità.
Al contrario, la ricorrente si era sempre opposta alla c.t.u., insofferente ad ogni
prescrizione di cautela necessaria stante la sua condizione personale.
I suo incontri con la figlia erano stati sempre garantiti ed oggi, di fatto, si era tornati
alle modalità inizialmente stabilite con i primi provvedimenti resi ai sensi dell’art 473
bis.22 c.p.c.. La moglie lavorava sì nella scuola, ma come insegnante di sostegno
applicata dunque ad un solo scolaro.
La reclamante depositava memoria di replica per insistere nelle proprie tesi ed istanze.
* * *
Il riesame da parte della Corte deve essere limitato alla correzione di errori manifesti
ed immediatamente rilevabili, di fatto o di diritto, desumibili allo stato degli atti, senza
possibilità di compiere complesse attività di accertamento, riservate all’attività del
Giudice delegato il quale, sulla scorta delle relative risultanze, è abilitato dalla
previsione di cui all’ultimo all’art 473 bis.24 c.p.c. ad adottare la revoca o la modifica
dei provvedimenti da lui stesso resi con la sua ordinanza ex art 473 bis.22 c.p.c..
Nel caso di specie il G.d. del Tribunale ha diffusamente illustrato le ragioni per le quali
ha ritenuto di non sperimentare, almeno ancora alla data di emissione del
provvedimento impugnato, un diverso e più ampio regime di frequentazione madre-
figlia, pur suggerito dalla consulente, stante quant’altro riportato nell’elaborato della
stessa specialista: la complessità della condizione mentale della ricorrente, il suo
atteggiamento non sufficientemente consapevole del proprio stato, la difficoltà
incontrata dall’ausiliaria nell’acquisire suo tramite tutte le necessarie informazioni per
formulare la più puntale descrizione diagnostica.
D’altro canto, si è oramai prossimi alla decisione definitiva del merito (la causa verrà
trattenuta in decisione il 18.3.25) con il contributo della relazione di aggiornamento
chiesta dal Tribunale al competente Servizio sociale che fornirà aggiornati riscontri su
ogni elemento utile alla migliore regolamentazione della frequentazione madre-figlia.
Giurisprudenza di merito Ondif
Per tali motivi il reclamo è rigettato e la ricorrente dovrà rimborsare, come per legge,
al resistente le spese di lite come si liquidano in dispositivo nel rispetto del d.m. n.
55/14, aggiornato dal d.m. n. 147/22.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando:
– rigetta il reclamo proposto dalla sig.ra A. C. avverso l’ordinanza resa dal Giudice
delegato del Tribunale di Roma nel proc.to n. 38159/2023 in data 3.7.2024;
– condanna la stessa sig.ra A. C. a rimborsare al sig. P. L. le spese di lite che liquida
in euro 2.500,oo per compensi professionali, oltre r.f. al 15%, Iva e Cna come per
legge;
– dichiara la ricorrenza degli estremi di legge per applicare alla reclamante la
sanzione di cui all’art 13 co. 1° quater del d.P.R. n. 115/02.
Si comunichi.
Roma, il 2.1.2025.
Il Consigliere est. La Presidente
Dr. Gabriele Sordi Dr.ssa Sofia Rotunno

Errata la identificazione del superiore interesse della minore con la volontà da questa espressa, se frutto della manipolazione del genitore.

Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza del 6 febbraio 2025, n. 2947,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. ACIERNO Maria – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Relatore
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10370/2024 R.G. proposto da
A.A., elettivamente domiciliato in NAPOLI VIA RIVIERA DI CHIAIA, 242, presso
lo studio dell’avvocato FIORITO FERRUCCIO che lo rappresenta e difende,
come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
Contro
B.B., elettivamente domiciliata in NAPOLI VIA TOLEDO 205, presso lo studio
dell’avvocato COCCIA ELENA che la rappresenta e difende, come da procura
speciale in atti.
-controricorrente-
nonché contro
C.C., curatore speciale della minore, elettivamente domiciliato in NAPOLI VIA
VECCHIA POGGIOREALE N. 14, presso lo studio dell’avvocato RICCIUTO
NICOLA, che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
nonché contro
PROCURATORE GENERALE CORTE D’APPELLO NAPOLI
-intimato-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1378/2023
depositata il 05/03/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal
Consigliere LAURA TRICOMI.
Svolgimento del processo
1.1.- La controversia concerne la collocazione privilegiata della minore D.D.,
nata il 6 marzo 2013, a seguito di una convivenza more uxorio intercorsa tra
A.A. e B.B.
Terminata la convivenza, a seguito del ricorso proposto da A.A. ex art. 337 bis
c.c. il Tribunale di Napoli, con decreto depositato il 18.3.2019, aveva affidato la
figlia ad entrambi i genitori con residenza privilegiata presso la madre, abitante
a N, ed aveva disciplinato il diritto-dovere del padre, con residenza a T, di
frequentare la minore ed il suo obbligo di contribuzione indiretta al
mantenimento.
1.2.- Successivamente, A.A. aveva proposto un primo procedimento ex art.
709 ter c.p.c., lamentando l’inosservanza da parte di B.B. delle disposizioni
dettate dal Tribunale in data del 18.3.2019 per regolare i rapporti tra la minore
ed il padre e comportamenti ostruzionistici ed il Collegio con decreto del
22.11.2019 aveva ammonito B.B. alla puntuale osservanza di quanto già
disposto in merito.
1.3.- In data 9.7.2020 A.A. aveva proposto un nuovo ricorso ex art. 709 ter
c.p.c. lamentando il perdurare dei comportamenti ostruzionistici di B.B.,
aggravati dal sopraggiungere dell’emergenza sanitaria ed intensificatisi nel
tempo ed aveva chiesto la sospensione di B.B. dalla responsabilità genitoriale e
la collocazione della figlia presso di sé, evidenziando la lesione del rapporto con
la figlia a causa della condotta materna. B.B., costituitasi, aveva chiesto il
rigetto del ricorso, lamentando le continue modifiche del calendario di incontri
ascrivibile a A.A. e svolgendo numerose critiche nei suoi confronti.
Nel corso del procedimento, il Tribunale, dopo avere disposto in via d’urgenza
con provvedimento del 5.8.2020, che A.A. tenesse con sé la figlia dal 16 al 31
agosto 2020, aveva disposto l’espletamento della CTU ed approfondimenti
istruttori.
Espletata la CTU il Tribunale, con ordinanza del 7.6.2021, aveva evidenziato le
gravi carenze genitoriali della B.B. nel garantire l’accesso alla vita della figlia
dell’altro genitore, nonché l’attività di manipolazione posta ai danni della
bambina tramite le condotte escludenti e pregiudizievoli per lei, ed aveva
inoltre ritenuto che le differenti criticità rilevate anche a carico del padre
potessero essere superate da una quotidianità tra i due, che si rendeva
assolutamente necessaria. Il Tribunale aveva quindi disposto la collocazione
della minore a Torino presso il domicilio paterno con affido esclusivo della
minore al padre, articolando un calendario di visita congruo tra la minore e la
madre; aveva inoltre posto a carico della B.B. un contributo mensile di Euro
300,00 per il mantenimento della figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie.
Ancora, il Tribunale aveva nominato il curatore della minore ed aveva
sollecitato le parti all’avvio di un percorso psicoterapeutico e di sostegno alla
genitorialità, prescrivendo l’invio delle relative relazioni di monitoraggio. Era
stato altresì disposto un percorso di psicoterapia per la minore previa
individuazione di uno specialista in Torino da parte del padre e del curatore
nominato.
Con decreto del 4.6.2023, il Tribunale, dopo avere effettuato il monitoraggio
sull’andamento della collocazione della minore presso il padre e svolta
l’ulteriore attività istruttoria, sulla scorta di tutti gli elementi acquisiti, aveva
ritenuto sussistenti valide ragioni per ritenere maggiormente idonea al suo
interesse, la collocazione della minore presso il domicilio paterno in Torino, con
conseguente conferma del suo attuale assetto di vita, ormai risalente al giugno
del 2021. Aveva ulteriormente rafforzato l’affido al padre con la previsione
dell’affido c.d. superesclusivo in favore del predetto, sottolineando che tale
decisione si fondava sulla eccessiva conflittualità tra le due parti. Quanto al
regime di frequentazione tra la minore e la madre, aveva confermato quanto
già in precedenza stabilito e, analogamente, con riferimento all’importo di Euro
100,00 mensili a carico della B.B. per il mantenimento della figlia.
Segnatamente il Tribunale, come si evince da quanto trascritto nel decreto
impugnato, aveva sottolineato “di aver aderito alla proposta della consulente di
parte del A.A., disponendo la immediata collocazione della minore presso il
domicilio paterno, discostandosi dalle conclusioni della CTU (e non dal
contenuto delle sue forti e decise critiche alle condotte della B.B., condivise
anche dai consulenti di parte, ed in questa sede ribadite) – che aveva invece
proposto un ulteriore periodo di monitoraggio, ferma la collocazione presso la
madre, al fine di verificare il buon esito dei percorsi proposti e della tenuta di
un ampio calendario di visita paterno, ritenuto da lei necessario ai fini del
consolidamento della relazione paterna..”. Ciò in quanto “i riscontri oggettivi e
istruttori delle condotte dalla B.B., costantemente finalizzate ad ostacolare il
A.A. nel suo ruolo paterno e ad impedire alla figlia di godere a pieno del suo
diritto alla bigenitorialità…non offrivano più alcuna garanzia di resipiscenza
della donna, evocata ancora una volta in giudizio sempre per gli stessi motivi,
già ammonita dal Tribunale, monitorata in senso negativo dal Giudice tutelare,
e valutata nelle sue rilevanti disfunzionalità anche in sede di consulenza, tutti
elementi storici e cronicizzati che non potevano offrire alcuna idonea garanzia
di un mutamento radicale delle sue condotte e delle sue convinzioni, e dunque
della cessazione spontanea di ogni pregiudizio agito a danno della figlia;
condotte e convinzioni che non erano state mai abbandonate dalla B.B. nella
immediatezza delle risultanze dell’elaborato peritale, ma neanche nel decorso
degli ulteriori due anni ormai trascorsi da tale data.”
1.4.- Il reclamo proposto da B.B. contro il decreto in data 4.6.2023 del
Tribunale di Napoli è stato accolto dalla Corte di appello partenopea con il
decreto n.266/2024 pubblicato il 5 marzo 2024, qui impugnato.
La Corte di merito, senza mutare le valutazioni compiute dal Tribunale, quanto
alla complessa vicenda familiare, alle condotte ascritte ai due genitori e, in
particolare, alla attività ostacolanti e manipolatorie poste in essere dalla madre
alla quale nell’ambito di una accesa conflittualità tra i genitori, ha disposto il
rientro della minore a N dopo avere ascoltato la minore che ha espresso il
desiderio motivato di tornare a Napoli, pur non lamentando alcuna situazione
pregiudizievole in ambito paterno. La Corte ha statuito il collocamento
privilegiato della minore presso l’abitazione materna in Napoli con decorrenza
dal 15.6.2024 e l’affido della predetta con la medesima decorrenza ai Servizi
Sociali del Comune di Napoli, affinché gli stessi, sentiti i genitori, decidano di
volta in volta, ove permanga il conflitto, su tutte le questioni afferenti
all’istruzione, alla salute ed alla educazione della minore; disciplinando il diritto
di visita paterno e gli obblighi di mantenimento ordinario e straordinario.
1.5.- A.A. ha proposto ricorso chiedendo la cassazione del decreto con quattro
mezzi, illustrati con memoria. B.B. ha resistito con controricorso e memoria.
Anche il curatore speciale, avvocato C.C., ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
2.- Il decreto impugnato è ricorribile ex art. 111 Cost.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il
decreto pronunciato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo avverso il
provvedimento emesso dal Tribunale nel procedimento di revisione delle
disposizioni concernenti l’affidamento ed il mantenimento della prole ha
carattere decisorio e definitivo, in quanto incidente su diritti soggettivi e idoneo
ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, ed è pertanto
impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (cfr. Cass.
n.17903/2023 ; Cass. n.1103/2014 ; Cass. n. 18974/2013 ).
3.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli
artt. 336 , 336 bis e 315 bis c.c. A parere del ricorrente, la Corte di Appello
ha erroneamente applicato la disposizione ratione temporis applicabile, ossia
l’art. 336- bis c.c. ex art. 35 D.Lgs. n. 149 del 2022 – la quale stabilisce che
“se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore il giudice non procede
all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato” e la formula è
riprodotta nell’art. 473-bis.4 , secondo comma, c.p.c., ove è situata
attualmente la disciplina dell’ascolto del minore.
3.2.- Con il secondo motivo si denuncia la nullità della pronuncia per illogicità e
contraddittorietà della motivazione; o comunque violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 337 – bis e 337 – ter c.c., dell’art. 3 della Convenzione
di New York sui Diritti del Fanciullo, dell’art. 8 CEDU, e dell’art. 32 Cost.,
nonché del principio, da tali disposizioni veicolato, “del superiore interesse del
minore, con specifico riguardo ai diritti alla bigenitorialità e all’integrità psico-
fisica in capo alla prole”.
A parere del ricorrente, la Corte di merito nel modificare radicalmente il regime
dei rapporti personali genitori/figlia trasformando l’affidamento superesclusivo
al padre in un affidamento congiunto con collocamento privilegiato presso la
madre, sarebbe incorsa in un palese vizio logico, mancando nel provvedimento
reso un percorso argomentativo volto ad affermare che, all’esito di una
rivalutazione del materiale istruttorio in atti (evidentemente mal governato dal
primo giudice), ovvero alla luce di circostanze sopravvenute alla decisione
impugnata, il quadro fattuale non era (più) quello descritto dal primo giudice,
in quanto in realtà la madre svolgeva adeguatamente la funzione genitoriale
(anche sotto il profilo della capacità di consentire il mantenimento di
soddisfacenti contatti tra la figlia ed il padre), e anzi, a parità di adeguatezza
genitoriale rispetto al A.A., per una serie di specifiche oggettive ragioni era da
presso di lei a Napoli il soddisfacimento dell’interesse superiore della bimba.
2.3.- Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il
giudizio e oggetto di discussione tra le parti. Si rimarca il mancato rilievo della
reiterata inadempienza, da parte della madre, rispetto ai provvedimenti
(temporanei e definitivo) resi dal Tribunale di Napoli. A parere del ricorrente, la
Corte di merito ha ingiustamente omesso di esaminare le condotte della madre
e le carenze di questa, mai contestate da controparte e comunque accertate
con differenti provvedimenti del Tribunale di Napoli, alle quali alcuna
importanza e rilevanza avrebbe dato la Corte di merito.
2.4.- Con il quarto motivo si denuncia la nullità della pronuncia per mera
apparenza della motivazione e sua illogicità rispetto alle risultanze probatorie;
o comunque violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 , 115 e 116 e 196
c.p.c., con particolare riferimento all’utilizzo dello strumento della CTU e
all’integrale (e irragionevole) sovvertimento delle sue acquisizioni da parte
della Corte d’Appello.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale ha integralmente disatteso la CTU,
incorrendo in una evidente contraddittorietà e illogicità allorquando nel
provvedimento impugnato, afferma di “condividere le argomentazioni di cui al
provvedimento in esame, che tuttavia non si ritiene altrettanto condivisibile
quanto alla soluzione adottata”, senza però procedere, in ragione dell’effetto
devolutivo del reclamo, ad un complessivo riesame delle emergenze istruttorie
e ai necessari approfondimenti relativi ad entrambi i genitori, al fine di adottare
la misura ritenuta più idonea in punto di affidamento e collocazione della
minore.
3.1.- Il ricorso, i cui motivi vanno trattati congiuntamente per stretta
connessione, è fondato e va accolto.
3.2- Come questa Corte ha avuto modo di affermare più volte, che
nell’interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della
bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del
figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e a mantenere salde
relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare
nell’assistenza, educazione ed istruzione (cfr. Cass. n. 26697/2023 ; Cass.
n.9691/2022 ; Cass. n.28723/2020 ; Cass. n. 9764/2019 ).
3.3.- Anche la Corte Edu, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita
familiare di cui all’art. 8 CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia
libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha
precisato che in tutte le decisioni che riguardano dei minori il loro interesse
superiore debba prevalere (si veda, tra altre, Neulinger e Shuruk c. Svizzera
(GC), n. 41615/07, par. 135, CEDU 2010) e che nelle cause in cui sono in gioco
questioni di affidamento di minori e di restrizioni del diritto di visita, l’interesse
del minore deve prevalere su qualsiasi altra considerazione (Strand Lobben e
altri c. Norvegia (GC), n. 37283/13, par. 204, 10 settembre 2019).
A tal fine la Corte EDU ha rimarcato che è comunque necessario un rigoroso
controllo sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione
effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di
cui all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo , onde
scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età
ed uno dei genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte
EDU, 23 marzo 2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D’Alconzo
c/Italia; Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia; Corte EDU, 15
settembre 2016, Giorgioni c/Italia; Corte EDU, 23 giugno 2016, Strumia
c/Italia; Corte EDU, 28 aprile 2016, Cincimino c. Italia).
La Corte EDU ha anche rammentato che gli obblighi positivi non implicano solo
che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un
contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che
consentono di pervenire a tale risultato (Corte EDU, 24 giugno 2021, A.T.
c/Italia, n.40910/19, par. 66) nella preliminare esigenza che le misure
deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione,
perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle
relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui (cfr. Corte
EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia).
La Corte EDU, di norma, e condivisibilmente, invita le autorità nazionali ad
adottare tutte le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il
genitore ed i figli, affermando che “per un genitore e suo figlio, stare insieme
costituisce un elemento fondamentale della vita familiare” (cfr. Kutzner c.
Germania, n. 46544/99, CEDU 2002) e che “le misure interne che lo
impediscono costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della
Convenzione” (cfr. K. E T. c. Finlandia, n. 25702/94, CEDU 2001).
3.4..- Questa essendo, dunque, la qui condivisa cornice giurisprudenziale
nazionale e sovranazionale di riferimento, osserva il Collegio che la Corte
distrettuale ha modificato il regime di collocazione, all’esito dell’ascolto della
minore, dando seguito al desiderio da questa espresso di far ritorno a Napoli,
pur a fronte del permanere della conflittualità tra i genitori, oltre che
dell’incapacità degli stessi di giungere ad una decisione condivisa sulla
residenza della figlia minore, nonostante la prolungata collocazione della
minore presso il padre avesse dato esito positivo, senza che si fossero
palesate, di contro, condotte ostative alla regolare frequentazione materna.
3.5.- In particolare, la Corte di merito (fol.8 e ss. del decr. imp.) ha confermato
che il diritto alla bigenitorialità da parte della minore risultava compromesso
dal comportamento della madre, come emerso nel corso del procedimento ed
accertato in primo grado; quindi, pur avendo dissentito dalla soluzione adottata
in primo grado sul rilievo che “benché fosse indubbia la necessità che D.D.
avesse un concreto rapporto affettivo con il padre senza ingerenze materne, il
decreto di cui si tratta ha comportato che la predetta all’età di sette anni – per
quanto indubbiamente confortata dall’affetto paterno- ha dovuto affrontare una
modifica radicale della sua vita che ha visto contemporaneamente il suo
distacco – di circa 800 chilometri- dalla madre e dagli affetti alla cui vicinanza
era abituata, il cambiamento di casa, di città, delle abitudini di vita, nonché
l’allontanamento dall’ambiente sociale, amicale e scolastico.” ha poi
riconosciuto che “lo scopo che il provvedimento reclamato si era prefisso, quale
quello di salvaguardare il rapporto padre-figlia, posto a rischio dalla condotta
ostruzionistica della B.B., è stato sostanzialmente raggiunto” e ha dato atto che
“…si deve comunque considerare che la minore D.D. vive oramai a Torino con
il padre e la compagna del predetto da quasi tre anni e che, come emerge dalla
relazione della psicologa dott.ssa Farci, si è ben adattata al contesto torinese,
va a scuola con ottimo profitto e non sono emerse difficoltà nella vita
scolastica; inoltre, la sua vita quotidiana presenta occasioni di svago, amicizie,
attività extrascolastiche e sportive e vive serenamente nel contesto familiare
paterno, con riferimento al quale non sono emerse criticità…. Ciò posto va
ancora sottolineato che il rapporto tra il padre e la minore ha avuto una
evoluzione positiva in quanto il predetto è divenuto un punto di riferimento
concreto per D.D., capace di accudimento e contenimento affettivo. Nello
stesso tempo, il rapporto della figlia con la madre è rimasto ben saldo, grazie
anche all’ampio regime di visite riconosciute alla predetta e non ostacolate dal
padre. In sostanza emerge con chiarezza dalle risultanze processuali che la
minore allo stato ha un buon rapporto con entrambi i genitori con i quali sta
bene ed è serena ed altresì che lo scopo che il provvedimento reclamato si era
prefisso, quale quello di salvaguardare il rapporto padre-figlia, posto a rischio
dalla condotta ostruzionistica della B.B., è stato sostanzialmente”.
Quindi, passando all’esame del rapporto familiare nel suo complesso ha
osservato che “Tanto rilevato si deve tuttavia evidenziare che, fermo restando
l’importante risultato raggiunto con riferimento al rapporto padre-figlia, il
provvedimento adottato non ha affatto attenuato il conflitto tra le parti, che ad
oggi può risultare addirittura acuito stante il contrasto tra il padre che intende
salvaguardare dalle intromissioni materne il rapporto che è riuscito a creare
con la figlia e la madre che vuole tenere saldo il rapporto preesistente della cui
quotidianità lei e D.D. si sono viste di fatto private…. Da quanto sopra deriva
pertanto che in capo alla B.B., così come nel A.A., difetta la capacità di
riconoscere il ruolo genitoriale dell’altro e di preservare la continuità delle
relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto della figlia alla
bigenitorialità e ad una crescita equilibrata e serena.”.
Dopo questa premessa, la Corte di merito ha concluso “Tanto rilevato assume a
questo punto rilievo significativo, nell’interesse della minore, la circostanza che
nel corso del procedimento D.D. ha esplicitato in più occasioni la nostalgia per
il contesto napoletano ed il suo desiderio di fare rientro a N.” e, dopo aver
proceduto ad una accurata disamina della maturità e della capacità di
discernimento della minore (all’epoca dell’ascolto di anni 11) e del desiderio
motivato della stessa di far rientro a N, ha riformato il provvedimento di primo
grado e ha statuito “in linea con quanto richiesto alla stessa minore che si
ritiene in concreto corrispondente al suo superiore interesse e al suo sviluppo
psico-fisico nel rispetto della bigenitorialità” la collocazione presso la madre,
l’affidamento ai Servizi Sociali, il calendario di visite e l’assegno di
mantenimento.
3.6.- La decisione impugnata non risulta conforme ai principi prima enunciati, è
viziata dall’omesso esame di fatti decisivi e va cassata.
3.7.- Innanzi tutto, va osservato che l’ascolto del minore (nel caso in esame,
infradodicenne) e le dichiarazioni rese dallo stesso, anche quando ricorrano
elementi tali da ritenere che siano espresse con maturità e consapevolezza,
non possono costituire l’esclusivo elemento in base al quale valutare il
superiore interesse del minore e assumere la decisione richiesta, in un quadro
di rapporti familiari altamente conflittuali, nell’ambito dei quali siano stati
accertati – come nel presente caso, senza che vi sia stata impugnazione sul
punto – comportamenti apertamente ostativi, ostruzionistici e manipolativi da
parte di un genitore atti a limitare consistentemente l’esercizio della
bigenitorialità dell’altro, comportamenti risultati recessivi solo a seguito della
differente collocazione del minore.
In proposito proprio la Corte EDU (Causa A.S. e M.S. c. Italia n.48618/22, par.
147), in un caso in cui vari rapporti indicavano che il minore era influenzato da
sua madre, ha affermato “A questo proposito, la Corte rammenta che il parere
di un minore non è necessariamente immutabile, e che le obiezioni che
quest’ultimo formula, anche se devono essere debitamente prese in
considerazione, non sono necessariamente sufficienti per prevalere
sull’interesse dei genitori, in particolare sul loro interesse ad avere dei contatti
regolari con il loro figlio. Il diritto di un minore di esprimere la propria opinione
non deve essere interpretato nel senso che conferisce effettivamente un diritto
di veto incondizionato ai minori senza che siano presi in considerazione altri
fattori e senza che sia condotto un esame per determinare il loro interesse
superiore. Inoltre, se un Tribunale basasse una decisione sull’opinione di minori
che sono evidentemente incapaci di formarsi ed esprimere un’opinione sui loro
desideri – ad esempio a causa di un conflitto di lealtà – una tale decisione
potrebbe essere contraria all’articolo 8 della Convenzione (K.B. e altri, sopra
citata, par. 143, e I.S. c. Grecia, n. 19165/20, par. 94, 23 maggio 2023).”.
La decisione impugnata non ha dato retta applicazione ai principi espressi
perché, una volta prese in esame le dichiarazioni della minore, avrebbe dovuto
vagliare in maniera complessiva e non atomistica tutti gli altri fattori a sua
conoscenza per determinare il concreto interesse del minore e non lo ha fatto,
pur avendo dato atto della permanenza del livello conflittuale e del permanere
delle criticità relazionali già accertate in primo grado – e non smentite da
alcuna positiva evenienza nonostante il tempo trascorso- e avrebbe dovuto
valutare le possibili ripercussioni sulla minore della modifica richiesta e la
congruità ed adeguatezza della misura da adottare.
Risulta, invero, errata la identificazione del superiore interesse della minore
con la volontà da questa espressa, ove – come nel caso in esame – la
valutazione sia stata compiuta decontestualizzandola da tutti gli altri fattori
rilevanti che il giudice deve necessariamente prendere in considerazione, ai fini
della adozione delle misure idonee a creare le condizioni necessarie per la
piena realizzazione del diritto di visita del genitore pregiudicato, nel caso in cui
si controverta del diritto del minore alla bigenitorialità fortemente ostacolata da
continue condotte manipolative e ostruzionistiche di uno dei due genitori
avverso l’altro nell’ambito di un contesto familiare conflittuale.
La Corte di appello non poteva prescindere, nell’assumere la valutazione del
superiore interesse della minore e nello statuire circa la modifica del
collocamento della minore, dal prendere in considerazione la perdurante accesa
conflittualità tra i genitori , la volontà della madre – come riferisce stessa Corte
di merito – di “vuole tenere saldo il rapporto preesistente della cui quotidianità
lei e D.D. si sono viste di fatto private”, rapporto che si era connotato per
costanti comportamenti escludenti la figura paterna, e – sempre come si
esprime la stessa Corte di merito – “un’importante risultato” relativo alla
realizzazione di un’effettiva bigenitorialità conseguito a seguito dell’esecuzione
del provvedimento di primo grado di collocazione della minore presso il padre.
Va rimarcato, infine, che queste circostanze non sono state prese in esame
nemmeno per prevedere l’intervento dei Servizi Sociali, nominati affidatari, per
ridurre la conflittualità e un monitoraggio collegato alla possibile modifica dei
provvedimenti adottati nell’interesse del minore (Cass. n.13506/2015 );
invero, risulta demandata ai Servizi Sociali esclusivamente la decisione “di
volta in volta -ove permanga il conflitto- su tutte le questioni afferenti
all’istruzione, alla salute ed alla educazione della minore” (fol.14 del decr.imp.).
4.- In conclusione, il ricorso va accolto, il decreto impugnato va cassato e la
causa va rinviata alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione per il
riesame alla luce dei principi esposti e per la statuizione sulle spese di giudizio
anche del presente grado.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le
generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n.
196 del 2003 , art. 52 .
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di
Napoli in diversa composizione anche per le spese;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le
generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n.
196 del 2003 , art. 52 .
Conclusione
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2025.

Conviventi more uxorio: la somma mutuata da una parte in favore dell’altra per l’acquisto dell’auto va restituita.

Corte d’Appello di Milano, Sezione Prima Civile, Sentenza 12
febbraio 2025,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione prima civile
Nella persona dei magistrati:
Dott.ssa Serena Baccolini Presidente
Dott.ssa Alessandra Arceri Consigliere rel.
Dott.ssa Manuela Cortelloni Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. _/2023 promossa in grado d’appello da:
L. C. , (C.F. ______), rappresentata e difesa dall’avv. M. M. (C.F. _ – P.E.C.
__-) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Monza, Via _____-,
giusta procura in atti, ammessa al gratuito patrocinio con delibera del COA di
Milano in data 18.05.2023 n. 2579.
– APPELLANTE –
contro
P. F. (C.F. ______-), rappresentato e difeso dall’avv. F. G. (C.F. _____ – –
fax: ) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Monza, _, giusta
delega in atti.
– APPELLATO –
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 804 del 31 marzo 2023 del Tribunale
di Monza pubblicata in data 3.04.2023
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per L. C. – Appellante
“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Milano, ogni contraria eccezione, deduzione
e domanda disattese:
Giurisprudenza di merito Ondif
4
Nel merito:
– in via principale accogliere l’atto di appello e per l’effetto, in riforma della
sentenza n. 804/2023 emessa dal Tribunale di Monza, Prima Sezione Civile,
Giudice GOT Dott.ssa Stefania MAXIA, nell’ambito del giudizio nr. 4633/2020
R.G. Tribunale di Monza, e depositata in cancelleria in data 3.04.2023 notificata
il 3.04.2023 (doc. 1), accogliere le conclusioni avanzate nel giudizio di primo
grado che qui si riportano:
– “in via preliminare: attesa, altresì, la non contestazione circa i beni mobili
oggetto di richiesta di restituzione da parte dell’opponente, emettersi in favore
della stessa ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c., essendoci i
presupposti di prova scritta, per la consegna dei beni di proprietà della Sig.ra C.
ancora presenti nell’abitazione del Sig. F. , di cui all’allegato della querela (doc.
7) fascicolo opponente;
– in via principale:
a) accertata la mancanza di titolo contrattuale e pertanto del presupposto di
pagamento per i motivi di cui in narrativa, Dichiarare che nulla è dovuto al Sig.
F. ;
b) in via subordinata accertata e dichiarata:
– la diversa fattispecie contrattuale tra la dazione degli assegni e l’erogazione
dell’importo mutuato con il finanziamento e la mancanza di idoneo titolo a
supporto della pretesa del Sig. F. e nella ipotesi di accoglimento anche parziale
della domanda dell’opposto dichiarare il decreto ingiuntivo illiquido ed
indeterminato e che la Sig.ra C. è tenuta al solo versamento e ristoro
dell’importo finanziato; e per l’effetto compensarsi le somme liquidate a titolo di
risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. all’attrice opponente sulle somme che
eventualmente saranno accertate e dovute alla convenuta;
In via ulteriormente subordinata: richiamando quanto espresso in narrativa alla
pag. 5 della memoria istruttoria n. 3 di parte attrice – in merito alla domanda
svolta in via principale alternativa dal convenuto opposto, l’attrice opponente
aderisce alla domanda alternativa ex adverso formulata in via principale dalla
controparte se svolta ex art. 2041 II co c.c. o intesa come valutazione
dell’arricchimento secondo il valore dell’auto ad oggi, così come già manifestato
Giurisprudenza di merito Ondif
5
in volontà di conciliazione da parte della Sig.ra C. a verbale dell’udienza del
26.05.2021
In via riconvenzionale: accertare e dichiarare che il Sig. F. detiene
illegittimamente i beni della Sig.ra C. e condannarlo alla restituzione immediata
degli stessi e/o alla corresponsione a favore della Sig.ra C. della somma di euro
30.000,00 o in quella maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia, pari al
valore dei beni.
In via subordinata (alla riconvenzionale) dichiararsi interamente compensate,
per effetto di compensazione giudiziale le reciproche pretese delle parti;
In ogni caso: e per l’effetto, di quanto precede, revocare e/o dichiarare nullo
e/o annullabile dichiarare irrito ed inefficace il d.i. opposto, e/o accertare e
dichiarare che nulla è dovuto dalla Sig.ra C. per effetto di alcun titolo allegato
dal Sig. F. mandando assolta la Sig.ra C. da ogni pretesa di pagamento e
condannare anzi il Sig. F. al risarcimento del danno da calcolarsi in via
equitativa per avere convinto l’ex compagna all’acquisto del bene per il quale
oggi richiede il pagamento mediante procedimento monitorio nonostante le
eccezioni e contestazioni al pagamento per la mancanza di titolo mosse verso di
lui già in via pregiudiziale ex art. 96 c.p.c.. In ogni caso: con vittoria di
compensi e spese come da normativa vigente, anche in riferimento all’art. 91 I
co. c.p.c. e 96 co. III c.p.c. a seguito della proposta di conciliazione giudiziale
ex art. 185 bis c.p.c. accettate esclusivamente da parte attrice – opponente
come da verbale del 26.05.2021.
In via istruttoria: si richiama integralmente quanto indicato nelle memorie ex
art. 183, comma VI, c.p.c. n. 2 e 3 rispettivamente del 21 luglio 2021 e del 13
settembre 2021.
Si chiede, altresì, la rimessione in istruttoria alla luce delle nuove e
contraddittorie circostanze emerse, mai dedotte prima, in sede di interpello del
Sig. F. all’udienza del 7.03.2022, ed in ordine alle dichiarazioni dello stesso in
merito alla presunta mancata detenzione dei beni mobili e arredi della Sig.ra C.
presso la sua abitazione;
Giurisprudenza di merito Ondif
6
con riserva di capitolare ed indicare testi in merito ai fatti dedotti, e con
possibilità del Giudice di disporre, se del caso, l’ispezione dei luoghi ex art. 258
c.p.c. e/o sulle cose ex art. 118 c.p.c.”.
E conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate
dall’appellato dinanzi al Tribunale di Monza per tutti i motivi meglio esposti
nell’atto di citazione in appello. In via istruttoria si chiede l’ammissione delle
istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado per tutte le ragioni
esposte nella parte motivata dell’atto di citazione in appello e nello specifico:
interpello del Sig. F. sui capitoli di prova non ammessi di cui alle memorie n. 2
e 3 ex art. 183 VI co. c.p.c. Si chiede, altresì, la rimessione in istruttoria alla
luce delle nuove e contraddittorie circostanze emerse, mai dedotte prima, in
sede di interpello del Sig. F. all’udienza del 7.03.2022, ed in ordine alle
dichiarazioni dello stesso in merito alla presunta mancata detenzione dei beni
mobili e arredi della Sig.ra C. presso la sua abitazione; con riserva di capitolare
ed indicare testi in merito ai fatti dedotti, e con possibilità del Giudice di
disporre, se del caso, l’ispezione dei luoghi ex art. 258 c.p.c. e/o sulle cose ex
art. 118 c.p.c..
Si chiede ammettersi ex art. 153, II comma, c.p.c. produzione della denuncia –
querela del 17.01.2023 del sig. C. N. (doc. 7).
Si indica sin d’ora a teste: sig.C. N. .
Con vittoria di spese e compensi di lite e delle anticipazioni, oltre spese
forfettarie 15%, contributo Legge 576/80, spese successive ed occorrende
relativi ad entrambi i gradi di giudizio.”
Per P. F. – Appellato
“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis reiectis, così giudicare:
• rigettare l’istanza di sospensione e/o revoca della provvisoria esecutorietà
della sentenza impugnata, in quanto inammissibile e/o infondata in fatto ed in
diritto per i motivi indicati in atti;
• rigettare l’appello proposto, in quanto inammissibile e/o infondato in fatto ed
in diritto per i motivi indicati in atti, e per l’effetto confermare la sentenza
gravata n. 804/2023 emessa dal Tribunale di Monza, Dott.ssa Maxia, in data
31/03/2023 e depositata in data 03/04/2023, ovvero, in via principale
Giurisprudenza di merito Ondif
7
alternativa, condannare la sig.ra C. L. al pagamento in favore del sig. F. P.
della somma di Euro 21.314,38, oltre interessi di mora dal dovuto al saldo, per i
motivi in fatto ed in diritto, anche ex art. 2041 cc, indicati in atti;
• condannare parte appellante a corrispondere in favore del sig. F. P. la
somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali, e/o quella diversa somma
ritenuta di legge e/o di giustizia ai sensi dell’art. 96 C.p.c., nonché revocare
l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Milano in favore della sig.ra C. per tutti i motivi indicati in atti.
Con rifusione di spese e competenze del presente giudizio, oltre 15% per spese
forfettarie, cpa e iva. In via istruttoria, senza accettazione dell’inversione
dell’onere probatorio gravante sull’opponente/appellante in relazione alle
effettuate eccezioni e difese, si insiste per l’ammissione dei documenti
depositati, nonché per l’ammissione della prova per interpello sui seguenti
capitoli di prova ritualmente indicati nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 2,
Cpc, del 22/07/2021, depositata nell’interesse del sig. F. nel giudizio di primo
grado che qui s’intendono preceduti dal “vero che”:
1) in data 19/07/2016 la sig.ra C. ha acquistato nel proprio interesse dall’ente
venditore Concessionaria Messa T. Spa il veicolo Renault Captur Hypnotic, tg.
____, che veniva immatricolato il 29/09/2016 ed alla Stessa intestato, come da
documenti che si rammostrano (All. n. 1 – 2 fascicolo monitorio);
2) a far data dall’acquisto ad oggi, la sig.ra C. ha avuto ed ha tutt’ora il pieno
ed esclusivo possesso del veicolo Renault Captur Hypnotic, tg. __;
3) il prezzo del veicolo Renault Captur Hypnotic, tg. FF828RV, è stato pattuito
dalle parti in Euro 19.650,00, comprensivo di Euro 850,00 quale importo
corrispondente al valore del veicolo usato di proprietà della sig.ra C. ritirato
dalla Concessionaria, Euro 1.800,00 a titolo di caparra confirmatoria, Euro
6.000,00 da versarsi a mezzo finanziamento ed Euro 11.000,00 quale saldo
finale; 4) contestualmente all’acquisto, in data 19/07/2016, la sig.ra C. ha
stipulato con RCI BANQUE – Finrenault il relativo contratto di finanziamento per
Euro 6.000,00, oltre oneri e spese, per un totale di Euro 8.382,96, come da
documento che si rammostra (All. n. 3 fascicolo monitorio);
Giurisprudenza di merito Ondif
8
5) il sig. F. ha sottoscritto il contratto di finanziamento di cui al predetto punto
4) in qualità di coobligato/terzo garante, come da documento che si rammostra
(All. n. 3 fascicolo monitorio);
6) il sig. F. ha versato, in luogo della sig.ra C. , in relazione alle obbligazioni
dalla Stessa contratte con la Concessionaria Messa T. Spa e RCI BANQUE –
Finrenault di cui ai predetti punti 1) e 4), il complessivo importo di Euro
21.314,38;
7) la sig.ra C. si era impegnata a ripianare il debito nei confronti del sig. F. per
l’importo di Euro 21.314,38 a mezzo delle entrate mensili che riceveva
periodicamente sia dall’ex coniuge, a titolo di mantenimento, per Euro
800,00/700,00 mensili, sia dal sig. R. M. , per Euro 600,00 mensili, a cui aveva
concesso in godimento dal dicembre 2015 l’unità immobiliare di Sua proprietà
sita in Giussano – via Baracca 11, come da documento che si rammostra (All. D
costituzione F. ).
Ci si oppone, altresì, all’avversa istanza di rimessione della causa in istruttoria
in quanto assolutamente infondata in fatto ed in diritto per tutti i motivi indicati
in atti, nonché all’ammissione dell’avverso documento allegato all’atto di appello
di cui al doc. 7 (denuncia-querela del 17.01.2023 del sig.C. N. ), in quanto del
tutto irrilevante.
Ci si oppone, infine, all’ammissione della prova orale ex adverso richiesta nella
memoria ex art. 183, VI comma, n. 2, cpc, depositata in favore di parte
opponente nel giudizio di primo grado, in quanto i capitoli formulati sono, in
sostanza, volti a provare accordi contrari al contenuto dei documenti di causa,
ed in particolare, al contratto di finanziamento (All. B n. 3 fascicolo monitorio),
dal quale si evince, com’è pacifico, che il sig. F. è un mero coobbligato/terzo
garante, nonché all’ordine di acquisto del veicolo (All. B. n. 1 fascicolo
monitorio), attestante anch’esso che l’obbligazione è stata contratta
nell’interesse esclusivo del cliente C. , con conseguente diritto in capo
all’odierno opposto/appellato, pertanto, in qualunque caso, di restituzione in via
di regresso dell’importo versato. In ogni caso, fermo quanto sopra dedotto, ci si
oppone all’ammissione della prova per interpello e per testi di cui agli avversi
capitoli formulati nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 2, Cpc, in quanto: i
Giurisprudenza di merito Ondif
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capitoli 1) e 2) irrilevanti, 3), 4), 5) 6) e 7) irrilevanti e generici, 8), 9) e 10)
generici, valutativi ed irrilevanti, 11) e 12) generici, valutativi, irrilevanti e
contrari alle risultanze documentali, 13) documentale, 14) irrilevante, valutativo
e generico, 15) irrilevante e documentale, 16) irrilevante, valutativo e da
provarsi documentalmente, 17) contrario alle risultanze documentali e
valutativo, 18) documentale, 19) e 20) generici e da provarsi
documentalmente, 21) contrario alle risultanze documentali nonché generico ed
irrilevante, 22) documentale, 23) contrario alle risultanze documentali nonché
generico ed irrilevante.
Si dichiara di non accettare il contraddittorio su domande avversarie nuove.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Procedimento monitorio e giudizio di opposizione
I.1. Con decreto ingiuntivo n. 824/2020 emesso su ricorso di P. F. , il Tribunale
di Monza ingiungeva a L. C. il pagamento di euro 21.314,38, oltre interessi di
mora dal 25.10.2019 sino al saldo e spese del procedimento monitorio.
A fondamento della pretesa monitoria azionata, il ricorrente sosteneva di
vantare un credito di euro 21.314,38 nei confronti della sig.ra C. , a titolo di
restituzione di un prestito concessole per l’acquisto di un’autovettura. In
particolare, esponeva di aver versato il corrispettivo per l’acquisto del veicolo
Renault Captur Hypnotic, tg. ___, intestato alla ricorrente, alla concessionaria
Messa T. S.p.A., il quale ammontava:
– a euro 1.800,00 a titolo di caparra confirmatoria;
– a euro 11.000,00 a titolo saldo finale;
– a euro 8.382,98, a titolo di finanziamento contratto con RCI BANQUE –
Finrenault nella qualità di coobbligato/terzo garante, pagato in 36 rate
mensili.
I.2. Con atto di citazione tempestivamente notificato L. C. proponeva
opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, eccependo:
I. sul piano fattuale, l’infondatezza della domanda di ingiunzione per carenza
del presupposto della prova scritta del credito ingiunto;
Giurisprudenza di merito Ondif
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II. sul piano giuridico, la qualificazione come obbligazione naturale della
somma elargita \dal F. a favore della ricorrente e, per l’effetto,
l’accertamento che nessuna somma gli fosse dovuta, anche perché il sig.
F. non avrebbe provato né il titolo restitutorio, né l’obbligo restitutorio in
capo all’opponente;
III. in subordine, la configurabilità, nella fattispecie, di una donazione
indiretta solo per la somma di euro 12.800,00 elargita in via immediata
dal sig. F. , qualora si fosse ritenuta fondata la richiesta di quanto versato
dal F. per il rimborso del finanziamento per i restanti € 6.000,00, oltre gli
interessi;
Alla luce dei seguenti rilievi, chiedeva, in via preliminare, che non venisse
concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto; nel merito,
che venisse accertata l’assenza del titolo contrattuale per la pretesa creditoria
avanzata; in via subordinata, che venisse accertata e dichiarata la diversa
fattispecie contrattuale qualificante la dazione degli assegni e l’adempimento del
finanziamento; ovvero, in caso di accoglimento parziale, che venisse dichiarato
illiquido e indeterminato il decreto ingiuntivo, senonché valido solo per la parte
relativa all’importo versato a titolo di restituzione del finanziamento ricevuto per
l’acquisto del veicolo.
Infine, avanzava domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. nei
confronti dell’opposto e domanda riconvenzionale, con la quale chiedeva la
restituzione dei beni mobili di sua proprietà o il pagamento del valore degli
stessi, pari alla somma di euro 30.000,00, che asseriva fossero nel possesso del
sig. F. presso la sua abitazione (doc. 1 querela, elenco e fotografie).
In via ulteriormente subordinata alla riconvenzionale, chiedeva che venissero
dichiarate compensate giudizialmente le reciproche pretese delle parti. In ogni
caso, chiedeva che venisse dichiarato nullo e/o annullabile ed inefficace il
decreto ingiuntivo opposto e, per l’effetto, che non venisse condannata la sig.ra
C. ad alcun pagamento nei confronti del sig. F. .
I.3. P. F. , costituendosi nel giudizio di primo grado, chiedeva il rigetto delle
domande ex adverso formulate, in quanto infondate in fatto ed in diritto. Per
l’effetto, chiedeva la condanna della ricorrente al pagamento in suo favore della
Giurisprudenza di merito Ondif
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somma di euro 5.000,00, oltre interessi legali e/o della diversa somma ritenuta
di giustizia, a titolo di risarcimento del danno ex art. 96 co. 3 c.p.c.
I.4. All’udienza del 14.4.2021, ognuna delle parti formulava una propria
proposta transattiva, non accettata dalla controparte, cui seguiva una proposta
del Giudice. All’udienza del 26.5.2021, la proposta conciliativa del Giudice
veniva accettata solo da parte opponente, eccependo parte opposta che la
sig.ra C. non gli avesse mai avanzato in concreto la proposta così come
formulata dal Giudice; per l’effetto, il Giudice concedeva i termini per le
memorie di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c.
I.5. All’udienza del 13.10.2021 la causa veniva assunta in riserva sulle istanze
istruttorie avanzate dalle parti. In particolare, parte opponente chiedeva
l’emissione di ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. alla riconsegna dei beni personali
rimasti nell’abitazione del F. .
1.6. Il Tribunale, con ordinanza del 3.11.2021, ammetteva l’interrogatorio
formale richiesto dalle parti nelle rispettive memorie istruttorie ex art. 183 co. 6
n. 2 c.p.c. datate 21.7.2021 e 22.7.2021 per i seguenti capitoli di prova (n. 8,
9, 10, 11, 12, 14, 17, 18, 19, 20) articolati da parte opponente e per capitoli n.
2 e 7 dedotti da parte opposta, ritenendo inammissibili e irrilevanti le altre
richieste istruttorie avanzate dalle stesse; infine rigettava l’istanza ex art. 186
ter c.p.c. formulata dall’opponente, non sussistendo i relativi presupposti.
1.7. Il Giudice di prime cure espletava l’interrogatorio formale della sig.ra C. e
del sig. F. nell’ udienza del 7.03.2022.
II. La sentenza di primo grado.
All’esito del giudizio, il Tribunale di Monza, Sezione I Civile, ha emesso la
sentenza n. 804/2023, pubblicata in data 3.04.2023, con la quale ha rigettato
l’opposizione e, per l’effetto, ha confermato il decreto ingiuntivo n. 824/2020
del 11.3.2020. Ha infine rigettato la domanda riconvenzionale formulata da
parte opponente, condannando la stessa alla refusione delle spese di lite.
Il Tribunale, con tale pronuncia, è pervenuto al rigetto dell’opposizione sulla
base dei seguenti rilievi:
– ha ritenuto pacifico, in quanto non contestato e documentalmente provato,
che il sig. F. avesse provveduto in via esclusiva all’integrale pagamento del
Giurisprudenza di merito Ondif
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complessivo importo di euro 21.314,28, prezzo d’acquisto dell’autovettura
Renault Captur, targata ___, intestata alla sig.ra C. (doc. 4, 5 e 8 fasc.
monitorio);
– ha ritenuto che i pagamenti fossero stati effettuati per adempiere ad
un’obbligazione sorta nell’esclusivo interesse della sig.ra C. ai fini
dell’acquisto di veicolo a lei intestato;
– ha ritenuto non sussistenti elementi deponenti per la configurabilità della
dazione in termini di adempimento di obbligazione naturale, pur essendo le
parti conviventi more uxorio all’epoca dello spostamento patrimoniale; né, in
particolare, parte opponente avrebbe provato né la necessità
dell’acquisto/attribuzione patrimoniale, né il vincolo solidaristico, dovendosi
pertanto qualificare l’acquisto come spesa straordinaria nell’ambito della
convivenza intercorsa tra le parti;
– parimenti ha ritenuto che difettassero gli elementi per ritenersi effettuata,
tra le parti, una donazione indiretta del veicolo, non essendovi prova
dell’animus donandi in capo al sig. F. , che aveva sottoscritto il
finanziamento come garante;
– per l’effetto, ha ritenuto che parte opposta avesse diritto alla restituzione
degli importi versati sia ai sensi dell’art. 1298 c.c., per le somme corrisposte
a titolo di rate del finanziamento, sia ai sensi dell’art. 2041 c.c. a fronte
dell’arricchimento della sig.ra C. e del depauperamento del sig. F. ;
– ha rigettato la domanda riconvenzionale avanzata da parte opponente, non
avendo la stessa dimostrato che fossero ancora presenti beni di sua
proprietà presso l’abitazione del F. ;
– ha rigettato la richiesta di integrazione probatoria avanzata dall’opponente
in sede di precisazioni delle conclusioni, stante la sua tardività;
– ha rigettato, infine, la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata da parte
opposta, non ritenendo sussistenti i relativi presupposti per il suo
accoglimento.
III. Il giudizio di appello.
III.1. Avverso tale decisione ha proposto appello la sig.ra C. , articolando
cinque motivi di gravame così rispettivamente rubricati:
Giurisprudenza di merito Ondif
13
1. In merito ai capi 12-13 pagina 2-3 della sentenza di primo grado per
violazione di legge e falsa applicazione del principio sull’onere della prova ex
art 2697 c.c. e degli artt. 115 116 c.p.c.
In ordine ai capi 14, 15, 16 pag. 3 per erronea ricostruzione dell’inquadramento
giuridico del fatto e violazione degli artt. 115 – 116- c.p.c.
In relazione al Capo 16, 17 pag.3 omessa valutazione dell’adesione
dell’appellante alla domanda dell’appellata sull’art. 2041 e dell’animus donandi
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Si impugna il capo 18 pag. 3 per erronea valutazione disamina della domanda
riconvenzionale dell’appellante
Capo 19 sull’integrazione istruttoria viene impugnato per vizio nell’iter logico
giuridico del processo e della decisione così come riportata in sentenza di primo
grado violazione art 115 e 116 c.p.c.
Pertanto, ha chiesto, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento delle
conclusioni già avanzate nel giudizio di primo grado e, per l’effetto, che venisse
condannata parte appellata alla refusione delle spese di lite ex art. 91 co. 1
c.p.c. e al risarcimento dei danni ex art. 96 co. 3 c.p.c. Infine, in via istruttoria,
ha insistito per l’ammissione delle prove orali non ammesse in primo grado,
per l’ispezione dei luoghi ex art. 258 c.p.c. e/o sulle cose ex art. 118 c.p.c. e
per l’ammissione ex art. 153 co. 2 c.p.c. della produzione di cui al documento
n. 7 (denuncia/querela del 17.01.2023 del sig.C. N. ), effettuata in uno con
l’atto di appello.
III.2. Costituendosi nel giudizio di appello, l’appellato P. F. ha chiesto, in via
preliminare, di voler dichiarare inammissibili, ex artt. 342 bis e/o 348 bis c.p.c.,
l’impugnazione ex adverso proposta e la produzione del documento n. 7,
considerata la sua novità ex art. 345 c.p.c.; nel merito ha chiesto il rigetto
dell’appello, stante la sua infondatezza.
III.3. All’udienza di prima comparizione, celebrata in data 25 ottobre 2023,
parte appellante ha rinunciato all’istanza di sospensione della provvisoria
esecutività della sentenza impugnata, insistendo sulle richieste difensive. La
Corte ha fissato udienza di rimessione della causa in decisione in data 18
dicembre 2024, (rinviata d’ufficio in data 15 gennaio 2025), ed assegnato, ex
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art. 352 c.p.c., i termini di legge per il deposito del foglio di precisazione delle
conclusioni, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità
dell’appello ex art. 342 c.p.c. sollevata dalla parte appellata.
L’appello è stato articolato in maniera specifica, con analitica indicazione delle
parti della sentenza, nonché della ratio decidendi che l’appellante ha inteso
sottoporre al vaglio critico della Corte, in linea con i principi fissati in materia
dalla giurisprudenza di legittimità.
L’eccezione di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., sulla quale parte appellata
ha insistito anche in sede di precisazione delle conclusioni, deve intendersi
altresì superata sin dal momento in cui la Corte ha dato corso ordinario al
presente giudizio, fissando l’udienza per l’espletamento di detto incombente
(cfr. Cass. 1496/2016).
Tanto premesso, nel merito, l’appello è infondato e va rigettato, con
conseguente conferma della sentenza impugnata e rigetto delle domande
proposte dall’attrice, odierna appellante, per le seguenti considerazioni.
Sui primi tre motivi di appello, suscettibili di trattazione congiunta.
Il primo, il secondo e il terzo motivo dell’appello, che si prestano ad una
trattazione congiunta, sono infondati.
Parte appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha
accolto la domanda di restituzione avanzata dal convenuto, prescindendo dalla
sussistenza di prove a conforto dell’assunto, da costui sostenuto, che le somme
fossero state oggetto di un mutuo a favore della C. , e non tenendo conto delle
risultanze istruttorie.
Ha denunciato, per l’effetto, la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c.,
in tema di onere della prova.
Parte appellante ha altresì impugnato la decisione di prime cure laddove ha
escluso che l’elargizione di somme da parte del F. fosse da qualificarsi, così
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come la C. aveva dichiarato in fase di interrogatorio formale del 7 marzo 2022,
descrivendo analiticamente il tenore degli accordi presi con il F. , come accordo
di contribuzione nell’ambito di un rapporto di convivenza more uxorio,
ritenendo, diversamente, che si trattasse di una spesa di carattere straordinario
e che, pertanto, si ponesse in ogni caso al di fuori dei parametri contributivi
consoni al ménage familiare.
In particolare, parte appellante ha contestato le seguenti conclusioni del
Tribunale: “Il signor P. F. ha, quindi, diritto alla restituzione di tutti gli importi
versati sia ai sensi dell’art. 1298 c.c. per le somme corrisposte a titolo di rate
del finanziamento, per essere stata l’obbligazione contratta nell’esclusivo
interesse dell’opponente” – non avendo considerato la convivenza more uxorio
intercorsa tra le stesse parti.
Infine, l’appellante ha censurato la decisione di primo grado là dove il Tribunale
non ha valutato l’adesione della C. alla domanda formulata ex adverso ex art.
2041 c.c., fatta propria dalla stessa attrice in sede di precisazione delle
conclusioni.
Ha altresì impugnato la sentenza, gradatamente, nella parte in cui il giudice di
primo grado ha escluso che il F. avesse posto in essere gli atti di disposizione
a favore della C. , in ogni caso, con animus donandi.
Invero, l’appellante ha precisato che si dovrebbe ravvisare l’animus donandi
almeno in relazione alla parte della somma, pari ad euro 12.800,00, pagata
dall’odierno appellato tramite consegna di assegni bancari e non mediante
rimborso del finanziamento.
A tali deduzioni il convenuto, opponendosi all’accoglimento dell’appello, ha
replicato come non sussistano elementi di sorta atti a giustificare il
trasferimento patrimoniale avvenuto, che pertanto, altro non può ritenersi se
non privo di causa, e dunque ripetibile. In via gradata, considerando che
l’autovettura si trova nell’attuale possesso della C. , ha comunque formulato
domanda di indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c. .
Tanto premesso, questa Corte osserva, in primo luogo, come non sia stato mai
contestata l’avvenuta dazione, da parte del F. , della complessiva somma di €
21.314,38, pagata, in parte, all’atto dell’intestazione del veicolo alla C. , e per la
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restante parte, mediante il pagamento di un finanziamento da costei contratto
per il medesimo acquisto, cui lo stesso F. aveva preso parte in qualità di
garante.
Nello specifico, trattasi di finanziamento contratto con RCI BANQUE –
Finrenault per l’acquisto della citata autovettura stipulato dalla sig.ra C. in
data 19.07.2016, in cui risulta essere “coobbligato” il sig. F. , e risulta essere
stato da costui saldato, con il pagamento dell’ultima rata, in data 30.09.2019
(cfr. doc. 8 appellato e doc. 4 appellante).
È ben vero che, come noto, riguardo alla domanda di restituzione di somme di
denaro che si assume siano state consegnate a titolo di mutuo, la Corte di
cassazione ha più volte chiarito che “l’attore che chiede la restituzione di
somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697, comma 1 c.c., a provare gli
elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il
titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (ex multiis, Cass.
30944/2018, Cass. 24328/2017, Cass. 9209/2001, Cass. 1321/1995).
Pertanto, ove sia provata o non contestata la datio rei, il soggetto che ne
chieda la restituzione è tenuto, aggiuntivamente, a dare la prova del fatto che
la dazione sia stata effettuata per titolo che ne importi la restituzione, con la
conseguenza che l’onere della prova su di lui incombente può dirsi adempiuto
solo quando risultino accertati entrambi tali elementi del fatto costitutivo della
pretesa.
Deve essere, tuttavia, altresì considerato il fatto che l’opponente, odierna
appellante, nell’ammettere di aver beneficiato delle somme sopra menzionate,
versate dal F. , contestando che le stesse le fossero state consegnate, come da
questi allegato, a titolo di mutuo, ha – a propria volta – dedotto diverse
giustificazioni per contrastare l’obbligo di restituzione ex adverso invocato,
cause di giustificazione che, di conseguenza, devono – al pari del titolo
restitutorio dedotto da parte del F. – essere oggetto di rigoroso vaglio,
essendo, in difetto, nonostante la carenza di prova del titolo restitutorio
azionato in via principale, l’incameramento di esse da parte dell’accipiens
comunque non giustificato.
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Va, in tal senso, richiamata la giurisprudenza di legittimità che ha precisato
“Allorché una parte, provata la consegna di una somma di denaro all’altra, ne
domandi la restituzione omettendo di dimostrare la pattuizione del relativo
obbligo, e la controparte non deduca alcuna causa idonea a giustificare il suo
diritto a trattenere la somma ricevuta, il rigetto per mancanza di prova della
domanda restitutoria va argomentato con cautela e tenendo conto di tutte le
circostanze del caso, onde accertare se la natura del rapporto e le circostanze
del caso concreto giustifichino che l’accipiens trattenga senza causa il denaro
ricevuto dal solvens. (Cass. 27372/2021).
Si rammenta, pertanto, con riferimento alla prima ragione giustificatrice addotta
dalla C. , ovvero che si trattasse di ordinaria contribuzione nell’ambito della
convivenza allora in essere tra le parti, che la giurisprudenza riconosce la
meritevolezza della causa attributiva in tale ambito purchè rispettosa dei
principi di proporzionalità ed adeguatezza, affermando che “in tema di
convivenza more uxorio è configurabile un indebito arricchimento ed è pertanto
possibile proporre il relativo rimedio giudiziale, nel caso in cui le prestazioni rese
da un convivente e convertite a vantaggio dell’altro esorbitano dai limiti di
proporzionalità e adeguatezza, ossia esulano dal mero adempimento delle
obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza, il cui contenuto va
parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia
di fatto” (Cass. 3 febbraio 2020 n. 2392; v. anche, nel medesimo senso, Cass.
civ. . civ. ord. n. 16864/2023 secondo la quale: “Le unioni di fatto, quali
formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi
nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2
Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun
convivente nei confronti dell’altro, doveri che si esprimono anche nei rapporti di
natura patrimoniale, sicché le attribuzioni finanziarie a favore del convivente
“more uxorio”, effettuate nel corso del rapporto per far fronte alle esigenze
della famiglia (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del
convivente con quindici bonifici per un importo complessivo di € 74.000),
configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., a
condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, per
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la cui valutazione occorre tener conto di tutte le circostanze fattuali, oltre che
dell’entità del patrimonio e delle condizioni sociali del “solvens”).
Alla luce delle superiori coordinate ermeneutiche, la Corte ritiene di condividere
la valutazione del Tribunale che così si è espresso: “la spesa per l’acquisto del
veicolo deve qualificarsi come straordinaria, in quanto di ingente valore e non
occasionale, non rientrante nell’ordinario ménage familiare”.
Del resto, nessuna prova è stata offerta dalla C. per argomentare che la
convivenza con il F. fosse caratterizzata da un tenore di vita talmente elevato
da giustificare una simile attribuzione quale ordinaria contribuzione per la vita
domestica, tanto più che, per stessa ammissione di parte appellante, la
convivenza è durata di fatto solo due anni, e – sebbene l’appellante abbia
sostenuto l’uso più intenso della vettura da parte del F. – la C. di fatto l’ha
tenuta per sé al termine della stessa.
Si ritiene, conclusivamente su questo punto, che non possa accogliersi la
pretesa di parte C. di trattenere le somme erogate dal F. per asserito
assolvimento di un dovere morale e sociale connesso alla convivenza tra gli
stessi.
Per quanto poi riguarda l’ulteriore giustificazione addotta dalla C. per la
mancata restituzione delle somme erogate a suo favore dal F. , ovvero che tali
somme fossero oggetto di donazione indiretta, quanto meno con riferimento alle
somme diverse da quelle oggetto di rimborso del finanziamento per l’acquisto,
vi è da rilevare che costei avrebbe dovuto fornire la prova dell’animus donandi
del F. al momento della dazione, come la giurisprudenza di legittimità reputa
necessario, onere della prova che non può certo dirsi assolto con la mera
rappresentazione dell’esistenza tra le parti di una convivenza more uxorio,
oltretutto protrattasi per soli due anni.
Né può darsi rilievo, di per sé, alla circostanza che il F. abbia chiesto la
restituzione dei denari solo una volta cessata la convivenza, ovvero al fatto che
la C. , mostrando animo conciliativo, aveva dichiarato di aderire alla domanda
di indebito arricchimento avversaria, circostanza invero, al fine che occupa,
irrilevante, posto che il F. ha proposto tale domanda soltanto in via gradata, e
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per l’ipotesi in cui non fosse stata accolta la principale domanda di ripetizione di
indebito.
La bontà di quanto detto, peraltro, trova conforto nell’orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo cui “In caso di acquisto “pro indiviso” di un
immobile effettuato da due conviventi “more uxorio” per quote uguali in difetto
di diversa indicazione nel titolo, stante la presunzione di cui all’art. 1101 c.c., il
maggior apporto fornito dal co-acquirente nella corresponsione del prezzo non
può presumersi effettuato in favore dell’altro a titolo di liberalità, avente
giustificazione nella mera convivenza, senza che sia fornita dimostrazione,
anche mediante presunzioni, purché serie, dell’animus donandi. Pertanto, in
difetto di tale prova, il convivente che abbia sborsato una somma maggiore ha il
diritto di ottenere dall’altro il rimborso della parte eccedente la sua quota”
(Cass., Sez. II, ordinanza del 14/07/2021 n. 20062). E, in tema di donazione
indiretta, la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che “L’intenzione
di donare emerge solo dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo
caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in
giudizio” (Cass., Sez. II, ordinanza del 21.5.2020, n. 9379).
Per tali motivi, in assenza di alcun elemento di prova, anche presuntivo, volto a
dimostrare l’ animus donandi, va respinto anche l’argomento rappresentato
dalla C. per sostenere che le elargizioni del F. rappresentassero donazioni
indirette in suo favore.
Con il quarto motivo appello, poi, parte appellante ha censurato la sentenza
di primo grado nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale
avanzata dall’attrice, avente ad oggetto la restituzione di alcuni beni mobili di
sua proprietà che, a detta della stessa, il F. tuttora deterrebbe presso la sua
abitazione, o in alternativa, il pagamento del loro controvalore, che ella
quantifica nella somma di euro 30.000,00.
Secondo l’appellante, il Giudice di prime cure non avrebbe considerato quale
prova del diritto alla restituzione l’elenco dei beni (cfr. doc. 3) e la circostanza
che essi fossero stati fotograficamente ritratti all’interno di casa del F. , (cfr.
documentazione fotografica in atti).
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A comprova di ciò, l’appellante ha affermato di aver esposto denuncia/querela
ex art. 646 c.p. avente ad oggetto tali beni (cfr. doc. 3A).
Sul punto, ha chiesto poi che venisse ammesso il doc. n. 7, contenente la
denuncia sulla scomparsa di tali beni dell’ ex marito il sig. N. C. , rilevante, a
detta della stessa, al fine di dimostrare il diritto alla restituzione.
Rileva il Collegio – al proposito – che la produzione è senz’altro inammissibile ai
sensi dell’art. 345 c.p.c., in quanto “nuova” a tutti gli effetti.
Il documento, infatti, è di formazione anteriore alla scadenza per il deposito
delle memorie istruttorie, ed avrebbe pertanto potuto esser prodotto
tempestivamente; di più, la necessità di effettuarne la produzione non è affatto
sorta dopo l’interrogatorio formale del F. .
Ad abundantiam, e per mera completezza della motivazione, va osservato che
lo stesso sarebbe comunque irrilevante e non dimostrerebbe alcunché, perché
riportante semplicemente circostanze che il denunciante avrebbe appreso de
relato parte actoris.
L’allegazione dell’appellante non è pertanto di certo sufficiente per ritenere
provata la domanda di restituzione relativa ai beni elencati; né la
documentazione fotografica, allegata alla denuncia dell’appellante, non
rappresenta prova della ancor attuale presenza di effetti ed oggetti personali
della C. presso l’abitazione del F. .
Tanto premesso, la domanda riconvenzionale deve essere rigettata.
Infine, con il quinto motivo d’appello, l’appellante ha censurato la decisione
di prime cure nella parte in cui ha rigettato l’istanza di integrazione probatoria,
stante la sua tardività.
Parte appellante ha evidenziato che, avendo l’appellato dichiarato “fatti nuovi”
durante l’interrogatorio formale, la stessa avrebbe avuto diritto alla replica.
La Corte ritiene che tale motivo sia infondato e debba essere rigettato.
L’istanza di integrazione probatoria, come correttamente rilevato dal primo
giudice, doveva essere formulata con le memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c. ed in
ogni caso, non è “sopravvenuta” all’interrogatorio formale, in cui, a ben vedere,
il F. ha fermamente respinto la tesi avversaria circa la natura delle elargizioni,
ha negato che beni della C. siano rimasti presso la propria abitazione ed ha
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allegato circostanza (l’aver provveduto al pagamento delle rate di finanziamento
“perché la C. non pagava”) che per nulla immuta la tesi – da sempre sostenuta
dal F. – che le elargizioni fossero avvenute non per spirito di liberalità, o per
adempiere ad obblighi di solidarietà, ma con animo di ottenerne la restituzione.
La contestazione dell’appellante circa la negata possibilità di replica alle
dichiarazioni del convenuto espresse durante l’interrogatorio formale non coglie
in ogni caso nel segno, in quanto l’esercizio del diritto di replica e di
contestazione avrebbe dovuto essere esercitato, semmai, all’esito di tale
incombente, mentre invece, dalla piana lettura del verbale del 7 marzo 2022, si
rileva come sia stato lo stesso procuratore della C. ad instare affinché venisse
fissata udienza di precisazione delle conclusioni, così implicitamente rinunciando
ad ogni ulteriore istanza istruttoria.
Per le ragioni esposte, l’appello svolto da L. C. deve essere rigettato e
confermata la sentenza impugnata.
Il regolamento delle spese di lite e la domanda di condanna ex art. 96
c.p.c.
Quanto alle spese del grado, esse seguono la soccombenza e, tenuto conto
della natura e del valore della controversia, della semplicità delle questioni
trattate, dell’impegno difensivo in concreto richiesto e prestato dai difensori
delle parti, nonché dei parametri e criteri tutti ex D.M. n. 55/2014 e ss.mm.ii,
pare congruo liquidare le stesse secondo i parametri minimi dello scaglione di
riferimento (26.000,00 – 52.000,00) e dunque in complessivi € 3.473,00 (di cui
euro 1.029,00 per la fase di studio, euro 709,00 per la fase introduttiva ed euro
1.735,00 per la fase decisionale, nulla per la fase istruttoria, che non si è
svolta), oltre spese forfetarie (15%) e oneri di legge, se e in quanto dovuti.
Deve essere altresì rigettata la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata
dall’appellante, considerando il rigetto dell’appello e il conseguente
accertamento della pretesa creditoria dell’appellato.
Inoltre, viste le ragioni della decisione, non completamente aderente
all’impostazione del F. , si ritengono parimenti non sussistenti i presupposti per
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l’accoglimento della domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata dall’appellato nei
confronti della sig.ra C. . Invero, agire in giudizio per far valere una pretesa che
si rivela infondata, non è condotta, di per sé, rimproverabile (cfr. Cass. ord. n.
21570/2012).
Vista la soccombenza in duplice grado, sussistono i requisiti ed i presupposti per
il versamento del doppio contributo a norma dell’art. 13 comma 1 quater del
D.P.R. n. 115/2002 e s.m.i.
P.Q.M.
la Corte d’Appello di Milano, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa,
definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede:
– rigetta l’appello proposto da L. C. avverso la sentenza n. 804 del 31 marzo
2023 del Tribunale di Monza, pubblicata in data 3 aprile 2023, che conferma in
ogni sua parte;
– condanna l’appellante a rifondere all’appellato P. F. le spese del presente
grado di appello liquidate in complessivi euro 3.473,00 per compensi, oltre 15
% per rimborso spese forfettarie, oltre IVA e C.P.A. come per legge;
– dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art.
13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002 così come modificato dall’art. 1
comma 17 della L. 24/12/2012 n. 228.
Milano, 16 gennaio 2025
Il consigliere est
dott.ssa Alessandra Arceri
Il presidente
dott.ssa Serena Baccolini