Violenza sessuale in danno di minori: escluse le attenuanti generiche quando il fatto desta particolare allarme sociale.

Corte di Cass., Sez. III pen., Sent. 3 settembre 2024, n.
33350, Cons. Relatore Dott. Donatella Galtiero
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta da
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere-Relatore
Dott. BUCCA Antonella – Consigliere
Dott. DI STASI Lorenzo Antonio – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
A.A., nato a C il (Omissis)
B.B., nato a B il (Omissis)
C.C., nata a B l'(Omissis)
avverso la sentenza in data 14.11.2023 della Corte di Appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; lette le memorie
di replica dei difensori degli imputati che hanno concluso per l’accoglimento dei
rispettivi ricorsi
Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 14.11.2023 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la
condanna di A.A. per il reato di cui agli artt. 81 e 609-bis cod. pen. per aver
costretto le due nipotine D.D. e E.E., entrambe minori dei dieci anni, a subire in
ripetute occasioni atti sessuali tra il 2018 e il marzo 2019, B.B.del medesimo reato
commesso ai danni della sola D.D. nel corso dello stesso arco temporale e sia
quest’ultimo che C.C., madre delle bambine, per il reato di cui all’art. 609-quinquies
cod. pen. aver compiuto in presenza di costoro atti sessuali al fine di farvele assistere
ed infine la C.C. per il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. per non aver impedito le
violenze sessuali che il padre convivente commetteva sulle proprie figlie.
2. Avverso il suddetto provvedimento tutti gli imputati hanno proposto, per il tramite
del proprio difensore, ricorso per cassazione, il cui contenuto viene di seguito
riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
B.B. ha articolato cinque motivi
2.1. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli
artt. 546 , secondo comma e 548 primo comma cod. proc. pen. la nullità sentenza di
primo grado in quanto priva della sottoscrizione del presidente del Collegio, rilevando
che quella recante la firma mancante, successivamente acquisita al di fuori del
contraddittorio in sostituzione di quella originariamente depositata, non potesse valere
a sanare il vizio non essendo consentito dall’ordinamento l’acquisizione di copie
sostitutive. Osserva che solo la sentenza depositata in cancelleria a conclusione della
fase decisionale valga come documento effettivo, che non ammette equipollenti.
2.2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito
all’art. 393 cod. proc. pen. l’inammissibilità dell’incidente probatorio con cui erano
state assunte le dichiarazioni della minore D.D. non essendo stati indicati i fatti su cui
la teste era chiamata a rispondere che, al pari di ogni altra testimonianza, devono
essere compiutamente esposti così da garantire alla controparte il diritto ad escutere
altri testimoni in prova contraria.
2.3. Con il terzo motivo censura l’affermazione di responsabilità cui la Corte di appello
era approdata in assenza di valutazione delle prove decisive a discarico evidenziate
dalla difesa, quali: a) le prime rivelazioni spontanee rese dalla minore all’assistente
sociale dott. ssa F.F. cui aveva menzionato tra gli autori delle condotte abusanti “pure
G.G., ma non il fidanzato di zia H.H., ma un altro fidanzato di zia H.H., quello con i
capelli, non quello con il melone” che nella deposizione dibattimentale dell’assistente
sociale era ingiustificatamente diventato “G.G., il fidanzato di zia H.H., quello con i
capelli”, laddove la bambina aveva precisato trattarsi di “un altro fidanzato di zia
H.H.”; b) le dichiarazioni rese dalla minore al dott. I.I. incaricato della consulenza
ginecologica cui aveva, in risposta alla domanda se fosse a conoscenza del motivo per
cui era sottoposta alla visita medica, che si trovava lì per gli abusi subiti dal nonno,
senza fare alcun riferimento all’imputato; c) la suggestione subita dalla minore al
momento di procedere al riconoscimento fotografico dell’imputato cui questi viene già
presentato dagli inquirenti, secondo quanto dalla videoregistrazione, come “colui che
avrebbe meritato tante sculacciate”, senza che fosse stato in precedenza chiaramente
indicato dalla minore quale autore delle violenze patite; d) la mancata verifica al fine
di chiarire chi fosse “il fidanzato di zia H.H.” indicato dalla p.o., dell’inizio delle
violenze sessuali tenuto conto che tra il 2017 e il 2018 l’imputato aveva cessato la sua
relazione sentimentale con la zia della bambina, secondo quanto univocamente riferito
dalla teste J.J. e dichiarato dagli altri due coimputati; e) i disegni spontaneamente
fatti dalla minore durante le indagini in cui veniva riprodotto solo il nonno; f) le iniziali
dichiarazioni rese dalla minore nell’incidente probatorio in cui solo il nonno viene
indicato come colui con il quale era stata incitata dalla madre a fare sesso,
affermazione più volte ripetuta, cui solo alla fine si aggiunge, dopo la domanda
reiterata ed inducente dell’esaminatore, la risposta che anche con costui faceva
“sesso”, e che si fosse trattato di una suggestione era emerso con chiarezza poco
dopo al momento del riconoscimento fotografico dove alla domanda ” che faceva
questo zio B.B.?” la risposta era stata “sesso” e alla successiva domanda “sesso con
chi?” la risposta immediata e spontanea era stata “con zia H.H.”; g) la descrizione
dettagliata ed accompagnata da descrizioni concrete degli abusi subiti per mano del
nonno in contrapposizione al carattere stereotipato delle condotte attribuite dalla
minore al ricorrente; h) la mancanza di un metodo di ascolto conforme ai protocolli
vigenti, con particolare riferimento alla “Step-Wise Interview”, nell’ascolto della
minore dove era stata quest’ultima a condurre l’interrogatorio e non già l’esaminatore
che non aveva seguito le fasi graduali previste nell’approccio con la bambina che
prevedono in sequenza la creazione del rapporto, il racconto di due eventi
autobiografici, la verifica della conoscenza, l’introduzione dell’argomento
dell’intervista, la narrazione libera, la fase delle domande generali, la fase delle
domande specifiche, gli aiuti ove necessari per il colloquio e il commiato; i) la costante
presenza della dott.ssa F.F. alle audizioni della minore che conseguentemente era
spinta a ripetere quanto aveva già raccontato a costei anche per compiacerla.
2.4. Con il quarto motivo lamenta l’insussistenza del dolo nel reato di corruzione di
minorenni alla luce di quanto dichiarato dalla stessa minore secondo la quale erano
state solo la zia e la mamma coloro che la volevano far assistere per mostrarle come
si faceva e non già il ricorrente, oltre all’evidente contraddizione che stando la
bambina nella camera dei nonni non era dato comprendere come potesse assistere ai
rapporti sessuali tra i due fidanzati.
2.5. Con il quinto motivo censura il trattamento sanzionatorio rilevando come
l’applicazione del massimo della pena, essendo i giudici di merito partiti da una pena
base di 13 anni non fosse giustificata dalla gravità dei fatti, dalla tenera età delle
vittime, dall’allarme sociale provocato dalle condotte e dal grave pregiudizio arrecato
alle minori trattandosi di elementi già contenuti nella aggravante dell’infradecennalità
delle p.o. e che perciò avrebbe richiesto un quid pluris rispetto alle conseguenze
previste dal legislatore. Censura, inoltre, l’equiparazione della pena base applicata al
coimputato C.C. e al ricorrente quando solo il primo rispondeva di violenze sessuali ai
danni di due minori e al quale soltanto erano state attribuite da D.D. le condotte più
cruente.
3. A.A. ha affidato le proprie doglianze a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito
all’art. 603 cod. pen. e al vizio motivazionale, il diniego della rinnovazione istruttoria
concernente sia l’escussione dei testi K.K. e L.L. sia l’espletamento di una perizia volta
ad accertare se i problemi all’apparato genitale ed urinario da cui era affetto
l’imputato gli consentissero di porre in essere le condotte contestategli, entrambe
decisive ai fini della verifica della responsabilità di costui, senza che alcuna
motivazione fosse stata resa al fine di escludere la decisività. Rileva che l’unico
argomento speso ai fini del diniego di escussione del K.K. sia la mancata indicazione
delle sue generalità complete, senza che si fosse tenuto conto che costui fosse stato
indicato come il fidanzato della L.L., il che invece consentiva agevolmente all’ufficio di
rintracciarlo anche soltanto con l’escussione della fidanzata che lavorava come
psicologa presso la medesima comunità che ospitava la minore, sulla cui audizione la
Corte di appello non si era nemmeno espressa.
3.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito
agli artt. 196 e 393 cod. proc. pen. e al vizio motivazionale, la valutazione di
attendibilità della vittima per essersi la Corte di appello limitata a riproporre
acriticamente le stesse argomentazioni spese dal Tribunale tralasciando le specifiche
censure articolate dalla difesa, quali: a) la verifica, anche attraverso un’indagine
peritale, della capacità a deporre della minore al fine di appurare la presenza o meno
di interferenze esterne idonee ad incidere sulla genuinità del racconto; b) la possibile
riconducibilità delle problematiche affettivo relazionali della minore ad eventi
traumatici vissuti quali la morte del padre e l’allontanamento dalla famiglia di origine e
come tali non giustificabili dagli abusi riferiti; c) la presenza nel racconto della minore
di elementi fantastici o comunque di soggetti che non era stato possibile identificare,
quali un tale M.M. non riconducibile ad alcun componente della famiglia o conoscente
frequentante la casa, ovvero un bambino, non meglio identificato di nome N.N. che
l’avrebbe anche lui spinta ad avere rapporti con il nonno, tutti soggetti che non
possono che essere il parto della fantasia della minore e che lasciano fortemente
dubitare della veridicità della restante parte del racconto; d) la discrasia tra la
descrizione dell’abitazione della vittima da parte dell’assistente sociale secondo cui si
trattava di un’abitazione di poche stanze in cui convivevano ben nove persone e la
“casa grande” emersa dal racconto reso dalla bambina allorquando già da tempo era
stata collocata nella comunità essendosi perciò abituata agli ampi spazi della struttura
di accoglienza con un possibile contagio dichiarativo dovuto all’interazione con gli altri
ospiti; e) l’utilizzo di espressioni poco consone al linguaggio di una bambina di 5 anni
come l’espressione “fare sesso” in stridente contrasto con il restante vocabolario tipico
invece della età infantile, come il termine “nocchettina”, segno inequivoco del
condizionamento esercitato sulla minore da terzi; f) la mancanza di approfondimenti
sulla genesi della rivelazione, quantunque a tale fase la Carta di Noto attribuisca la
massima importanza. Censura, inoltre, la metodologia seguita nello svolgimento
dell’incidente probatorio stante i plurimi condizionamenti cui era stata esposta la
minore che non solo era stata accompagnata all’audizione dalla F.F. preavvertendola
delle cose brutte che avrebbe dovuto raccontare, annuncio ben diverso dall’informare
il teste dell’oggetto del colloquio, che aveva consentito alla bambina di dirigere lei
stessa l’interrogatorio scegliendo cosa e quando dire quanto ci si aspettava da lei, ma
che era ben consapevole della presenza della F.F. che la aveva avvertita, approfittando
del momentaneo allontanamento dell’esaminatrice, di essere al di là del vetro oscurato
della stanza di ascolto dal quale poteva sentirla e vederla. Condotte queste che
avevano a detta della difesa pesantemente influenzato la spontaneità del racconto,
avendo attivato nella dichiarante un meccanismo riflesso volto ad assecondare e a
compiacere l’adulto di riferimento.
3.3. Con il terzo motivo si duole dell’eccessiva gravosità del trattamento sanzionatorio
determinato senza aver tenuto conto degli elementi addotti dalla difesa con
conseguente malgoverno della discrezionalità anche in relazione al giudizio di
equivalenza tra le opposte circostanze. Lamenta in ogni caso il diniego delle attenuanti
generiche avuto riguardo alla sproporzione tra la pena e i fatti.
4. Il ricorso di C.C. si compone anch’esso di tre motivi, il cui contenuto è del tutto
sovrapponibile a quello interposto dal padre.
5. Con memoria in replica alla requisitoria del Procuratore Generale, che ha concluso
per l’inammissibilità di tutti i ricorsi, le difese hanno ulteriormente sviluppato i
rispettivi motivi di doglianza insistendo per il loro accoglimento
Motivi della decisione
1. Il ricorso di A.A. da valutarsi unitamente a quello della figlia C.C., dal contenuto del
tutto analogo anche con riferimento a censure riguardanti esclusivamente il
coimputato, non può ritenersi meritevole di accoglimento.
Il primo motivo concernente il diniego di rinnovazione dibattimentale non supera
neppure il vaglio di ammissibilità.
Va infatti rilevato con riferimento all’escussione dei testi K.K. e L.L. che le deposizioni
suddette non rivestono affatto il carattere di decisività che la difesa apoditticamente
afferma, essendo il ruolo di pretesa “fonte inquinante” rivestito dall’assistente sociale
F.F. rispetto alle dichiarazioni della vittima, sotteso alla richiesta ex art. 603 cod. proc.
pen. ampiamente scandagliato ed incontrovertibilmente escluso dalla Corte di merito
sulla base delle risultanze istruttorie già acquisite senza che sulla base dell’ampia
motivazione fornita il supporto giustificativo possa ritenersi carente. Deve al riguardo
richiamarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in tanto il giudice
di appello può esercitare il potere di acquisire nuove prove o rinnovare quelle già
acquisite in quanto la presunzione di completezza dell’indagine probatoria
dibattimentale ceda alla constatazione dell’impossibilità di una decisione allo stato
degli atti, situazione che in tanto può profilarsi in quanto i dati già acquisiti si
presentino incerti, nella quale soltanto si esaurisce il vaglio rimesso al giudice del
gravame ai sensi dell’art. 603 primo comma cod. proc. pen. (Sez. 3, Sentenza n. 230
del 09/11/2006, Casale, Rv. 235809), a differenza di quanto previsto dal secondo
comma della stessa norma per le prove sopravvenute o scoperte successivamente alla
pronuncia della sentenza di primo grado.
Deve, del resto escludersi che nel caso in esame le deposizioni sollecitate alla Corte
territoriale rivestissero alcun carattere di novità. Ed invero il contenuto della
testimonianza del teste K.K. era ben noto alle difese, trattandosi del soggetto cui
aveva fatto riferimento la C.C., riferendo di essere stata contattata da costui che la
aveva messa a parte degli interessi perseguiti dalla F.F. e della conseguente
costruzione di un castello di false accuse nei confronti dei familiari delle bambine per
trattenerle nella comunità da lei gestita. Se è singolare che il teste suddetto non sia
mai stato citato in primo grado né ne siano state fornite le generalità, quantunque
ripetutamente richieste dal Tribunale, così da consentirne l’eventuale audizione ex
officio, generalità che, come argutamente sottolineato dalla sentenza di prime cure,
dovevano essere note alla difesa tenuto conto che le stesse dichiarazioni rese
all’imputata erano state ripetute anche al suo difensore che avrebbe potuto
verbalizzarle e produrle già nelle forme di cui agli artt. 391 bis ss. cod. proc. pen.,
non possono ora farsi ricadere le conseguenze della scelta difensiva sui giudici del
gravame onerandoli di un incombente a carico degli imputati, peraltro continuando a
non fornire i dati necessari per la identificazione del testimone, senza che comunque
venga evidenziata un’incertezza dei dati probatori sui quali è stata fondata la
decisione. Lo stesso vale anche per la teste L.L. in relazione alla quale neppure sono
state individuate le circostanze sulle quali avrebbe dovuto deporre.
Quanto alla richiesta ex art.603 cod. proc. pen. di una perizia volta ad accertare la
compatibilità delle problematiche dell’apparato genitale ed urinario di A.A. con le
condotte criminose ascrittegli, non risulta dal riepilogo dei motivi di gravame
contenuto nella parte iniziale della sentenza impugnata né dall’atto di appello essere
stata svolta alcuna doglianza in tal senso, né figurando essere mai stato introdotto nel
processo il tema delle condizioni fisiche dell’imputato, in relazione alle quali, peraltro,
la C.C. non vanta alcun interesse.
Conseguentemente di nessuna censura è passibile il silenzio tenuto dalla Corte
partenopea sul punto, così come il diniego espresso in relazione al diniego della prova
dichiarativa, scevro da lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del
provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state
presumibilmente evitate con l’assunzione delle testimonianze richieste.
2. Le contestazioni che i ricorrenti rivolgono con il secondo motivo dei rispettivi atti
alla pronuncia impugnata in relazione alla valutazione di attendibilità della minore non
possono ritenersi meritevoli di accoglimento.
Se le doglianze afferenti alla capacità a deporre della vittima si sviluppano nell’orbita
della mera congetturalità, venendo evidenziate possibili cause della sindrome post
traumatica riconducibili al pregresso vissuto familiare della bambina ovvero pretese
sovrapposizioni fantastiche di differenti esperienze che si infrangono al cospetto di una
puntuale indagine peritale sulla sua capacità a deporre compiuta tanto in sede di s.i.t.
che di incidente probatorio dalle due consulenti incaricate anche di condurre
l’audizione che ne evidenzia gli schemi logici, la naturalezza delle espressioni utilizzate
proprie di una condizione ancora infantile e soprattutto la struttura del racconto volta
ad evidenziare immediatamente gli aspetti più rimarchevoli delle vicende subite per
poi soffermarsi su episodi risalenti secondo l’ordine marcatamente cronologico, tipica
di una narrazione genuina, le censure in ordine al condizionamento asseritamente
subito dalla dichiarante per la presenza della dott.ssa F.F. non possono comunque
ritenersi meritevoli di accoglimento.
Va in primo luogo rilevato, quanto al vizio di violazione di legge devoluto, che gli
eventuali vizi in procedendo concernenti le modalità dell’esame della minore non
possono essere eccepiti dall’imputato, trattandosi di norme dettate ad esclusiva tutela
del soggetto debole sottoposto all’audizione, sia che si tratti di un minore, sia di un
maggiorenne che versi in condizioni di particolare vulnerabilità nell’ottica della corretta
assunzione delle sue dichiarazioni così da salvaguardarne l’integrità fisica e psicologica
ed evitare al contempo l’insorgenza di fenomeni riconducibili alla ed. vittimizzazione
secondaria (Sez. 5, Sentenza n. 32374 del 08/06/2017, Rv. 270601; Sez. 3, Sentenza
n. 8648 del 11/01/2024, Rv. 285969). E ciò a fortiori nel caso di minori per quanto
concerne la presenza dei genitori o di altri soggetti indicati dallo stesso dichiarante,
soccorrendo al riguardo la specifica previsione dell’art. 609 decies terzo comma cod.
pen., che assicura in ogni stato e grado del procedimento l’assistenza affettiva e
psicologica della persona offesa minorenne attraverso la presenza dei genitori o di
persone idonee da quest’ultima indicate.
Quanto invece al preteso vizio motivazionale in punto di attendibilità della vittima
conseguente alle modalità della sua audizione, si osserva quanto segue.
Emerge effettivamente dalla sentenza di primo grado che tanto in sede di sommarie
informazioni rese dalla minore alla PG, quanto in sede di incidente probatorio
all’audizione sia stata presente sia pure parzialmente la dott.ssa F.F., ovverosia
l’assistente sociale che aveva raccolto le prime rivelazioni della bambina ospite presso
la struttura comunitaria ove era stata collocata insieme alla sorellina minore ben
prima dell’avvio delle indagini del presente processo stante il procedimento di
decadenza dalla responsabilità genitoriale avviato nei confronti dei di lei genitori dal
Tribunale per i Minorenni di Napoli. Risulta infatti che nel corso della prima audizione
condotta dalla dott.ssa Raffaella Perrella, esperta di psicologia infantile nominata dal
PM, sia stata fatta entrare l’assistente sociale allorquando la minore, che dapprima
aveva spontaneamente risposto alle domande postele si è, al momento in cui l’esame
si è spostato sulla sua famiglia di origine, bloccata chiudendosi nel silenzio, per poi
riprendere con la presenza della F.F., che la stessa bambina aveva chiesto, il colloquio
in condizioni di serenità. Del pari, nel corso dell’incidente probatorio, svoltosi in una
stanza apposita munita di vetro a specchio ed impianto citofonico alla sola presenza
della dott.ssa O.O., ovverosia la psichiatra consulente del Gip conducente
l’interrogatorio, e la minore, quest’ultima ha acquisito consapevolezza della presenza
al di là del vetro della F.F. essendosi la stessa palesata con la voce cosi da rassicurala
quando, uscita momentaneamente dalla stanza l’esaminatrice, la bambina si è
spaventata essendo rimasta sola senza comprenderne le ragioni.
Orbene, non può ritenersi che tale presenza abbia inficiato la ritualità della prova, non
essendo ravvisabili le criticità dedotte nel ricorso nella assunzione delle dichiarazioni
della minore, né, a valle, nella sua valutazione.
Occorre al riguardo muovere da due fondamentali premesse. La prima in punto di
fatto è data dalla relazione instauratasi tra la bambina, priva di alcun contatto con le
figure familiari a seguito dalla sua collocazione nella comunità, e l’assistente sociale
che era diventata la sua unica referente affettiva e al contempo la sua guida tanto da
averle consegnato, nella successiva rielaborazione delle esperienze vissute in un
contesto finalmente neutro, le sue rivelazioni in merito alle penose vicende subite
nella sua famiglia di origine, così da sostituirsi alla stessa figura materna sul piano
fiduciario, spirituale ed emotivo. La seconda in punto di diritto, ma alla prima
strettamente connessa, risiede nella previsione in primis del sopra richiamato art.
609-decies terzo comma cod. pen. e, a seguire, dell’art. 498 quarto comma cod.
proc. pen. che consente espressamente la partecipazione all’esame dibattimentale del
minore di un familiare, così come di un esperto in psicologia infantile allorquando il
giudice nell’esercizio della sua discrezionalità ritenga di assicurare la teste la
necessaria assistenza affettiva e psicologica così da facilitarne l’audizione nelle
condizioni di maggiori serenità possibili, adeguando le condizioni di ascolto alla stessa
condizione anagrafica ed emotiva del dichiarante. Se quindi la ratio sottesa a tale
previsione nell’esclusiva tutela del soggetto debole sottoposto all’audizione, non può
ritenersi nel silenzio tenuto riguardo alla presenza di un familiare dagli artt. 392 ss
cod. proc. pen. che tale partecipazione incorra in alcun divieto, ove si consideri che
l’incidente probatorio altro non è che un’assunzione anticipata della prova rispetto al
dibattimento in presenza della particolare vulnerabilità del teste così come previsto
dall’art. 392 comma 1-bis cod. proc. pen. Del resto, a conferma di tale conclusione,
soccorre il comma 5-bis dell’art. 398 cod. proc. pen. che rimette al giudice in
presenza, fra i soggetti interessati alla prova, di minorenni la discrezionalità dì stabilire
“il luogo, il tempo, e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente
probatorio quando le esigenze di tutela delle persone lo rendano necessario ed
opportuno”.
Sgombrato il campo dalla nullità assunta dalla difesa, si tratta di valutare se la
partecipazione dell’assistente sociale, da considerarsi nel caso di specie del tutto
assimilabile a quella di un genitore, alle audizioni possa aver inciso sulla valutazione di
attendibilità della minore.
Ma della problematica risultano essersi fatti ampiamente carico tanto i giudici di primo
grado quanto quelli del gravame, escludendo con valutazione conforme la suddetta
evenienza con argomentazioni non solo intrinsecamente logiche, ma altresì
particolarmente approfondite all’interno di una disamina ad ampio spettro delle
peculiarità del caso di specie che la difesa non supera, assestandosi le devolute
doglianze sul piano del dissenso valutativo che, com’è noto, non può trovare ingresso
nel vizio motivazionale deducibile in sede di legittimità.
Le valutazioni compiute in ordine alla mancanza di un interesse sottostante
dell’assistente sociale a deviare il contenuto delle dichiarazioni della p.o. in termini
accusatori nei confronti degli imputati risultano invero fondate sulla constatazione che
tanto la vittima quanto la sorella più piccola erano state già da tempo, rispetto al
momento della rivelazione delle condotte criminose, collocate presso la struttura, dove
all’epoca la F.F. non rivestiva alcun ruolo, escludendo così alla radice la finalità
economica ventilata dalla difesa, derivante dai guadagni legati in forma di contributi
alla presenza delle minori all’interno della comunità ospitante, essendo stato peraltro
già in corso il procedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti
della C.C.. D’altra parte il desiderio da parte della minore di compiacere la dott.ssa F.F.
su cui la difesa muta il tiro per sostenere la suggestione subita dalla piccola non solo
viene costruita in termini di mera congettura, restando tutto da dimostrare che la
volontà della minore fosse quella di ripetere le dichiarazioni già rese per non tradire le
aspettative della sua confidente di elezione, ma in ogni caso si scontra con il dato, del
tutto ignorato nel ricorso, che nel corso dell’incidente probatorio la minore avesse già
reso dichiarazioni in merito agli abusi subiti e comunque alle peculiari dinamiche
sessuali all’interno delle mura domestiche prima di rendersi conto della presenza
dell’assistente sociale al di là del vetro oscurante. È proprio la difesa, infatti ad
evidenziare, come sia stata la minore, non appena lasciata sola con la dott.ssa O.O.,
ad assumere la guida dell’audizione decidendo lei stessa cosa dire ed ignorando le
diverse sollecitazioni della psichiatra che avrebbe voluto inquadrare la vicenda
delittuosa partendo più da lontano ovverosia ottenendo prima delucidazioni sul
contesto familiare. Proprio l’ostinazione con cui la dichiarante ha voluto riferire prima
di tutto le “quattro cose brutte” che le erano accadute è stata valorizzata dalla
sentenza di primo grado, che si fonde con quella impugnata in un unico corpo
argomentativo, attese le convergenti conclusioni in punto di ricostruzione degli
accadimenti e della affermazione di responsabilità, per escludere la suggestione subita
dalla bambina, che aveva già riferito all’esaminatrice, prima di realizzare la presenza,
sia pur non de visu, della F.F., le vicende criminose di cui era stata vittima, senza che
risulti che dopo tale momento abbia in alcun modo mutato la sua versione. Che poi
tali dichiarazioni fossero il frutto di un indottrinamento da parte di costei è circostanza
che non solo stride con il contenuto delle rivelazioni raccolte a seguito dello spontaneo
racconto della bambina riferito dall’assistente sociale nella deposizione resa in
giudizio, ma che neppure ha un collegamento diretto con le “brutte cose” successe,
termine con il quale si è espressa l’assistente sociale per informare, incombente
questo rientrante nei suoi compiti, la minore, mentre l’accompagnava all’audizione,
dell’oggetto del colloquio con quella che ha presentato come una sua “amica”, così da
farle capire che avrebbe potuto stare a suo agio, prevenendo gli eventuali timori che
un’audizione formale avrebbe potuto suscitare nella bambina.
Va peraltro aggiunto che, a completamento del quadro probatorio emerso dalle
dichiarazioni accusatorie rese dalla p.o. nei confronti dell’imputato, soccorrono una
pluralità di riscontri sia diretti che indiretti puntualmente messi in luce dalle due
sentenze di merito, avuto riguardo agli esiti della perizia ginecologica rivelatrice di un
nodulo della membrana imenale della minore, del tutto compatibile con una
precedente lacerazione, nonché alla presenza di ben tre indicatori specifici, quali
l’enuresi, l’encopresi e l’erotizzazione precoce, elementi dei quali viene fornita
compiuta descrizione dal Tribunale avellinese.
Se quindi, da un canto, la presenza della assistente sociale durante le s.i.t. così come,
quanto meno in termini di consapevolezza della dichiarante, durante la seconda parte
dell’incidente probatorio non è elemento che consenta di desumere il condizionamento
subito, rispondendo per contro alla finalità di rassicurarla nell’esposizione delle
dolorose e al contempo scabrose vicende che la avevano vista protagonista all’interno
del nucleo familiare, dall’altro le argomentazioni difensive sulla suggestione cui
sarebbe stata in concreto assoggettata non trovano alcun riscontro nella sequenza
delle varie audizioni succedutesi, risultando al contrario esclusa dalla lineare e
convincente motivazione resa dai giudici di merito, argomentazioni che si tramutano
perciò in null’altro che in mere illazioni.
Il motivo in esame deve essere conseguentemente rigettato.
3. Inammissibili devono ritenersi invece le doglianze articolate dai due ricorrenti con il
terzo motivo in punto di trattamento sanzionatorio, non solo perché afferenti ad un
profilo della rejudicanda che, in quanto riservato all’apprezzamento discrezionale del
giudice di merito, non può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità all’infuori
delle ipotesi in cui la determinazione della pena sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento manifestamente illogico (Cass. sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 , dep.
2014, Rv. 259142), ma ancor prima in ragione della loro aspecificità.
Quanto al diniego delle attenuanti generiche, le difese non confutano gli elementi
negativi e come tali ritenuti preponderanti dalla Corte di appello posti a fondamento
del diniego, limitandosi a censurare la sproporzione della pena rispetto alle concrete
modalità dei fatti. Va tuttavia ribadito che, non essendo il beneficio di cui all’art. 62-
bis cod. pen. un diritto automatico dell’imputato, il suo riconoscimento presuppone la
esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di favorevole apprezzamento,
nonché tali da prevalere sugli eventuali elementi di segno opposto, nell’ottica di una
valutazione complessiva rimessa alla discrezionalità del giudicante. Ciò premesso,
risponde al consolidato orientamento di questa Corte il principio, correttamente
declinato dai giudici partenopei che hanno evidenziato la peculiare gravità dei fatti alla
luce della tenera età delle vittime e del contesto familiare degli accadimenti tale da
aver generato un particolare allarme sociale, secondo il quale, nel motivare il diniego
della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario prendere in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti (di cui il
presente ricorso non contiene alcuna menzione) o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente
che venga fatto riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (cfr. ex multis Sez. 3, n. 28535 del
19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Ancor più generiche risultano le censure articolate in punto di dosimetria della pena.
Avendo la sentenza in esame incentrato sugli stessi elementi valorizzati ai fini del
diniego delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., nonché sul grave pregiudizio causato
alle minori con riferimento al corretto sviluppo della loro personalità sul piano
psicofisico, che di per sé costituisce la compiuta rappresentazione di un corretto uso
del potere discrezionale, incombeva sulla difesa l’onere di evidenziare l’illogicità o
comunque la contraddittorietà delle argomentazioni spese al riguardo dalla Corte
distrettuale. Per contro, i ricorrenti non hanno indicato alcun parametro che il Giudice
del merito avrebbe dovuto valutare e che invece non ha esaminato per un maggiore
contenimento della misura sanzionatoria inflitta, non valendo a tal fine il vago
riferimento al ricorso di appello di cui neppure è riassuntivamente indicato il
contenuto: in definitiva il motivo in disamina si risolve in un’astratta doglianza sul
corretto esercizio del potere discrezionale sia in ordine alla determinazione della pena
base che della quantificazione degli aumenti ex art. 81 cod. pen. che in difetto del
requisito della specificità richiesta dall’art. 581 lett. d) cod. proc. pen. incorre tout
court nella statuizione di inammissibilità.
4. Passando alla disamina del ricorso del B.B., il primo motivo, concernente la nullità
della sentenza contenente la sottoscrizione del Presidente del Collegio acquisita
successivamente a quella formalmente depositata in assenza della suddetta
sottoscrizione, deve ritenersi manifestamente infondato.
Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la mancata sottoscrizione della
sentenza d’appello da parte del presidente del collegio (non giustificata espressamente
da un suo impedimento legittimo) e sottoscritta dal solo estensore, configura una
nullità relativa che non incide né sul giudizio, né sulla decisione consacrata nel
dispositivo, e che, ove dedotta dalla parte nel ricorso per cassazione, comporta
l’annullamento della sentenza-documento e la restituzione degli atti al giudice di
appello, nella fase successiva alla deliberazione, affinché si provveda ad una nuova
redazione della sentenza-documento che, sottoscritta dal presidente e dall’estensore,
deve essere nuovamente depositata (Sez. U, n. 14978 del 20/12/2012, Destro, Rv.
254671; Sez. 3, Sentenza n. 13942 del 03/03/2022, Omodei, Rv. 283130; Sez. 6, n.
46348 del 05/11/2015, Verteramo, Rv. 266308), risiedendo la ratio della nullità in
parola nell’esigenza di assicurare che la motivazione corrisponda ai singoli passaggi
logici e procedimentali della deliberazione collegiale.
Ciò detto, nel caso di specie alla sanatoria del vizio iniziale della “sentenza
documento” ha provveduto autonomamente il Presidente che, una volta resosi conto
della mancanza della sua sottoscrizione, ha provveduto ad apporla, rendendo ultronee
le doglianze difensive volte ad evidenziare un vizio che al momento dell’impugnazione
della pronuncia in esame non era più tale.
5. Neppure il secondo motivo, relativo all’eccepita inutilizzabilità dell’incidente
probatorio in mancanza di indicazione ad opera del PM dei fatti su cui avrebbe dovuto
vertere l’audizione della p.o., può ritenersi fondato.
Va al riguardo in primo luogo rilevato che in tema di assunzione ed utilizzazione delle
prove, non dà luogo alla sanzione prevista dall’art. 191 cod. proc. pen., la mancata
osservanza, delle regole fissate dal codice di rito, poiché non si tratta di prove assunte
in violazione di divieti posti dalla legge, bensì di prove eventualmente assunte con
modalità diverse da quelle prescritte.
Mentre, infatti, la sanzione in esame è riferita alla sola inutilizzabilità patologica,
ricorrente in presenza di prove illegittimamente acquisite, ovverosia a quegli atti la cui
assunzione sia avvenuta in modo contrastante con i principi fondamentali
dell’ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di
difesa dell’imputato e dunque violando una specifica norma processuale che disponga
il divieto, diverso è il caso dell’inutilizzabilità fisiologica, ricorrente allorquando si verta
nell’ambito di prove la cui assunzione è prevista ma si siano svolte senza l’osservanza
delle modalità fissate ex lege.
Come chiarito da questa Corte nel suo supremo consesso, se l’inosservanza delle
formalità prescritte dalla legge ai fini della legittima acquisizione della prova nel
processo non è, di per sè, sufficiente a determinarne l’inutilizzabilità ai sensi del primo
comma dell’art. 191 cod. proc. pen., neppure è invocabile la categoria della nullità
che, pur operando nel campo della patologia della prova, presuppone l’inosservanza di
formalità espressamente previste per la sua assunzione, ove la loro mancanza non sia
a tale titolo espressamente sanzionata dalla legge (Sez. U, n. 5021 del 27/03/1996,
Sala, Rv. 204644).
Ciò detto, nel caso di specie, anche non voler ritenere sufficiente l’indicazione del capo
di imputazione a cristallizzare la prova da assumere in giudizio, pur essendo evidente
che proprio sui fatti ivi riportati non avrebbe potuto che vertere l’audizione della
minore, non soccorre in ogni caso neppure la categoria della nullità in difetto di
qualunque norma che la preveda, non potendosi inquadrare la violazione lamentata in
alcuna tra le previsioni di cui all’art. 178 cod. proc. pen., con la conseguenza che
l’incidente probatorio in contestazione deve ritenersi valido, quand’anche irregolare, e
perciò legittimamente valutato ai fini del decidere.
6. Ad analogo esito deve pervenirsi anche per il terzo motivo.
Rinviandosi a quanto già stigmatizzato in relazione al secondo motivo dei ricorsi degli
A.A. e C.C. in punto di modalità dell’audizione della minore e del vaglio condotto dai
giudici di merito sulla sua credibilità oggettiva e soggettiva, va nello specifico rilevato
che la valutazione di attendibilità della p.o. non presenta le carenze lamentate dalla
difesa neppure avuto riguardo al raffronto tra le dichiarazioni accusatorie rese nei
confronti dei due imputati in ordine agli abusi sessuali subiti. Quand’anche quelle
rivolte al nonno possano ritenersi maggiormente circostanziate, essendo stati descritti
una serie di particolari del tutto collimanti con il dato esperienziale, ovverosia il dolore
provato nell’atto della penetrazione, di cui la bambina riporta le grida che non aveva
potuto trattenere, la mimica della masturbazione nel mentre strusciava l’organo
genitale sul suo viso, la eiaculazione dell’uomo coerentemente definita rispetto al suo
bagaglio di limitate conoscenze come “una pipì bianca” che le andava a finire sul viso,
cui faceva seguito la pronta reazione di andarsi a lavare, gli analoghi gesti compiuti
nei confronti della sorellina cui lei stessa provvedeva immediatamente a sciacquare il
viso, univoche e insuscettibili di diversa interpretazione sono state tuttavia ritenute
anche quelle indirizzate al “fidanzato della zia H.H.”. Ferme sono state le dichiarazioni
della bambina poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità del ricorrente
che, così come sottolineato dalla Corte partenopea, non solo lo ha riconosciuto in tutte
le audizioni tra le fotografie sottopostole, ma ha chiaramente puntualizzato che anche
lui, come il nonno, le “faceva male alla nocchettina con il pisellino” richiamando con
termini facenti parte del suo lessico infantile gli atti penetrativi subiti che, anche
quanto al loro numero, si erano svolti “tante volte” come accaduto con lo A.A..
Al cospetto di una compiuta ricostruzione della vicenda e della sua valutazione ad
opera della Corte di appello in termini peraltro conformi a quanto già ritenuto dal
giudice di primo grado, le censure difensive risultano in realtà dirette ad ottenere la
rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici del
gravame, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla
motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata
valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva carenza o una manifesta illogicità
motivazionale su punti decisivi dell’impugnativa (Sez. 5, Sentenza n. 34149 del
11/06/2019, Rv. 276566 secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che,
offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo
ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo
sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della
interpretazione che ne è stata fornita).
Ed invero il ricorrente non offre, a fronte di una compiuta ricostruzione della vicenda e
della sua valutazione ad opera della Corte di appello, la necessaria rappresentazione e
dimostrazione di alcuna evidenza, pretermessa ovvero infedelmente riprodotta dal
giudicante, di per sé dotata di univoca ed immediata valenza esplicativa, tale cioè da
disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo
della sentenza gravata in ragione dell’intrinseca incompatibilità degli enunciati.
In ogni caso, si è in presenza di una “doppia conforme” statuizione di responsabilità
che circoscrive i poteri di una rinnovata valutazione ad opera di questa Corte nel senso
che, ai limiti conseguenti all’impossibilità nel giudizio di legittimità di procedere ad una
diversa lettura dei dati processuali o di una diversa valutazione delle prove,
trattandosi di un giudizio al quale è estraneo il controllo della motivazione in rapporto
ai dati probatori, si aggiunge l’ulteriore preclusione in ordine al “travisamento della
prova” nel quale si sostanziano gli elementi di prova a discarico asseritamente non
valutati: a prescindere da ogni valutazione sulla loro decisività, il vizio in questione
non può essere in tal caso invocato stante il limite del devolutum conseguente alla
doppia conforme, fuoriuscendosi dall’ipotesi in cui il giudice di secondo grado abbia
fondato il proprio convincimento su dati probatori non esaminati dal primo giudice,
ovvero di travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale
macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro
della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto
al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del
09/01/2018, L. e altro, Rv. 272018). Nulla di tutto ciò viene lamentato nel caso di
specie: il ricorrente, infatti, non si duole del fatto che i giudici del merito abbiano
fondato l’affermazione di responsabilità su una prova inesistente o sul risultato di una
prova oggettivamente diverso da quello effettivo, ma pretende una diversa lettura del
compendio istruttorio in relazione alla valutazione di attendibilità della p.o.,
sollecitando un sindacato precluso a questa Corte. Deve al riguardo essere ribadito
che il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di
legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sa
strumentale ad una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli
auspici del ricorrente, miri ad una decisione diversa da quella impugnata, essendo di
tutta evidenza che le doglianze in esame, lungi dal far emergere una contraddittorietà
processuale, si risolvono piuttosto nella implicita richiesta di una rivalutazione
complessiva delle prove che si traduce ineludibilmente in un nuovo giudizio di merito.
7. Il quarto motivo è inammissibile.
Le censure, in parte generiche in parte squisitamente fattuali, sollevate dalla difesa
sull’elemento soggettivo del reato ex art. 609-quinquies cod. pen. non superano il
compimento degli atti sessuali da parte dell’imputato con la propria compagna dinanzi
alla bambina con l’obiettivo di farvela assistere: quand’anche la minore fosse stata
spinta solo dalla mamma e dalla zia, id est la donna con la quale il B.B.si congiungeva,
ad imparare, guardandoli, come si intrattenevano rapporti sessuali, ciò non elimina il
fatto che quest’ultimo fosse pienamente consapevole della presenza della minore nella
stessa stanza in cui avvenivano i rapporti carnali di cui egli era protagonista, laddove
la finalità perseguita, integrante il dolo specifico richiesto ai fini del perfezionamento
della condotta criminosa, è strettamente collegata alla capacità di percezione della
vittima che non risulta in alcun modo contestata (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 15633 del
12/03/2008, Rv. 240035, nonché Sez. 3, Sentenza n. 12537 del 29/01/2015, Rv.
263000 che specifica come la prova della direzione finalistica dell’atto possa essere
desunta anche sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti).
8. Alla statuizione di inammissibilità non si sottrae neppure il quinto motivo, che,
afferendo ad un profilo della rejudicanda riservato all’apprezzamento discrezionale del
giudice di merito, qual è il trattamento sanzionatorio, non può essere oggetto di
sindacato in sede di legittimità all’infuori delle ipotesi in cui la determinazione della
pena sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (Cass. sez.
5, n. 5582 del 30/09/2013 , dep. 2014, Rv. 259142). Evenienza questa che non
ricorre nel caso di specie dove le doglianze in ordine alla quantificazione della pena si
incentrano su una pretesa disparità del trattamento riservato all’imputato rispetto alla
posizione asseritamente più grave di A.A., cui è stato ascritto anche il reato di violenza
sessuale anche ai danni della nipotina E.E. (capo b), senza considerare che il
prevenuto è stato dichiarato responsabile anche del reato di cui all’art. 609-quinquies
cod. pen. (capo d). Coerentemente, pertanto, la Corte di appello ha confermato la
pena base fissata dal Tribunale per entrambi gli imputati per il reato più grave,
comune ad ambedue anche in relazione alla quantità degli abusi commessi,
motivatamente discostandosi dal minimo edittale, pena sulla quale ha applicato
l’aumento ai fini della continuazione per lo A.A. con il reato sub b) e per il B.B. con il
reato sub d): e poiché gli aumenti sono stati diversificati dai giudici del gravame in
ragione della differente gravità dei reati a costoro rispettivamente ascritti, riducendo
ad un anno di reclusione quello applicato al ricorrente, la relativa quantificazione non
presta il fianco ad alcuna delle censure articolate nel il motivo in disamina.
9.1 ricorsi devono essere in conclusione rigettati, seguendo a tale esito l’onere delle
spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso in data 3 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2024.

Un mero rapporto affettivo non elide la solidarietà postconiugale

Cass. civ., Sez. I, Ord., 09.09.2024, n. 24091
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere-Relatore
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23951/2023 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 72, presso lo
studio dell’avvocato TONINI ANDREA (Omissis) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
B.B., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NARDI
RAFFAELLA (Omissis) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5545/2023 depositata il
25/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/06/2024 Consigliere
MARINA MELONI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma con sentenza di separazione tra i coniugi dispose l’assegno
di Euro 500,00 a carico del Sig. A.A. da corrispondersi alla ex moglie B.B. per il
mantenimento della figlia C.C. (nata il (Omissis)), e condannò la ex moglie al
parziale pagamento delle spese di lite, liquidate nella misura del 50% in Euro
2.130,00 oltre accessori. Con sentenza n. 5073/2014 del 28-7-2014 la Corte di
Appello di Roma, in parziale riforma della suddetta sentenza, revocava con
decorrenza dal gennaio 2013 l’obbligo di A.A. di corrispondere alla moglie
l’assegno di Euro 500,00 per il mantenimento della figlia.
Con successiva sentenza definitiva n. 6184/2020 del 16-4-2020 il Tribunale di
Roma pronunciando in merito al ricorso proposto da Sig. A.A., per la
cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, celebrato con la
Sig.ra B.B. rigettò la domanda di B.B. volta ad ottenere l’assegno divorzile. Il
Tribunale ritenne che B.B. avesse intrapreso una relazione affettiva con altra
persona, individuata nel sig. D.D., con il quale lavorava, seppure in nero, e che
si fosse trasferita a vivere in una abitazione di proprietà del fratello del
medesimo.
B.B. impugnò la sentenza di primo grado e la Corte di Appello di Roma con
sentenza nr. 5545/2023, indicata in epigrafe, in parziale accoglimento
dell’impugnazione, ha posto a carico di A.A., a far data dalla sentenza parziale
sullo status, un assegno divorzile mensile di Euro 400,00 con la rivalutazione
annuale secondo indici ISTAT, da corrispondere in favore di B.B. entro il giorno
5 di ogni mese presso il suo domicilio o in altra forma dalla stessa indicata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione A.A. affidato ad un
unico motivo e memoria. B.B. resiste con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Con unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto
decisivo ex art. 360 nr. 5 cpc perché la Corte di Appello di Roma, nel riformare
la sentenza di primo grado, ha omesso di esaminare un fatto che, laddove
fosse stato giustamente considerato nella sua centralità, sarebbe stato decisivo
e determinante per la decisione e cioè la sentenza N. 12284/2022 emessa dal
Tribunale Ordinario di Roma – Sezione X Penale il 18.10.2022, che ha assolto il
Signor A.A. dal reato di cui all’art. 570-bis c.p. al medesimo ascritto e
contestualmente accertato e riconosciuto la sussistenza di una stabile relazione
affettiva tra la stessa Signora B.B. ed il Signor D.D., perdurante sin dal 2014 ed
ancora in essere. La sentenza predetta è divenuta irrevocabile prima ancora
che le parti del giudizio di appello rassegnassero le proprie conclusioni
all’udienza del 23.03.23, ed è stata prodotta in giudizio dal difensore.
Il motivo è inammissibile. Al fine di contestare il riconoscimento alla moglie
dell’assegno divorzile, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.,
l’omesso esame di una sentenza penale, a suo dire prodotta in appello, dalla
quale si desumerebbe che la moglie aveva una stabile convivenza con un altro
uomo. Orbene, va rilevato che il mancato esame di un documento può essere
denunciato per cassazione nel caso in cui determini l’omissione di motivazione
su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento
non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un
giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze
istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di
modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne
consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di
inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato
avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., 26/06/2018,
n. 16812; Cass., 28/09/2016, n. 19150). Nel caso di specie, la sentenza
penale, peraltro trascritta in minima parte nel ricorso, non è affatto decisiva nel
senso suindicato, non rilevandosi dalla stessa altro che un rapporto affettivo –
non certo una stabile convivenza -della resistente con un altro uomo. La
censura, sul punto della decisività, è, peraltro, del tutto generica. Il ricorso
deve quindi essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in
Euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli
esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. nr. 115 del 30 maggio 2002
ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto,
per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Dispone altresì che ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di
diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati
identificativi delle parti.

Scuola. No alla bocciatura se le assenze effettuate dall’allieva sono dipese dal suo stato di salute

T.A.R. Puglia Bari, Sez. Unite, Sent., 05 settembre 2024, n. 965; Pres. Est. Ciliberti
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezioni Unite)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
I – L’alunna -OMISSIS-, nell’anno scolastico 2023/2024, frequentava la classe III sez. AC musicale e
coreutica del Liceo scientifico statale -OMISSIS-.
Al termine del I trimestre (ovvero dal 16/9/2023 al 16/12/2023), l’alunna riportava la media
complessiva in decimali di 6,66, con tre insufficienze, come da registro elettronico. Non veniva
attivato alcun corso di recupero in favore dell’allieva, onde darle la possibilità di conseguire l’idoneità
nelle tre materie in cui aveva riportato un voto d’insufficienza.
Condizioni di salute non buone la costringevano a effettuare diverse assenze, nondimeno l’alunna
riusciva a recuperare le insufficienze nelle materie di inglese e filosofia, mentre riportava lievi
insufficienze in storia e storia della danza, nel periodo intermedio, come rilevabile dal Registro
elettronico.
La frequenza delle lezioni, durante l’anno scolastico 2023/2024, veniva interrotta diverse volte, a
causa di condizioni di salute non ottimali (sepsi, stati febbrili, cefalee) che imponevano l’effettuazione
di esami diagnostici, come da certificati medici, a firma del dott. -OMISSIS- del 23.05.2024, del dott.
-OMISSIS- del 02.03.2024 e della dott.ssa -OMISSIS- dell’11.03.2024.
La ricorrente genitrice, oltre a far pervenire alla scuola i certificati medici attestanti lo stato di salute
della minore, aggiornava costantemente i docenti circa le condizioni di salute della propria figlia,
ricevendone peraltro messaggi di vicinanza e sostegno.
Il rendimento scolastico dell’allieva non era preoccupante tanto da temere una bocciatura e i ricorrenti
genitori, in occasione della riunione tenutasi in presenza in data 2 aprile 2024, ricevevano
rassicurazioni da parte dei docenti sull’effettiva possibilità della loro figliuola di superare l’anno
scolastico.
L’allieva veniva ammessa allo scrutinio finale, con la media del 6.22; in particolare, riportava le
seguenti votazioni: Italiano 4, Inglese 4, Storia 5, Filosofia 5, Matematica 6, Fisica 5, Storia della
Danza 5, Storia della Musica 6, Tecnica Danza Classica 6, Tecnica Danza Contemporanea 6,
Laboratorio coreografico 6, Disegno e Storia dell’Arte 7, Educazione civica 6, Religione Buono,
Comportamento 8.
Accertato poi nell’allieva uno stato di gravidanza, le veniva imposta l’astensione dalle attività ginnico-
sportive e, a causa di una rilevata iperemesi gravidica, la stessa era obbligata a effettuare giorni di
riposo e ad assentarsi da scuola (cfr.: certificato medico, a firma del dott. -OMISSIS- del 6 giugno
2024).
La minore non poteva sostenere le ultime verifiche, che, peraltro, erano comunicate alla ricorrente
genitrice, a mezzo mail, nel giorno festivo del 2 giugno 2024.
All’esito dello scrutinio finale dell’08.06.2024, l’allieva non risultava ammessa alla classe quarta del
Liceo scientifico, riportando le seguenti insufficienze: Italiano 4, Inglese 4, Storia 5, Filosofia 5,
Fisica 5, Storia della Danza 5.
In data 10.06.2024, la ricorrente genitrice avanzava formale richiesta di colloquio, onde poter ottenere
chiarimenti e spiegazioni circa l’esito sfavorevole dello scrutinio finale, senza ottenerne riscontro,
tant’è che la medesima, con nota del 13 giugno 2024, reiterava la richiesta di audizione.
In data 24.06.2024, entrambi i genitori ricorrenti avanzavano richiesta di accesso agli atti, in relazione
al verbale dello scrutinio finale dell’08.06.2024. Veniva loro trasmessa copia del verbale di scrutinio.
Dall’esame del predetto documento si evinceva che oltre alle insufficienze nelle materie di italiano e
inglese, dove l’allieva non aveva recuperato le lacune, nelle materie in cui aveva riportato lievi
insufficienze, i docenti avevano dato rilievo alle assenze della minore, nonostante la documentazione
medica prodotta.
I ricorrenti insorgono, con il ricorso notificato e depositato in data 08.08.2024, per impugnare gli atti
in epigrafe indicati.
Deducono i seguenti motivi di diritto: violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profilo della
totale irragionevolezza del provvedimento amministrativo impugnato; evidente contraddizione tra i
voti rilevabili dal registro elettronico e le valutazioni riportate nel verbale di scrutinio; eccesso di
potere per incongruenza e illogicità manifesta.
I ricorrenti si soffermano, nelle loro argomentazioni, sulla valutazione del numero delle ore di assenza
effettuate dall’allieva (deducendone la violazione di legge), sulla mancata valutazione della capacità
di recupero dell’alunna (deducendo l’assenza di attivazione di corsi di recupero, la violazione di legge
e l’eccesso di potere), sulla contraddittoria e fuorviante comunicazione scuola – famiglia (con rilievi
di violazione di legge ed eccesso di potere), sulla disparità di trattamento (eccesso di potere) e sulla
mancata valutazione di tutte le circostanze del caso concreto.
Si costituisce l’Amministrazione intimata, per resistere nel giudizio.
Con D.P. n. 296 del 10 agosto 2024, è respinta la domanda di tutela cautelare monocratica.
Nella camera di consiglio del 4 settembre 2024, tenutasi a sezioni riunite per il giudizio cautelare
collegiale, sussistendone i presupposti e datane preventiva comunicazione alle parti, la causa è
trattenuta per la decisione di merito, con sentenza breve.
II – Il ricorso è fondato.
III – La ricorrente genitrice ha sempre aggiornato i docenti della scuola sullo stato di salute della figlia
minore, anche con riferimento all’insorta gravidanza, ricevendone rassicurazioni e attestati di
solidarietà. La genitrice ha poi documentato e giustificato le assenze della figlia, che, dopo i periodi
di assenza, è sempre stata riammessa a frequentare le lezioni, previa esibizione di certificato medico.
In occasione dell’incontro scuola-famiglia tenutosi in data 2 aprile 2024, i ricorrenti genitori hanno
avuto riscontro del discreto rendimento scolastico della loro figlia, peraltro confermato dalle
valutazioni intermedie del pentamestre; ciò nonostante, le assenze già effettuate.
Nessun docente ha avanzato ai genitori perplessità sulla possibilità che la minore potesse non superare
l’anno scolastico. È, dunque, mancato un adeguato preavviso sull’andamento negativo del rendimento
scolastico dell’allieva.
La scuola ha informato i genitori dell’andamento negativo del rendimento scolastico dell’allieva, solo
mediante il registro elettronico. Tuttavia, vi è stata una difettosa comunicazione e uno scarso
preavviso in ordine all’esito infausto dell’anno scolastico. Ciò ha un qualche rilievo nella valutazione
della correttezza e trasparenza del rapporto della scuola con i genitori (cfr.: T.a.r. Lazio Roma III-bis,
n. 12042 del 3 agosto 2023).
IV – L’Istituto non ha attivato alcun percorso preventivo di recupero scolastico: ciò solo è bastevole a
destituire di legittimità il procedimento qui contestato (cfr.: Cons. Stato VI, n. 638 del 20 gennaio
2021; 26 giugno 2020, n. 4107).
V – Dal pagellino del periodo infrapentamestre, l’allieva ha riportato insufficienze in tre materie ma,
in ogni caso, la media complessiva dell’intero anno è stata di 6.46, come rilevabile dal registro
elettronico.
Esaminando le votazioni visibili ai genitori, emerge che: 1) per la materia di storia, la media generale
dell’intero anno è pari a 6.41; 2) per la materia di filosofia, la media generale dell’intero anno è pari a
5.71; 3) per la materia di fisica, la media generale dell’intero anno è pari a 7.75; 4) per la materia di
storia della danza, la media generale dell’intero anno è pari a 6.72.
Dai voti rilevabili dal giudizio in ben tre delle materie che successivamente hanno determinato la
mancata ammissione all’anno successivo, emerge che l’allieva ha riportato una media complessiva
superiore alla sufficienza e, in ogni caso, la lieve insufficienza in filosofia è stata incongruamente
arrotondata per difetto.
Al contrario di quanto emerso a conclusione del Consiglio di classe dell’8 giugno 2024, l’allieva è
stata ammessa allo scrutinio finale con la media del 6.22, riportando due insufficienze importanti
(italiano e inglese) e una lieve insufficienza in filosofia. Nell’arco di poco tempo, la lieve insufficienza
in filosofia si è trasformata in insufficienza piena, con arrotondamento per difetto della media
complessiva conseguita, mentre le medie sufficienti riportate in storia, fisica e storia della danza si
sono trasformate in insufficienze che hanno determinato la mancata ammissione dell’allieva alla
classe successiva.
Il giudizio contenuto nel verbale di scrutinio impugnato, in particolare nelle materie di storia,
filosofia, fisica e storia della danza, è dipeso dal rendimento rilevato nell’ultimo mese di scuola, sicché
la bocciatura dell’allieva è stata valutata non in relazione all’intero anno, ma in base a quanto avvenuto
e rilevato nel mese di maggio 2024.
Ne discende che il giudizio finale relativo alle suddette materie, penalizzante per la valutazione
complessiva, è da ritenersi incongruo e illegittimo.
VI – I docenti non hanno valutato le circostanze particolari che hanno caratterizzato la fattispecie.
Non hanno tenuto in considerazione lo stato di salute e la gravidanza affrontata dalla minore. Non
hanno tenuto conto della circostanza che le assenze della minore sono dipese da quelle particolari
condizioni né che, nonostante la mancata partecipazione alle lezioni, il rendimento dell’allieva è stato
mediamente sufficiente. I docenti non hanno inteso valorizzare, in alcun modo, che la media dei voti
riportata dall’alunna durante l’intero anno scolastico è sempre andata oltre la sufficienza, né tampoco
hanno considerato l’impegno profuso dalla stessa per migliorare le insufficienze riportate nelle singole
materie durante l’infrapentamestre.
VII – Dall’esame dei giudizi espressi dai docenti di storia, filosofia, fisica e storia della danza riportati
nel verbale di scrutinio impugnato, emerge che il numero delle ore di assenza effettuato dall’allieva
ha, di fatto, avuto un peso rilevante nella valutazione finale.
Ebbene, se la normativa di legge (D.P.R. n. 122 del 2009) applicabile alla fattispecie, richiede, ai fini
della validità dell’anno scolastico, la frequenza da parte dell’allievo di almeno tre quarti dell’orario
annuale personalizzato, è altrettanto vero che l’art. 14, comma 7, di quel decreto prevede deroghe al
suddetto limite, in caso di assenze documentate e continuative, in situazioni motivate e straordinarie.
Nel caso in esame, sussistono i presupposti per applicare la deroga, atteso che le assenze effettuate
dall’allieva sono dipese dal suo stato di salute, come comprovato da numerosi certificati medici.
VIII – Sono stati, altresì, commessi alcuni errori e irregolarità procedurali: ad esempio, le
interrogazioni svolte nel mese di maggio dai docenti delle materie in cui la minore non ha conseguito
la sufficienza, risultano erroneamente eseguite in giornate in cui l’allieva era assente; inoltre, le
interrogazioni e le verifiche programmate per l’ultima settimana di scuola sono state comunicate alla
ricorrente genitrice soltanto con una mail pervenuta in giornata festiva (domenica 2 giugno 2024).
Priva di conferma è l’affermazione, riportata dalla docente di storia e contenuta nel giudizio finale,
laddove si asserisce che l’allieva “ha frequentato in modo saltuario le lezioni per dichiarati motivi di
salute che sono stati documentati alla fine dell’anno”. La madre dell’allieva, per contro, ha sempre
tempestivamente documentato le assenze della propria figlia (che, in caso contrario, non avrebbe
potuto essere riammessa a frequentare le lezioni), così come ha, per le vie brevi, tenuto informati i
docenti sulle condizioni della figlia.
Dallo scambio di mail e messaggi (versati in atti) emerge chiaramente come la madre dell’allieva
abbia puntualmente messo al corrente i professori dello stato di salute della figlia.
Come da documentazione medica nota ai docenti, l’allieva non avrebbe potuto essere presente a scuola
nell’ultimo periodo per motivi di salute, sicché la mancata esecuzione degli ultimi test non è dipesa
da una libera scelta, ma è stata determinata dalla necessità di prendersi cura della propria salute.
IX – In conclusione, il mancato preavviso, la mancata attivazione dei corsi di recupero, gli errori
procedurali e l’incongruenza tra i voti rilevabili dal registro elettronico e il giudizio espresso nello
scrutinio finale determinano, complessivamente, l’illegittimità degli atti impugnati.
X – Il ricorso è accolto. Le spese del giudizio, stante la particolarità del caso e la brevità del processo,
possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezioni riunite), definitivamente pronunciando
sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui alla motivazione, con conseguente
annullamento degli atti impugnati.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettera f), e 9, paragrafi 2 e 4,
del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016,
all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, e all’articolo 2-septies, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come
modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi
di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato
idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del giorno 4 settembre 2024.

Solo l’inadempimento serio e duraturo configura il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Corte di Cass., Sez. VI pen., Sent. del 29 maggio 2024 n. 21068,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta da
Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere
Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere
Dott. DI GERONIMO Paolo – Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
A.A., nata in A il (Omissis)
avverso la sentenza del 29/6/2023 emessa dalla Corte di appello di Messina
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giuseppe Riccardi, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;
letta la memoria depositata dall’Avvocato Carmelo Mobilia, difensore della
parte civile, il quale conclude per l’inammissibilità del ricorso, con condanna al
pagamento delle spese di giudizio;
letta la memoria depositata dall’Avvocato Rosita Vallone, che conclude per
l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Messina confermava la condanna dell’imputata in
ordine al reato di cui all’art. 570-bis cod. pen.
2. Avverso tale sentenza, la ricorrente ha formulato due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce il travisamento della prova in quanto la Corte
di appello avrebbe negato la produzione della documentazione attestante
l’adempimento tardivo, dalla quale emergeva che a partire dal settembre del
2021, la ricorrente aveva versato gli assegni di mantenimento in precedenza
rimasti inadempiuti, provvedendo anche al regolare adempimento per le
scadenze successive.
Sostiene la difesa che copia di tutti i bonifici era stata depositata alle udienze
dibattimentali del 14 gennaio, 24 maggio e 6 ottobre 2022, sicché il giudice di
appello era incorso in un palese travisamento della prova, avendo ritenuto che
la prova documentale non era stata mai prodotta in giudizio.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
merito all’esclusione della causa di non punibilità della particolare tenuità del
fatto, sottolineando come la Corte di appello era stata fuorviata dal fatto di non
aver riconosciuto l’adempimento tardivo, a fronte del quale le gravità della
condotta avrebbe sicuramente meritato una diversa considerazione.
3. Il ricorso è stato trattato con rito cartolare.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. In relazione al primo motivo di ricorso occorre premettere che la ricorrente,
con l’atto dì appello e, successivamente, con il ricorso in cassazione, indica
specificamente di aver provveduto (nel corso delle udienze del 14.1.2022,
24.5.2022 e 6.10.2022) al deposito di documentazione attestante il sia pur
parziale e tardivo adempimento.
A fronte della puntuale indicazione della produzione documentale, la Corte di
appello ha totalmente omesso l’esame della questione, limitandosi ad
affermare che si trattava di una mera deduzione difensiva e senza verificare e
confutare il dato specifico allegato dalla ricorrente.
Nel caso di specie, pertanto, il giudice di appello è incorso in un vizio di
motivazione apparente, posto che a fronte della specificità del motivo dedotto
in appello, la negazione della circostanza avrebbe reso necessaria l’esposizione
delle ragioni per cui non poteva ritenersi fornita la prova documentale,
procedendo in primo luogo alla verifica dell’effettività della produzione e, in
caso di positivo riscontro, alla valutazione nel merito della documentazione.
Tali doverosi passaggi sono stati del tutto pretermessi, il che inficia di per sé la
tenuta della motivazione, soprattutto ove si consideri la necessità di valutare la
gravità e rilevanza dell’inadempimento.
Secondo la più recente giurisprudenza, infatti, la condotta incriminata dall’art.
570-bis cod. pen. non è integrata da qualsiasi forma di inadempimento
civilistico, ma necessita di un inadempimento serio e sufficientemente
protratto, o destinato a protrarsi, per un tempo tale da incidere
apprezzabilmente sulla entità dei mezzi economici che il soggetto obbligato
deve fornire (Sez.6, n. 47158 del 20/10/2022, Rv. 284023).
Quanto detto comporta che il giudice di appello avrebbe dovuto confrontarsi
con la deduzione difensiva secondo cui l’inadempimento era consistito nel mero
ritardo nel versamento di alcune mensilità, cui aveva fatto seguito un sia pur
tardivo assolvimento dell’obbligo.
3. L’omessa valutazione del tardivo adempimento incide direttamente anche
sull’ulteriore profilo dedotto dalla ricorrente, relativo al mancato
riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui
all’art. 131-bis cod. pen. è applicabile al reato di violazione degli obblighi di
assistenza familiare, a condizione che l’omessa corresponsione del contributo
al mantenimento abbia avuto carattere di mera occasionalità (Sez.6, n. 5774
del 28/1/2020, Rv. 278213).
L’applicazione di tale principio al caso di specie, imponeva la necessaria verifica
della dedotta corresponsione, sia pur tardiva, degli assegni di mantenimento
stabiliti in favore della prole, al fine di verificare se le concrete modalità della
condotta potessero o meno dar luogo all’applicazione dell’istituto di cui all’art.
131-ò/s cod. pen.
Anche con riguardo a tale profilo, pertanto, si rende necessario l’annullamento
con rinvio, al fine di integrare le lacune valutative e motivazioni in cui è incorsa
la sentenza impugnata.
4. Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata
con rinvio per nuovo giudizio, nel corso del quale il giudice dovrà procedere alle
verifiche in ordine alla sussistenza o meno di prove documentali idonee ad
attestare il tardivo adempimento, anche al fine di stabilire l’eventuale minima
offensività della condotta ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Messina.
Conclusione
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.
Depositato in Roma il 29 maggio 2024.

L’assegnazione della casa coniugale e regime delle pertinenze: onere della prova e questioni in tema di divisione

(nota a Cass. Civ., sent. 14 gennaio 2020, n. 510)
autore: G. Piccardo
Sommario: 1. Il caso e le questioni affrontate. – 2. Il regime giuridico delle pertinenze. – 3. Assegnazione della casa coniugale e pertinenze. – 4. Assegnazione della casa familiare, pertinenze e onere della prova. – 5. Assegnazione della casa coniugale e divisione. – 6. Profili ulteriori del regime delle pertinenze: accatastamento e profili tributari. – 7. Conclusioni

1. Il caso e le questioni affrontate

La sentenza in commento trae origine da un giudizio di scioglimento del matrimonio a seguito del quale il Tribunale di Fermo assegnava la casa coniugale alla moglie, unitamente alle pertinenze della medesima, costituite da due locali posti al piano seminterrato dell’edificio. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d’appello di Ancona, adita dal marito in punto assegnazione all’ex coniuge non solo della casa coniugale, ma anche dei locali di pertinenza della stessa. I giudici di secondo grado, ravvisando la sussistenza di un rapporto di pertinenzialità tra l’appartamento in oggetto ed i locali posti al piano seminterrato del fabbricato, in forza di un vincolo di complementarità-funzionalità tra le suddette unità immobiliari, confermavano l’assegnazione degli immobili suddetti alla moglie. Il marito proponeva, quindi, ricorso per Cassazione fondato su due motivi:
a) violazione e falsa applicazione degli articoli 115 c.p.c. e 817 c.c. in relazione ad errore di percezione di prova decisiva, consistente nell’aver ravvisato il requisito oggettivo della contiguità tra l’appartamento già adito a casa coniugale ed i locali posti al piano seminterrato dell’edificio, benché dalla planimetria catastale degli immobili si evincesse che solo due dei locali assegnati fossero contigui all’alloggio;
b) violazione e falsa applicazione degli articoli 115 c.p.c. e 2697 c.c., in forza del mancato assolvimento, da parte dell’ex moglie, dell’onere della prova circa l’esatta identificazione delle unità immobiliari pertinenziali all’appartamento già adibito a casa coniugale. La Suprema Corte respingeva il ricorso, sulla scorta delle argomentazioni dei giudici di merito, secondo le quali era onere del ricorrente fornire la prova di esclusione del vincolo di pertinenzialità tra l’appartamento ed i locali accessori, al fine di evitare l’operatività dell’automatismo del regime generale di accessorietà di cui all’articolo 818 c.c. e, di conseguenza, l’assoggettamento delle pertinenze agli effetti, agli atti ed ai rapporti giuridici riguardanti il bene principale. In assenza della suddetta prova, secondo la Suprema Corte, i locali posti al piano interrato dell’edificio dovevano essere considerati pertinenza dell’appartamento assegnato alla moglie, come ritenuto dai giudici di merito nei precedenti gradi di giudizio.

2. Il regime giuridico delle pertinenze
Il codice civile vigente, contrariamente a quello del 1865, che non contemplava in alcun modo la categoria delle pertinenze, ma solamente quella dei beni immobili per destinazione all’articolo 413, definisce le pertinenze, all’articolo 817 c.c., come i beni destinati in modo durevole al servizio o all’ornamento di altri beni (c.d. beni principali1 ). In forza della definizione codicistica delle pertinenze, sopra riportata, emerge, quindi, che la creazione di un vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio presupponga l’esistenza di una relazione tra le due tipologie di beni, con asservimento del bene accessorio a quello principale, in modo durevole. Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, per la costituzione di un vincolo di pertinenzialità sono necessari due elementi: uno oggettivo ed uno soggettivo. L’elemento oggettivo consiste, come sopra già accennato, nella destinazione di un bene al servizio e/o ornamento di un altro, e non al servizio del proprietario del bene medesimo, mentre quello soggettivo nella rispondenza di tale strumentalità all’effettiva volontà dell’avente diritto di creazione del suddetto vincolo di strumentalità/complementarità funzionale, senza che sia necessario che il vincolo pertinenziale dia luogo ad una nuova individualità (come nel caso dell’incorporazione), né alla configurazione di un’utilità diversa da quella congiunta dei beni legati da vincolo di strumentalità. Inoltre, al fine della costituzione del vincolo di pertinenzialità, occorre che bene principale e bene accessorio siano di proprietà o nella titolarità di un medesimo soggetto, in quanto l’atto di destinazione (che è atto a forma libera, di natura dispositivo-attuativo e richiede la volontà inequivoca dell’avente diritto, desumibile da qualsiasi atto ritenuto idoneo in tal senso) comporta una modifica, vale a dire una disposizione sia del bene principale (che riceve una maggiore utilità) sia del bene accessorio (assoggettamento a vincolo con la cosa accessoria), il cui potere può competere solamente ad un medesimo proprietario o titolare. Circa il regime delle pertinenze, l’articolo 818 c.c. precisa che gli atti e i rapporti aventi ad oggetto il bene principale comprendono anche le pertinenze, se non è stabilito diversamente, con la conseguenza della sussistenza di un automatismo tra vicende giuridiche relative al bene principale e vicende giuridiche del bene accessorio, fatta salva la possibilità di scissione dei rapporti tra i due beni per volontà delle parti, ai sensi dell’articolo 818, comma 2 c.c., secondo il quale le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. La medesima volontà dispositiva del soggetto titolare del diritto è, altresì, strumento idoneo alla cessazione del vincolo pertinenziale, qualora il bene accessorio non sia più idoneo allo scopo di servizio, o nel caso in cui il titolare del diritto intenda escludere la pertinenza in un atto avente ad oggetto il bene principale. Nell’impossibilità di poter individuare, nominativamente, le pertinenze, esse sono state identificate dalla giurisprudenza, sulla scorta del principio guida della sussistenza del nesso di funzionalità tra bene principale e bene accessorio, indicativamente, nei seguenti beni immobili: locali garages, locali cantina, posti macchina, aree scoperte, tettoie e solai2 . Infine, in relazione ai potenziali conflitti tra terzi di buona fede acquirenti del bene principale in forza di un atto non escludente in modo espresso la pertinenza ed i titolari di diritti sulla pertinenza medesima, l’articolo 819 c.c. stabilisce che, qualora il bene principale sia una bene immobile o mobile iscritto in pubblici registri, i diritti preesistenti alla costituzione del rapporto di pertinenzialità sono fatti salvi se risultano da atto avente data certa anteriore. Tali diritti si identificano, essenzialmente, con la proprietà e l’usufrutto, cedibili ai sensi di legge, a differenza dei diritti di uso, abitazione ed enfiteusi, non trasferibili a terzi.
3. Assegnazione della casa coniugale e regime delle pertinenze
Nel nostro ordinamento la nozione di “casa familiare” risale alla riforma del diritto di famiglia del 1975; in precedenza, si riteneva – in assenza di una disciplina specifica al riguardo – che l’assegnazione della casa familiare dovesse avvenire a favore del coniuge titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull’immobile già adibito a casa coniugale. Successivamente alla citata prima, organica, riforma del diritto di famiglia, l’assegnazione della casa familiare era prevista solo in caso di separazione personale dei coniugi, mentre per il divorzio si dovette attendere il 1987, con la modifica della legge 1 dicembre 1970, n 898, “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, ed in particolare dell’articolo 6, comma 6 della medesima, il quale dispone che “L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile”. L’unitarietà della disciplina dell’assegnazione della casa familiare è il risultato della successiva riforma del 2006, come risultante dal disposto dell’articolo 155-quater c.c., successivamente trasfuso nell’articolo 337-septies c.c. il quale pur non definendo la casa familiare, né circoscrivendo i criteri di identificazione della stessa, ne uniforma la disciplina nell’ambito della separazione e del divorzio3 . La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, di cui all’articolo 337-septies c.c. costituisca a favore dell’assegnatario un diritto personale atipico di godimento, finalizzato alla tutela della prole ed al mantenimento a favore della medesima dell’ambiente domestico e di vita, anche successivamente alla separazione dei genitori4.
Si esclude, quindi, la realità del diritto di assegnazione della casa familiare, in quanto in contrasto con il principio della tipicità dei modi di costituzione dei diritti reali. La tesi prevalente ha trovato conferma anche successivamente alla novella dell’articolo 155-quater c.c., con particolare riguardo alla trascrivibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare, in forza della natura mista dell’elenco degli atti soggetti a trascrizione di cui all’articolo 2643 c.c., il quale contempla sia atti aventi natura reale, sia atti di natura personale. Il riferimento all’articolo 2643 c.c. non sarebbe, dunque, indicativo della volontà del legislatore di riconoscere al provvedimento di assegnazione effetti costitutivi, in relazione ad entrambe le categorie di atti.
Circa l’individuazione dei beni oggetto di assegnazione, in forza del principio di accessorietà di cui all’articolo 818 c.c., la giurisprudenza consolidata è orientata nel ritenere che l’assegnazione debba estendersi non solo all’abitazione già costituente casa familiare, bensì a tutte le unità immobiliari che il richiedente tale assegnazione dimostri essere poste al servizio del bene principale, sia sotto il profilo soggettivo, che sotto il profilo oggettivo. Il criterio oggettivo consiste nella durevole destinazione del bene accessorio al servizio di quello principale, con necessità del concreto asservimento del bene accessorio a quello principale durante la vita matrimoniale; il requisito soggettivo consiste, invece, nell’appartenenza dei beni al medesimo proprietario. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, intende in modo costante il requisito oggettivo nel senso di “contiguità” tra bene principale e bene accessorio, da intendersi come anche solo di servizio, ai fini della quale il bene accessorio deve arrecare un’utilità a quello principale. La dottrina, invece, pur condividendo la duplicità degli elementi costitutivi delle pertinenze, riconosce quale loro presupposto genetico soggettivo l’atto di destinazione con il quale il bene accessorio viene posto al servizio o ad ornamento di quello principale, in conformità al dettato dell’articolo 817 c.c. .

4. Assegnazione della casa familiare, pertinenze e onere della prova

L’opinione tradizionale sostenuta della dottrina dominante, formatasi sotto il codice civile del 1865 e riproposta anche successivamente all’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura civile, ritiene che nell’azione di accertamento negativo sia onere a carico dell’attore non solo la prova dei fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto dedotto in giudizio, ma anche la prova dell’inesistenza dell’insussistenza dei fatti costitutivi del medesimo diritto .
La suddetta impostazione, che valorizza il ruolo processuale assunto dalle parti nella controversia, è stata oggetto di critiche in dottrina, da chi, in adesione ad una tesi di matrice tedesca, condivisa da diverse pronunce giurisprudenziali8 , ritiene che la necessità di individuazione dell’interesse ad agire di chi si affermi titolare di un diritto comporta, quale corollario di carattere processuale, che debba essere il convenuto a dover dimostrare il fatto negativo che può neutralizzare le pretese attoree in quanto, in caso contrario, si graverebbe l’attore di un onere eccessivamente gravoso, consistente nella prova dell’inesistenza del diritto vantato dalla controparte. La tesi minoritaria sopra esposta valorizza il ruolo sostanziale delle parti, in ossequio al disposto dell’articolo 2697 c.c., che nel disciplinare l’onere della prova tra le parti del processo, non ricollega l’onere suddetto alla posizione processuale assunta, ma alla relazione tra parte e fatti oggetto di prova, nonché al principio di c.d. “vicinanza della prova”, in forza del quale l’onere probatorio deve essere ripartito tenendo conto, in concreto, della possibilità per l’una o per l’altra Parte di provare circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d’azione, per cui è ragionevole gravare dell’onere probatorio la parte a cui è più vicino il fatto da provare, alla luce della effettiva titolarità del diritto fatto valere. Inoltre, a confutazione della tesi tradizionale, viene rilevato che in caso di rigetto dell’azione di accertamento negativo si configurerebbe, sotto il profilo processuale, l’accertamento pressoché automatico dell’esistenza del diritto, anche nel caso in cui il convenuto non avesse allegato fatti a supporto della propria domanda o, addirittura, fosse rimasto contumace nel giudizio e, dunque, senza che sia stata svolta attività istruttoria o di accertamento in relazione a quei fatti. Tuttavia, anche la prospettazione dottrinale e giurisprudenziale minoritaria si presta a critiche e perplessità, laddove sembrerebbe imprimere all’azione di accertamento negativo la struttura di un onere di azione e/o di prova, con conseguente violazione del principio dispositivo e del diritto di difesa. L’applicazione dei principi sopra illustrati alla fattispecie della prova del vincolo pertinenziale comporta, sotto il profilo pratico, nella prospettiva della tesi minoritaria, una rigidità ed una forte limitazione dell’onere della prova per il convenuto in relazione alla dimostrazione del vincolo di accessorietà tra bene principale e bene accessorio, sotto il profilo funzionale e della “contiguità” degli immobili, al fine della dimostrazione del nesso funzionale tra i medesimi.
Infatti, qualora si ritenesse che il suddetto onere probatorio dovesse gravare sul convenuto, e non sull’attore, l’interpretazione dell’assenza di prova contraria quale fatto ininfluente al fine di contrastare una presunzione assoluta in senso contrario, risulterebbe particolarmente vessatoria per la parte convenuta, a differenza del caso in cui si ritenesse quanto asserito da parte attrice, in relazione al vincolo di pertinenzialità, oggetto di prova contraria, anche negativa, in quanto presunzione non assoluta, ma meramente relativa. Infine, pare opportuno evidenziare, in tema, che la giurisprudenza di legittimità, con una pronuncia che aderisce all’orientamento minoritario in relazione all’onere della prova del vincolo di pertinenzialità tra casa coniugale e unità immobiliari accessorie, del quale si è dato conto in precedenza, ha ribadito l’estensibilità dei principi sopra esposti anche ai giudizi di opposizione all’esecuzione, in contrasto con l’opinione che ritiene tale opposizione quale eccezione avente la forma di azione, e ciò in tutte quelle fattispecie in cui un coniuge agisca in via esecutiva al fine di ottenere il rilascio dell’immobile pertinenziale da parte dell’altro coniuge, a seguito del provvedimento di assegnazione del medesimo9 .
5. Assegnazione della casa coniugale e divisione
La questione della divisione della casa familiare sorge nei casi in cui quest’ultima sia oggetto di comunione ordinaria tra i coniugi a seguito dello scioglimento della comunione legale per separazione o divorzio che, ai sensi dell’articolo 191, comma 2 c.c., come novellato dalla legge 6 maggio 2015 n. 55, avviene all’udienza nella quale il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separatamente e adotta i provvedimenti provvisori e urgenti a favore della prole10. La dottrina e la giurisprudenza più recenti, superando la precedente impostazione giurisprudenziale che tendeva aprivilegiare e rafforzare la tutela del coniuge assegnatario11, sono orientate nell’affermare che in assenza di mutamento di destinazione della casa familiare a luogo di mantenimento dell’habitat domestico per i figli, anche a seguito di divisione, sussista totale autonomia tra l’istituto dell’assegnazione e quello della divisione dell’immobile12. La trascrivibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare, ai sensi dell’articolo 337-sexies c.c. o, in caso di divorzio, dall’articolo 6, comma 6 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, depone quale argomento ulteriore a favore della possibilità di addivenire ad una divisione della casa familiare, in quanto il vincolo di destinazione impresso sull’immobile e opponibile a terzi in forza della suddetta trascrizione, non viene meno a seguito dell’alienazione a terzi o dell’assegnazione dell’immobile al coniuge non assegnatario. Peraltro, la giurisprudenza, anche prima della novella legislativa del 2006, che ha consentito la trascrizione del provvedimento di assegnazione, si era posta la questione della tutela del coniuge assegnatario della casa familiare nell’interesse dei figli minori, e a tal fine aveva ritenuto possibile l’applicazione analogica dell’articolo 1111 c.c., in forza del quale il Giudice, nel caso in cui lo scioglimento immediato della comunione possa arrecare un pregiudizio alle ragioni di un condividente (nel caso di specie l’interesse della prole a mantenere il proprio habitat), può concedere una congrua dilazione non superiore a cinque anni per le operazioni divisionali13. Tuttavia, con riferimento alla suddetta possibilità di dilazione, in dottrina14 è stato evidenziato che poiché il pregiudizio che giustifica la dilazione di cui all’articolo 1111 c.c. deve avere natura economico-patrimoniale, ovvero deve incidere sulla consistenza oggettiva dell’immobile, tale dilazione potrebbe essere concessa in caso di alienazione dell’immobile a terzi, potendone i comproprietari ricavarne un valore inferiore a quello di mercato del bene, in forza dell’assegnazione nell’interesse della prole. Le osservazioni di cui sopra possono essere estese anche nel caso di divisione convenzionale della casa familiare ed indipendentemente dalla natura del diritto di assegnazione della casa familiare, in quanto anche in considerazione di quanto innanzi indicato, il compimento delle operazioni divisionali potrebbe essere impedito da uno specifico pactum de non petendo, limitativo del diritto di godimento dell’immobile, patto che potrebbe contenere, come precisato in dottrina, una espressa rinuncia al diritto potestativo alla divisione del bene o una riserva dell’esercizio del diritto medesimo, senza limite temporale, trascrivibile nei registri immobiliari, ai fini dell’opponibilità ai terzi ed a prescindere dall’eventuale, preesistente, diritto sull’immobile da parte del coniuge non assegnatario, in quanto soccombente rispetto all’interesse della prole15. Nel caso in cui la divisione dell’immobile avvenga in natura, la giurisprudenza si è espressa nel senso di tenere in considerazione, quale criterio preferenziale, il preesistente diritto di godimento del coniuge richiedente, derivante dal provvedimento di assegnazione, optando, invece, per la scelta opposta, nel caso in cui manchino i presupposti per l’assegnazione in natura del bene, vale a dire quando quest’ultimo risulti comodamente divisibile, ai sensi degli articoli 1114 c.c. e 720 c.p.c.16. Circa la nozione di comoda divisibilità della casa familiare, essa è stata delineata e precisata dalla giurisprudenza, la quale la ritiene sussistente nel caso in cui l’immobile sia frazionabile senza che ciò comporti un deprezzamento o l’impossibilità di realizzare porzioni immobiliari autonome sotto il profilo funzionale e del loro utilizzo, come tali idonee a mantenere il loro valore economico e ad assolvere la funzione economica di tutto il bene, seppur limitatamente e proporzionalmente alla ridotta superficie derivante dal frazionamento17. Nel caso in cui l’immobile sia, dunque, comodamente divisibile, il giudice, ove richiesto dai coniugi, potrebbe procedere all’assegnazione parziale del bene, con attribuzione al genitore collocatario della prole del godimento di una porzione determinata di immobile, ovvero di singoli piani di esso, sufficiente per le effettive necessità familiari; soluzione, questa, della quale potrebbero beneficiare i figli della coppia, in quanto consentirebbe loro di poter mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori e di particolare utilità nelle ipotesi in cui la casa familiare sia adibita, in parte, ad usi diversi da quello di abitazione, come si dirà meglio infra. Tuttavia, è evidente che siffatta soluzione non è praticabile in caso di forte conflittualità nella coppia di coniugi; di tale situazione la giurisprudenza ha preso atto, affermando, espressamente, l’ostatività dell’accesa conflittualità tra genitori all’assegnazione parziale della casa familiare, in quanto incidente, negativamente, sul corretto sviluppo e sulla serenità dei figli18. Infine, al riguardo, si precisa che l’assegnazione parziale, nella prassi, viene concessa solamente se la domanda sia corredata da un progetto dal quale risulti la fattibilità dell’intervento, anche sotto il profilo edilizio ed urbanistico, mediante realizzazione di una pluralità di unità immobiliari autonome, dotate di metratura minima e di servizi essenziali (cucina, servizi igienici ecc.).
A fini di completezza delle possibili situazioni che possono incidere sull’assegnazione della casa coniugale, si evidenzia il caso in cui l’immobile utilizzato come casa familiare costituisca luogo di lavoro (studio professionale, ufficio) o venga assegnato in concessione ad impiegati civili dello Stato. La giurisprudenza, anche in siffatte ipotesi, qualifica la casa data in concessione adibita a luogo di lavoro come casa familiare, in quanto comunque utilizzata per soddisfare anche le esigenze abitative della famiglia, con la precisazione, nella fattispecie specifica di immobili in concessione da parte dello Stato, che in caso di cessazione del rapporto concessorio, gli obblighi gravanti sull’occupante, in particolare quello del pagamento del corrispettivo convenuto, saranno a carico del coniuge assegnatario19. In ogni caso, a prescindere dalle modalità di assegnazione della casa familiare, è opinione condivisa in dottrina che l’esito della divisione di un immobile gravato da assegnazione a favore del coniuge affidatario della prole, giudiziale o convenzionale che sia, sono quelli tipici di una comunione con un unico bene20, con la conseguenza della necessità della preventiva determinazione del valore dell’immobile, al fine della formazione dei lotti, dell’attribuzione unitaria dell’immobile medesimo, o della vendita a terzi, ai sensi dell’articolo 720 c.p.c. Nel caso in cui, in seguito alla divisione, la casa familiare (e le relative pertinenze, come meglio si dirà nel successivo paragrafo), venga attribuita al coniuge non assegnatario, si dovrà tenere conto del minor godimento del bene, ai fini del valore del medesimo. Qualora, invece, la casa familiare venga assegnata al coniuge assegnatario, si verificherà confusione tra il diritto all’assegnazione ed il diritto di proprietà sull’immobile, libero da vincoli. In tale, ultima ipotesi, parte della giurisprudenza ritiene che, ai fini della divisione, il diritto di abitazione non potrà influire sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge, quale compensazione del valore dell’immobile a seguito del venire meno del diritto di godimento atipico, derivante dall’assegnazione dell’immobile, al fine di non penalizzare il coniuge non assegnatario in relazione al ricevimento di un prezzo pari all’effettivo valore della metà dell’unità immobiliare21. La suddetta prospettazione, tuttavia, si pone in contrasto con l’opinione secondo la quale la divisione della casa familiare non fa venire meno il vincolo di assegnazione, che incide sulla proprietà del bene.

Con riferimento al suddetto contrasto interpretativo, autorevole dottrina, ha evidenziato che il punto di divergenza tra le due tesi consista, essenzialmente, nel ritenere che il vincolo di asservimento della casa familiare, legato alle esigenze di tutela della prole non venga meno con il mutamento di titolarità della proprietà della medesima e che il suddetto vincolo si estingua solamente con l’assegnazione della casa familiare al coniuge assegnatario23. Peraltro, riguardo la suddetta divergenza interpretativa, utili indicazioni potrebbero derivare dalla disamina della disciplina del diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa familiare, ai sensi dell’articolo 540 c.c., il quale opera quale legato ex lege e rileva, in termini di valore economico, al fine della determinazione della quota di legittima spettante al coniuge. Nella suddetta, ultima, fattispecie, occorre considerare che il diritto si estingue con la morte dell’avente diritto e che, così come per l’assegnazione della casa familiare, la problematica, delicata e di non facile soluzione, consiste nell’esigenza di evitare il sorgere di vantaggi ingiustificati derivanti dal deprezzamento del bene occupato.

6. Profili ulteriori del regime delle pertinenze: accatastamento e profili tributari

La legge 28 dicembre 2015 n. 208 (c.d. “legge di stabilità 2016”), all’articolo 1, comma 21 e, successivamente, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 1 febbraio 2016, hanno modificato il regime di accatastamento delle pertinenze, apportando sostanziali modifiche al pregresso quadro normativo di riferimento. Prima dell’entrata in vigore della suddetta novità legislativa, era possibile rappresentare le unità immobiliari costituenti pertinenza dell’immobile principale sulla medesima planimetria catastale, cosicché l’unità immobiliare accessoria risultava censita come vano legato funzionalmente all’immobile principale, con incidenza minima sulla rendita catastale complessiva Tale modalità di accatastamento, per le abitazioni esistenti all’entrata in vigore della normativa suddetta, resta valida, anche nel caso in cui si debbano apportare variazioni catastale agli immobili. Nel caso di nuove costruzioni, invece, non sarà più possibile inserire le pertinenze all’interno della medesima planimetria catastale dell’abitazione, con conseguente necessità di creazione di un diverso subalterno e accatastamento della pertinenza nella categoria di riferimento, quale vano accessorio dell’alloggio. Tuttavia, le conseguenze delle suddette modalità di accatastamento delle pertinenze rivestono carattere meramente economico, restando il vincolo funzionale e di accessorietà tra bene principale e pertinenza, come meglio precisato nei precedenti paragrafi, l’unico criterio di individuazione del vincolo pertinenziale tra più immobili. Sotto il profilo tributario, ed in particolare ai fini del pagamento dell’IMU, la sopra citata circolare dell’Agenzia delle Entrate esplicativa della suddetta imposta, afferma esplicitamente che il contribuente possa considerare come pertinenza dell’abitazione principale soltanto un’unità immobiliare per ciascuna categoria catastale, fino a un massimo di tre, appartenenti ognuna a una categoria diversa, tra quelle individuate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, di cui infra. Inoltre, al riguardo, si segnala una recentissima pronuncia della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna24, la quale ha ritenuto, partendo dal dato normativo dell’articolo 4, comma 12-quinquies del d.l. 16 del 2012, convertito nella legge 26 aprile 2012 n. 44, riproduttiva dei medesimi presupposti impositivi dell’ICI, che soggetto passivo di imposta sia il coniuge al quale viene assegnata la casa coniugale in forza di provvedimento giudiziale, in conformità al presupposto impositivo dell’utilizzo effettivo dell’immobile principale e della pertinenza; e ciò a prescindere da ogni considerazione relativa alla comproprietà dell’immobile da parte del coniuge o di un terzo (nel caso specifico del provvedimento in oggetto, la suocera)25. A quanto sopra si aggiunga, per completezza espositiva, che la disciplina dell’IMU, rispetto a quella dell’ICI, ed in particolare all’articolo 13, comma 2 del d.l. 201/2011, ha stabilito che le pertinenze dell’abitazione principale del soggetto passivo ammesse al trattamento agevolato sono esclusivamente le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’abitazione26. Le imposte IMU (e TASI) si applicano anche agli immobili con destinazione diversa da quella abitativa. Peraltro, solo in alcuni casi i soggetti detentori sono esenti dalla contribuzione fiscale: questi non sono determinati dalla tipologia dell’immobile, bensì dalla sua destinazione d’uso, ovvero dall’effettivo collegamento fisico o utilitaristico che intercorre tra la stessa e la prima casa di abitazione. La stessa Corte di Cassazione, con la pronuncia in data 30 novembre 2009 n. 2512727, ha ritenuto non ragionevole la sottrazione alla piena imposizione fiscale immobili che non siano effettivamente e concretamente utilizzati secondo destinazione economica o estetica. L’onere della prova dell’asservimento pertinenziale, nell’ottica di diritto tributario, è valutato con maggiore rigore rispetto a quella richiesta nei rapporti privatistici, interessando profili di interesse pubblico relativi al reperimento di risorse finanziarie da parte dello Stato, mediante l’imposizione fiscale, da utilizzare a fini pubblici. Con particolare riguardo alla specifica questione dell’utilizzo delle agevolazioni fiscali “prima casa” sull’acquisto del box auto, anche separatamente rispetto all’acquisto dell’abitazione principale, occorre la sussistenza del vincolo di pertinenzialità rispetto all’abitazione principale. Il comma 3 della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 131/1986 (c.d. “T.U. dell’imposta di registro”), infatti, specifica che deve trattarsi di pertinenze dell’immobile acquistato come “prima casa” e che le stesse, infatti, devono essere poste a suo servizio, stabilendo, peraltro, il limite di una pertinenza per ciascuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7. Infine, per completezza di informazione, pare utile evidenziare che la Suprema Corte, con ordinanza in data 28 marzo 2017 n. 8017, ha affermato che presupposto per l’esenzione Imu sia il corretto inquadramento dell’immobile: al riguardo, non spetta l’esenzione ICI o IMU se l’immobile destinato ad abitazione principale è inquadrato catastalmente come ufficio o studio28 e che è ammissibile la costituzione di una pertinenza in comunione, al servizio di più immobili appartenenti in proprietà esclusiva ai comproprietari della pertinenza medesima, in quanto l’asservimento reciproco del bene accessorio comune permette di considerare sussistente una volontà implicita dei comproprietari di vincolare il bene accessorio alle rispettive proprietà esclusive.
7. Conclusioni
La sentenza annotata, seppur non esprima principi innovativi in relazione alla possibilità di assegnazione delle pertinenze della casa familiare, unitamente a quest’ultima, non solo pone un ulteriore punto fermo in relazione alla valutazione in concreto dell’individuazione e sotto il profilo funzionale delle pertinenze della casa familiare, ma si rivela particolarmente interessante sotto il profilo dell’onere della prova della natura pertinenziale dei beni posti al servizio del bene principale, costituito dalla casa già coniugale, da individuare secondo l’ampia nozione che ne ha dato la Suprema Corte, in assenza di una sua definizione codicistica. Poiché tale interesse deriva, come ampiamente descritto nei precedenti paragrafi, dall’adesione della sentenza in commento alla tesi, sostenuta da autorevole dottrina, ma minoritaria in giurisprudenza, secondo la quale deve essere il convenuto a dover provare il fatto negativo che può neutralizzare le pretese attoree (nel caso di specie l’assenza del vincolo pertinenziale), di particolare interesse sarà la verifica circa il mantenimento del suddetto orientamento da parte dei Giudici di legittimità o il ritorno all’adesione ai principi espressi dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria.
NOTE
1 La bibliografia in materia di pertinenze è molto vasta. Tra i contributi più significativi, si citano: P. rasi, Le pertinenze e le cose accessorie, Padova, 1955; B. BiONdi, I beni, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli, vol. IV, I, Torino, 1993; T. sCOzzafaVa, M. BellaNte, I beni, in Trattato di diritto civile, diretto da M. BessONe, vol. VII, t. 1, I, 25, Torino 1993; L. COstaNtiNO, Universalità di beni mobili e pertinenze, in Trattato di diritto privato diretto da resCiGNO, Torino, 2005, 77 ss.; C.M. BiaNCa, La proprietà, in Diritto Civile, vol. III, 46 ss., 2a ed., Milano, 2017; f. GalGaNO, Trattato di diritto privato, vol. III, 3a ed., 389, Milano, 2015; L. CarOta, Le categorie di beni, in Trattato di diritto immobiliare diretto da G. VisiNtiNi, vol. I, 46 e ss., Padova, 2013.

2 In giurisprudenza, circa il vincolo strumentale-funzionale tra bene principale e bene accessorio cfr., ex multis: Cass. 29 giugno 1979 n. 3676, in Rivista del Notariato, 1980, 133; Cass. 26 giugno 1989 n. 3103, in Foro Italiano, 1989, voce “Pertinenze” n. 2; Cass. 8 novembre 2000 n. 14528, in Mass. Giust. Civ., 2000; Cass. 10 maggio 2000, n. 6001, in Mass Giust. Civ., 2000; Cass. 29 aprile 2003 n. 6656, in Nuovo diritto, 2003, 1011, secondo la quale la costituzione del vincolo pertinenziale non richiede la forma solenne; Cass. 17 ottobre 2005 n. 20033, in Mass. Giust. Civ., 2005, secondo la quale il vincolo di pertinenzialità attiene all’utilità del bene accessorio a quello principale e non al proprietario di quest’ultimo; Cass. 21 settembre 2011 n. 1926, in Immobili e proprietà, 2011, 12, 804; Circa l’elemento costitutivo soggettivo del vincolo di pertinenzialità, rappresentato dalla volontà del titolare del diritto di proprietà o di un altro diritto reale di destinazione del bene accessorio al servizio di quello principale: Cass. 29 aprile 2006 n. 9911, in Mass. Giust. civ., 2006. Riguardo l’identità tra proprietario del bene principale e proprietario del bene accessorio cfr., ex multis: Cass. 29 settembre 2005 n. 19157, in Mass. Giust. Civ., 2005; Cass. 26 giugno 2000 n. 8659, in Mass. Giust. Civ., 2000; Cass. 30 luglio 1990 n. 7655, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 1990, I, 881. Con riferimento alla costituzione ed alla cessazione del vincolo di pertinenzialità: Cass. 26 giugno 1989 n. 3103, cit.; Cass. 27 gennaio 1986 n. 550, in Foro It., 1986, voce “Pertinenze” n. 1; Cass. 12 aprile 1999 n. 3574, in Vita notarile, 1999; Cass. 23 luglio 1994 n. 6873, in Mass. Giust. Civ., 1994. Infine, circa l’individuazione dei beni costituenti pertinenze: Cass. 5 settembre 1994, n. 7651, in Mass. Giust. Civ., 1994, per le autorimesse; Cass. 4 febbraio 1992 n. 1155, in Mass. Giust. Civ., 1993 per le cantine; Cass. 8 gennaio 1980 n. 109, in Mass. Giust. Civ., 1980 per i sottotetti, le soffitte ed i solai vuoti, vale a dire solai aventi la funzione di isolamento termico.
3 L’articolo337-septiesrecita,testualmente:“Ilgiudice,valutatelecircostanze,può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.
4 La Corte costituzionale, con la sentenza 27 luglio 1989, n. 454, in CED Cassazione, pd 13763, aveva precisato in modo chiaro ed inequivoco la ratio dell’istituto della casa familiare, precisando che: “Poiché sia in caso di separazione personale dei coniugi e sia in caso di scioglimento del matrimonio l’assegnazione giudiziale dell’abitazione nella casa familiare al coniuge affidatario dei figli è ispirata all’identica ‘ratio’ dell’esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole, la cui situazione è assolutamente identica in entrambi i casi, è del tutto privo di ragionevole giustificazione e non persegue, inoltre, i valori degli artt. 29 e 31 Cost. il diverso regime di detta assegnazione, che mentre è opponibile, previa trascrizione, al terzo acquirente nell’ipotesi di scioglimento del matrimonio, non lo è, invece, in quella della separazione dei coniugi. Pertanto, per violazione degli artt. 3, 29 e 31 Cost., è costituzionalmente illegittimo l’art. 155, quarto comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione nella casa familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini della opponibilità ai terzi”. Circa la natura del diritto di assegnazione della casa familiare cfr. in dottrina e, in generale, l’assegnazione della casa familiare nella separazione e nel divorzio, prima della novella legislativa del 2006: G. CeCCheriNi, Tutela del coniuge separato, e assegnazione della casa familiare: riflessioni critiche, in RDPC, 1988, 243; e. Quadri, L’attribuzione della casa familiare in sede di separazione e divorzio, in Famiglia e diritto, 1995, 269 ss.; u. BreCCia, Separazione personale dei coniugi, in Digesto Italiano, IV, XVIII, Torino, 1998; V. fralliCiardi, Assegnazione della casa familiare nella separazione personale dei coniugi e nel divorzio: quale diritto per l’assegnatario, in Studi in onore di Guido Capozzi, I, Milano, 1992. Successivamente alla riforma, in dottrina: M.G. CuBeddu, L’assegnazione della casa familiare. L’affidamento condiviso, a cura di s. patti, l.r. CarleO, Milano, 2006; B. de filippis, Affidamento condiviso nei figli nella separazione e nel divorzio, II ed., Padova, 2007; l. BellaNOVa, B. de filipppis, l. fiOrillO, f. GiaNNattasiO, r. Mea, i. MOliNarO, M. paladiNi, a. sCarpa, L’assegnazione della casa familiare nella separazione e nel divorzio, collana Biblioteca del diritto di famiglia diretta da B. de filippis, Padova, 2010; M. dOGliOtti, La separazione giudiziale, sez. II, in Trattato di diritto privato, diretto da BONiliNi, CattaNeO, Il diritto di famiglia, I, Famiglia e matrimonio, Torino, 2007; G. ferraNdO, L’assegnazione della casa familiare, in Trattato teorico pratico di diritto civile, diretto da G. alpa, s. patti, a cura di G. ferraNdO, l. leNti, Padova, 2011, 309; U. rOMa, L’assegnazione della casa familiare, in L’affidamento dei figli nella crisi della famiglia, a cura di M. sesta, a. arCeri, Torino, 2012; Codice della Famiglia, a cura di M. sesta, III edizione, Milano, 2015; C. MiGliO, L’assegnazione della casa familiare, in a. CaGNazzO, f. peite, V. taGliaferri, Il nuovo diritto di famiglia, vol. II, Milano, 2011, 1597 ss.; A. MONdiNi, L’assegnazione della casa familiare a seguito di divorzio e separazione, in Le tutele legali nelle crisi di famiglia, tomo I, Rimini, 2018; G.F. BasiNi, L’assegnazione della casa familiare, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da G. BONiliNi, vol. III, 3161 ss., Torino, 2016; F. rusCellO, Diritto di famiglia, Pisa, 2017; a.M. fasaNO, a. fiGONe, Assegnazione della casa familiare, in AA.VV., La crisi delle relazioni familiari. Scioglimento del vincolo e cessazione della convivenza, Milano, 2019, 335 ss. Per la tesi dell’assimilazione del diritto di assegnazione della casa familiare ai diritti reali V. JaNNarelli, Incerta sorte per la casa familiare, in Foro Italiano, 1986, I, 1318. In giurisprudenza, prima della novella legislativa del 2006: Cass. 17 settembre 2001 n. 11.630, in Giust. Civ., 2002, I, 55, con nota critica di M. fiNOCChiarO, Divisione della casa familiare assegnata in sede di divorzio al coniuge affidatario dei figli minori e (pretesa) inidoneità del provvedimento di assegnazione a incidere sul valore commerciale del bene; in Familia 2002, con nota adesiva di e. al MuredeN, Scioglimento della comunione, attribuzione della casa coniugale e computo del preesistente diritto ad abitarla, in Giur. It., 2002, con nota di L. COstaNtiNO, Assegnazione della casa familiare e natura del diritto di abitazione. Successivamente alla novella legislativa v. Cass. 3 marzo 2006 n. 4719, in DFP, 2007, 1097; Cass. 12 aprile 2011 n. 8361, pubblicata in NGCC, 2011, 11, 1157, con nota di GalassO; Cass. 20 gennaio 2008 n. 25.486 in Famiglia, Persone, Successioni 2008., 12, 990 con nota di faNtetti; Cass. 8 aprile 2003 n. 5455, in FDP, 2003, 49, con nota di QuarGNOlO, Assegnazione della casa coniugale e tutela del terzo acquirente, secondo la quale il diritto di assegnazione ha natura personale e non reale, con la conseguenza che l’assegnatario potrebbe agire ai sensi dell’articolo 1489 c.c. per far valere la responsabilità del venditore; Cass. 16 marzo 2007 n. 6192, in FDP, 2007, 775, con nota di salVati, Assegnazione della casa familiare ed imposta comunale sugli immobili; Cass 10 aprile 2019. n. 9990, in Foro It., 2019, 7-8, 1, 2356, relativa all’opponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare in caso di vendita dell’immobile da parte del coniuge proprietario, secondo la quale: “Il provvedimento di assegnazione della casa familiare non è opponibile al terzo che abbia anteriormente acquistato l’immobile dal coniuge proprietario esclusivo del bene, se non nel caso in cui si accerti l’instaurazione tra il coniuge assegnatario e il terzo di un apporto tale da costituire un diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, ipotesi che ricorre quando il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero quando il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del nucleo familiare, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza da parte del terzo, al momento dell’acquisto, dell’utilizzo del bene immobile da parte della famiglia”. Prima della novella del 2006, la giurisprudenza si era espressa anche in senso difforme rispetto alla tesi prevalente: cfr. Cass 2 aprile 1992 n. 4016, in GCM, 1992, 517, secondo la quale sussiste assimilazione tra diritto di assegnazione della casa familiare e comodato; Cass. 11 dicembre 1992 n. 13126, in Diritto della famiglia e delle persone, 1993, 497, secondo la quale dall’assegnazione della casa familiare deriva per l’assegnatario un diritto di godimento in via esclusiva.
5 C.M. BiaNCa, I diritti d’uso e abitazione della casa familiare nella successione del coniuge, in Diritto Civile, VI, La Proprietà, 1999, 636, il quale afferma che la formulazione dell’articolo 2643 c.c. ha reso non più attuale il dibattito sulla natura dell’assegnazione della casa familiare, in ogni caso soggetto a trascrizione nei Registri Immobiliari.
6 In dottrina, circa i requisiti costitutivi delle pertinenze, oltre ai richiami di cui alla nota n. 1, cfr.: C.M. BiaNCa, op. cit., 66; G. taMBurriNO, Pertinenze (diritto privato), in ED, XXIII, Milano, 1983, 548; G. pesCatOre, R. alBaNO, Della proprietà, in Comm. Cod. Civ., III, Torino, 1968; G. puGliatti, Immobili e pertinenze, in La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, 38; L. CONtursi Lisi, Le pertinenze, Padova, 1952; A. GaMBarO, La proprietà, in Trattato Iudica-Zatti, Torino, 1990, 21; A. fusarO, Destinazione (Vincoli di), DI, IV civ, V, Torino, 1989, 32; In giurisprudenza v., ex multis, Cass. 13 novembre 2009 n. 24104, in GCM, 2009, 11, 1592; Cass. 2 marzo 2006 n. 4599, in Guida al Diritto, 2006, 16, 89; Cass. 6 settembre 2002 n. 12983, in Giurisprudenza Italiana 2003, 249, con nota di ferOrelli; Cass. 3 novembre 2000 n. 14350, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 2001, I, 187; Trib. Palermo 21 marzo 2017, in Famiglia e diritto n. 11/2017, 976 e ss. on nota di CastellaNi. I principi sopra riportati rilevano, oltre che sul piano giuridico, anche sotto il profilo fiscale. L’Agenzia delle Entrate, infatti, sulla scorta del principio di strumentalità-funzionalità del bene accessorio a quello principale, ha ritenuto che anche la pertinenza condivisa possa rientrare tra quelle dell’abitazione principale, come tale legittimanti la deduzione ai fini delle imposte sui redditi (Circolare Agenzia delle Entrate n. 3/E del 2 marzo 2016). Peraltro, anche la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile la costituzione di una pertinenza in comunione, al servizio di più immobili in proprietà esclusiva ai condomini della pertinenza stessa, in quanto l’accertamento reciproco del bene accessorio comune consente di ritenere la volontà dei comproprietari di voler mantenere il medesimo in favore delle rispettive proprietà esclusive; in tal senso v. Cass 5 dicembre 2013 n. 27302, in CED Cassazione, rv 629143.
7 Nella dottrina più risalente in tema di azione di accertamento negativo, cfr.: G. ChiOVeNda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1935, 303 ss.; L. MOrtara, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, II, Milano, 1923, 603; G.a. MiCheli, L’onere della prova, Milano, 1942. Per la dottrina successiva, cfr.: L. MONtesaNO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1994; l. MONtesaNO, G. arieta, Trattato di diritto processuale civile, vol. IV, Padova, 2008; l. laNfraNChi, Contributo allo studio dell’azione di mero accertamento negativo, Milano, 1969, 92; A. PrOtO PisaNi, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1996, 161 ss.; Le tutele di mero accertamento, in Le tutele giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003; C. CariGlia, Profili generali delle azioni di accertamento negativo, Torino, 2013, la quale pur rilevando la maggiore difficoltà dell’onere probatorio per parte convenuta in relazione a fatti dimostrabili con prova negativa, sembra comunque aderire alla tesi minoritaria che conferma tale impostazione; e. MerliN, Azione di accertamento negativo di credito ed oggetto del giudizio (casi e prospettive), in Riv. dir. proc. civ., 1997, 1089; a. rOMaNO, L’azione di accertamento negativo, Napoli, 2006.

8 MerliN, op. cit.; rOMaNO, op. cit., v. precedente nota 7; in giurisprudenza, di recente, Cass. sez. lavoro 5 aprile 2011, n. 7747, in CED Cassazione, 2011, rv 616547; Cass. sez. lav. 18 maggio 2010 n. 12108, in Rivista di diritto e procedura civile, 2011, 6, 1551, annotata da rOMaNO; Cass. sez. lav. 10 settembre 2010 n. 19.354, in CED Cassazione, 2010, rv 614985; Cass. 28 novembre 2011 n. 24968, in Famiglia e Diritto, 2012, 6, 564; Cass. SS. UU 15 giugno 2015 n. 12307, in NGCC, 2015, 10, 960, con nota di MaCCari, secondo la quale grava sulla parte he contesti l’autenticità di un testamento olografo l’onere di proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, secondo i principi generali in materia di prova dell’azione di accertamento negativo.
9 Cass. 28 novembre 2011 n. 24968, in Famiglia e Diritto, 2012, 6, 564; nello stesso senso, ex multis: Cass. sez. lav. 22 luglio 2002 n. 10.658, in Archivio Civile, 2003, 567. In dottrina si segnala la posizione di E. LieBMaN, Le opposizioni di merito nel processo esecutivo, Roma, 1936, 251, secondo il quale nei procedimenti di opposizione all’esecuzione, il rigetto della domanda equivale a pronuncia di accertamento del diritto del creditore, così ricostruendo la questione in termini di presunzione di avvenuta prova della pretesa di controparte mediante la mancata prova del fatto negativo da parte della parte che agisce in giudizio (v. al riguardo nota n. 8).
10 Sulla novella legislativa del c.d. “Divorzio breve” v. in particolare, tra i tanti contributi sul tema: G. OBertO, “Divorzio breve” separazione legale e comunione legale tra coniugi, in Famiglia e diritto, 2015, 615 ss.; M. Blasi, Divorzio “breve” e “facile”, Torino, 2015. Sulla divisione della casa familiare, in dottrina: M. FiNOCChiarO, Assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi e diritto dell’altro di chiedere la divisione o della pretesa indissolubilità della comunione incidentale, in Giustizia civile, 1992, I, 543; M. Di NardO, L’assegnazione della “casa familiare”: evoluzione legislativa e attuali orientamenti giurisprudenziali, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 1998, II, 342; G. OBertO, I contratti della crisi coniugale, II, Milano, 2, 1999, 1097; G. TedesCO, Divisione della casa coniugale di proprietà comune e provvedimento di assegnazione, in Giustizia civile, 2003, 113 ss.; A. Neri, Del rapporto tra giudizio di divisione dei beni e scioglimento della comunione stessa e il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare, in Giustizia civile, 2001, I, 827; M.G. CuBeddu, Provvedimento di assegnazione della casa familiare e divisione del bene, in Famiglia, persone e successioni, 2005, 37; C. Irti, Divisione giudiziale della casa familiare in comunione e incidenza economica del vincolo discendente dal provvedimento di assegnazione, in Famiglia e diritto, 2017, 5, 436; E. Quadri, Famiglia e ordinamento civile, Torino, 2015; A.M. FasaNO, A. FiGONe, Assegnazione della casa familiare, in AA.VV., La crisi delle relazioni familiari. Scioglimento del vincolo e cessazione della convivenza, Milano, 2019, 335 ss. Nella prospettiva comparatistica, v. per tutti, A. FusarO, Tendenze del diritto privato in prospettiva europea, II, Torino, 2017.

11 Trib. Monza 24 ottobre 1991, in Giustizia Civile, 1992, I, 539, con nota di M. FiNOCChiarO, cit.; Trib. Monza 21 aprile 1989, in Giustizia Civile, 1989, I, 2199; Trib. Roma 4 aprile 1985, in Diritto delle persone e della famiglia, 1985, I, 629 e in Temi Romani, con nota critica di F. StOraCe, Domanda di divisione della casa familiare di proprietà di entrambi i coniugi proposta dal coniuge non assegnatario; Trib. Bologna 27 ottobre 1992, in Vita notarile, 1994, 141.

12 In dottrina, oltre alle citazioni di cui alla nota 10, v, in particolare: FiNOCChiarO, op. cit.; G. OBertO, La comunione legale tra coniugi, II, Amministrazione, responsabilità patrimoniale, scioglimento e interferenze, in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo, Milano, 2010, 2060 ss.; F. TafurO, Ammissibilità dell’azione di divisione della casa coniugale, in NGCC, 1994, I, 700. In giurisprudenza: Cass. 24 maggio 1963 n. 1360, in Giustizia Civile, I, 1360; Cass. 17 settembre 2001 n. 11640, in Giustizia civile, 2002, I, 55; Cass. 9 settembre 2016 n. 17843, in Foro Italiano, 2017, I, 1, 1226; Trib. Bologna 21 gennaio 1993, in Diritto della famiglia e delle persone, 1995, 187; Trib. Torino 9 ottobre 2001, in Giurisprudenza di merito, 2002, 1271; Trib. Roma 4 luglio 2000, in Giustizia civile, 2001, I, 819, con nota di Neri, cit.

13 Trib. Milano 23 gennaio 1997, in Famiglia e Diritto 1997, 563; Cass. 9 dicembre 1983 n. 7303, in Giurisprudenza Italiana, 1984, I, 1, 641.

14 OBertO, op. cit.; A. CeCCheriNi, Crisi della famiglia e rapporti patrimoniali, Milano, 1991, 53; Cass. 24 maggio 1963, cit., secondo la quale il pregiudizio andrebbe inteso come obiettivo e nell’interesse della comunione e non nell’interesse dei singoli a mantenere posizioni personali di vantaggio.

15 OBertO, op. cit., il quale suggerisce di prevedere, in caso di riserva all’esercizio del diritto alla divisione sino al perdurare del diritto di abitazione, e comunque entro il limite massimo di dieci anni ex art. 1111 c.c., una pattuizione che disciplini le conseguenze di una eventuale situazione di non opponibilità del patto nei confronti dei terzi, mediante compensazioni della perdita del diritto, ad esempio mediante aumento dell’assegno di mantenimento o, comunque, la dazione di una somma periodica o una tantum finalizzata a coprire le spese di reperimento di un altro alloggio.

16 V. Trib. Bologna 21 gennaio 1993, cit.

17 Trib. Taranto, sez. II, 21 febbraio 2017, reperibile sul sito www.

personaedanno.it, con nota di V. CiaNCiOlO, La comoda divisibilità dell’ex casa coniugale.

18 Cass. 11 aprile 2014 n. 8580, in CED Cassazione, 2014, rv 631071; Trib. Palermo 2 aprile 1991, in Il diritto della famiglia e delle persone, 1991, 669.

19 Così Cass. 9 luglio 1989 n. 3247, in Mass. Giur. It., 1989; Cass. 8 marzo 2018 n. 5575, in CED Cassazione, rv 647751-01, secondo la quale: “L’alloggio assegnato in concessione, a titolo oneroso, ad un impiegato civile dello stato, a norma dell’art. 3 della l. n. 329 del 1949, è qualificabile come ‘casa familiare’, in quanto viene ceduto, ancorché in correlazione con le prestazioni lavorative, al fine di soddisfare le esigenze abitative del dipendente pubblico e dei componenti della sua famiglia. Detto alloggio, pertanto, in caso di separazione personale, può essere attribuito, anziché al concessionario, all’altro coniuge affidatario della prole, ai sensi dell’art. 155, comma 4, c.c., ratione temporis applicabile; su quest’ultimo graveranno, in caso di cessazione del rapporto concessorio, gli obblighi inerenti all’occupante, quali quello di pagamento del corrispettivo convenuto per l’utilizzo dell’alloggio, salvo il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 c.c.”.

20 FiNOCChiarO, op. cit.; TedesCO, op. cit.

21 Cass. 17 settembre 2001 n. 11630, cit.; Cass. 9 settembre 2013 n. 17843, in Famiglia e diritto 5/2017, 434; Cass. 9 settembre 2016 n. 17843, in Foro Italiano, 2017, I, 1, 226; Cass. 20 dicembre 2018 n. 33069, in Notariato, 2019, 2, 161.

22 V. di recente, Cass. 22 aprile 2016 n. 8202, in CED Cassazione, 2016, rv 639528.

23 M. ANGelONe, Scioglimento della casa familiare promossa dal comproprietario non assegnatario, in AA.VV., La casa familiare nelle esperienze latine, Napoli, 275 ss.

24 Trattasi della pronuncia della Commissione Tributaria Regionale Emila Romagna, Sezione XI, del 13 dicembre 2019, reperibile sul sito internet dell’Osservatorio del Diritto di famiglia www.osservatoriofamiglia.it, sezione giurisprudenza, consultato in data 24 febbraio 2020.
25 In sede di giudizio di primo grado, la Commissione tributaria provinciale aveva ritenuto soggetto passivo di imposta non solo il coniuge assegnatario della casa familiare, ma anche la suocera proprietaria dell’immobile, la quale lo aveva concesso in comodato al figlio quale casa coniugale, sul presupposto che nel caso in cui il coniuge non assegnatario non sia proprietario o titolare di diritti reali di godimento sull’immobile non può essere esclusa la soggettività passiva IMU anche del proprietario comodante e soggetto terzo rispetto alla separazione. La sentenza, nel respingere questa impostazione, richiama la sentenza della Suprema Corte 30 aprile 2019 n. 11416, in Fisco, 2019, 21, 2081 con nota di PiCCOlO, secondo la quale: “Ai fini dell’IMU i benefici previsti per la casa coniugale (e relative pertinenze) assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano anche per l’abitazione principale e le relative pertinenze della famiglia ‘di fatto’ (conviventi more uxorio) in caso di separazione dei conviventi, allorché vi siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti”. La Commissione Tributaria Regionale Emilia Romagna, con un interessante obiter dictum, afferma, in conformità alla sentenza della Suprema Corte innanzi citata, che la normativa IMU che pone a carico dell’effettivo utilizzatore del bene l’obbligo impositivo deve trovare applicazione in tutti i casi riconducibili alla medesima aedem ratio e, quindi, anche nel caso di famiglia di fatto.
26 La categoria C/2 comprende i magazzini e i locali di deposito, nonché le cantine e le soffitte disgiunte dall’abitazione e con autonoma rendita catastale; la categoria C/6 comprende le stalle, le scuderie, i box per auto, i posti auto (pertinenziali) scoperti, le rimesse per autoveicoli o per imbarcazioni, le autorimesse (non pertinenziali), gli autosilos ed i parcheggi a raso aperti al pubblico; la categoria C/7 comprende le tettoie (chiuse o aperte), i lavatoi pubblici coperti e i posti auto su aree private coperte o su piani pilotis.
27 La sentenza risulta pubblicata in Boll. Trib., 2010, 7, 570, con nota di CONte e FiCari.
28 Cass. Ord 28 marzo 2017 n. 8017, in Boll. Trib., 2017, 14, 1143 nota di riGhi, secondo la quale in relazione all’ICI, che ha i medesimi presupposti applicativi dell’IMU, “ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale dell’immobile, per cui l’immobile che si sostenga costituire l’abitazione principale del contribuente ma che risulti iscritto come ‘ufficio-studio’, con attribuzione della relativa categoria (A/10), è soggetto all’imposta, non ricorrendo l’ipotesi dell’art. 1, primo comma, de d.l. 27 maggio 2008, n. 93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126); qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione, impugnare l’atto di classamento”.
29 Così Cass. 2013 n. 27302, cit. alla nota 8.

Non spetta al Giudice del reclamo ex art 473-bis.24 c.p.c. decidere sulle istanze istruttorie controverse

Corte d’Appello di Milano, Sezione delle Persone, dei Minori, della Famiglia,
ordinanza 24 settembre 2024,
N. 708/2024 V.G.
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione delle Persone, dei Minori, della Famiglia
composta dai magistrati
Dott.ssa Anna Maria Pizzi Presidente rel.
Dott.ssa Alessandra Arceri Consigliere
Dott.ssa Maria Vicidomini Consigliere
Dott.ssa Lucia di Filippo Consigliere onorario
Dott. Bruno Pighi Consigliere onorario
ha emesso il seguente
ORDINANZA
sul reclamo presentato in data 3.08.2024 da
R. V. C. (C.F. ________) nato a M. il ____79 e C. C. S. (C.F. ______) nata a F. V. (FI) il
____81, rappresentati e difesi- giusta procura agli atti- dall’Avv. Daniela Valoti e dall’Avv.
Alessandro Zuco, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Daniela Valoti, sito in Rho
(MI), Corso G. Garibaldi n.90
RECLAMANTI
CONTRO
R. M. (C.F. __________) e B. M. C. (C.F. _____), rappresentati e difesi- giusta procura agli atti-
dall’Avv. Ottavia Borella
RECLAMATI
Con l’intervento
del Curatore Speciale per i minori C. G. S. R. e F. P. G. nella persona dell’avv. Fabio Ray;
del Curatore Speciale per la minore C. O. T. S. , nella persona dell’avv. Giada Simona Andriolo;
del P.G. presso la Corte d’Appello di M. ,
avverso il decreto emesso dal Tribunale per i Minorenni di M. in data 25.07.2024, depositato e
comunicato in pari data, reso nel procedimento n. 834/2024 R. Gen. MIN, nell’interesse dei
minori:
➢ C. G. S. R. , nato a M. il __/2007 (17anni);
➢ C. F. P. G. , nato a M. il ___/2008 (16 anni);
➢ C. O. T. S. , nata a M. il ___ /2013 (11anni).
Indice:
I. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ………………………………………………………………………………… 2
1.1 IL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO ……………………………………………………………………. 2
1.2. IL PROCEDIMENTO DI SECONDO GRADO ……………………………………………………………… 8
II. MOTIVI DELLA DECISIONE……………………………………………………………………………………… 11
2.1 LA ECCEZIONE DI INAMMISSIBIILTÀ …………………………………………………………………… 11
2.2 LE ISTANZE ISTRUTTORIE ……………………………………………………………………………………… 15
III. P. Q. M…………………………………………………………………………………………………………………. 16
La Corte sciogliendo la riserva che precede
LETTI gli atti,
OSSERVATO in premessa quanto segue:
I. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1 IL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
1. Il procedimento avanti il Tribunale per i Minorenni di Milano veniva aperto in data 13.02.2024
con ricorso del PM per la revisione delle disposizioni del Decreto Definitivo n. 2457/2022 del
2.12.2022, che così aveva disposto: “(…) I minori risultano già affidati al servizio sociale del
Comune di Milano giusto decreto definitivo del 2.12.22 – depositato il 10.1.23 – a definizione del
procedimento n. 2457/20 con mandato di: i. mantenere i minori collocati presso i genitori; ii.
avvalersi della disponibilità offerta dai nonni paterni ad essere una concreta risorsa vicariante le
competenze genitoriali laddove la gestione degli aspetti anche di vita quotidiana dei minori non sia
sufficientemente tutelata ovvero si verifichino nuovamente situazioni per c.d. emergenziali; iii.
regolamentare tempi e modalità di permanenza dei minori presso i nonni paterni, nell’esclusivo
interesse dei minori; iv. mantenere per i minori tutti i più idonei interventi educativi, anche
domiciliari, ed ogni utile e necessario supporto ove necessario anche di tipo psicologico; v.
mantenere la presa in carico dei genitori presso il N.O.A. e il Ser.D. territorialmente competenti per
interventi di monitoraggio e presa in carico secondo le indicazioni degli stessi servizi; vi. mantenere
per i genitori gli interventi già attivati di supporto alla coppia e alla genitorialità; vii. predisporre
anche per i nonni percorsi dedicati finalizzati ad un miglior esercizio del loro ruolo vicariante e di
supporto ai genitori; viii. individuare un servizio specialistico competente per un trattamento delle
relazioni familiari come specificato in motivazione a cui dovranno essere inviati entrambi i nuclei
familiari; ix. trasmettere ogni tre mesi al Giudice Tutelare di Milano, competente per l’attività di
vigilanza, una relazione di aggiornamento sull’attuazione e sul rispetto delle presenti statuizioni
(…)”1.
Nello specifico, il PM segnalava nel suo ricorso che: “…a distanza di oltre un anno dal decreto
stesso, l’attività di mediazione familiare, prescritta dal decreto del 2 dicembre 2022, non è stata
nemmeno avviata…nel frattempo, i Servizi Sociali sostengono che i genitori hanno seguito le
1 In sintesi, il Tribunale per i Minorenni motivava la propria decisione avendo rilevato quanto segue: “ (…) Il nucleo di origine dei minori G. ,
F. ed O. C. è stato portato all’attenzione di questa A.G. dalla nonna paterna degli stessi, sig.ra R. M. , e dal di lei marito, signor B. M. C. , i quali
hanno espresso le loro preoccupazioni sulle condizioni di vita che i nipoti stavano conducendo una volta ricongiunti ai propri genitori, dopo un lungo
periodo nel quale erano stati accuditi dai ricorrenti a motivo del ricovero della coppia genitoriale presso “Le Betulle”. I ricorrenti si dolevano altresì
della fatica, incontrata da quel momento, nel mantenere una continuità di relazione con i minori a cui sarebbe così stata preclusa la possibilità di
beneficiare di tutti i vantaggi – anche sul piano educativo/ludico/esperienziale – derivanti dalla posizione sociale dei nonni e dettagliatamente riportati
in ricorso. (…) Ora il contesto di vita dei genitori presenta indubbi profili di criticità correlati anche alle fragilità psichiche riscontrate in entrambi e
che non sono venuti meno nel corso del procedimento, ma anzi si sono confermati in tutta la loro rilevanza non solo negli esiti delle espletate
valutazioni, ma nei comportamenti concreti attuati (quali, a mero titolo esemplificativo, le bollette insolute con conseguente interruzione delle forniture
nella villetta familiare o il deciso repentino trasferimento in altra regione che avrebbe potuto anche rappresentare – finalmente – la messa in atto di un
percorso di individuazione personale, lavorativo, abitativo e di riassunzione del proprio ruolo anche attraverso una distanziamento “fisico”, se non
fosse stato un piano privo di concreta progettualità e predisposto in pendenza di giudizio e senza preventiva condivisione neppure con l’E.A.) (…) E’
risultato evidente dalla espletata CTU – al netto dei suggestivi interventi dei CTP di parte ricorrente che hanno finito con il procrastinare l’iter peritale,
appesantendo il clima già di per sé conflittuale e gravato dalle copiose produzioni di parte anche non autorizzate – che il funzionamento individuale del
signor C. , della signora C. (e, di riflesso, della coppia C. /C. ) consegua, in modo simmetrico, alle dinamiche relazionali all’interno del sistema
familiare che vede un rapporto fusionale e simbiotico tra la R. ed il figlio (…) Il tentativo di affrancarsi e prendere le “distanze” dal descritto sistema
familiare [anche attraverso distanze fisiche nel momento in cui C. ha vissuto all’estero ovvero attraverso condotte antisociali legate all’assunzione di
stupefacenti all’inizio della vita di coppia e nel momento di crisi della coppia], rappresenta una costante nella vita del padre dei minori che è stata,
tuttavia, sempre attraversata da eventi che lo hanno alla fine riportato in famiglia o hanno in qualche modo “giustificato” il suo rientro. E così anche
la storia di coppia e della famiglia creata con la nascita dei tre figli si è sviluppata all’interno di queste dinamiche familiari che hanno investito
finanche G. F. ed O. nella misura in cui sono diventati “il centro” della costante tensione in atto tra gli adulti i quali, rivendicando – ciascuno – un
proprio posto ed un proprio ruolo – hanno generato la situazione portata all’attenzione di questo Tribunale dalla stessa R. .
A quest’ultima va, in ogni caso ed in ultima analisi, comunque riconosciuto un indiscusso autentico investimento affettivo verso il figlio e sicuramente
verso i nipoti ed una altrettanto autentica preoccupazione riguardo alla loro situazione al punto da rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, pur nella
consapevolezza di cosa la segnalazione avrebbe comportato (se non altro in termini di messa in discussione anche della propria figura).
Ora, quanto al primo aspetto di preoccupazione – ossia i trascorsi di dipendenza della coppia – questo Collegio non può che osservare come l’esito
degli esami tossicologici esperiti dal SERT su matrice pilifera sia stato negativo su tutte le sostanze stupefacenti per entrambi e indicativo di un
sporadico, lieve, abuso alcolico per il padre.
Dagli elementi emersi non sono stati rilevati tratti francamente attinenti all’area della dipendenza patologia da sostanze, pur non potendo escludere i
CTU ricadute in caso di eventuali situazioni di stress, soprattutto se inerenti alla relazione coniugale.
Ne consegue la necessità di mantenere la presa in carico dei genitori presso il competente servizio specialistico, anche in quanto il tema è comunque
dalla coppia non problematizzato, come qualcosa di passato, trattato ed assimilato.
Secondo le indicazioni del SERT è utile un supporto psicologico per la madre e per il padre dovrà richiedersi al servizio specialistico anche un
supporto psicologico e un monitoraggio sociale, oltre che medico.
Sono invece emersi profili personologici con marcati tratti dipendenti di personalità che porta la coppia C. /C. a faticare ad affrancarsi dal punto di
vista economico/finanziario dalla famiglia R. ed a basarsi, al suo interno, su un “legame terapeutico delle rispettive
fragilità”.
Riportano i CTU che il signor C. presenta forti tratti di dipendenza personologica e relazionale e che le fragilità della C. – donna dal canto suo
proveniente da una storia familiare connotata da continui allontanamenti e tentativi di avvicinamento, separazioni e traumi subiti in famiglia- trovano
compensazione nel rapporto forte, simbiotico ed ambivalente con il marito (…)”.
prescrizioni loro imposte, risultando rispetto ad esse collaboranti: sempre negativi all’uso di
sostanze stupefacenti, si sono messi in gioco anche sotto un profilo psicologico, avvicinandosi alle
istanze di autonomia e di ascolto dei figli, anche in relazione alle loro diverse età e tappe di crescita.
A riacuire il conflitto mai sopito e strisciante, il progetto della coppia genitoriale di trasferirsi a M.
, dove il padre avrebbe reperito un lavoro a tempo indeterminato nel suo settore professionale – la
ristorazione: progetto appoggiato dall’ente affidatario, sempre più persuaso che solo un
affrancamento della coppia genitoriale dal vincolo economico ed emotivo che la tiene legata ai
nonni paterni – obiettivo perseguito e specificato dallo stesso decreto del TM – possa mettere al
riparo i minori dal conflitto cui rimangono tuttora esposti. La posizione dei Servizi di promozione
del progetto di trasferimento del nucleo a M. lascia, tuttavia, estremamente perplessi. In primo
luogo, i curatori dei minori segnalano le ambivalenze dei minori, che gli stessi CTU di codesto
Tribunale avevano valutato preda di un rilevante conflitto di lealtà, che non pare essersi nel
frattempo sopito. Nel frattempo, il padre sta lavorando come cameriere in un blasonato ristorante di
M. ; il progetto di vita caldeggiato dai Servizi è, tuttavia, tutt’altro che concreto, visto che la casa di
M. è nuovamente priva del riscaldamento e anche questo inverno si è riproposta la necessità di
sfollare il nucleo – figli e nuora – presso l’abitazione della nonna paterna. Le istanze di autonomia
del nucleo C. paiono, ancora una volta, disattese nei fatti dagli stessi genitori che così
calorosamente le rivendicano. Se è così importante recidere la dipendenza dalla nonna paterna,
come mai non vengono adottate soluzioni idonee a garantire un alloggio in autonomia? Come mai
non si sceglie di abitare in una casa meno estesa e meno dispendiosa da riscaldare? Come mai i
soldi che il padre delle minori sta guadagnando non vengono utilizzati per garantire il
riscaldamento del nucleo familiare? Come mai la madre, a sua volta, non trova un lavoro, magari
nelle – numerose – ore in cui i figli sono assorbiti dagli impegni scolastici? Deve, inoltre, segnalarsi
la grave contraddittorietà tra le conclusioni dell’ente affidatario – circa il benessere dei minori e il
progressivo riacquisto delle capacità genitoriali – e quelle dei curatori dei minori – circa il
permanere di larghe aree di disinteresse e di disinvestimento da parte degli stessi genitori, in ambito
sanitario, per esempio, ovvero in ambito scolastico. Entrambi i curatori, inoltre, affermano che i
minori sarebbero tuttora vittime di un conflitto di lealtà che ne inficerebbe la spontaneità,
inducendoli ad affermare un’adesione al progetto di vita con i genitori in M. , piuttosto che a
rifiutare proposte ricreative provenienti dalla nonna paterna, nell’unica necessità di risultare
coerenti con le aspettative genitoriali. Risulta, pertanto, evidente la permanenza e la stagnazione del
conflitto tra i genitori e i nonni paterni, ormai cronicizzato, e la necessità, previa breve istruttoria, di
una modifica delle statuizioni già adottate, valutando il più opportuno collocamento dei minori e
l’ampliamento dei poteri di rappresentanza diretta dei curatori speciali” 2.
2. Con decreto ex art. 473 bis 15 c.p.c. del 7.03.2024 (nel proc. n. 834-2024 Min) il primo
giudice, a parziale integrazione del provvedimento definitivo del 12.12.2022, provvedeva a
nominare i Curatori Speciali per i minori, assegnava termini di legge per la costituzione dei genitori e
incaricava ex art. 473 bis 27 c.p.c. i Servizi sociali di M. (in ragione del trasferimento del sig. C. ) di
svolgere indagine sul tenore e sulla condotta di vita del padre e sul rispetto delle prescrizioni
dell’autorità giudiziaria.
3. In data 12.03.2024 su ricorso di C. R. V. e C. C. S. (genitori dei tre minori) veniva aperto
avanti il Tribunale per i Minorenni il proc. n. 1441-2024 sub 1 min. I ricorrenti chiedevano
l’adozione di un provvedimento inaudita altera parte nell’interesse del Figlio C. G. S. R. , al fine
2 In data 15.12.2023, il Giudice Tutelare di M. , investito della vigilanza sull’attuazione del citato decreto, diC. va chiusa la vigilanza e trasmetteva
gli atti alla Procura della Repubblica presso il TM. Il GT, inoltre, rilevava la propria incompetenza ad adottare provvedimenti utili nell’interesse dei
minori ai sensi dell’art. 473 bis 38 c.p.c. ed evidenziava che il mancato rispetto del Decreto definitivo del 2.12.2022 imponeva la necessità di ulteriori
interventi per la sua attuazione e per la risoluzione delle controversie tra i genitori e i nonni paterni.
di consentire il trasferimento del ragazzo in M. (SI), presso l’abitazione dei nonni materni (ove
avrebbe abitato assieme al padre) e l’iscrizione del minore presso l’Istituto di Istruzione Superiore
Bandini di Siena- Liceo Linguistico Lambruschini di M. .
4. In data 13.03.2024 il TM, sussistendo i presupposti ex art. 273 -274 c.p.c., provvedeva alla
riunione dei due procedimenti e rigettava l’istanza dei genitori in merito all’emissione del
provvedimento inaudita altera parte.
5. I Servizi sociali di M. con la relazione del 14.03.2024 riferivano che: “Si fa presente che la
situazione dei minori in oggetto è in carico alla scrivente da maggio u.s. a seguito di un decreto
definito da parte del TM, emesso il 2 dicembre 2022 (n. 2457/20). Sin da subito si è lavorato in
stretto raccordo e confronto con i Servizi Specialistici, il Consultorio Familiare, il SERD, i Curatori
e tutti gli operatori dei progetti educativi che supportano i minori. Sono stati effettuati colloqui sia
individuali che di coppia con i genitori, con i minori, con i nonni paterni e con i curatori speciali;
visita domiciliare, incontri di rete con i Servizi Specialistici, educativi e scolastici. I tre minori erano
collocati con i genitori, nell’abitazione di via M. A. , una villa di tre piani, e successivamente si sono
spostati, insieme alla madre, presso l’abitazione dei nonni a far data 12/11/23.Da fine settembre il
padre dei minori, Signor C. , a seguito di numerosi confronti con L’Ente Affidatario e i Servizi
Specialistici, sulla praticabilità di tale scelta ha infine preso la decisione di trasferirsi a M. (SI) per
intraprendere il lavoro da cameriere presso un ristorante, con un contratto a tempo indeterminato.
(…) Anche quest’inverno, come lo scorso, la coppia genitoriale ha riferito di non essere stata in
grado di sostenere le ingenti spese di riscaldamento dell’abitazione in comodato d’uso in cui vivono;
pertanto, ci si è avvalsi della disponibilità dei nonni paterni ad accogliere mamma e figli e risanare
un debito per le spese di riscaldamento. (…) Considerato il bisogno e la mancanza di soluzioni
alternative, la signora C. e i tre figli minori, il 12 novembre si sono trasferiti a casa dei nonni
paterni in maniera emergenziale e temporanea (fino allo spegnimento degli impianti di
riscaldamento). A differenza dello scorso inverno, la signora C. , pur evidenziando la fatica dovuta
alle divergenze sullo stile educativo rispetto alla suocera, ha comunque scelto di non lasciare soli i
figli e di condividere questo periodo con loro. Alla signora C. a fine ottobre è scaduto il contratto di
lavoro e nell’attesa di reperire una nuova occupazione sta percependo l’indennità mensile di
disoccupazione, occupandosi a tempo pieno dei suoi figli. Riguardo la regolamentazione con la
nonna paterna, si è confermata quella predisposta, in precedenza: visita infrasettimanale i
mercoledì. Considerata la situazione e l’età dei minori non si è optato per una regolamentazione
troppo strutturata, lasciando libertà ai ragazzi di accogliere le proposte dei nonni, al fine di
incentivare una maggiore fluidità nella relazione (…). I tre minori, come da indicazioni del medico
di base e del pediatra, da poco sono in carico e stanno svolgendo delle valutazioni presso
l’ambulatorio di nutrizione pediatrica e dell’adolescenza dell’ASST Santi P. e C. , Considerato il
loro sovrappeso/(si allegano referti). (…) Come riportato nella relazione dell’educativa domiciliare,
Nuovi Orizzonti, gli educatori della cooperativa riferiscono che “i genitori risultano attenti a
preparare pasti variati ed equilibrati. Con la madre ultimamente si è cercato di elaborare un menù
da comunicare al personale domestico che si occupa di fare la spesa e cucinare nella casa di Piazza
C. . In questi mesi in Piazza C. non sembra esservi stata possibilità di comunicazione tra la madre e
la nonna riguardo a questo tema, in quanto la signora R. ha riferito che non si occupa di queste
incombenze.”(…) La Signora R. ha spesso svalutato le risorse e i percorsi positivi messi in atto
dalla coppia genitoriale (…) Secondo lei R. e C. sono competenti nel fornire affetto e momenti di
divertimento ai figli, ma non per quanto riguarda le responsabilità di cura e di gestione (…) La
nonna si è subito adoperata a sostenere ogni spesa necessaria, ad esempio la scorsa estate
considerate le entrate economiche dei genitori, gli stessi, dopo essersi confrontati con i Servizi,
avevano valutato e condiviso il passaggio di O. in una scuola pubblica, la nonna, come anche la
Curatrice allora presente, hanno di C. to la loro contrarietà (…)”.Conclusivamente, i Servizi sociali
riferivano di condividere il progetto del nucleo familiare relativo al trasferimento del nucleo presso il
comune di M. ed alla possibilità del reperimento di un’attività lavorativa per la signora C. , della
ricerca di un’abitazione adeguata al nucleo e dell’individuazione di scuole, servizi sanitari e sportivi
per i tre ragazzi. Aggiungevano che nonostante la contrarietà della nonna paterna al trasferimento dei
minori in una nuova regione, rimaneva essenziale per i ragazzi preservare e valorizzare il legame
affettivo tra nonni e nipoti con possibile effettuazione di periodi di vacanza presso i nonni e una
specifica regolamentazione di alcuni fine settimana e festività da trascorrere presso di loro. Da
ultimo, i Servizi chiedevano al primo giudice di meglio specificare le competenze attribuite all’Ente
affidatario anche in ragione della nomina dei Curatori Speciali ed evidenziavano l’opportunità di
revocare l’affidamento dei tre minori all’Ente ed attribuire ai Servizi sociali l’attivazione ed il
monitoraggio degli interventi di natura socioeducativa necessari.
5. Con Decreto del 3.04.2024 il primo giudice, richiamando il decreto del 7.03.2024 mediante il
quale erano stati adottati i provvedimenti ex art. 473 bis 15 c.p.c. ed a seguito dell’audizione dei
genitori e dei nonni paterni avvenuta in data 22.03.2024, nominava ex art 473 bis 26 c.p.c. un esperto
scelto in accordo tra le parti – Centro M. S. P. – per l’individuazione di un contesto educativo nel
quale i minori possano concentrarsi sul percorso personale di studi lontano dalle complesse
dinamiche familiari in attesa sia che si risolvano le controversie giudiziarie che il progetto di
trasferimento dei genitori acquisisca maggiore concretezza. Il Tribunale per i Minorenni, a seguito
della richiesta dei Servizi sociali di M. , provvedeva altresì ad indicare l’ambito dei compiti e dei poteri
spettanti ai Curatori speciale ed all’Ente 3.
6. In data 17.05.2024 i Servizi sociali di M. riferivano l’assenza di criticità al trasferimento dei
minori. Essi rappresentavano di aver incontrato il nucleo familiare durante le vacanze di Pasqua
(poiché la madre ed i figli avevano raggiunto il padre a M. ); di un adeguato tenore di vita del C. , il
quale lavorava presso il ristorante “il G. ” con un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio
mensile di 1.700 euro; di aver effettuato la visita domiciliare in data 7.05.2024 presso l’abitazione
del padre (per cui paga un canone di 700 euro mensili) e di considerare quest’ultima idonea ad
ospitare l’intero nucleo familiare.
7. In data 22.5.24 su accordo delle parti il primo giudice ha nominato ex articolo 473 bis 26 cpc
l’ausiliario esperto lo studio professionale M. S. P. per un trattamento delle relazioni familiari come
specificato nel decreto definitivo di questo tribunale n 455/23 Con termine sino al 30 ottobre 2024
per il deposito di una prima relazione che riferisca sull’attività svolta e fornisca indicazioni per gli
interventi necessari a sostegno dei minori assegnando altresì termine alle parti sino al 15 novembre
2024 per note scritte e disponendo l’ulteriore rinvio al giorno 22 novembre 2024
3 Nello specifico: “ (…) a) a fronte del permanere della limitazione della responsabilità genitoriale in ordine alle “decisioni di maggior interesse
inerenti alle scelte educative, sanitarie, d’istruzione nonché in relazione al collocamento ed agli incarichi affidati all’Ente anche con riferimento a tutte
le decisioni inerenti la fissazione della residenza anagrafica, la individuazione del domicilio e collocamento dei minori” è ai servizi affidatari dell’Ente
territoriale che compete l’assumere le relative decisioni, sentiti i genitori in quanto limitati e non privati della responsabilità genitoriale, ma anche in
autonomia in caso di dissenso o contrasto con gli stessi o in presenza di decisioni di questi ultimi non rispondenti agli interessi concreti dei figli, e
comunque avvalendosi “della disponibilità offerta dai nonni paterni ad essere una concreta risorsa vicariante le competenze genitoriali laddove la
gestione degli aspetti anche di vita quotidiana dei minori non sia sufficientemente tutelata ovvero si verifichino nuovamente situazioni per c.d.
emergenziali” (cfr. decreto definitivo del 2.12.22 – depositato il 10.1.23 – a definizione del procedimento n. 2457/20);
b. ai curatori, in quanto dotati di poteri anche sostanziali, compete di assicurare l’adozione e l’attuazione delle decisioni che si rendessero di volta in
volta necessarie laddove si debba supplire alle difficoltà derivanti dall’esasperato conflitto tra le figure di riferimento dei minori e alle indubbie
fragilità genitoriali che in più di un’occasione hanno già ritardato/interferito con l’azione di cura e di accudimento concreto dei minori;
c. a tal fine i curatori dovranno mantenere un costante confronto con tutti gli operatori e i soggetti che a vario titolo si occupano dei minori nonché con
le parti, sollecitare i servizi affidatari affinché adottino le scelte necessarie negli ambiti decisionali conferiti dalla Autorità Giudiziaria a limitazione
della responsabilità genitoriale, sostituirsi in caso di inerzia per la loro attuazione e rivolgersi a questa Autorità Giudiziaria in presenza di contrasto
tra le parti.
8. In data 6.06.2024 il Consultorio familiare – Asst Santi P. e C. – in merito al nucleo familiare C.
– C. ed alle dinamiche relazionali con i nonni paterni, conclusivamente, riferiva che: “L’osservazione
clinica ha mostrato inoltre una evoluzione rispetto a quanto segnalato in sede di CTU, in merito al
concetto di “conflitto di lealtà” che pare ad oggi ampiamente superato.
Genitori e nonni, infatti, con l’ausilio dei Servizi hanno ripreso la comunicazione su alcuni temi
riguardanti i ragazzi (vacanze e tempo libero) che hanno permesso agli stessi di sentirsi liberi di
scegliere “cosa voler fare” e “con chi stare”, senza sentirsi vincolati alla necessità di soddisfare e di
non deludere gli adulti. In particolare, sul tema delle vacanze le decisioni sono state condivise, tra
genitori, nonni e minori, senza condizionamenti. genitori, hanno gradualmente raggiunto una
adeguata capacità genitoriale, che permette loro di gestire le questioni educative, normative,
sanitarie e scolastiche dei figli, lasciando alla nonna paterna l’opportunità di coltivare la relazione
con i nipoti, in assenza del ruolo vicariante, a nostro avviso non più necessario come in passato. (…)
Sebbene, infatti, in passato sia stato utile che i nonni svolgessero una funzione vicariante, ad oggi,
stante l’evoluzione personale dei signori C. /C. , il permanere dell’assenza di differenziazione tra il
ruolo dei genitori e quello dei nonni, genera confusione, sofferenza e profondo disagio nei ragazzi.
In particolare, le verbalizzazioni squalificanti nei confronti dei genitori, esplicitate ai tre minori
dalla nonna paterna in differenti occasioni (riferite agli operatori sia dai minori che dai genitori)
rappresentano un fattore di sofferenza per gli stessi. (…) La permanenza nel medesimo contesto
cittadino, renderebbe più complessa la riappropriazione del ruolo genitoriale tenuto conto
dell’evidente mancanza di fiducia che più volte la nonna paterna ha espresso nei confronti del figlio
e della nuora, anche alla presenza degli operatori. (…) Infine, tale trasferimento potrebbe garantire
al nucleo di concretizzare il percorso di stabilità economico/lavorativo/abitativa affrancandosi dalla
famiglia paterna, come richiesto da codesta A.G. Da quanto si legge nella relazione è evidente
come, per parte nostra, la strada da percorrere nel prossimo futuro sarebbe quella di pervenire ad
un trasferimento dei minori con i genitori a M. . (…) Ciò comporta il crearsi di una difficile e
delicata situazione al momento della ripresa della scuola a settembre p.v.. anche alla luce dei
cambiamenti di istituto o di indirizzo di studi che si prospettano, per G. , F. e O. . Ci chiediamo se
sia opportuno e/o possibile, impregiudicata ogni altra determinazione che il tribunale vorrà stabilire
sui quesiti ancora aperti, un pronunciamento provvisorio che consenta ai ragazzi di avviare il
prossimo anno scolastico a M. , anche in considerazione del fatto che per ragioni abitative e di
lavoro anche la mamma potrebbe trasferirsi stabilmente a M. avendo la possibilità di iniziare la
propria attività lavorativa nel mese di luglio p.v. (…) Infine, a parere delle scriventi, sarebbe
opportuno mantenere l’affido all’Ente territorialmente competente per consolidare i percorsi avviati,
con particolare riguardo al sostegno delle capacità genitoriali e alla presa in carico da parte di un
servizio specialistico in ambito dietologico nutrizionistico, per accompagnare genitori e figli al
progressivo miglioramento dello stile alimentare e al riconoscimento del ruolo che il cibo ha assunto
nella loro vita, con esiti disfunzionali.(…)” 4.
4 Quanto agli interventi psicologici sui tre minori si leggeva che: “ (…) G. ha proseguito gli incontri con la psicologa portando, oltre ai temi
relativi alla famiglia e alla scuola, quelli legati al proprio mondo di adolescente. E’ apparso progressivamente più sereno e capace di esprimere,
coerentemente con la sua età, il proprio punto di vista. In merito alla scuola e a fronte delle valutazioni scolastiche gravemente insufficienti, la prof.ssa
Cannavale in data 21.05.24 ha convocato i genitori e gli operatori assieme a G. per comunicare la probabile bocciatura. In quella occasione il
ragazzo ha espresso il proprio desiderio di proseguire lo studio delle materie di suo interesse per “essere bocciato con dignità” esprimendo un senso
di responsabilità e di consapevolezza maturato nei mesi precedenti. Gli adulti di riferimento lo hanno accolto nella fatica emotiva e lo hanno
rinforzato rispetto alla possibilità di scegliere un indirizzo più consono alle proprie inclinazioni, in futuro. Il ragazzo ha espresso la richiesta di
iscriversi in un liceo linguistico dove potrebbe mettere a frutto l’ottima padronanza della lingua inglese e il suo interesse per l’apprendimento delle
lingue straniere.
in merito alla possibilità di proseguire gli studi in un contesto lontano dalla famiglia, si è diC. to contrario in quanto il suo desiderio è di restare
assieme ai propri genitori e fratelli. Più volte è emersa per lui l’importanza di salvaguardare le proprie radici laotiane (ad esempio tramite il racconto
di piatti tipici che gli prepara la mamma oppure nel desiderio di tornare in L. con i propri genitori). Con lui si è iniziato ad affrontare il tema del
legame con il cibo, di cui appare ancora parzialmente consapevole. (…)
F. : sta vivendo una fase di separazione individuazione che lo vede ricercare momenti di vicinanza alle figure genitoriali ed altri in cui si immagina e si
vive in una dimensione di costruzione della propria autonomia. Ha sofferto il trasferimento a casa della nonna paterna, durante l’inverno, in quanto ha
dovuto modificare molte delle proprie abitudini legate alla quotidianità familiare. Si è detto felice del cambio di indirizzo scolastico (da scientifico ad
artistico), confermato anche dai buoni voti e dalle gratificazioni ottenute da un impegno costante. Nel prossimo anno scolastico affronterà un nuovo
cambiamento legato alla scelta dell’indirizzo specialistico del triennio. Nell’approfondimento della conoscenza con F. è emerso anche il tema del suo
9. In data 15.07.2024, i genitori R. V. C. e C. C. S. depositavano istanza di modifica ex art 473
bis 29 c.p.c. finalizzata ad ottenere il trasferimento dei tre minori a M. con i genitori nei tempi
idonei a consentire loro l’iscrizione scolastica dei figli presso i nuovi istituti scolastici.
10. Con decreto in data 25.07.2024, il primo giudice rigettava le istanze avanzate dai genitori
evidenziando che era in corso istruttoria da parte dell’ausiliario esperto- Centro M. S. – nominato ex
art. 473 bis 26 c.p.c. Il primo giudice rilevava altresì che l’aggiornamento del Consultorio familiare,
datata 6.6.2024, si scontrava con le risultanze processuali presenti in atti (es. contratto di locazione
ad uso abitativo transitorio della durata di anni 1 con scadenza 30/4/25 e doc. contratto di lavoro
della madre con scadenza 31.10.24) e con la complessità del quadro familiare. Il primo giudice
“riservato ogni provvedimento” rinviava all’udienza del 22.11 24 per le ulteriori determinazioni.
1.2. IL PROCEDIMENTO DI SECONDO GRADO
1. Con ricorso in data 3.08.2024 R. V. C. e C. C. S. hanno chiesto: “modificare parzialmente il
Decreto definitivo del 2 dicembre 2022, emesso e depositato in data 10 gennaio 2023 nel
procedimento R.G. n. 2457/2020 e successivamente confermato dal Decreto provvisorio dell’8
marzo 2024 – Cron. 1909/2024 – R.G. n. 834/2024 nonché dal Decreto Collegiale del 3 aprile 2024
– R.G. n. 834/2024, adeguando il provvedimento alla situazione attuale e quindi autorizzando il
trasferimento dei minori G. , F. e O. a M. , nei tempi e nelle modalità descritte in narrativa,
consentendo per effetto la regolare iscrizione degli stessi all’anno scolastico 2024/2025 presso gli
Istituti Scolastici della zona sopra indicati. In ragione dell’approssimarsi dell’inizio dell’anno
scolastico, considerato altresì il periodo di ferie estive, si chiede all’Ill.ma Corte d’Appello adita di
provvedere con sollecitudine affinché l’iter di trasferimento-iscrizione dei ragazzi presso i nuovi
Istituti Scolastici possa essere effettuato nei tempi previsti e vada a buon fine”. Il reclamante ha
censurato il provvedimento del primo giudice sotto plurimi profili:
1) in primo luogo, i reclamanti lamentano la omessa valutazione della “situazione del nucleo
familiare” nella attualità; sostengono che infatti, l’assetto sarebbe sensibilmente cambiato e
sarebbero state superate le circostanze che, in precedenza, avevano indotto all’assunzione di
determinati provvedimenti nei confronti dei minori. Rimarcano che il sig. C. è stato assunto
con contratto a tempo indeterminato e con una retribuzione mensile pari ad € 1.700; ha
sottoscritto un contratto di locazione per un immobile sito nel centro storico di M. in una
zona ben servita e ben collegata; sottolineano che l’unità immobiliare è stata valutata
positivamente anche dai Servizi; infine, anche la sig.ra C. ha trovato un’occupazione
lavorativa, essendo stata assunta con un contratto a tempo determinato, con una retribuzione
pari ad € 1.350,00 mensili presso un’Enoteca di M. .
investimento affettivo nei confronti della famiglia di origine materna (nonni, zii e cugini) che vive da sempre come un punto di riferimento accogliente e
mai intrusivo. Rispetto ad una prosecuzione degli studi lontano dalla propria famiglia si è espresso coerentemente con la sua età anagrafica in modo
chiaro nel non considerarla una opportunità di crescita, ma solo una fonte di sofferenza (…)
O. : A partire da febbraio 2024 sono stati effettuati incontri di monitoraggio con la minore (dott.sa B.). (…) Negli incontri successivi ha riconosciuto
come positivi i momenti con l’educatrice domiciliare; in relazione, invece, ai colloqui con la scrivente, da un lato ha ribadito di non averne tanta
voglia, dall’altro ha verbalizzato che le sembra possano servirle perché è un luogo in cui poter parlare di sé e delle proprie emozioni. Dai colloqui con
la minore emerge un sentimento di sano, positivo e adeguato senso di appartenenza al proprio nucleo familiare: parla della mancanza del babbo
che vive distante, dei momenti speciali con la mamma quando il venerdi sono fuori solo loro due a pranzo, dei rapporti con i fratelli, degli animali
domestici di famiglia e del dispiacere per la recente morte di un loro cagnolino, del desiderio di vivere tutti insieme in una casa che sia “la loro
casa”. Emerge un legame affettivo con la nonna, con qualche nota di gelosia per la maggiore attenzione che avrebbe per il fratello G. ; descrive con
piacere le attività svolte con lei, ma più volte segnala che le piacerebbe che anche i genitori potessero partecipare (p.e. viaggio a Parigi, matrimonio
della zia E. ). Esprime una comprensibile tristezza per le relazioni difficili tra gli adulti e per l’incertezza rispetto a quanto verrà deciso dal
Tribunale.(…)”.
2) In secondo luogo, parte reclamante, richiamando la Relazione dei Servizi di M. del
12.03.2024, insiste sulla piena idoneità genitoriale e sulla forte motivazione e attivazione per
un cambiamento evolutivo mostrato anche dalla sig.ra C. , circostanze, queste che, a suo dire,
non sarebbero state valutate dal Giudice di prime cure.
3) Infine, parte reclamante ritiene che il provvedimento impugnato meriti di essere riformato
poiché ometterebbe di considerare il concreto interesse dei minori. In particolare, il Giudice
di primo grado impendendo la piena e pratica realizzazione del progetto di vita proposto dai
genitori e ritenuto, altresì, idoneo dai Servizi5, avrebbe impedito la realizzazione delle
proposte più tutelanti per i minori.
2. In data 30.08.2024, si è costituito il Curatore Speciale della minore O. , avv. Giada S.
Andriolo: in primo luogo, deducendo l’inammissibilità del reclamo, poiché proposto avverso un
provvedimento non modificativo o peggiorativo della situazione familiare de quo; in secondo luogo,
sottolineando la mancata conclusione della fase istruttoria nel procedimento di primo grado; infine,
ribadendo le proprie perplessità circa i vantaggi di un eventuale trasferimento del nucleo familiare a
M. .In particolare, il Curatore ha evidenziato come, da un lato, non possa considerarsi
“sovrapponibile il desiderio dei figli di stare con i genitori con il desiderio di trasferirsi a M. ” e
dall’altro, come le istanze di autonomia del nucleo C. risultino ancora disattese dai genitori che non
riescono a rendersi del tutto indipendenti dalla nonna paterna, (cfr. costituzione, pag. 17).
Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra, il Curatore ha formulato le seguenti conclusioni: “In via
preliminare e principale:
– rigettare il reclamo proposto in ragione della propria inammissibilità e/o improcedibilità e/o della
propria infondatezza in fatto e in diritto, non apparendo la domanda funzionale all’attuale
protezione degli interessi dei Minori, con conseguente integrale conferma del provvedimento
impugnato; Firmato
In via subordinata, nel caso in cui la Corte d‘Appello adita ritenesse di accogliere il reclamo:
– disporre in urgenza l’integrazione d’indagine sul ramo genitoriale materno, che dovrebbe essere di
supporto al nucleo familiare, nell’ambito del c.d. progetto M. ;
– assumere sommarie informazioni dai nonni paterni in merito a quanto riferito da O. nel corso
delle vacanze estive sulla scuola e sull’ipotesi di trasferimento;
– Pur nella consapevolezza dei confini della cornice giuridica del procedimento in fase di reclamo,
disporre un supplemento/aggiornamento della C.T.U. espletata nel procedimento R.G. 2457/2020
avanti il Tribunale per i Minorenni di M. , con specifico ma non esclusivo focus sulla libera
determinazione dei Minori e sul loro benessere anche evolutivo.
Con ogni più ampia riserva”.
3. In data 30.08.2024, si è costituito il Curatore Speciale dei minori G. e F. , avv. Fabio Ray, che
ha dedotto quanto segue: in primo luogo, l’inammissibilità del reclamo proposto dai genitori per
“inesistenza dei presupposti giuridici” e “per errata individuazione del rimedio nonché del Giudice”;
5 “Tale trasferimento permetterebbe di avviare un processo di reale emancipazione dei genitori, che si assumerebbero
la responsabilità di agire e di scegliere per il benessere dei loro figli, all’interno di una cornice giuridica tutelante. Al
contrario, il permanere nella condizione attuale, all’interno di un sistema familiare in cui non vi è una netta separazione
tra i ruoli genitoriali e quelli dei nonni paterni, impedirebbe ai genitori di raggiungere quella indipendenza economica e
psicologica necessaria ad un adeguato svolgimento delle funzioni genitoriali e di consolidamento di sé, con ulteriori
ricadute sul benessere psicologico dei tre figli […] Il trasferimento del nucleo familiare a M. , come da progetto
presentato dai genitori, agevolerebbe la differenziazione tra il ruolo dei genitori e quello dei nonni, garantendo ai
minori il bisogno di appartenenza al proprio nucleo familiare, salvaguardando il rapporto con i nonni in una dimensione
differente da quella normativa/educativa.
La permanenza nel medesimo contesto cittadino renderebbe più complessa la riappropriazione del ruolo genitoriale
tenuto conto dell’eventuale mancanza di fiducia che più volte la nonna paterna ha espresso nei confronti del figlio e
della nuora , anche alla presenza degli operatori”, (Cfr. Relazione ASST Santi P. e C. , pagg. 6 ss.).
l’improcedibilità del reclamo per omessa notifica al P.M.; l’inammissibilità del reclamo perché
proposto avverso un provvedimento carente di elementi di novità. In secondo luogo, nel merito, il
Curatore Speciale ha affermato l’impraticabilità del progetto di trasferimento a M. , in quanto
“carente di ogni presupposto soggettivo o oggettivo”6.Infine, il Curatore Speciale ha ribadito che
“non è affatto sufficiente rappresentare i vantaggi del trasferimento per i genitori (cd.
“affrancamento”) neppure spacciandoli come vantaggi indiretti per i minori, ma è imprescindibile
rappresentare quali sono i concreti vantaggi per i minori nel trasferirsi a M. ”. Più nello specifico, il
Curatore ha evidenziato la preminenza degli interessi dei minori su quelli dei genitori, evidenziando,
in particolar modo, la delicata situazione scolastica del minore G. , non ammesso, per la seconda
volta, alla classe terza del liceo classico. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, l’avv. Ray ha
concluso come segue: “che Codesta Ecc.ma Corte voglia:
In via preliminare e principale:
– rigettare il reclamo proposto in ragione della propria inammissibilità e/o improcedibilità e/o della
propria infondatezza in fatto et in diritto, con conseguente integrale conferma del provvedimento
impugnato;
In via subordinata e nella denegata ipotesi in cui la Ecc.ma Corte ritenesse di accogliere il
Reclamo:
– disporre in urgenza l’integrazione d’indagine sul ramo genitoriale materno, che dovrebbe essere di
supporto al nucleo familiare, nell’ambito del c.d. progetto M. ;
– assumere sommarie informazioni dai nonni paterni circa quanto riferito loro da G. e F. e anche
dalla cugina G. in merito a quanto riferitole da G. nel corso dell’estate in merito a scuola,
trasferimento, progetti e quotidianità in M. ;
– disporre un aggiornamento della CTU effettuata nell’ambito della procedura r.g. 2457/2020 avanti
il Tribunale per i Minorenni di M. con specifico ma non esclusivo focus sulla libera determinazione
dei minori e sul loro benessere anche evolutivo.
In ogni caso:
– valutare di procedere all’ascolto dei minori richiedenti G. e F. C. e, ove ritenutane l’opportunità
e/o la necessità, anche eventualmente con l’assistenza dell’ausiliario esperto ex art 473 bis 5 c.p.c.”.
4. In data 1.09.2024, si sono costituiti i nonni paterni, R. M. (C.F. Rpsmcr53b49f205d) E B. M.
C. affermando: in primo luogo, l’inammissibilità del reclamo ex adverso proposto “per genericità
dell’individuazione dei punti contestati del provvedimento reclamato e delle relative doglianze” e
“per carenza dei presupposti necessari alla reclamabilità”, dato che il provvedimento reclamato non
sarebbe modificativo, bensì confermativo di una situazione già in essere. Nel merito, i resistenti
hanno insistito sulla correttezza della decisione del Giudice di prime cure e sulla fondamentale
importanza dell’attività istruttoria ancora in corso innanzi al T.M.7 Nello specifico, i nonni paterni
hanno evidenziato la provvisorietà della vita a M. e le conseguenze negative che ne discenderebbero
6 “L’inconsistenza/fragilità di questo progetto è attestata oggi dal fatto che nel reclamo si legge dell’ipotesi di
assunzione presso altro e diverso ristorante. Il contratto di locazione è ad uso transitorio […] Il contatto di lavoro della
madre è a tempo determinato (quindi non certo “stabile” come si legge nell’istanza) – nessuna garanzia di stabilità
economica oltre il semestre. Le attività ludico-ricreative offerte da M. riportate nel progetto (cfr. doc. 1 allegato alla
memoria 24.07.24) e quindi nell’istanza, non implicano l’effettiva frequentazione da parte dei ragazzi che, di fatto, ad
oggi non svolgono attività alcuna (eccezion fatta per il calcio di G. ), non essendo evidentemente stati adeguatamente
incentivati nè motivati sull’importanza di tali attività sportive e/o culturali”, (cfr. comparsa di costituzione, pag. 9).
7 “Il percorso presso il Centro M. S. , iniziato prima dell’estate, si è finalmente attivato dopo il grave inadempimento
dell’Ente rispetto alle indicazioni del provvedimento definitivo che già prevedeva fra gli incarichi un lavoro sulle
relazioni intrafamiliari volto a mettere al centro i ragazzini per la costruzione di un progetto capace di preservare tutte
le relazioni affettive nonché garantire ai minori l’accesso a opportunità di vita alle quali hanno diritto.
Il giudice di prime cure ha correttamente ribadito l’importanza dello svolgimento proficuo del percorso, che tuttavia è
stato già alterato da “dinamiche processuali tipicamente contenziose nuovamente oggi sollecitate, prematuramente ed
inaspettatamente, dagli operatori del C.F. prima e dai genitori poi”, (cfr. comparsa di costituzione, pag. 15).
ai danni dei tre minori8, insistendo sull’attuale incapacità dei genitori di costruire un percorso di vita
con una prevedibilità tale da mettere in sicurezza i figli. Infine, con riferimento alle vicende
giudiziarie che hanno coinvolto la famiglia i nonni paterni hanno evidenziato un atteggiamento
vittimistico e non collaborativo assunto dai genitori, che, dunque, si sarebbero mostrati, ancora una
volta, incapaci di perseguire i reali interessi dei tre figli minori.
Dunque, i nonni paterni hanno concluso come segue:
“che Codesta Ecc.ma Corte voglia:
– in via preliminare: dichiarare l’inammissibilità del reclamo per i motivi di diritto esposti in
narrativa;
– nel merito: – rigettare le domande proposte dai reclamanti in quanto infondate e inammissibili e
per l’effetto confermare nella sua interezza l’impugnato decreto n. 7148/2024 emesso in data 25
luglio 2024 dal Tribunale per i minorenni – Giudice delegato Dr.ssa Marino, nell’ambito del
procedimento R.G. 834/2024. – condannare i signori C. e C. al pagamento delle spese processuali
ex art. 96 c.p.c.
– In subordine: nella denegata ipotesi in cui Codesta Ecc.ma Corte ritenesse ammissibile il reclamo
e necessario acquisire ulteriori elementi per provvedere, disporre un aggiornamento della
consulenza tecnica d’ufficio svolta nell’ambito della procedura r.g. 2457/2020”.
5. In data 3.09.2024, il PG ha espresso “parere favorevole alla conferma del provvedimento
impugnato, con rigetto del reclamo”. In particolare, il PG – valutata la situazione familiare
complessiva, nonché l’aspro conflitto genitori-nonni, l’incompletezza dell’attività istruttoria del
giudizio pendente innanzi al T.M., il mancato ascolto dei minori fino alla data odierna e considerate
le fragilità dei tre minori stessi, ha motivato il suddetto parere sulla base delle seguenti
argomentazioni: “si ritiene che il trasferimento dei minori con la coppia genitoriale a M. , secondo il
progetto presentato dai genitori (e sostenuto dagli operatori) non appaia rispondente all’interesse
preminente dei minori, come argomentato dal Tribunale. Si condividono altresì le forti
preoccupazioni sul benessere dei minori, vittime di un conflitto di lealtà, che si trovano in una
situazione a rischio evolutico per mancanza di adeguata tutela genitoriale, come indicato
concordemente nelle comparse dei curatori speciali. […] la domanda di trasferimento riproposta
dai genitori nelle forme di reclamo appare strumentale, traducendosi nell’ennesima reiterazione
dell’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione al trasferimento dei minori in Toscana, presentata in
più occasioni, sia al TM che al GT, istanza sempre rigettata, perché non adeguata, né tutelante per il
benessere dei minori”.
6. In data 5.9.24 i curatori con note distinte hanno riferito, in ordine alla mancata partecipazione del
Minore G. C. alle prove d’esame di amissione al liceo linguistico S. C. . in data 03 settembre 2024.
7. In data 10.9.24 hanno depositato note scritte sia i reclamanti che i reclamati.
8 “La provvisorietà tocca ancora ogni aspetto della vita non solo dei genitori, ma in primis dei figli.
I tre minori, che da anni ormai cambiano casa a seconda delle stagioni (ospiti dei nonni paterni nei mesi invernali
perché i genitori non garantiscono il riscaldamento), anche quest’anno vivono l’imprevedibilità di non sapere dove
abiteranno, quali scuole frequenteranno e con chi vivranno. I tre ragazzini permangono coinvolti in segreti e rinunce
personali affettive e progettuali. I genitori continuano a muoversi in spregio alle decisioni dell’Autorità giudiziaria
(come peraltro già avvenuto) e persistono nel loro intendimento a scapito dei propri figli. Questo emerge C. mente
ancora oggi dal contenuto del reclamo che non supera le riflessioni critiche svolte dai nonni, dai curatori e in ultimo dal
Tribunale sui punti di scuola, salute e affettività dedotti puntualmente negli ultimi scritti. Seguirà nel presente atto la
disamina e un aggiornamento su una delle tematiche più di significato per i ragazzini, ossia la scuola, esemplificativa
dell’atteggiamento manchevole dei genitori: le proposte scolastiche non tengono in nessun conto l’individualità dei figli,
la continuità e un’idea prospettica, almeno per loro, sul futuro”.
8. In data 11.09.2024, è pervenuta nota di aggiornamento da parte del curatore dei minori G. e F.
C. , Avv. Fabio Ray, da cui si legge che: “lo scrivente Curatore ritiene essenziale aggiornare la
Corte Ecc.ma in merito agli eventi dedotti con la precedente nota del 04.09.24 […] ciò che appare di
una gravità assoluta è che la difesa dei genitori nella propria memoria depositata ieri, non solo non
faccia menzione alcuna di tale volontà di G. , ma addirittura insista, anche pervicacemente, a
rappresentare la di lui diversa volontà di trasferirsi a M. per essere ivi iscritto al liceo locale,
giugnendo fino ad insinuare oscure macchinazioni da parte del Curatore (e senza neppure avvedersi
che i dubbi e la perplessità del Curatore circa la volontà di G. rappresentata dai genitori e/o per
essi dai suoi difensori e/o ASST erano evidentemente ben più che fondati)”
9. All’udienza 12 settembre 2024, tenutasi con modalità cartolare, la Corte se è riservata sulla
scorta delle allegazioni in atti.
********
II. MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1 LA ECCEZIONE DI INAMMISSIBIILTÀ
RILEVATO che preliminarmente va affrontata la questione dell’ammissibilità del reclamo che
comporta l’esigenza di operare alcune distinzioni sulla scorta della diversa tipologia dei
provvedimenti impugnati, tra loro non assimilabili , al fine di circoscrivere la cognizione devoluta a
questa Corte .
– Con riferimento al Decreto Definitivo n. 2457/2022 del 2.2.2022, relativo al proc R.G. n.
2457/2020 , il ricorso è manifestamente tardivo ed in quanto tale inammissibile.
– Quanto al Decreto provvisorio dell’8 marzo 2024 – Cron. 1909/2024 – R.G. n. 834/2024 emesso
inaudita alter partem dal giudice monocratico si tratta di provvedimento per legge non impugnabile
.In tal senso depone il disposto di cui all’art 473 bis 15 cpc secondo cui – “In caso di pregiudizio
imminente e irreparabile o quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione
dei provvedimenti, il presidente o il giudice da lui delegato, assunte ove occorre sommarie
informazioni, adotta con decreto provvisoriamente esecutivo i provvedimenti necessari nell’interesse
dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, delle parti. Con il medesimo decreto fissa
entro i successivi quindici giorni l’udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti
adottati con il decreto, assegnando all’istante un termine perentorio per la notifica”. La
Cassazione ha individuato l’ambito di operatività dell’istituto ( cfr. Cass. n .1168 in data 21 marzo
2024 ) affermando che “Ad ampliamento della disciplina dei contenuti del decreto presidenziale, la
norma consente al presidente, o al giudice da lui delegato, in caso di pregiudizio imminente ed
irreparabile al diritto o di pregiudizio all’attuazione della misura, di adottare provvedimenti
opportuni, assunte quando occorre sommarie informazioni, prima ancora che sia suscitato il
contraddittorio, salvo, poi, fissare un’udienza entro i successivi quindici giorni nella quale
riesaminare la situazione e confermare, modificare o revocare le misure adottate;9.” “ E pacifica
9 L’interesse tutelato prioritariamente dalle nuove norme è, infatti, quello del minore, cioè un interesse, la cui
realizzazione dipende dall’attuazione di obblighi a carattere prevalentemente personale, che impongono che il potere-
dovere di adottare provvedimenti provvisori con funzione cautelare, il potere-dovere di regolare in via definitiva il
rapporto controverso, nonché il potere-dovere di garantire sul piano esecutivo il rispetto delle decisioni assunte spettino
tutti al medesimo giudice, che rappresenta l’unico punto di riferimento da cui si irradia la tutela giurisdizionale nelle tre
tradizionali direttrici tipiche (dichiarativa, esecutiva e cautelare), secondo un principio di tutela giurisdizionale globale
dell’interesse del minore. L’aderenza della disciplina positiva a tale principio assicura, infatti, che tale interesse sia
preso in cura dalla giurisdizione con provvedimenti costantemente adeguati alla mutevolezza del rapporto giuridico
tutelato, evitando – così – che venga esposto al rischio di subire pregiudizi non più riparabili».” L’art. 473-bis.15 cod.
la non reclamabilità del provvedimento indifferibile reso con decreto inaudita altera parte (in
quanto equiparabile ai provvedimenti endoprocedimentali, ovvero quei provvedimenti che si
caratterizzano dalla previsione di un termine finale di efficacia, come appunto nel caso previsto
dall’art. 473-bis.15 cod. proc. civ. che prevede la fissazione di un’udienza per la loro conferma,
modifica o revoca). ( cfr. Cass n .1168 in data 21 marzo 2024 ) Nella specie il decreto in esame è
stato oggetto di conferma ed è quindi assorbito dal successivo provvedimento collegiale emesso in
data 3.4.24 sicché il reclamo è parimenti inammissibile .
-Con specifico riferimento al Decreto Collegiale del 3 aprile 2024 – R.G. n. 834/2024, si tratta di
decreto con cui il giudice di prime cure ha provveduto , segnatamente confermandoli , in ordine ai
provvedimenti indifferibili ex art 473 bis 15 cpc .Nella specie nulla questio circa la ammissibilità
del reclamo che è espressamente prevista .10”.L’esigenza di provvedimenti indifferibili anche nel
corso del giudizio può dipendere dall’inidoneità degli istituti preesistenti (artt. 337-ter, comma 3,
terzo periodo, cod. civ. e 709-ter, comma 1, cod. proc. Civ) a fronteggiare situazioni, potenzialmente
pregiudizievoli, che si verifichino dopo la prima udienza (si pensi, ad esempio, ai contrasti tra i
genitori sulle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, che, investendo diritti primari del
proc. civ., come si è già anticipato, consente oggi (diversamente da quanto era possibile in base alla previgente
disciplina, essendosi colmato, così, un grave vuoto di tutela che andava a verificarsi in una fase in cui, oltretutto, vi è
l’assoluta esigenza di agire con tempestività), fin dal momento del deposito del ricorso introduttivo (in quest’ottica,
dunque, è innegabile che si sia al cospetto di provvedimenti resi in corso di causa. Quanto, poi, alla possibilità, o non, di
ammettere tali provvedimenti pure ante causam, vale a dire ancor prima del deposito del ricorso di cui all’art. 473-
bis.14 cod. proc. civ., non si ritiene di potere/dovere prendere espressamente posizione in questa sede, stante il già
rimarcato perimetro dell’indagine richiesta dalla ordinanza di rinvio pregiudiziale) alla parte – ma, evidentemente,
anche al giudice, d’ufficio, laddove rilevi la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma – di chiedere la pronuncia
dei provvedimenti “indifferibili” in presenza di un “pregiudizio imminente e irreparabile o quando la convocazione
delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione dei provvedimenti”. Ove ricorrano tali ipotesi, il presidente o il giudice
delegato, “assunte ove occorre sommarie informazioni, adotta con decreto provvisoriamente esecutivo i provvedimenti
necessari nell’interesse dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, delle parti”, fissando entro i successivi
quindici giorni l’udienza per la conferma, la modifica o la revoca degli stessi. . L’assonanza di tale previsione col
disposto, da un lato, dell’art. 700 cod. proc. civ. e, dall’altro, dell’art. 669-sexies del medesimo codice è palese e
dimostra, dunque, non solo la natura cautelare di detti provvedimenti (pressoché riconosciuta da tutti i commentatori
della riforma) ma pure che la previsione di cui all’art. 473-bis.15 di cui si discute deve trovare applicazione laddove
l’urgenza di provvedere al fine di salvaguardare le situazioni giuridiche soggettive interessate è massima e tale da non
potersi attendere l’udienza prevista dall’art. 473 bis.21 cod. proc. civ..
10 il tema della reclamabilità, o non, ed eventualmente in quali limiti, del medesimo provvedimento, reso in forma di
ordinanza, che, appunto, confermi, modifichi o revochi il decreto predetto, impone di stabilire innanzitutto, se
l’ordinanza con tale contenuto debba essere pronunciata dal tribunale in composizione monocratica (lo stesso, cioè, che
ha emesso il decreto inaudita altera parte) o collegiale (come sostenuto, invece, da autorevole dottrina sul presupposto
che «ai sensi dell’art. 473-bis.1 c.p.c., […], nel procedimento “unificato” in materia di stato delle persone, minorenni e
famiglie “il tribunale giudica in composizione collegiale”. Non è revocabile in dubbio che l’udienza per la conferma,
modifica o revoca del decreto debba tenersi davanti al medesimo giudice monocratico (presidente o giudice delegato)
che lo ha emesso, deponendo in tal senso sia il dato normativo, che non richiede che l’udienza ad hoc sia fissata davanti
ad altri, sia la pacifica interpretazione ed applicazione del corrispondente passo dell’art. 669-sexies, comma 2, cod.
proc. civ.. In questa direzione, del resto, sembra porsi pure lo schema di decreto legislativo correttivo (approvato nel
corso del Consiglio dei Ministri dello scorso 16 febbraio) della cd. Riforma Cartabia che, per quanto qui di rilievo,
prevede, all’art. 3, comma 6, lett. c), che: “all’articolo 473-bis.15: 1) al primo comma, secondo periodo, dopo le parole
«fissa entro i successivi quindici giorni l’udienza» sono inserite le parole «davanti a sé»”, altresì leggendosi, nella
corrispondente Relazione illustrativa, che “si apportano modifiche all’articolo 473-bis.15, al fine di chiarire alcuni
dubbi sorti tra i primi interpreti e rendere più snello il procedimento relativo all’adozione dei provvedimenti indifferibili
senza per questo ridurre le garanzie per le parti. “Alla stregua della premessa ritiene la Suprema Corte che “ i
provvedimenti indifferibili siano piuttosto assimilabili ai provvedimenti cautelari, con conseguente applicazione
analogica dell’art. 669-terdecies c.p.c. In tal senso depone la relazione illustrativa al d.lgs. 149/2022 che, rispetto all’art.
473-bis.15 c.p.c., prevede che “(…) Trattandosi di misure urgenti, aventi natura cautelare, è così mutuata la disciplina
dell’art. 669 sexies, 2° comma, c.p.c. ( cfr. sentenza n .1168 in data 21 marzo 2024 )” »
minore, hanno sempre, in astratto, carattere di urgenza). 11Non è questa la sede per inserirsi
nell’ampio dibattito che attiene alla generale reclamabilità o meno dei provvedimenti indifferibili
adottati dal giudice di prime cure . Ci si chiede, infatti ,se avverso l’ordinanza di conferma,
modifica o revoca dei provvedimenti ex art. 473-bis.15 c.p.c. sia consentito il reclamo, in ogni caso
,ovvero, esclusivamente nell’ipotesi in cui il contenuto di questi ultimi coincida con quello dei
provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 473-bis.24 c.p.c., e, dunque, ove detti provvedimenti
sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano
sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano
l’affidamento a soggetti diversi dai genitori . L’opinione più diffusa si esprime per l’ammissibilità
del reclamo avverso i provvedimenti indifferibili ex art. 473-bis.15 c.p.c., quantomeno nelle materie
di cui al all’art. 473-bis.24, comma 2, c.p.c. purché sospendano o introducano sostanziali limitazioni
alla responsabilità genitoriale sulla scia della tesi ,che sui medesimi presupposti afferma la
generale reclamabilità di tutti i provvedimenti emessi in corso di causa – ivi compresi, dunque, i
provvedimenti indifferibili –laddove il ricorso al reclamo si giustifichi in ragione della sottostante
esigenza di evitare un pregiudizio per il minore . La giurisprudenza citata, in un’ ampia ricognizione
dell’ambito di rilevanza non solo processsuale ma anche sostanziale del reclamo ex art 473 bis -24
cpc, si è espressa in tal senso precisando che «In tema di procedimento in materia di persone,
minorenni e famiglie di cui al Titolo IV-bis del Libro secondo del codice di rito, introdotto dal d.lgs.
n. 149 del 2022, avverso l’ordinanza di conferma, modifica o revoca dei provvedimenti indifferibili
resi, inaudita altera parte, ex art. 473-bis.15 cod. proc. civ. è consentito il reclamo, da proporsi
innanzi alla corte di appello, esclusivamente nell’ipotesi in cui il contenuto di questi ultimi coincida
con quello dei provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 473-bis.24 cod. proc. civ., e, dunque, ove
sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano
sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano
l’affidamento a soggetti diversi dai genitori. “.( In senso conforme anche Cass. ord. 19 marzo 2024,
n. 7311 secondo cui : “Sono impugnabili e ricorribili per cassazione i provvedimenti sulla
decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale, benché non definitivi o conclusivi del
procedimento, in quanto influenzano in modo stabile l’esercizio della responsabilità genitoriale. I
decreti de responsabilitate hanno carattere decisorio e definitivo, in quanto incidono su diritti di
natura personalissima di priM. rango costituzionale, essendo modificabili e revocabili soltanto per
la sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, quindi idonei ad acquistare efficacia di
giudicato”).”Di conseguenza intanto sussiste la cognizione del giudice del reclamo ex art 473 bis 24
cpc in quanto il provvedimento anche provvisorio, adotti statuizioni limitative della responsabilità
genitoriale.
Nella specie dirimente è il rilievo che il provvedimento in esame si limita a confermare le statuizioni
già adottate con l’originario Decreto Definitivo n. 2457/2022 del 2.2.2022 senza introdurre
restrizioni di alcun genere. Infatti, l’attribuzione di compiti sostanziali ai curatori ai sensi dell’art
473 bis -8 cpp, ivi contenuta, era già prevista nell’originario decreto definitivo e il provvedimento de
quo si è limitato a definire i predetti incarichi.
– Per quanto attiene al provvedimento ex art 473 bis 22 comma II cpc vale a dire il Decreto emesso
in data 25 luglio 2024 dal Tribunale per i Minorenni di M. , Presidente Dott.ssa Elly Marino, nel
procedimento R.G. n. 834/2024– come sopra ricordato il reclamo è ammissibile «contro i
provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali
limitazioni alla responsabilità genitoriale, nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche
dell’affidamento e della collocazione dei minori ovvero ne dispongono l’affidamento a soggetti
11 “L’ipotesi, che prima della riforma era disciplinata dagli artt. 337-ter, comma 3, terzo periodo, cod. civ. e 709-ter,
comma 1, cod. proc. civ., ora non è espressamente contemplata dalle nuove norme, sicché lo strumento da utilizzarsi per
risolvere la questione può ricercarsi anche (e proprio) nella richiesta di un provvedimento indifferibile”. ( cfr. sentenza
n .1168 in data 21 marzo 2024 )” »
diversi dai genitori» (art. 473-bis.24, comma 2, c.p.c Nella specie il provvedimento esorbita
dall’ambito di operatività della disciplina invocata laddove il primo giudice non solo si limita a
“confermare” le statuizioni limitative adottate in precedenza , ma senza stabilire ulteriori e diverse
prescrizioni rispetto a quelle già adottate in altre sedi , con espressa “ riserva di ogni ulteriore
provvedimento “ ha disposto in via interlocutoria ulteriori adempimenti istruttori e di supporto (
vedasi istanza concorde delle parti ex art 473 bis -26 cpc e relativo provvedimento ) .
Pertanto anche sotto il profilo che attiene ai provvedimenti interinali di cui al proc R.G. n. 834/2024
il reclamo è inammissibile.
2.2 LE ISTANZE ISTRUTTORIE
RITENUTO che quanto alle le verifiche chieste da più parti, seppure a fini contrapposti, non
possono essere espletate in questa sede, sia perché incompatibili con il rito di cui infra sia perché
potenzialmente sovrapponibili a quelle già in corso. La questione sollevata ,in particolare dai
curatori ( che hanno chiesto anche disporsi CTU) relativa alla necessità che vengano svolti
approfondimenti istruttori, si salda con il tema più generale relativo all’ambito di operatività della
norma in questione alla luce della nozione restrittiva attribuita dal legislatore ai poteri istruttori del
giudice in sede di reclamo. L’ambito della cognizione devoluta al giudice del reclamo art. 473bis.24,
c.p.c segnatamente con specifico riferimento al comma 1 della medesima disposizione, è
espressamente circoscritta Infatti a norma del comma terzo dell’art. 473-bis.24, c.p.c., è limitato alle
deduzioni e produzioni che le parti hanno tempestivamente introdotto innanzi al giudice che ha
emesso il provvedimento reclamato; eventuali circostanze sopravvenute dovranno essere sottoposte
alla cognizione di quel giudice, con l’unica eccezione di sommarie informazioni che possono essere
assunte a titolo di integrazione istruttoria solo laddove ciò risulti essere attività indispensabile (non
anche meramente opportuna o necessaria) alla decisione. Tali provvedimenti restano sempre
modificabili, ma solo in presenza di nuovi accertamenti istruttori o di fatti sopravvenuti (art.
473bis.23 c.p.c.) invocati nella specie dai reclamanti .Pertanto la possibilità di procedere ad una
forma sommaria di istruzione quale quella prevista ex art 473 bis c 24 cpc indurrebbe ad escludere
che il giudice del reclamo sia chiamato ad un mero controllo – per così dire – ab externo della
decisione, essendo legittimato ad una ricostruzione diretta del fatto storico sulla base delle sommarie
informazioni .Tuttavia l’inciso che espressamente circoscrive ai casi in cui sia strettamente
“indispensabile” ,lo spazio per l’attività istruttoria che va ,comunque, limitata alle mere
“informazioni”, per di più “ sommarie”, dimostra come in ultima analisi ,debba essere privilegiata
la rapidità della decisione anche al fine di evitare sovrapposizioni nell’ambito del medesimo
procedimento. In altri termini, anche se la riforma ha espressamente previsto la reclamabilità dei
provvedimenti l’intervento del giudice di appello nel corso di un procedimento di primo grado
dovrebbe essere connotato da estrema cautela, onde non travolgere l’attività istruttoria in corso
avanti al Tribunale, unico organo giudiziario competente sul merito del procedimento in corso ed
evitare il rischio di pronunce contrastanti .Ciò premesso ad avviso di questa Corte non spetta al
giudice del reclamo decidere ex art 473 bis 24 cpc delle istanze istruttorie controverse in causa .Ad
ulteriore conforto della impostazione si qui seguita è l’affermazione contenuta nella pronuncia della
Cassazione n. 11688 del 30.4.24 secondo cui tutte le questioni relative alle istanze istruttorie
restano devolute alla cognizione del Collegio ex art 177 cpc (ove si legge “ In questa parte
l’ordinanza non è reclamabile ma, secondo il regime generale sancito dall’articolo 177 cod. proc.
civ., sarà sempre revocabile o modificabile e lo sarà comunque nel caso di ricorrenza di fatti
sopravvenuti).
Rispetto alle statuizioni fin qui adottate un diverso provvedimento della Corte, diretto a stabilire
ulteriori adempimenti o presidii, provocherebbe una indebita sovrapposizione con le determinazioni
interinali la cui esecuzione è già in corso, e determinerebbe con pregiudizio per le risultanze degli
interventi con il rischio che vengano falsificati e vanificati gli accertamenti istruttori già disposti
suscettibili di verifica entro un ristretto arco temporale ( udienza istruttoria al 22.11.24)
Pertanto, il reclamo va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
***
III. P. Q. M.
La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando, sul reclamo proposto da R. V. C. e C. C. S.
nei confronti di R. M. e B. M. C.
I. RESPINGE il reclamo proposto da R. V. C. e C. C. S.
II. CONDANNA R. V. C. e C. C. S. corrispondere in favore di R. M. e B. M. C. le spese
di lite che liquida in euro 1200 ,00 oltre accessori.

No all’addebito della separazione se la violazione dei doveri coniugali è conseguenza del deterioramento del rapporto.

Tribunale di Savona,
sentenza del 29 luglio 2023, Est. Dott. Davide Atzeni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE DI SAVONA
Composto dai Sigg.ri Magistrati:
Dott. D. E ATZENI Presidente Rel.
Dott. STEFANO POGGIO Giudice
Dott. GIOVANNI MARIA SACCHI Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento iscritto al n. 2013 del Ruolo Generale dell’anno 2021 vertente
TRA
C. P., rappresentato e difeso dall’Avvocato A. M. D. S. con studio in Santa Maria Capua Vetere
(CE);
RICORRENTE
E
M. B. , rappresentata e difesa dall’Avvocato Marzio Bini con studio in Genova;
RESISTENTE
E
C. M. e C. D., in persona del Curatore Speciale Avvocato L. V., rappresentati e difesa
dall’Avvocato L. V. ed elettivamente domiciliati in Loano, via Ghilini n° 51
TERZI INTERVENUTI IN GIUDIZIO
E con l’intervento del Pubblico Ministero, rappresentato dal Procuratore della Repubblica in sede
OGGETTO: separazione giudiziale
CONCLUSIONI: come in atti
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le risultanze processuali permettono di affermare con certezza che la prosecuzione della
convivenza tra i coniugi M. B. e C. P. era ormai divenuta intollerabile. Tanto si evince dalle
decise e categoriche affermazioni in proposito di entrambe le parti e dalle accuse che si rivolgono
con i rispettivi scritti difensivi. Ne consegue che deve essere dichiarata la separazione giudiziale dei
coniugi M. B. e C. P.
Per quanto concerne le domande di addebito, si rileva che la pronuncia di addebito a norma dell’art.
151 co^2 c.c. postula, non soltanto il riscontro di un comportamento consapevolmente contrario ai
doveri nascenti dal matrimonio, ma anche l’accertamento che a tale comportamento sia causalmente
ricollegabile il deterioramento del rapporto coniugale e la situazione di intollerabilità della
prosecuzione della convivenza: Cass. civ. 4656/86; Cass.civ., sez. I 21/8/97 n. 7817; Cass.civ. sez. I
11/12/98 n. 12489; Cass. civ. sez I . 18/3/99 n. 2444; Cass. civ. sez. I 9/6/2000 N. 7859). Di fronte a
rappresentati comportamenti di uno dei coniugi contrari ai doveri nascenti dal matrimonio, il
giudice non dispone di un potere-dovere di disporre d’ufficio mezzi istruttori, in quanto non è
consentito derogare alle regole generali sull’onere della prova se non nei casi in cui tale deroga sia
giustificata da finalità di ordine pubblicistico, come nell’ipotesi di provvedimenti relativi
all’affidamento dei figli ed al contributo al loro mantenimento ex art. 155 codice civile. Al fine di
decidere sulla domanda di addebito il giudice è tenuto ad esaminare la condotta di entrambi i
coniugi.
Entrambi i coniugi hanno proposto domanda di addebito, ciascuno adducendo comportamenti ed
atteggiamenti ostili, irrispettosi, offensivi e comunque violativi dei doveri coniugali da parte
dell’altro. In particolare il ricorrente ha dedotto – tra l’altro – che la moglie avrebbe violato il
dovere di fedeltà coniugale, avendo conosciuto “tra l’anno solare 2020 ed il 2021” (cfr la memoria
istruttoria del 1.3.2022 da esso depositata ai sensi dell’art.183 n° 2 c.p.c.) un altro partner (tale Sig.
C. P. residente in provincia di Caserta) presso l’ospedale Gaslini di Genova ove era ricoverato il
primo figlio della coppia M. , poi ivi deceduto in data 4.6.2021, partner presso il quale essa, a
seguito del decesso di M. , si è recata ad abitare portando con sé i figli minori M. e D. La resistente
ha invece lamentato – tra l’altro – che il Sig. C. avrebbe omesso di recarsi a fare visita al figlio M.
in particolare nel secondo periodo di ricovero (tra il 2020 ed il 2021) in cui quest’ultimo, ormai
prossimo al decesso, chiedeva di lui e dei fratelli M. e D. , ed inoltre che il Sig. C. avrebbe omesso
di recarsi a prendere i figli minori presso la struttura sita in Campania ove essi erano rimasti
collocati a seguito della fine del periodo di abitazione (durato peraltro solo pochi giorni) presso la
casa del Sig. P. .
Al riguardo va evidenziato che dalle stesse deduzioni svolte dalle parti nei rispettivi atti difensivi
risulta che la crisi coniugale verificatasi tra di esse e che ha poi condotto all’instaurazione del
presente giudizio è assai risalente, essendo avvenuta già nel periodo immediatamente successivo
alla nascita del figlio D. , nato il _____2011 (cfr quanto dichiarato dal ricorrente alla CTU Dott.ssa
L. T. nel corso dei colloqui peritali: “ad Agosto 2019…..era il periodo che mio figlio M. era in
ospedale poi a Novembre 2019 mio figlio è stato a casa con noi. Prima del ricovero io lavoravo
fuori e tornavo a casa nei weekend a settimane alterne e si litigava sempre. Poi M. è stato
ricoverato il 13 Marzo 2020 e poi da lì non ho più sentito la signora. Quando M. si è aggravato la
nostra situazione era già compromessa……I problemi di coppia pesanti ci sono stati dopo la
nascita di D. …..Ad Agosto 2019…..ho iniziato a dire che mi volevo separare. Sono andato
dall’avvocato ma il legale di mia moglie metteva i bastoni tra le ruote”; cfr inoltre quanto più volte
dedotto dal ricorrente nei propri atti difensivi, da ultimo anche in comparsa conclusionale: “dopo i
primi anni di convivenza, i rapporti tra i suddetti coniugi si sono andati deteriorando, venendo
meno l’affectio coniugalis così da rendere insopportabile l’ulteriore convivenza e, quindi, è venuta
meno l’unione materiale e spirituale tra gli stessi”; cfr poi le deduzioni difensive svolte dalla
resistente, laddove la stessa ha dedotto che la crisi della coppia si è verificata quantomeno a partire
dall’anno 2019, nel corso del quale il Sig. C. ha manifestato la propria volontà di separarsi; essa
inoltre nel corso dell’udienza presidenziale del 28.9.2021 ha espressamente dichiarato: “voglio
separarmi perché io e mio marito già non andavamo d’accordo, poi ha abbandonato me e mio
figlio [M. , n.d.r.] e non potrei mai stare con una persona del genere).
È dunque evidente che tutte le condotte violative dei doveri coniugali asseritamente poste in essere
dalle parti, essendo state tutte commesse in periodi successivi rispetto al momento in cui già si era
verificata l’irreversibile crisi del rapporto coniugale, non possono aver avuto alcuna efficienza
causale nel dare luogo alla crisi medesima; sotto tale aspetto deve essere tra l’altro evidenziata
l’assoluta irrilevanza dei capitoli di prova da esse dedotti nelle proprie memorie istruttorie,
trattandosi per l’appunto di capitoli volti a dimostrare circostanze e condotte che – oltre a risultare
peraltro in buona parte già provate sia dai documenti versati in atti che dalle stesse deduzioni
difensive ed ammissioni su richiamate – non possono in alcun modo aver dato luogo alla rottura del
menàge coniugale per essere intervenute in un momento in cui tale rottura si era già ampiamente
consumata (cfr, ad ulteriore riprova di ciò, le dichiarazioni rese dal Sig. C. al CTU durante le
operazioni peritali laddove esso ha ammesso di aver acconsentito all’abbandono del tetto coniugale
posto in essere dalla moglie all’indomani del decesso del figlio M. , allorquando quest’ultima si è
recata assieme ai figli minori M. e D. ad abitare presso l’alloggio del Sig. P. sito in provincia di
Caserta: “dopo la morte di mio figlio vengo a sapere che mia moglie si è legata con un altro signore
che anche lui aveva il figlio in ospedale, era di Caserta e si chiamava C. P. e poco dopo mia moglie
decide di trasferirsi a Caserta con i due ragazzi e io accetto per non mettere altri disguidi. Ci
sentivamo al telefono tutti i giorni e mia figlia grande non ci voleva stare, si lamentava che mia
moglie li trascurava e stava fuori tutto il giorno”).
Per quanto poi concerne le asserite relazioni extraconiugali che – secondo le deduzioni del Sig. C. –
la resistente avrebbe intrattenuto nel corso della convivenza coniugale (tra le quali quella con un
capocantiere della ditta per la quale esso svolge la propria attività lavorativa), le stesse non risultano
suffragate da alcun elemento di prova, né i capi di prova formulati dal ricorrente erano rivolti a dare
dimostrazione degli assunti da esso svolti al riguardo.
Pertanto, sulla base di tutti gli assunti sinora svolti, va ritenuto che eventuali condotte violative dei
doveri coniugali in ipotesi poste in essere dai coniugi ben possano aver costituito non la causa del
deterioramento del rapporto coniugale e della situazione di intollerabilità della prosecuzione della
convivenza, ma il frutto e la conseguenza di tale situazione e della decisione di entrambe le parti di
non proseguire oltre nel rapporto coniugale.
Le domande di addebito reciprocamente proposte dalle parti devono pertanto essere rigettate.
Venendo ora a trattare delle ulteriori domande conseguenti alla separazione proposte dalle parti, e
per quanto innanzitutto concerne il regime di affido, di collocazione abitativa e di visita dei figli
minori M. e D. , va rilevato che dalla relazione redatta in data 27.4.2023 dal CTU nominato
Dott.ssa L. T. – e peraltro anche dal provvedimento emesso dal Tribunale per i Minorenni di
Genova in data 6.8.2021 e dalle relazioni redatte dai Sevizi Sociali affidatari nel corso del giudizio
– è emersa la sussistenza in capo ad entrambi i genitori dei minori di gravi carenze dal punto di
vista dell’esercizio della responsabilità genitoriale nonché di una elevata conflittualità; conflittualità
che costituisce anch’essa un ostacolo consistente al corretto esercizio della funzione genitoriale da
parte dei Sigg.ri C. e M. , e che allo stato preclude agli stessi ogni possibilità di comunicare e di
gestire i minori in modo adeguato (cfr sul punto l’elaborato peritale redatto dal CTU, ove tra l’altro
si legge: “la famiglia C. /M. si trascina il peso enorme del lutto del primogenito M. deceduto a
causa di una leucemia. Questo evento si viene a sovrapporre ad una relazione di coppia già in crisi
e con una ipotesi di separazione già esplicitata dal C.
L’equilibrio familiare si è sempre basato su una separazione dei ruoli molto chiara: il padre in
trasferta a lavorare e a portare i soldi in casa e la madre in casa ad occuparsi della gestione
completa della casa e dei figli. Questa gestione era presente quando vivevano nella terra natia
vicino alle loro famiglie di origine e si è poi mantenuto anche quando si sono trasferiti in Liguria e
sono rimasti un nucleo famigliare solo ed isolato.
Ma se il C. riesce sempre a ottemperare al suo obiettivo di lavorare e garantire i soldi necessari
alla famiglia, non è possibile dire la stessa cosa per la M. , che ha dimostrato pesanti carenze sia
da un punto di vista affettivo che anche di concreto accudimento basico.
L’affetto e l’amore per i figli non è in discussione ma vi sono negligenze importanti nella gestione
dei ragazzi ed entrambi i genitori risultano trascuranti e abbandonici anche se con modalità
diverse tra loro.
Il sig. C. è un uomo dedito al lavoro, pratico, concreto e poco capace di esprimere la sua affettività
se non con gesti concreti. L’aspetto empatico risulta contenuto.
È poco capace di esprime ed avanzare le sue richieste e i suoi bisogni tanto che non è facile
comprendere il confine tra il non sentirsi in diritto di chiedere e invece l’assenza vera e propria di
un bisogno.
La sua comprensione della realtà è semplice e poco articolata, e non si è evidenziato il bisogno di
comprendere appieno alcune dinamiche familiari (io avevo interrotto i contatti perché mia moglie
non voleva avere a che fare con i miei parenti, a tutt’oggi non so che motivo c’era. Ma la signora
aveva interrotto i rapporti anche con la sua famiglia).
Il suo atteggiamento e i suoi comportamenti sono apparsi scarsamente proattivi, e poco tutelanti la
prole. Ad esempio, quando non si è opposto all’improvvisa decisione della moglie di trasferirsi con
il nuovo fidanzato P. , non si è reso disponibile ad andare a prendere i figli che erano ospiti in
struttura in Campania, o quando non si è attivato per avere tutte le informazioni sulla salute di M.
quando il figlio era in ospedale e si rifiutava di incontrarlo M. era diventato maggiorenne nel 2020
ed io non ho più avuto diritto di avere notizie e quando sono andato in ospedale non mi hanno fatto
entrare e i medici mi hanno detto che madre e figlio avevano firmato un documento per la privacy.
Si è evidenziato un atteggiamento trascurante verso i figli: D. e M. riferiscono delle negligenze
educative e di accudimento della madre che vengono anche confermate dalla zia e non è possibile
pensare che il C. nei suoi rientri a casa nei fine settimana non si sia mai reso conto del ménage
familiare portato avanti dalla moglie visto che i figli direttamente non gli hanno detto mai nulla lei
dava delle regole molto rigide ai miei figli e i ragazzi non parlavano di niente con me perché
avevano paura delle punizioni.
Non si è mai opposto alla locazione dei ragazzi in struttura, vede che stanno bene e l’unica cosa di
cui si lamenta è la logistica il posto dove sono i ragazzi che è lontano dalla città e sono verso le
montagne ed è fuori mano veramente, speriamo che non succeda mai niente perché se nevica
diventa difficile raggiungerli.
Chiede di poter fare i weekend alternati e si augura che anche la madre possa fare altrettanto. Dal
colloquio con i servizi sociali non risulta che abbia mai chiesto direttamente modifiche ampliative
del calendario neanche quando ha avuto il periodo delle ferie estive.
Il rapporto con i figli si esprime solo nel lato ludico e pare esaurirsi negli orari e nei tempi decisi
dal servizio; anche nell’ultimo colloquio non avanza richieste particolari, a differenza invece della
sorella che animatamente chiede, prevaricando il fratello, come se fosse lei il genitore dei ragazzi.
La sig.ra M. appare una donna fragile da un punto di vista emotivo, facile a farsi trasportare e
travolgere dagli affetti anche estemporanei (come quando decide di trasferirsi con il P. ci
trasferiamo ma mi rendo conto che C. non è una persona stabile e dopo una settimana decido di
andare via.) senza tener conto dei dati di realtà e delle conseguenze che le sue scelte possono avere
sugli altri.
La signora appare ancora molto provata dal lutto di M. ed è bisognosa di condividere questo peso
con i suoi figli, cosa che fa senza rendersi conto non solo dell’inadeguatezza del comportamento
ma anche della risposta degli interlocutori. Possiamo dire che la M. appare egoriferita e poco
capace di guardare oltre i suoi bisogni e laddove riesce a vedere l’altro, comunque non ne tiene
conto chiedo di trasferirmi con i bambini in provincia di Caserta con il mio nuovo compagno C. P..
M. non era contenta, C. aveva conosciuto i miei figli all’obitorio.
Dobbiamo dire però, che questo aspetto sta migliorando grazie anche al lavoro con la sua
psicologa dott.ssa M. G. Nei colloqui peritali, la madre è apparsa in grado di comprendere le
diverse esigenze dei due figli e di accettare le diverse disponibilità che i figli hanno verso di lei, in
particolare di accogliere l’ostilità di M. .
Difetta ancora di una corretta comprensione pratica delle cose, ad esempio le informative con i
servizi sociali e gli operatori della comunità hanno avuto delle difficoltà per la scarsa tempestività
delle comunicazioni per le numerose variazioni degli orari di lavoro che impedivano alla madre di
presenziare agli incontri con i figli che erano stati stabiliti.
Ad inizio consulenza, chiede e desidera di avere i suoi figli a casa con lei senza che vi siano i
minimi presupposti concreti atti a rendere possibile questo progetto. Diversamente, in coda alla
perizia pare aver ridimensionato le sue aspettative”).
Sempre dall’elaborato peritale, e più in generale dagli atti di causa, è poi emerso che le gravi
carenze mostrate dalle parti nell’esercizio della funzione genitoriale hanno causato ai figli minori
notevoli problematiche, sofferenze psicologiche ed un generale disorientamento (cfr la relazione
peritale a pagina 33, ove si legge: “M. è una ragazza che porta tutti i segni della trascuratezza e
della negligenza in cui è dovuta crescere ed anche il suo essere adultizzata ne è una conseguenza. Il
suo mondo è diviso nettamente in buoni e cattivi senza nessuna sfumatura, alla mamma non
vengono fatti sconti mentre il papà viene decisamente idealizzato. Vero è che la gestione materna è
stata deficitaria (in comunità mi trovo benissimo, rispetto a quando stavo con mia mamma, ho più
libertà, una casa più pulita, ho amicizie, sto andando bene a scuola e non sto più incollata al
telefono, sto socializzando e sto facendo esperienze nuove) ma, è anche vero che la figura paterna è
stata presente in maniera molto contenuta e di fatto non occupandosi esattamente dell’accudimento
è stato più facile risultare una figura “buona”, (rapporto con papà: è bellissimo, mi dà dei
consigli, non mi sgrida mai e non mi alza le mani, è una persona calma, mi fa divertire, dice
sempre la verità. Mi piace così, mi piace tutto. ….. S. 27. La mia famiglia mi tratta come, la
mamma mi tratta come se fossi una bambina, papà come se fossi una principessa).
Dobbiamo però riflettere che anche se il padre viene mostrato da M. come una figura positiva, non
lo ritiene completamente affidabile tanto che per il futuro ha ipotizzato di occuparsi lei del fratello.
M. presenta delle buone risorse personali e appare capace di guardare al futuro in maniera
costruttiva.
D. essendo più piccolo d’età, è stato meno esposto rispetto alla sorella, alla trascuratezza e alla
negligenza genitoriale e di conseguenza ne porta meno i segni anche se è esattamente in grado di
confrontare e apprezzare la gestione in comunità Ci sto bene in comunità, sto scoprendo cose
nuove, stiamo viaggiando tanto, mi fanno capire di più le cose quando studio.
È molto legato alla sorella che di fatto le ha fatto da “genitore” ma comincia a sentire il peso della
visione esattamente dicotomica che M. ha dei due genitori e sente la necessità di staccarsene per
vivere più liberamente il rapporto con la madre”).
Le carenze nell’esercizio della responsabilità genitoriale manifestate dai genitori, unitamente alla
considerazione della persistenza in capo agli stessi di un’elevata conflittualità che preclude loro
ogni possibilità di dialogo e di comunicazione per quanto concerne la gestione dei figli minori,
hanno indotto il CTU, condivisibilmente, ad auspicare la conferma dell’affido degli stessi ai Servizi
Sociali territorialmente competenti già disposto sia dal Tribunale per i Minorenni di Genova che dal
Presidente del Tribunale in sede di adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti, nonché, per
quanto concerne la loro collocazione abitativa ed il regime di visita con i genitori, a caldeggiare la
conferma della collocazione abitativa presso la comunità per ragazzi ove attualmente essi già
risiedono nonché l’adozione di un progetto graduale di ampliamento degli spazi di incontro dei
minori con ciascun genitore (cfr l’elaborato peritale, ove si legge: “entrambi i genitori in passato
hanno presentato importanti criticità nelle loro funzioni genitoriali di accudimento e cura e nella
funzione empatico e affettiva. Queste criticità sono in parte ancora presenti, pertanto si ritiene
opportuno mantenere l’affido dei minori ai servizi sociali di competenza e mantenere la
collocazione presso la comunità attuale…..
Si ritiene opportuno prevedere un calendario di incontri genitori/figli con un progetto di graduale
ampliamento degli spazi che permetta di sollecitare le competenze genitoriali residue presenti. I
cambiamenti di ampliamento si prevedono ogni due mesi se le cose procedono positivamente.
Per il papà che al momento gode di 4 ore comprensive di pranzo a settimane alterne nei weekend,
si passerà alla mezza giornata comprensiva di pranzo e cena a settimane alterne, dopo due mesi la
giornata intera e dopo due mesi al weekend completo di pernotto dal sabato mattina fino alla
domenica sera comprensiva di cena.
I cambiamenti e le progressioni valgono per entrambi i figli.
Per la mamma ora gode di due ore a settimane alterne con entrambi i figli e con D. 4 ore ogni 15
giorni da alternare in modo che incontri la mamma una volta alla settimana tutte le settimane Si
mantengono fermi gli incontri di due ore a settimane alterne con entrambi i figli.
Per D. ogni 15 giorni si passerà alla mezza giornata comprensiva di pranzo e cena, poi dopo due
mesi alla giornata intera e dopo due mesi alle due giornate col pernotto.
Al momento si prevedono gli ampliamenti solo per D. .
Per quanto riguarda la zia paterna, visto che abbiamo preso atto che già da tempo incontra i nipoti
liberamente durante gli spazi con il papà, ritengo sia senza senso continuare con l’incontro
protetto che viene quindi eliminato. Però, non si prevedono altri spazi per la sig.ra C. , se non
quelli di compresenza con il sig. C. quando incontra i propri figli.
Si chiede anche un colloquio mensile della zia con l’assistente sociale al fine di sollecitare
l’apporto costruttivo e positivo della sig.ra C. e limitare gli aspetti di disturbo.
I servizi sociali dovranno monitorare l’evoluzione dei diversi passaggi con facoltà di eventuale
sospensione della progressione prevista laddove sorgessero problemi e/o complicazioni. Rispetto
allo stabilire le giornate della settimana e gli orari più precisi, demando sempre ai servizi sociali
che si confronteranno con i genitori rispetto alle esigenze logistiche”).
Sempre con riferimento al punto in esame va poi evidenziato come all’esito del giudizio non appaia
necessario disporre l’audizione dei minori M. e D. ; ciò in quanto gli stessi sono già stati più volte
sentiti sia dal Tribunale per i Minorenni (cfr il verbale dell’audizione in atti, prodotto dal loro
Curatore Speciale), sia dai Servizi Sociali affidatari, sia in fine dal CTU nominato Dott.ssa L. T. ,
ed in tali sedi hanno pertanto già avuto la possibilità di esporre compiutamente i propri intendimenti
in relazione al proprio affidamento, alla propria collocazione abitativa ed al regime di visita con i
propri genitori, dimodochè una loro ulteriore audizione, oltre che apparire palesemente superflua,
rischierebbe inoltre di rivelarsi potenzialmente pregiudizievole per gli stessi, considerato il notevole
carico di stress che le procedure giudiziali (oltre all’attuale situazione di grave e persistente conflitto
sussistente tra i genitori) hanno verosimilmente già comportato per loro.
Sul punto in esame il Tribunale stima pertanto opportuno provvedere nei termini seguenti:
“dispone l’affido dei figli minori delle parti M. e D. ai Servizi Sociali territorialmente competenti,
con collocazione abitativa degli stessi presso la comunità per ragazzi ove essi già attualmente
risiedono; il padre e la madre potranno visitarli e tenerli con sé secondo le modalità e con le
tempistiche di cui al progetto delineato dal CTU Dott.ssa L. T. nel proprio elaborato peritale
redatto in data 10.4.2023/27.4.2023 e richiamato nella parte motiva della presente sentenza, con
facoltà per i Servizi Sociali affidatari di sospendere e/o di modulare in modo diverso la
frequentazione tra i genitori ed i figli qualora gli incontri dovessero rivelarsi pregiudizievoli per il
sano e sereno sviluppo psicofisico dei minori, e con facoltà per i Servizi medesimi di prevedere –
solo all’esito del percorso di cui al progetto – ulteriori tempi di permanenza dei minori presso
ciascun genitore qualora il progetto sia andato a buon fine e gli incontri si siano rivelati positivi
per il sano e sereno sviluppo psicofisico dei minori”.
Deve essere inoltre disposto che i Sevizi Sociali affidatari provvedano ad organizzare un percorso di
sostegno psicologico in favore di ciascuno dei figli minori.
Inoltre i genitori devono essere invitati ad intraprendere – o a continuare ove già intrapreso – un
percorso di sostegno alla genitorialità nonché un percorso di mediazione familiare.
Per quanto poi concerne il regime di mantenimento dei figli minori, va rilevato: 1) che il ricorrente
svolge attività lavorativa dipendente sulla base di contratto di lavoro a tempo indeterminato quale
operaio metalmeccanico trasfertista (con attuale sede di lavoro sita in Ravenna, città dalla quale
esso rientra in Savona nei fine settimana anche per poter visitare i figli minori), realizzando un
reddito mensile netto pari a circa € 2.300,00/2.400,00 (cfr le certificazioni uniche e le buste paga da
esso prodotte); 2) che la resistente – che nel corso della convivenza coniugale ha svolto l’attività di
casalinga – successivamente alla fine del rapporto con il marito ha svolto svariate attività lavorative
sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato ed a chiamata, tra le quali l’attività di
cameriera di sala per un ristorante e l’attività di addetta alle vendite per varie ditte (quest’ultima è
l’attività che essa svolge anche attualmente); 3) che dalle buste paga da essa prodotte risulta che
essa nell’ultimo periodo ha ritratto dal proprio lavoro un reddito pari mediamente a circa € 640,00
mensili netti; 4) che il ricorrente abita in Savona in un alloggio preso in locazione al canone mensile
di € 500,00; 5) che la resistente abita in Vezzi Portio (SV) in un alloggio preso in locazione al
canone mensile di € 350,00; 6) che le parti non sono proprietarie di beni immobili; 7) che in
considerazione del notevole divario reddituale attualmente sussistente tra i coniugi va ritenuto
opportuno porre le spese relative ai figli minori non coperte dalla struttura presso la quale gli stessi
sono collocati nella misura del 60 % a carico del ricorrente, e nella misura del 40 % a carico della
resistente; 8) che inoltre, essendo previsto che il figlio minore D. entro breve – pur mantenendo la
propria abitazione principale nella comunità per ragazzi – cominci a trascorrere presso la madre
periodi di tempo non indifferenti, va ritenuto opportuno, sempre in considerazione del divario
reddituale sussistente tra le parti, che il padre versi alla madre, a titolo di concorso al mantenimento
del minore ed a decorrere dal momento in cui quest’ultimo comincerà a trascorrere con la madre i
periodi di mezza giornata comprensivi di pranzo e cena indicati dal CTU, la somma di € 150,00
mensili annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT.
Tutto ciò premesso, il Tribunale, tenuto conto di tutte le circostanze testè menzionate ed in
particolare delle condizioni economiche e patrimoniali delle parti nonché delle esigenze personali e
di vita dei figli minori desumibili dalla loro età, stima opportuno provvedere sul punto in esame nei
termini seguenti:
“pone a carico del padre nella misura del 65 % ed a carico della madre nella misura del 35 % le
spese relative ai figli minori non coperte dalla struttura presso la quale gli stessi sono collocati;
dispone inoltre che il padre corrisponda alla madre, a titolo di concorso al mantenimento del figlio
minore D. ed a decorrere dal momento in cui quest’ultimo comincerà a trascorrere con la madre i
periodi di mezza giornata comprensivi di pranzo e cena indicati dal CTU, la somma di € 150,00
mensili annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT, da versarsi entro il giorno 5 di ogni
mese”.
In caso di separazione personale fra i coniugi, il coniuge al quale non sia addebitabile la
separazione, ha il diritto di ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento, qualora non
abbia redditi propri adeguati a consentirgli di mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a
quello che le potenzialità economiche complessive dei coniugi erano idonee a garantirgli prima
della separazione. In tema di separazione personale tra i coniugi, le condizioni per il riconoscimento
del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non
titolarità di redditi propri che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto
in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti. D’altro canto, ai
fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento occorre, ai sensi dell’art. 156
c.c. comma 2, avere riguardo “alle circostanze e ai redditi dell’obbligato” intendendosi per
circostanze tutti quegli elementi fattuali di ordine economico o comunque apprezzabili in termini
economici, suscettibili di incidenza sulle condizioni delle parti.
Ciò premesso va rilevato che dall’istruttoria documentale è chiaramente emerso che il reddito del
ricorrente (proveniente da lavoro dipendente a tempo indeterminato) è di gran lunga superiore
rispetto a quello della resistente, la quale inoltre, a differenza del marito, non è ancora riuscita –
nonostante l’impegno profuso, testimoniato dai numerosi contratti di lavoro da essa prodotti – a
stabilizzare in modo definitivo la propria posizione lavorativa, e continua pertanto a lavorare solo
sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato. Quanto al contributo per il mantenimento della
moglie appare, pertanto, congruo un importo mensile pari ad euro 300,00 annualmente rivalutabili
secondo gli indici ISTAT.
Stante l’esito della controversia devono ritenersi sussistenti giusti motivi per compensare
integralmente tra le parti le spese di lite.
Le spese di CTU vengono poste in via definitiva a carico solidale di C. P. e di M. B. , con la
precisazione che qualora la resistente dovesse essere ammessa in via definitiva a fruire del
patrocinio a spese dello Stato potrà esserle richiesta – e per essa potrà essere richiesta allo Stato –
solo la corresponsione del 50 % della metà dei compensi liquidati al CTU.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
1) dichiara la separazione personale di M. B. e C. P. , coniugi per matrimonio contratto in R. d. C.
a il _____2001;
2) dispone l’affido dei figli minori delle parti M. e D. ai Servizi Sociali territorialmente
competenti, con collocazione abitativa degli stessi presso la comunità per ragazzi ove essi già
attualmente risiedono; il padre e la madre potranno visitarli e tenerli con sé secondo le modalità e
con le tempistiche di cui al progetto delineato dal CTU Dott.ssa L. T. nel proprio elaborato peritale
redatto in data 10.4.2023/27.4.2023 e richiamato nella parte motiva della presente sentenza, con
facoltà per i Servizi Sociali affidatari di sospendere e/o di modulare in modo diverso la
frequentazione tra i genitori ed i figli qualora gli incontri dovessero rivelarsi pregiudizievoli per il
sano e sereno sviluppo psicofisico dei minori, e con facoltà per i Servizi medesimi di prevedere –
solo all’esito del percorso di cui al progetto – ulteriori tempi di permanenza dei minori presso
ciascun genitore qualora il progetto sia andato a buon fine e gli incontri si siano rivelati positivi per
il sano e sereno sviluppo psicofisico dei minori;
3) dispone che i Sevizi Sociali affidatari provvedano ad organizzare un percorso di sostegno
psicologico in favore di ciascuno dei figli minori;
4) invita le parti ad intraprendere – o a continuare ove già intrapreso – un percorso di sostegno alla
genitorialità nonché un percorso di mediazione familiare;
5) pone a carico del padre nella misura del 65 % ed a carico della madre nella misura del 35 % le
spese relative ai figli minori non coperte dalla struttura presso la quale gli stessi sono collocati;
dispone inoltre che il padre corrisponda alla madre, a titolo di concorso al mantenimento del figlio
minore D. ed a decorrere dal momento in cui quest’ultimo comincerà a trascorrere con la madre i
periodi di mezza giornata comprensivi di pranzo e cena indicati dal CTU, la somma di € 150,00
mensili annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT, da versarsi entro il giorno 5 di ogni
mese;
6) pone a carico del ricorrente l’obbligo di versare alla resistente entro il giorno 5 di ogni mese, a
titolo di concorso al mantenimento della stessa, la somma di € 300,00 annualmente rivalutabili
secondo gli indici ISTAT;
7) compensa integralmente tra le parti le spese di lite;
8) pone in via definitiva a carico solidale di C. P. e di M. B. le spese di CTU, con la precisazione
che qualora la resistente dovesse essere ammessa in via definitiva a fruire del patrocinio a spese
dello Stato potrà esserle richiesta – e per essa potrà essere richiesta allo Stato – solo la
corresponsione del 50 % della metà dei compensi liquidati al CTU.
Savona, 29.7.2023
Il Presidente Rel.
Dott. Davide e Atzeni

No all’annullamento del matrimonio per disforia di genere.

Tribunale di Livorno, sentenza 12 luglio 2024, Est. Azzurra Fodra
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LIVORNO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Gianmarco Marinai Presidente
dott. Azzurra Fodra Giudice Relatore
dott. Nicoletta Marino Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3629/2022 promossa da:
T. P. (c.f. ___), con gli avv. ti ALICE DOMINICI e ALESSANDRO DI TEODORO
ATTORE/I
contro
G. F. (c.f. ___), con gli avv. ti ALBERTO GUALANDI e ANNALISA D’AMICIS
₪₪₪
In data 7/3/2024 la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni
precisate dalle parti come da note in sostituzione di udienza depositate in data
6/3/2024
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, T. LE P. conveniva davanti al
Tribunale di Livorno G. Di F., al fine di sentire accogliere le seguenti
conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:
in via principale pronunciare, con effetti ex tunc, l’annullamento del
matrimonio contratto in data 02.08.2003 tra il Sig. T. Le P. e la sig.ra G. Di F.,
iscritto nei registri degli atti di matrimonio del Comune di Livorno, anno 2003,
parte 1, serie 2003, e per l’effetto ordinare al competente Ufficiale dello Stato
Civile di Livorno di provvedere alle prescritte annotazioni. In ogni caso con
vittoria di spese di giudizio oltre accessori”.
A sostegno della domanda, l’attore premetteva di aver contratto matrimonio
civile con l’odierna convenuta il 2/8/2003 in Livorno e di non esser dall’unione
matrimoniale nati figli, poiché, secondo quanto riferito dalla Di F. al Le P., la
stessa negli anni ‘90 avrebbe dovuto subire l’asportazione dell’utero a causa di
una malattia che l’avrebbe colpita in giovane età.
Parte attrice premetteva, altresì, che, in seguito ad un periodo di crisi
intervenuto successivamente alla richiesta di adozione, da parte dei coniugi, di
F. B. (pratica che, peltro, non venne mai formalizzata), le parti addivenivano
alla pronuncia della separazione, ove veniva stabilito, a carico del Le P.,
l’obbligo di contribuire al mantenimento della moglie mediante un assegno di €
650,00 mensili, somma quest’ultima parzialmente modificata in sede di appello
in € 450,00 mensili.
Ciò posto, il Le P. deduceva che nel giugno 2022, nel procedere all’ispezione
ipotecaria e catastale dei beni immobili intestati all’odierna convenuta, scopriva
che la Di F. prima di conoscerlo era un uomo e che, dunque, i riferiti problemi
di infertilità erano in realtà riconducibili a detta circostanza, come risultante
dalla sentenza di mutamento di sesso n. 96 del 27.10.1992 emessa dal
Tribunale di Livorno, ove la convenuta veniva appunto autorizzata alla rettifica
dei dati anagrafici con correzione del sesso da “maschile” a “femminile” e con
modifica del nome da “G. Di F.” a “G. Di F.”.
Secondo l’assunto attoreo, la fattispecie in esame sarebbe riconducibile all’art.
122 c.c., secondo cui il matrimonio può essere annullato, tra l’altro, in caso di
errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge, atteso che il Le P.,
laddove avesse sin dal principio conosciuto la verità in ordine alla qualità della
persona della Di F. ed alle reali motivazioni della impossibilità di procreare, non
avrebbe contratto il matrimonio con l’odierna convenuta.
2. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio G. DI F., la quale
chiedeva l’integrale reiezione della domanda attorea, eccependo in via
preliminare l’inammissibilità della domanda medesima, stante l’impossibilità di
ricondurre la fattispecie in esame all’art. 122 c.c. e, conseguentemente, di
esercitare da parte del Le P. la relativa azione.
Ed invero, secondo la prospettazione dell’odierna convenuta, se è vero che la
norma invocata dall’attore prevede che il matrimonio possa essere impugnato
ove il consenso sia stato dato per effetto di errore sulla identità della persona o
errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge, cionondimeno, al
momento del matrimonio con il Le P. e per tutta la durata dello stesso, non vi
sarebbe stato alcun errore che riguardasse una malattia fisica o psichica, né
una anomalia o deviazione sessuale tali da costituire un vizio nella formazione
del consenso.
Ciò posto, la Di F. eccepiva, altresì, che l’odierno attore sarebbe stato
perfettamente informato, da parte della medesima, ben prima di contrarre
matrimonio e fin dall’inizio della loro relazione sentimentale, dell’intervenuto
procedimento di rettificazione del sesso che la aveva riguardata.
Al termine dell’istruttoria, espletata mediante produzioni documentali, le parti
precisavano le conclusioni, come da verbale di udienza del 7/3/2024 e il
Giudice tratteneva la causa in decisione, a norma dell’art. 281 quinquies c.p.c.,
assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie
conclusionali e delle memorie di replica.
3. Occorre preliminarmente osservare che il presente giudizio ha ad oggetto
l’annullamento del matrimonio inter partes e la questione controversa attiene
alla riconducibilità della fattispecie in esame all’art. 122, commi 2 e 3, c.c.,
secondo cui “il matrimonio può essere impugnato – tra l’altro – da quello dei
coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della
persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altro coniuge.
L’errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le
condizioni dell’altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo
consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi
l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione
sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale”.
Nel caso di specie, dunque, ai fini della decisione, va in primis verificata, in
capo all’attore, la mancata conoscenza, prima della celebrazione del
matrimonio, dell’intervenuta rettificazione del sesso subita dalla convenuta.
In secundis, una volta risolta positivamente la predetta questione, occorre
valutare se l’errore in ordine al transessualismo e, dunque, all’intervenuto
procedimento di rettificazione del sesso sia qualificabile – astrattamente e nel
caso di specie – come errore sulla identità della persona ovvero, in alternativa,
come errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge; in tale
seconda ipotesi, va, altresì, riscontrata la c.d. essenzialità dell’errore,
ricorrendo, detta essenzialità, qualora si accerti sia che l’attore non avrebbe
prestato il proprio consenso se avesse esattamente conosciuto le qualità
personali taciute, sia che l’errore sia riferibile ad una malattia fisica o psichica o
ad una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della
vita coniugale.
Tanto premesso, la domanda va rigettata per le motivazioni che seguono.
3.1 Sotto il primo profilo, nel caso in esame, può ritenersi adeguatamente
dimostrata – sia pure nei termini di seguito meglio precisati – la mancata
conoscenza, in capo al Le P., del fatto che la moglie, prima della celebrazione
del matrimonio, fosse nata di sesso maschile.
Ed invero, dalla registrazione audio relativa ad una conversazione telefonica
avvenuta tra le parti in data 19/7/2022 (cfr. doc. 6 parte attrice), emerge che
l’odierno attore effettivamente non era stato messo direttamente a
conoscenza, da parte della di F., del fatto che ella aveva intrapreso il
procedimento per la rettifica del sesso e del nome. Infatti, in tale
conversazione, la convenuta nega più volte di essere stata prima di sesso
maschile e prospetta persino che i dati risultanti dal registro catastale possano
essere frutto di un errore.
Tuttavia, dalla medesima conversazione, si desume pure che la Di F. omise di
rendere edotto il Le P. del proprio passato, in quanto egli stesso, di fronte alla
possibilità offertagli dalla convenuta di conoscere in maniera più chiara le cause
della incapacità della medesima convenuta di avere figli, disse alla Di F. di non
voler “approfondire” (cfr. minuti 2:20 e 16:40 della conversazione telefonica in
atti). Pertanto, se è vero che, nel caso di specie, l’attore non fu messo a
conoscenza dell’avvenuta rettificazione del sesso da parte della convenuta, è
altrettanto vero che tale mancata conoscenza non sembra essere riconducibile,
in termini giuridici, ad un errore ai sensi dell’art. 122 c.c., in quanto, come
detto, imputabile allo stesso Le P., che preferì “non approfondire” le cause
dell’incapacità a procreare dell’odierna convenuta, di cui invece sin da subito
venne edotto.
3.2 In ogni caso, anche ove si volesse qualificare tale mancata conoscenza in
termini di errore, la domanda deve essere comunque respinta. Infatti, tale
errore non risulta qualificabile né come errore sulla identità della persona né
come errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge.
Non vi è stato errore sulla identità della persona in quanto il Le P., a tutti gli
effetti, si è unito in matrimonio con la persona che intendeva e riteneva di
sposare, ossia con G. Di F., che all’epoca già risultava donna, tanto
anagraficamente quanto sotto l’aspetto dei caratteri sessuali.
A riguardo, poi, occorre ricordare i principi espressi dalla Corte Costituzionale
in materia di rettificazione dell’attribuzione del sesso, la quale, nel rigettare le
questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine alla L. n. 164/1982 per
potenziale contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., ha in primis riconosciuto “il
diritto all’identità di genere quale elemento costitutivo del diritto all’identità
personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della
persona ai sensi dell’art. 2, 3 e 32 Costituzione e art. 8 Convenzione Europea
Diritti Uomo” (Corte costituzionale sentenza 24/05/1985); in secondo luogo, la
Consulta ha affermato che il procedimento di rettificazione dell’attribuzione di
sesso, per la persona affetta da disforia di genere, non rappresenta e non dà
luogo ad un reale cambio di identità, bensì rappresenta lo strumento, messo a
disposizione dall’ordinamento, per adeguare l’aspetto esteriore della persona
alla propria identità, sostenendo persino che “per ottenere la rettificazione del
sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l’intervento
chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari”
(in tal senso, Corte Costituzionale sentenza 221/2015, ma v. anche sentenza
della Corte di Cassazione n. 15138/2015 ).
Facendo applicazione dei superiori principi al caso in esame, quindi, deve
recisamente escludersi che vi sia stato un errore sulla identità della persona,
atteso che l’identità (di genere) della Di F. si è sempre identificata con quella
femminile e non con quella maschile, tanto che, la stessa Di F., in modo
particolarmente significativo, nella conversazione telefonica sopra richiamata,
per più di una volta, nel rispondere alle domande incalzanti del Le P. relative al
fatto se fosse o se fosse stata in passato un uomo, ha ribadito “io non sono un
uomo”, “io non ero un uomo”.
Ad ulteriore riprova della correttezza delle precedenti conclusioni, va altresì
segnalato come nella stessa L. n. 164/1982 (oggi integrata dall’art. 31 del
D.Lgs n. 150/2011), vengono dettate disposizioni in materia di “rettificazione
di attribuzione di sesso” e di “adeguamento dei caratteri sessuali mediante
intervento chirurgico”; anche dal tenore letterale della normativa sopra citata,
la quale appunto utilizza le locuzioni “rettificazione” e “adeguamento”, anziché
“mutamento” (di sesso), si desume che, al fine del conseguimento di un pieno
benessere psichico e fisico della persona, con il procedimento disciplinato in
tale normativa, non si ha alcuna modificazione dell’identità sessuale della
persona, ma, piuttosto, vengono ad essere adeguati i caratteri somatici e le
risultanze anagrafiche alla reale identità dell’individuo ed alla percezione di sé
che l’individuo ha sin dalla nascita.
Ciò posto, va altrettanto escluso che il Le P. sia caduto in errore “essenziale” su
qualità personali dell’altro coniuge.
Ed invero, in tema di annullamento del matrimonio per errore essenziale sulle
qualità personali dell’altro coniuge e relativo onere probatorio, la
giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato il seguente principio di
diritto: “il coniuge che impugna il matrimonio per errore, ai sensi del predetto
art. 122, è tenuto a provare l’esistenza di una malattia fisica o psichica (o di
una anomalia o deviazione sessuale) dell’altro coniuge e la mancata
conoscenza della stessa prima della celebrazione del matrimonio, oltre alla
influenza di detta mancata conoscenza sul proprio consenso, mentre è rimesso
al giudice l’apprezzamento della rilevanza della infermità ai fini dell’ordinario
svolgimento della vita familiare, in relazione alle normali aspettative del
coniuge in errore, da valutare avendo riguardo alle condizioni, alla personalità,
alla posizione sociale del richiedente nonché ad ogni altra circostanza obiettiva
emergente dagli atti, senza che possa, invece, attribuirsi rilievo ai semplici
timori e reazioni dello stesso o ad altri aspetti personali” (in tal senso, Sez. 1,
Sentenza n. del 07/03/2006 (Rv. 590750 – 01), ma v. anche Sez. 6 – 1,
Ordinanza n. del 13/02/2017 (Rv. 643654 – 01)).
Nel caso di specie, anche volendosi ammettere che l’attore non si sarebbe
sposato se fosse stato a conoscenza della rettificazione del sesso della
convenuta, deve escludersi che la precedente condizione della Di F. abbia inciso
sulla vita coniugale delle parti.
Ed invero, il matrimonio tra il Le P. e la Di F., protrattosi per ben 18 anni, prima
che i coniugi addivenissero alla separazione, si è sempre svolto serenamente,
avendo le parti costruito un sincero legame di affetto e di intimità, come anche
emerge dalla relazione della dott.ssa M. B., redatta ai fini della richiesta di
adozione, ove si legge che “la relazione di coppia appare caratterizza da
sentimenti di rispetto e di stima” e che lo stile coniugale, orientato
all’autonomia individuale all’interno della coppia, è legato alla possibilità di
ciascuno di esprimere la propria personalità pur nella condivisione e
realizzazione di progetti” (cfr. doc. n. 3 di parte convenuta).
Inoltre – e soprattutto – le parti hanno condotto una piena vita matrimoniale
anche avuto riguardo alla manifestazione della propria personalità nella sfera
sessuale, atteso che non risulta che la precedente condizione della convenuta
abbia inciso sulla normale vita della coppia, tanto che l’attore anche negli atti
del processo ha sostenuto di non essersi mai reso conto della precedente
condizione della moglie.
Inoltre, l’intervenuta rettificazione non ha in alcun modo leso le aspettative del
Le P. sul futuro della famiglia che stava costruendo con la convenuta, in quanto
risulta pacifico che la Di F., prima di unirsi in matrimonio, aveva informato
quest’ultimo circa la propria impossibilità di avere figli, tanto che le parti
avevano poi deciso di percorrere la strada dell’adozione.
Tali conclusioni non possono essere inficiate dai principi di diritto espressi dalla
giurisprudenza di merito invocata, in maniera inconferente, dallo stesso attore.
Il Tribunale di Milano nella sentenza del 13 febbraio 2013, infatti, nel
pronunciarsi sull’annullamento del matrimonio per omosessualità celata da
parte del coniuge, ha affermato il seguente principio di diritto: “l’errore sulla
omosessualità non riguarda una malattia o anomalia o deviazione sessuale del
marito (ex art. 122 III comma nr. 1 c.c.) nessun lessico giuridico, medico,
sociale ed etico collocando la omosessualità in tale paradigma nosografico, ma
quella sua ‘identità sessuale’ (ex art. 122 II comma c.c.) che ne definisce
l’orientamento e la direzione del comportamento sessuale e che non è, ne può
essere, una mera ‘qualità’ della persona ma ne indica uno degli aspetti che
costituiscono, compongono, definiscono la sua identità complessiva, la
specifica individualità, la sua soggettività”; nella medesima sentenza, il giudice
di merito ha altresì statuito che “l’errore in cui il comportamento silente del
convenuto ha indotto la parte attrice è rilevante non tanto perché riguarda la
sua omosessualità, quanto perché concerne la sua incapacità\impossibilità di
garantire lo svolgimento della vita matrimoniale come luogo di espressione
della sessualità sia come valore sia come bene funzionale alla procreazione”.
Tale pronuncia, in primo luogo, infatti, non riguarda l’ipotesi del coniuge che ha
subito la rettifica del sesso, che – come già detto – è semplicemente lo
strumento offerto dall’ordinamento per permettere alla persona la piena
realizzazione della propria identità e nulla ha a che vedere con le questioni di
orientamento sessuale affrontate nella succitata sentenza.
Inoltre, ed in ogni caso, anche in tale pronuncia ciò che ha determinato
l’accoglimento della domanda non è la celata omosessualità di uno dei coniugi,
bensì il fatto che l’orientamento sessuale di uno dei due avesse impedito una
normale vita intima e sessuale tra le parti, circostanza che, nel caso di specie,
come sopra spiegato, va esclusa.
La domanda va, pertanto, rigettata.
4. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Livorno, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta
da T. LE P. contro G. DI F., ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e
respinta, così provvede:
1) rigetta la domanda attorea;
2) condanna l’attore al pagamento, in favore dello Stato, delle spese
processuali, che liquida in complessivi € 5.430,00, oltre rimborso forfettario
delle spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Livorno, 12 luglio 2024
Il Giudice Relatore Il Presidente
dott. Azzurra Fodra dott.
Gianmarco Marinai

No all’interdizione di persona affetta da schizofrenia cronica già sottoposta ad amministrazione di sostegno.

Tribunale Avellino, Sez. I, Sentenza 17.06.2024, n. 1195
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Avellino, nelle persone dei seguenti magistrati riuniti in camera
di consiglio: dott. (…) dott.ssa (…) giudice dott.ssa (…) giudice relatore ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. (…)/2023 del R.G., Affari Contenziosi, avente ad
oggetto richiesta di interdizione TRA (…) nata ad (…) il (…), C.F. (…), (…)
nato ad (…) il (…), C.F. (…) e (…) nata a (…) il (…), C.F. (…), in qualità di
fratelli germani di (…) nata ad (…) il (…), rappresentati e difesi, come da
procura in atti, dall’avv. (…) ed elettivamente domiciliat (…); RICORRENTI
E (…) nata a (…) il (…), C.F. (…), rappresentata e difesa dall’avv. (…) ed
elettivamente domiciliat (…); RESISTENTE
Con il parere del PM reso in data (…)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato il (…) (…) (…) e (…) hanno chiesto al Tribunale di (…)
di dichiarare l’interdizione di (…) (…) effettuando tutte le indagini ritenute
necessarie, anche di carattere medico-legale, per accertare la sussistenza dello
stato di abituale infermità di mente dell’interdicenda. In punto di fatto i
ricorrenti hanno esposto che l’interdicenda si trova in una abituale condizione
di infermità mentale risultando incapace di provvedere ai propri interessi,
anche economici, rappresentando che la stessa risulta affetta da “(…)” ed
ospite della struttura “(…)” di (…) sin dal mese di aprile del 2022. Le parti, a
riprova del disturbo dell’interdicenda, hanno richiamato e prodotto la sentenza
penale del 17.03.2023 e l’ordinanza del magistrato di sorveglianza precisando
che l’interdicenda risulta incapace di orientare le scelte comportamentali e che
la misura dell’amministrazione di sostegno, attualmente operante, risulta
inadeguata per la grave ed irreversibile patologia sofferta dalla stessa che non
le consente di prendere decisioni sull’impiego del denaro percepito. Con
memoria difensiva del 17.12.2023 si è costituita in giudizio (…) chiedendo il
rigetto del ricorso o, in via subordinata, la nomina di un tutore individuato al di
fuori del nucleo familiare per la presenza di contrasti con i parenti. In
particolare la parte, dopo aver premesso di essere affetta da “disturbo
schizofrenico di tipo paranoideo” e che si trova ristretta presso la struttura
polifunzionale sanitaria per la salute di (…) in misura di sicurezza della libertà
vigilata per la durata di un anno ove ha intrapreso un percorso terapeutico e
riabilitativo, ha richiamato la consulenza del dott. (…) resa nel procedimento
penale azionato nei suoi confronti nella parte in cui veniva evidenziata la sua
capacità “di partecipare scientemente al processo” e uno stato di pericolosità
sociale attenuabile mediante la collocazione presso una struttura di bassa
assistenza. La parte ha, quindi, dedotto che le patologie sofferte non
compromettono la sua capacità cognitiva e la sua autonomia osservando che,
rispetto all’epoca in cui è stata disposta la misura dell’amministrazione di
sostegno, non vi è stato un aggravamento delle sue condizioni di salute tali da
giustificare il provvedimento di interdizione da applicare come extrema ratio e
in casi diversi da quello oggetto del giudizio. Infine, la parte ha richiamato la
relazione redatta dalla dott.ssa (…) nella parte in cui si segnala il suo
miglioramento e la sua partecipazione adeguata alle attività riabilitative.
Con note scritte del 28.12.2023 i ricorrenti si sono riportati alle conclusioni
rassegnate in ricorso insistendo per la nomina di un consulente d’ufficio al fine
di accertare le condizioni neurologiche dell’interdicenda. Inoltre, i ricorrenti
hanno richiamato la relazione dell’A. in ordine alla pericolosità sociale della
stessa.
Con note scritte del 3.01.2024 la parte resistente si è riportata ai propri atti
ribadendo che il percorso riabilitativo seguito era stato proficuo.
Con note del 5.04.2024 i ricorrenti hanno depositato il decreto di accoglimento
reso all’esito del giudizio cautelare R.G. n. (…)/(…) azionato avverso il
provvedimento di sostituzione del precedente amministratore di sostegno (…)
e la nomina dell’avv. (…) rilevando che la procura alle liti conferita all’avv. (…)
dal revocato amministratore e non anche dall’interessata interdicenda non
aveva alcun valore.
All’udienza del 8.04.2024 in merito alla questione della procura l’avv. (…) ha
rappresentato di poter regolarizzare eventualmente la procura con il rilascio
della stessa in suo favore da parte dell’interdicenda.
Alla medesima udienza l’interdicenda, in assenza delle parti e dei difensori, ha
dichiarato: “Mi chiamo (…) (…) sono nata il (…). Risiedo a (…) da più di venti
anni. In passato ho sempre lavorato, prima come bidella di scuola a (…) poi
come commessa da (…) un negozio di abbigliamento che si trovava al corso
(…) Ho anche dovuto allevare le mucche, coltivare la terra, raccogliere le
nocciole. So fare la sarta. Il mio compagno si chiama (…) lui mi ha tolto dalla
strada dopo che i miei familiari mi avevano abbandonato. (…) e (…) dicono
che io sono pazza, ma sono loro che non stanno bene con la testa. Dicono che
io voglio ucciderli, ma dovrebbero essere denunciati per calunnia. (…) sorella
(…) è deceduta per una grave malattia, un tumore. I miei familiari mi hanno
rotto il braccio, ho qui una cicatrice, mi hanno sempre messo le mani addosso,
mi hanno usata e mi hanno picchiata. Mi hanno minacciata di togliermi tutto e
di farmi interdire. I miei genitori sono morti, mia madre nel 2004. Il dott. (…)
mi ha fatto riconoscere l’accompagnamento e ha riferito che ho un disturbo
bipolare e non ero collocabile al lavoro. Percepisco una pensione di invalidità e
la pensione di reversibilità. Avevo due figlie, secondo me (…) è mia figlia, si
dovrebbe fare la prova del (…) Ho avuto anche un’altra figlia, (…) che è stata
cresciuta da una casa famiglia e poi adottata. Il giudice si chiama (…) Ora non
so dove è e da chi è stata adottata, vorrei sapere come sta. So leggere e so
firmare. Ho azionato un giudizio nel 2008 relativo ad alcuni buoni fruttiferi e ho
vinto la causa. I miei familiari vogliono i miei soldi. Mi vogliono sfruttare. I miei
familiari fanno stregoneria. Hanno messo in mezzo un sacco di cose strane
dicendo che rubavo alla standa, ma si tratta di cose fatte da ragazza. Quando
sono in struttura svolgo così la giornata: mi alzo, mi faccio la doccia, faccio
colazione con due fette biscottate e il latte perché ho il diabete, leggo, aiuto a
fare i servizi, cucino, faccio lavori di laboratorio, ho la compagnia di (…) ed
anche di altri. So fare anche la sarta. Nelle ore di permesso che ho avuto sono
andata a pulire la casa dove vive (…) viene a trovarmi. Io sono cattolica. La
mia dott.ssa sia chiama (…) è la dott.ssa con cui faccio la riabilitazione. Oggi è
lunedì 8 aprile 2024.” All’esito dell’esame dell’interdicenda (…) ha confermato
l’attivazione di un giudizio da parte dell’avv. (…) nel 2007/2008 volto ad
ottenere il sequestro di alcuni buoni fruttiferi intestati all’interdicenda pari a
circa 300 milioni. Con riferimento al ricorso in esame la parte ha, poi,
rappresentato di aver agito al solo fine di fare curare la sorella e di trovare una
struttura adeguata a tale fine. (…) (…) ha dichiarato, allo stesso modo, di aver
agito in giudizio per far curare la sorella evidenziando la necessità della
gestione del suo patrimonio per evitare che terzi possano approfittare di lei.
Ciò premesso ritiene il Tribunale che il ricorso deve essere respinto per le
motivazioni di seguito illustrate.
Deve essere, anzitutto, osservato che dall’esame del ricorso e dei documenti
allegati emerge che la parte resistente è affetta da “schizofrenia di tipo
paranoideo subcronico con acerbazioni acute” (cfr. certificato medico del dott.
(…) dell’1.07.2021); che l’interdicenda è stata seguita direttamente dal
dipartimento di psichiatria dell’A. di (…) che la stessa, prima del covid, si
presentava allo studio del medico con elevata frequenza e dimostrava continui
pensieri paranoici che sfociavano in aggressioni agli altri pazienti. Dalla
relazione psichiatrica del 25.01.2021 risulta che l’interdicenda è ospite della
struttura (…) dal 7.08.2008 con diagnosi “disturbo schizofrenico di tipo
paranoideo con esarcebazioni periodiche della sintomatologia psicopatologica”
dal mese di agosto del 2020.
Deve essere, inoltre, rilevato che dall’esame della sentenza penale n.
454/2023 del 27.02.2023 emerge che l’interdicenda, imputata dei reati di cui
all’art. 639 c.p. per aver imbrattato un muro perimetrale di un agriturismo
trascrivendo più volte il proprio cognome e lasciando per terra fotografie che la
ritraevano o autografate, e di cui all’art. 612 bis c.p. per aver perseguito (…)
con minacce e ingiurie, è stata assolta per difetto di imputabilità e che il
consulente, dott. (…) nominato alla prima udienza del 19.12.2022 al fine di
valutare la capacità di intendere e di volere dell’imputata, ha affermato che
l’imputata, affetta da disturbo schizofrenico cronico, in carico da molti anni
presso il centro di salute mentale e dal 15.06.2021 sottoposta dalla misura di
sicurezza di libertà vigilata con obbligo di ricovero, ha commesso il reato in
assenza di consapevolezza, con abolizione del controllo della volontà e
dell’impulsività e, quindi, in assenza della capacità dell’intendere e di volere,
ma che, al contempo, risulta capace di partecipare scientemente al processo.
Con riferimento alla pericolosità sociale, il ctu ha, poi precisato che dal quadro
complessivo “si evince un sufficiente compenso psicopatologico in presenza di
parziale consapevolezza della malattia, fattore che non può inficiare una
corretta aderenza alle terapie proposte e di conseguenza non garantire un
adeguato compenso clinico”.
Orbene ritiene il Tribunale di dover precisare, in punto di diritto, che la
pronuncia di interdizione non è obbligatoria in presenza di una condizione di
abituale infermità avendo l’ordinamento apprestato anche altre forme di tutela.
Infatti, ai sensi dell’art. 404 c.c., “la persona che, per effetto di una infermità
ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche
parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita
da un amministratore di sostegno, nominato dal Giudice tutelare del luogo in
cui questa ha la residenza o il domicilio” mentre l’art. 414 c.c. subordina la
pronuncia dell’interdizione oltre che all’abituale infermità di mente e
all’incapacità di provvedere ai propri interessi, anche alla necessità di
assicurare adeguata protezione all’interessato, sicchè essa è da escludere a
fronte della conservazione parziale delle facoltà intellettive della persona
interdicenda e dell’assenza di un complesso e rilevante patrimonio da gestire.
Da quanto esposto deriva che le persone che, per effetto di infermità di natura
psichica, anche di carattere totale e definitivo, si trovino nella impossibilità di
provvedere ai propri interessi devono essere tutelate, di regola, attraverso la
nomina di un amministratore di sostegno, senza ricorrere alla interdizione che
importa una limitazione generale della capacità di agire. Infatti, soltanto nel
caso in cui la nomina di un amministratore di sostegno si riveli, in relazione alla
situazione concreta del soggetto ed alle specifiche esigenze di rappresentanza,
insufficiente ad offrire protezione all’incapace, è consentito, invece, ricorrere
all’istituto della interdizione. In materia la Corte Costituzionale con la pronuncia
9.12.2005 n. 440 ha chiarito l’interdizione configura una misura residuale che
può essere disposta solo quando sia necessaria ad assicurare all’incapace
adeguata protezione.
Tale conclusione è stata ribadita dalla giurisprudenza di legittimità che, con la
sentenza 12.06.2006 13584, ha chiarito che la differenza tra amministratore di
sostegno e interdizione non risiede in un elemento quantitativo, e cioè nella
maggiore o minore gravità della malattia o dell’handicap della persona
interessata, che potrebbe anche essere totale e permanente, e non rendere
necessaria l’interdizione, ma in un criterio funzionale in base al quale tener
conto della natura e del tipo di attività che l’incapace non è più in grado di
compiere da sé e dell’idoneità dell’uno o dell’altro istituto ad assicurare
all’incapace la protezione più adeguata con il suo minore sacrificio. (…) di
sostegno è, pertanto, l’istituto di elezione e di primo impiego per la tutela della
persona inferma o menomata e dei suoi interessi, mentre solo ove tale misura
si riveli inadeguata alla concreta situazione, per la complessità dell’attività da
gestire o per impedire al soggetto di compiere atti pregiudizievoli per sé anche
in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione o in
ogni altra ipotesi in cui si pone un’analoga esigenza, potrebbe farsi luogo alla
misura più radicale della interdizione, che attribuisce, a differenza
dell’amministrazione di sostegno, uno status di incapacità. Sotto tale ultimo
profilo, inoltre, è stato chiarito che la prima forma di tutela deve essere
preferita non solo sul piano pratico, in considerazione dei costi meno elevati e
delle procedure più snelle, ma anche su quello etico – sociale perché rispetta
maggiormente la dignità dell’individuo. In altri termini l’interdizione costituisce
una extrema ratio cui ricorrere solo quando i meno limitativi strumenti
dell’amministrazione di sostegno e dell’inabilitazione non appaiono idonei ad
assicurare la protezione dell’infermo impossibilitato, totalmente o parzialmente,
a provvedere ai propri interessi.
Sempre in punto di diritto deve essere soggiunto che la scelta della tutela più
adeguata dovrà necessariamente essere compiuta caso per caso in
considerazione delle esigenze personali e patrimoniali degli interessati di volta
in volta emergenti e di tutte le altre circostanze concretamente accertate che
possono assumere rilievo per la decisione e senza tener conto, come detto, del
grado di invalidità (c.d. criterio quantitativo). In merito vale, inoltre,
evidenziare che nei giudizi come quello in esame generalmente l’esame
dell’interdicendo è il mezzo di prova determinante nella formazione del
convincimento del giudice, tanto che è possibile trarre anche solo da esso
elementi utili per la decisione (cfr. Cass. civ. 03.07.1971 n. 2078).
In applicazione dei principi suesposti è stato, quindi, affermato che deve essere
disposta l’interdizione quando, all’esito dell’esame dell’interdicendo, risulti che
il destinatario sia affetto da un’alterazione delle facoltà intellettive e/o volitive
che comportino una totale incapacità di provvedere ai propri interessi attinenti
a tutti gli aspetti della vita (e non soltanto a quello economico) e,
precisamente, nei soli casi di maggiore gravità in cui non è possibile, per
l’incidenza della patologia, conservare neanche un’area parziale della capacità
d’agire del soggetto e questo perchè l’amministrazione di sostegno ha la
finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea,
di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi
nella minore misura possibile la capacità di agire, con la valorizzazione di un
sistema di gestione collaborativa e non sostitutiva.
Con particolare riferimento ad un caso di schizofrenia la Cassazione (cfr. Cass.
1 marzo 2010 n. 4866 ) ha affermato che se il giudice non ravvisa la necessità
di eliminare completamente la capacità d’agire del soggetto al punto da
richiedere la presenza di un sostituto o di un assistente con i poteri del tutore o
del curatore, deve preferire l’amministrazione di sostegno e questo anche nel
caso di infermità di mente grave quando la persona ha necessità di compiere
solo pochi atti precisando che in questo caso il giudice tutelare eliminerà la
capacità di agire soltanto con riguardo ad alcuni atti che saranno compiuti
dall’amministratore rappresentante.
Ciò premesso ritiene il Collegio che, in base ai documenti prodotti e all’esame
dell’interdicenda, emerge che la parte resistente, certamente bisognosa di
assistenza e protezione, non deve essere interdetta in quanto conserva,
sebbene parzialmente, le facoltà intellettive e la misura già in atto risulta
adeguata alle sue esigenze di protezione e al tipo di attività che devono essere
compiute per conto della stessa. Infatti, dall’esame diretto dell’interdicenda è
emerso che la stessa risulta in grado di orientarsi nel tempo e nello spazio; non
ha nessuna difficoltà nel movimento e nella parola; ha risposto adeguatamente
alle domande del giudice descrivendo, con particolare precisione, anche fatti e
circostanze confermate dai ricorrenti ed episodi di vita personale che
dimostrano la grande conflittualità con i parenti. Dall’esame degli atti emerge,
altresì, che la stessa sta seguendo una terapia efficace svolgendo
autonomamente le comuni attività della vita quotidiana ed avendo difficoltà
solo nei rapporti relazionali. La dott.ssa (…) ha, in merito, affermato che (…)
(…) cura in maniera abbastanza adeguata il proprio aspetto e il proprio
abbigliamento; mantiene in ordine la propria stanza e il proprio armadio; aiuta
volentieri gli operatori della struttura nel rifacimento letto, riordino armadio,
lavatrice e riordino vestiario; è inserita all’interno dei gruppi riabilitativi e nelle
attività riabilitative esterne e negli ultimi sei mesi ha mostrato un rilevante
miglioramento con un punteggio pari a 74 nelle aree dei rapporti personali e
sociali e nell’area dei comportamenti disturbanti e aggressivi; ha maturato una
migliore capacità di pianificare, iniziare un’attività e seguire i vari passaggi per
completare il compito; partecipa in maniera adeguata alle attività riabilitative
mostrando interesse e una maggiore consapevolezza delle sue problematiche;
sta acquisendo maggiore autonomia nella gestione del denaro e, grazie ai
supporti esistenti, non effettua più acquisti di non utilità; ha avuto notevoli
miglioramenti nelle varie aree della persona manifestando un comportamento
controllato grazie al supporto e alla presenza dell’amministratore di sostegno (
relazione del 14.12.2023 in atti).
In altri termini ritiene il Tribunale che, nel caso in esame, nonostante
l’interdicenda sia affetta da una grave patologia, lo strumento per assicurare la
sua protezione già disposto ed operante sia idoneo ed adeguato.
In merito, in accoglimento delle richieste congiunte formulate all’udienza del
8.4.2024 dai legali di entrambe le parti, si dispone la trasmissione degli atti al
giudice tutelare al fine della valutazione in ordine all’opportunità di procedere
alla sostituzione dell’amministratore di sostegno, (…) (…) per la sussistenza di
rilevanti contrasti familiari che sconsigliano, allo stato, che le funzioni di
amministratore di sostegno siano svolte dalla sorella dell’interdicenda o da un
suo familiare. Infine, osserva il Collegio che la questione dell’inefficacia della
procura sollevata dai ricorrenti non risulta fondata. In merito vale anzitutto
osservare che l’amministratore di sostegno (…) è stato nominato con decreto
del 7.10.2013 e con decreto del 15.12.2023 è stato autorizzato a costituirsi in
giudizio come di fatto avvenuto il (…) per il tramite dell’avv. (…) in disparte la
precisazione che precede ritiene il Tribunale che le vicende successive alla
predetta nomina non possono avere alcuna incidenza sul rapporto processuale
in corso in quanto il beneficiario di amministrazione di sostegno è dotato di
autonoma legittimazione processuale e l’autorizzazione del giudice tutelare è
prevista solo per promuovere alcuni giudizi (cfr. art. 374 c.c. e Cass. 2020 n.
5380), ma non anche per resistere in giudizio.
Ne deriva che la parte resistente risulta regolarmente costituita in giudizio.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e si liquidano
d’ufficio come in dispositivo tenuto conto del valore indeterminabile della causa
e dei valori minimi di cui al D.M. n. 147 del 2022 in ragione del grado di
complessità della causa.
P.Q.M.
Il Tribunale di Avellino, Prima Sezione Civile, in composizione collegiale,
definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in
epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: -rigetta la
domanda di interdizione azionata da (…) (…) e (…) -condanna le parti
ricorrenti in solido al pagamento in favore della resistente delle spese di
giudizio che si liquidano in Euro 2.905,00 per compensi professionali forensi,
oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nelle misure di legge, e rimborso spese
forfettarie nella misura del 15% del compenso.
Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti del presente procedimento
al giudice tutelare per le valutazioni in ordine all’opportunità di sostituire
l’amministratore di sostegno come richiesto anche dai ricorrenti.
Conclusione
Così deciso in Avellino, il 17 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2024.

Negato l’affido condiviso al padre pregiudicato e incapace di trasmettere sani valori educativi ai figli

Corte d’Appello di Milano,
Sentenza 30 settembre 2024,
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione delle Persone, dei Minori, della Famiglia
composta dai magistrati
Dott.ssa Anna Maria Pizzi Presidente
Giurisprudenza di merito Ondif
pagina 3 di 19
Dott.ssa Alessandra Arceri Consigliere rel.
Dott.ssa Maria Vicidomini Consigliere
ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra indicato, discussa in Camera di Consiglio
all’udienza collegiale del 19 settembre 2024, promossa con ricorso depositato in data 2 aprile 2024 da
C. P. , C.F. ____________, nato il _____1969 a C. (CO) residente in C. , Via _______ n. _,
rappresentato e difeso dall’ Avv. C. L. del Foro di Roma, presso il cui studio sito in Roma, viale
Europa n.100 è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti
APPELLANTE
contro
L. B. , C.F. _______, nata il _____1970 a C. ed ivi residente in Via ____ n._, rappresentata e difesa
dall’ Avv. O.M.C., presso il cui studio sito in C. , via _____ n.__ è elettivamente domiciliata, giusta
procura in atti
APPELLATO
E con l’intervento di
Avv. S. L., costituita in proprio nella sua qualità di Curatore Speciale dei minori L. C. nato in data
____ 2011 e B.A. C. nata in data _____ 2013
Con l’intervento del P.G. presso la Corte d’Appello di Milano che ha chiesto il rigetto dell’appello
principale e di quello incidentale, con conseguente conferma della sentenza impugnata, così motivando:
Ritenuto che la sentenza impugnata appare ampiamente motivata relativamente all’affido super
esclusivo dei minori alla madre in considerazione dei comportamenti dell’appellante e del difficile
rapporto del medesimo con i figli minori. Rilevato che dall’ultima relazione dei S.S. si evince che
l’appellante ha ripreso i contatti con i figli e le parti si sono accordate anche per una settimana di
vacanza con il padre nel periodo estivo. Ritenuto che la relazione tra padre e minori necessiti di
monitoraggio attesa la reattività dell’appellante a qualsiasi esigenza dei figli, esigenze che talvolta
interferiscono con incontri già fissati dimostrando scarsa attenzione ai bisogni dei minori. Ritenuto
che non vi siano i presupposti per la sospensiva del provvedimento impugnato. Ritenuto che anche
rispetto all’appello incidentale il giudice di primo grado ha correttamente motivato in punto a spese di
lite
OGGETTO: Appello avverso sentenza n. 249/2024 emessa dal Tribunale di Como, Sezione
Prima Civile, il 26.01.2024 e depositata il 28.02.2024 nel procedimento n. R.G. 26/2012
Il procedimento di primo grado
➢ Le parti contraevano matrimonio a C. il ____ 2015, iscritto negli appositi registri del Comune
di C. , anno 2015, Atto n. _, parte I, serie -, ufficio 1.
➢ Dall’unione coniugale, nascevano i figli L. in data ___ 2011 e B.A. in data ___ 2013
➢ Con ricorso depositato il data 5 gennaio 2022 L. B. ha adito il Tribunale di Como
chiedendo: pronunciarsi separazione giudiziale tra i coniugi, con riserva di formulare domanda
di addebito della colpa in capo al resistente; l’affidamento esclusivo dei figli minori con
collocamento presso di sé, la regolamentazione del diritto di visita paterno, nonché la
determinazione del contributo mensile per ciascun figlio in € 500 che il resistente doveva
ritenersi obbligato a corrisponderle a titolo di mantenimento della prole, oltre al 70% delle
spese straordinarie, con percezione integrale degli assegni familiari a proprio favore.
➢ In data 28 aprile 2022 si teneva udienza presidenziale, in cui il resistente compariva
personalmente, venivano sentite entrambe le parti.
➢ In data 31 maggio 2022 si costituiva nel procedimento n. R.G. 26/2022 C. P. il quale non
opponendosi alla domanda di contributo al mantenimento della prole, chiedeva disporsi
regolamentazione del proprio diritto di visita a fine settimana alterni oltre a una sera
infrasettimanale; la previsione a suo carico di un contributo per il mantenimento dei due figli
pari ad € 250,00 per ciascuno; nessun riconoscimento economico tra le parti essendo entrambe
autosufficienti economicamente.
➢ All’udienza del 31 maggio 2022 le parti raggiungevano un accordo provvisorio, che prevedeva
la determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli da porsi a carico del padre nella
misura di € 500 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie, compresa la mensa scolastica; la
percezione integrale dell’assegno unico da parte della madre; lo spostamento della residenza del
padre; la regolamentazione del diritto di visita del padre a fine settimana alterni oltre a una sera
infrasettimanale; la disponibilità del padre ad un incontro con la psicologa dei figli.
➢ In data 20 settembre 2022 si teneva udienza presidenziale all’esito della quale, in
considerazione del mancato raggiungimento di una soluzione conciliativa tra le parti, veniva
disposto l’affido condiviso dei figli minori ai genitori, con collocamento presso la madre; la
regolamentazione delle visite padre e figli, l’assegnazione della casa coniugale alla moglie; la
determinazione in € 500 dell’assegno di mantenimento per i minori da porsi a carico del padre,
oltre al 50% delle spese straordinarie, con autorizzazione alla madre a sottoporre i figli minori
agli accertamenti diagnostici suggeriti dalla psicologa e disponendo un ordine di esibizione ex
art. 210 c.p.c. al fine di acquisire la documentazione relativa al secondo pilastro svizzero del
resistente.
➢ All’udienza del 25 gennaio 2023 innanzi al Giudice Istruttore, trattata in forma cartolare,
entrambe le parti chiedevano l’immediata fissazione dell’udienza di precisazione delle
conclusioni e il procedimento veniva a tale scopo rinviato, disponendo il deposito della
documentazione reddituale aggiornata dei coniugi.
➢ In data 16 ottobre 2023 la difesa della ricorrente depositava note scritte per l’udienza
chiedendo: “ Voglia il Tribunale adito pronunciare la separazione personale dei coniugi, con
addebito della stessa in capo al signor C. . Dato atto che lo stesso non ha depositato la
documentazione relativa al secondo pilastro maturato per l’attività lavorativa svolta in
Svizzera, né la documentazione, anche aggiornata, indicata nel decreto di fissazione
dell’udienza del 27 gennaio 2023, né ha provveduto a erogare contributo alcuno per i figli
dalla data di trasferimento dal tetto coniugale e nemmeno dopo il provvedimento presidenziale
e la signora L. sta percependo l’importo di € 500,00 direttamente dal datore di lavoro E.L.
S.r.l.s., importo che deve ritenersi insufficiente alla luce di tutta la documentazione di cui il
Tribunale è in possesso e andrà rivisitato per consentire una vita dignitosa ai due minori. In
ogni caso detto comportamento dovrà essere valutato anche in ordine alla buonafede
processuale di parte resistente. CONDIZIONI 1. Disporsi la modalità di affido che il Tribunale,
valutata la situazione anche a mezzo di ausiliario del Giudice, valuterà essere da prediligere
per i figli, rappresentando che nella situazione che ormai perdura da almeno tre anni sarebbe
auspicabile un affido in capo alla ricorrente dei figli minori L. e B. con collocazione
prevalente presso la madre nell’abitazione coniugale. 2. Disporsi il diritto di visita del padre
secondo modalità di gradualità atteso il mancato interesse del padre che si protrae da mesi e la
necessità che i bambini siano supportati negli incontri. In ogni caso attendere nel disporre il
pernottamento dei minori all’esito di valutazioni approfondite sulla figura del padre. 3.
Disporsi che la signora L. , quale genitore collocatario dei minorenni, così come previsto dalla
legge (articolo 211 della Legge n. 151/1975), percepisca direttamente gli assegni familiari
corrisposti per i figli in funzione del rapporto di lavoro subordinato del genitore avente diritto.
4. Disporsi che il signor P. C. corrisponda a titolo di contributo al mantenimento dei figli L. e
B. la somma di € 500,00= mensili per ciascun figlio, o comunque quella maggiore o minore
somma che sarà ritenuta di giustizia, tenuto conto del fatto che la signora sta onorando anche
finanziamenti contratti dal coniuge. Importo da versarsi il giorno cinque di ogni mese, anche a
mezzo bonifico bancario sul conto corrente che sarà indicato dalla signora B. L. . Importo
soggetto annualmente a rivalutazione ISTAT. Obbligo dalla data del ricorso introduttivo del
giudizio.5. Disporsi che il signor P. C. provveda nella misura del 70% alle spese straordinarie
sostenute nell’interesse dei figli previamente concordate se non necessarie, come da Protocollo
del Tribunale di Como del 25 maggio 2018. 6. Nel caso di accordo disporsi che i coniugi
acconsentano reciprocamente al rilascio del passaporto e di ogni altro documento equivalente
valido per l’espatrio solo per motivi di vacanza. In ogni caso • Con vittoria di competenze, oltre
spese forfettarie del 15%, oltre accessori così come per legge dovuti, anche alla luce del grave
comportamento omissivo nella produzione documentale di parte resistente e si chiede che il
Tribunale valuti l’esistenza dei presupposti di cui all’articolo 96 c.p.c.. In via istruttoria: •
Laddove il Tribunale ritenesse di procedervi, si insiste per l’ammissione dei mezzi di prova
formulati in corso di causa con il ricorso introduttivo e la memoria integrativa.
➢ In data 18.10.2023 la difesa di parte resistente depositava note scritte per l’udienza richiamando
le conclusioni già rassegnate chiedeva: “…pronunciare la separazione personale dei signori P.
C. e B. L. alle seguenti condizioni: − Il sig. C. corrisponderà per il mantenimento dei due
figli l’importo di € 250,00 a figlio (per un totale di € 500,00); − Diritti di visita come indicati al
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punto n. 5 della memoria; − Nessun riconoscimento economico tra le parti essendo entrambe
autosufficienti economicamente…”.
➢ All’esito dell’udienza cartolare del 18.10.2023 la causa veniva rimessa al Collegio per la
decisione, con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e
delle memorie di replica di cui all’art. 190 c.p.c..
➢ Con la sentenza n. 249/2024 emessa il 26.01.2024, pubblicata in data 28.02.2024, il Tribunale
di Como così definitivamente pronunciava: “…1. DICHIARA la separazione personale, ex
art. 151 comma 1° c.c., dei coniugi B. L. , nata a C. (CO) il ___1970, e P. C. , nato a C. (CO)
il ______1969, che hanno celebrato matrimonio a C. in data ___2015 (anno 2015, atto n. _,
parte I, serie -, ufficio 1); 2. MANDA al Cancelliere affinché trasmetta copia autentica del
dispositivo della presente sentenza all’Ufficiale di stato civile del Comune di C. per le
annotazioni e le ulteriori incombenze di legge; 3. AFFIDA i figli minori L. (nato il _.2011) e
B.A. (nata il __.2013) in via super-esclusiva alla madre ai sensi dell’art. 337 quater comma 3
c.c. con specifica attribuzione alla stessa di tutte le decisioni che attengono l’educazione,
l’istruzione, la salute e la residenza dei figli minori; 4. CONFERMA il collocamento dei
minori presso la madre, anche ai fini della residenza anagrafica; 5. INCARICA il Servizio
Tutela Minori territorialmente competente (Comune di Como ) di regolamentare le visite tra il
padre e i figli, su richiesta del padre, nelle forme ritenute maggiormente rispondenti
all’interesse dei minori; 6. PONE a carico di P. C. l’obbligo di corrispondere a B. L. , a
titolo di mantenimento dei figli, l’importo mensile di € 300 per ciascun figlio (per complessivi €
600 mensili) – somma da versare entro il giorno 5 di ogni mese, rivalutabile annualmente
secondo indici Istat a partire da gennaio 2025 – oltre al 50% delle spese straordinarie con
applicazione del Protocollo in uso presso il Tribunale di Como ; 7. DISPONE che l’assegno
unico e universale per la prole sia interamente percepito da B. L. ; 8. RIGETTA la domanda
di addebito avanzata dalla moglie; 9. COMPENSA le spese di lite”.
Il procedimento di appello
➢ Con ricorso depositato il 02.04.2024, C. P. ha chiesto la parziale riforma della sentenza sopra
indicata, notificata in data 06.03.2024, formulando le seguenti conclusioni: “…Voglia l’Ecc.ma
Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis, in parziale riforma della sentenza n. 249/2024
del 26.01.2024, pubblicata il 29.02.2024 a definizione del giudizio di cui all’n.r.g. 26/2022 –
Tribunale Ordinario di Como – Sez. Prima Civile – Pres. Rel. dott.ssa Cao – notificata il
06.03.2024, così decidere: Nel merito e in via preliminare: accertata e dichiarata la
sussistenza dei presupposti ex art. 283 c.p.c. per i motivi di cui in narrativa, sospendere
l’efficacia esecutiva e l’esecuzione della sentenza impugnata, con adozione di ogni
conseguenziale e ritenuto provvedimento; Nel merito e in via principale: accogliere, per i
motivi tutti dedotti in narrativa, il proposto appello e per l’effetto, in parziale riforma della
sentenza n. 249/2024 del 26.01.2024, depositata in data 28.02.2024 dal Tribunale di Como a
definizione del giudizio di cui all’n.r.g. 26/2022 – Pres. Rel. Dott.ssa Cao – notificata in data
6.03.2024, accogliere le domande già formulate in primo grado dall’odierno ricorrente, e
dunque adottare le seguenti disposizioni in tema di affidamento dei figli e diritto di visita del
padre: – I figli L. e B.A. continueranno ad essere affidati in modo condiviso ad entrambi i
genitori, che continueranno ad esercitare sugli stessi la responsabilità genitoriale congiunta. I
minori rimarranno collocati presso la casa materna, ove continueranno a vivere con la madre-
I genitori assumeranno di comune accordo le decisioni di maggior interesse relative
all’istruzione, educazione e alla salute, incluse le cure farmacologiche. Ogni decisione che
fosse imposta da ragioni di urgenza per preservare la salute psico-fisica dei figli potrà essere
presa dal genitore con cui i minori si troveranno in quel periodo, con l’obbligo di riferire
prima possibile le motivazioni di tale scelta e concordare con l’altro genitore la fase successiva
dell’eventuale intervento urgente. – Le decisioni di ordinaria amministrazione saranno
adottate in maniera autonoma da ciascun genitore nel periodo in cui vivrà con i figli. – Quanto
al diritto di visita, il padre potrà vedere e tenere con sé i figli nel rispetto delle loro esigenze e
compatibilmente con gli impegni scolastici ed extrascolastici dei minori e sempre salvo diversi
interveniendi accordi tra i due coniugi, con le seguenti modalità: – fine settimana alternati dalle
ore 19:30 del venerdì fino alle ore 21:00 della domenica; – durante la settimana in cui il padre
lavora potrà passare a trovare i figli una sera dalle ore 19:00 fino alle ore 19:30; – durante le
vacanze di Natale, ad anni alterni dal 23.12 al 30.12 o dal 31.12 al 06.01, salvo il giorno di
Natale, che verrà trascorso ad anni alterni il pranzo con la madre e la cena con il padre; – le
vacanze di Pasqua ad anni alterni; – durante le vacanze scolastiche estive, per almeno due
settimane, anche non consecutive, da concordare tra i genitori entro il 30 maggio di ogni anno.
– nel caso in cui i figli dovessero essere affidati a terze persone da parte della madre, l’altro
genitore dovrà essere tempestivamente informato di ciò ed essere messo al corrente del luogo
dove si trovano i figli; – conseguentemente disattendere le eccezioni e le istanze sollevate
dall’appellata in riferimento all’affidamento ed alla frequentazione paterna dei minori dinanzi
al Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto; – confermare la sentenza
impugnata relativamente ai restanti capi (1,2,4,6,7,8 e 9) IN VIA ISTRUTTORIA. – Chiede sia
ammessa la documentazione depositata unitamente al presente atto in quanto decisiva ed
indispensabile ai fini della parziale riforma della sentenza nonché per ogni ulteriore motivo di
cui alla narrativa e soprattutto considerato l’interesse pubblicistico oggetto del presente
giudizio relativo alla tutela dei minori; – Chiede sia ammessa prova testimoniale sui fatti
anticipati nelle premesse e dunque sui seguenti capitoli di prova, tutti da intendersi preceduti
dalla dizione “Vero che”: 1) Nel mese di gennaio 2023 il sig. Luigi C. ha preso in uso dal
fratello sig. C. S. l’unità abitativa sita in C. , Via _____, _ ristrutturandola ed ammobiliandola
al fine poter ospitare nei fine settimana i figli, L. e B.A.; 2) Nel periodo gennaio 2023/marzo
2024 il sig. C. P. ha tenuto con sé presso la propria abitazione sita in C. , Via ________, ____,
i figli minori, L. e B.A., dal sabato mattina alle ore 10,00 sino alla domenica sera con rientro
dei medesimi presso la casa materna alle ore 21; 3) Nel periodo gennaio 2023/marzo 2024 nei
fine settimana alternati trascorsi dai i figli minori, L. e B.A., presso la residenza paterna sita in
C. , Via ____, _ è capitato che nel mese di febbraio 2024 la figlia pernottasse ivi insieme alla
sua compagna di scuola, G. ;4) Nel mese di luglio 2023 il sig. C. P. ha acquistato due telefoni
cellulari e due schede telefoniche regalati ai figli al fine di poterli contattare quotidianamente e
direttamente; 5) Dal luglio 2023 il sig. C. P. sente telefonicamente i figli ogni giorno; 6) Nei
giorni infrasettimanali dal lunedì al venerdì il sig. P. C. si reca presso l’abitazione materna
sita in C. , Via _____, 4, ove abitano i minori, e chiede agli stessi di scendere per stare insieme;
7) Nel periodo giugno 2021/dicembre 2022 il Sig. P. C. teneva con sé i due figli minori, a fine
settimana alternati con la moglie, presso l’abitazione della sorella, sig.ra C. A. , sita in G.
(CO), Via __, _ nella quale lo stesso è stato ospitato nel periodo maggio 2021/dicembre 2022;
8) Nel periodo giugno 2021/dicembre 2022 quando il sig. P. C. teneva con sé i figli, nei fine
settimana alternati con la moglie, presso l’abitazione della sorella sita in G. (CO), Via _____,
_, i figli frequentavano anche i cugini e i nonni paterni; Si indicano a testi: sig. C. S. residente
in C. , Via ________, _; C. A. residente in G. (CO) Via ___, _; – C. V.M., residente in C. ,
Via _________, _; – P.M.F. residente in P. (CO), Via ________, _; – M.F. residente in C. (CO),
Via ___, _; – F.C., re.te in G. (CO), Via _, _; – G. S. re.te in V.D’A. (MI), Via _____, _. –
Chiede sia disposta l’audizione dei minori, L. e B.A., per ogni motivazione di cui in narrativa,
sui fatti di cui in premessa ed in particolare: – sulla relazione dei medesimi con il padre nonché
sulle modalità e tempistiche delle frequentazioni paterne attuali nonché precedenti al deposito
della sentenza, con particolare riferimento al periodo in cui gli stessi pernottavano presso la
nuova (ed attuale) abitazione paterna; – sul desiderio dei medesimi di continuare a frequentare
il padre nelle medesime modalità e tempistiche; – nonché su ogni ulteriore questione ritenuta
dall’Ecc. ma Corte utile e necessaria alla loro tutela ed al fine di valutare la frequentazione
instaurata dai medesimi con il padre, le loro reali e concrete esigenze al riguardo. Ove ritenuto
necessario, chiede sia disposta C.T.U. psicologica sulla persona del ricorrente al fine di
valutare la capacità e l’idoneità genitoriale del medesimo, nonché la propensione e l’interesse
del medesimo al proprio ruolo di padre; Chiede sia disposta l’acquisizione del fascicolo di
primo grado. Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali
oltre IVA e CPA come per legge.
Nello specifico, parte appellante ha impugnato il capo 3 del provvedimento che ha disposto
l’affido super esclusivo dei figli minori alla madre ed ha altresì impugnato il capo 5, che ha
incaricato i Servizi sociali di C. di regolamentare le visite tra il padre e i figli, senza che,
previamente, fossero stati disposti mezzi istruttori di sorta per dimostrare il presunto
disinteresse del padre nei confronti dei figli, quali avrebbero potuto essere, per esempio, una
CTU, e senza disporre il previo ascolto dei figli minori della coppia. Non si sarebbe tenuto
conto della circostanza che in un primo tempo il C. era stato ritenuto genitore idoneo
all’affidamento condiviso, e che le successive difficoltà nell’incontrare regolarmente i figli
erano unicamente da ascriversi alle mutate condizioni economiche paterne. Ugualmente
immotivato e gravatorio sarebbe, ad avviso del ricorrente, la decisione del giudice di prime cure
di affidare ai Servizi Sociali la regolamentazione degli incontri tra il padre ed i figli, atteso che
in ogni caso costui aveva sempre mostrato l’interesse a frequentarli, e l’intermediazione dei
Servizi non avrebbe che accresciuto le difficoltà organizzative esistenti, legate al lavoro svolto
dall’istante, e non certo al suo disinteresse, apprezzato sulla scorta di dati non probanti.
In definitiva, il ricorrente censura la decisione di prime cure per aver disposto l’affidamento
super esclusivo alla madre in difetto dei presupposti legittimanti una misura di siffatta gravità,
solitamente individuati dalla giurisprudenza in situazioni gravi quali l’assenza totale del
genitore, l’inadempienza protratta all’obbligo di mantenimento, condotte violente, irreperibilità
del genitore, o una grave inadeguatezza nell’esercizio delle funzioni genitoriali; in aggiunta, tale
provvedimento sarebbe stato emesso senza neppure disporre CTU e senza ascoltare i figli
minori, violando il fondamentale diritto degli stessi al contraddittorio.
Per questi motivi, il ricorrente insisteva altresì per la sospensiva in via urgente della sentenza
impugnata.
➢ Con decreto presidenziale del 03.04.2024 veniva nominato Consigliere relatore la dott.ssa
Alessandra Arceri e veniva fissata l’udienza del 18.06.2024 con la modalità della trattazione
scritta ai sensi degli artt. 127, 127 bis e 127 ter.
➢ In data 24.05.2024 L. B. si costituiva nel procedimento di appello depositando comparsa di
risposta in cui ha proposto appello incidentale “…Affinché la Corte d’Appello adita, in parziale
riforma della sentenza di primo grado e decidendo sulla presente impugnazione, Voglia
disporre la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio”.
Parte appellata ha rassegnato le seguenti conclusioni “… 1) Rigettare il ricorso in appello
avversario in quanto infondato in fatto e in diritto, per tutti i motivi sopra dedotti, confermando
la sentenza n. 249/2024 del 26 gennaio 2024, pubblicata in data 29 febbraio 2024 dal
Tribunale di Como, a definizione del giudizio R.G. 26/2022. 2) Riformare la sentenza di primo
grado nella parte in cui statuisce la compensazione delle spese di lite anche alla luce dei
comportamenti processuali dell’appellante e, per l’effetto, condannare l’appellante al
pagamento delle spese del primo grado di giudizio. 3) Con vittoria di spese e compensi, oltre
15% spese generali, IVA e CPA. del giudizio d’appello”.
Nel chiedere la reiezione del gravame, parte appellata sottolineava come il processo di prime
cure si fosse svolto nella sostanziale assenza del C. , che vi aveva partecipato praticamente
soltanto all’udienza del 31 maggio 2022, dove – in esito alla proposta formulata dal giudice –
erano stati presi alcuni accordi, peraltro da costui mai rispettati. Nello specifico, il C. non aveva
versato il contributo al mantenimento che lui stesso aveva accettato e considerato adeguato alle
sue capacità economiche; non aveva rispettato il diritto di visita stabilito; non aveva effettuato il
trasferimento di residenza; non aveva incontrato la psicologa che seguiva i figli né ha firmato la
documentazione necessaria per la visita neuropsichiatrica dei figli, costringendo la L. a non
poter parteciparvi. Il convenuto neppure aveva dedotto mezzi istruttori per contrastare le
affermazioni della L. , né aveva presentato ulteriori difese dopo il deposito della comparsa di
risposta.
Rilevava parte appellata che anche il capo 5 della sentenza conteneva decisione condivisibile,
atteso che il C. non aveva mai rispettato le modalità di visita dei figli stabilite concordemente
all’udienza del 31 maggio 2022, presentandosi saltuariamente e senza preavviso presso
l’abitazione familiare per incontrarli. In via incidentale, l’appellata chiedeva la riforma della
pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva disposto la compensazione delle spese del
grado, chiedendo la condanna del C. al pagamento delle stesse.
➢ In data 04.06.2024 i Servizi sociali di C. depositavano nota informativa in cui veniva precisato
che : “ Lo scrivente Servizio non ha mai avuto in carico il nucleo C. /L. . Il Tribunale
Ordinario di Como ha trasmesso la sentenza del 26-01-2024 e ha dato mandato di :
“INCARICA il Servizio Tutela Minori territorialmente competente (Comune di C. ) di
regolamentare le visite tra il padre e i figli, su richiesta del padre, nelle forme ritenute
maggiormente rispondenti all’interesse dei minori”. Nel marzo 2024 il legale del sig. C.
comunicava allo scrivente servizio la disponibilità e volontà dello stesso di incontrare i propri
figli. Nel mese di aprile le scriventi hanno effettuato un primo colloquio con il sig. C. il quale
ha riferito che a seguito della sentenza era riuscito ad incontrare i suoi figli. Inizialmente solo
L. ma poi anche la figlia B.. Il colloquio si è chiuso senza la necessità di definire un calendario
ma con la disponibilità e l’intenzione del sig. C. di avere con sé i figli per 1 settimana intera
nel mese di agosto durante le vacanze estive. Nel mese di maggio le scriventi hanno incontrato
la sig.ra L. (13/05/24) ed in un’occasione i minori L. e B. (15/05/24). La situazione che viene
rappresentata da tutto il nucleo è che non vi sono più particolari problematiche nel diritto di
visita del padre con i figli. L. è molto legato affettivamente al padre e, quindi, non aveva mai
manifestato difficoltà nell’incontrarlo; B., invece, a parte un momento specifico legato
prevalentemente ai suoi impegni sportivi, ora si reca a casa del padre serenamente e con
continuità. Già all’epoca del primo colloquio con il sig. C. lo stesso si vedeva garantito un
weekend con i figli a settimane alterne, in quanto, essendo un autotrasportatore, non può
dedicare ulteriori momenti ai ragazzi. Questa calendarizzazione vede tutti concordi, compresa
la sig.ra L. . Le questioni che vengono, però, sollevate da quest’ultima, riguardano le modalità
che, a suo dire, il sig. C. adotta con lei e con i figli. Sostiene che si rivolga a lei, tramite
messaggi sul telefono, in modo irrispettoso ed offensivo, nonché che non le risponda alla
maggior parte delle richieste che pone. Mentre con i figli, sempre secondo il suo racconto,
tende ad impaurirli con la minaccia “vi faccio portare via dalla mamma dai Servizi Sociali”,
oppure “vi faccio mettere in Comunità”. Queste esternazioni pare vengano utilizzate quando,
per motivi contingenti, il sig. C. riceve la comunicazione che ci sono impedimenti nelle
giornate di visita e quest’ultimo le interpreta come azioni oppositive agite dalla sig.ra. La
stessa racconta che il sig. C. , infatti, fatica a comprendere i bisogni dei figli, perché sempre
orientato in modo pregiudizievole a credere che sia lei ad influenzare i ragazzi, soprattutto B..
Anche di fronte ad impegni sportivi, a detta della sig.ra, il padre si lamenta e fatica ad
assecondare le richieste dei figli, arroccandosi sul suo diritto di visita. Con i sig.ri C. /L. sono
stati definiti gli orari del weekend di spettanza in modo più chiaro ( dal sabato mattina alla
domenica sera) ed, inoltre, è stata calendarizzata la prima vacanza con il padre che avverrà
nella prima settimana di agosto p.v. La sig.ra L. ha accolto questa richiesta positivamente”.
➢ Con parere depositato in data 13.06.2024 il P.G così concludeva. “… Ritenuto che la
sentenza impugnata appare ampiamente motivata relativamente all’affido super esclusivo dei
minori alla madre in considerazione dei comportamenti dell’appellante e del difficile rapporto
del medesimo con i figli minori. Rilevato che dall’ultima relazione dei S.S. si evince che
l’appellante ha ripreso i contatti con i figli e le parti si sono accordate anche per una settimana
di vacanza con il padre nel periodo estivo. Ritenuto che la relazione tra padre e minori
necessiti di monitoraggio attesa la reattività dell’appellante a qualsiasi esigenza dei figli,
esigenze che talvolta interferiscono con incontri già fissati dimostrando scarsa attenzione ai
bisogni dei minori. Ritenuto che non vi siano i presupposti per la sospensiva del provvedimento
impugnato. Ritenuto che anche rispetto all’appello incidentale il giudice di primo grado ha
correttamente motivato in punto spese di lite”.
➢ Con ordinanza in data 18 giugno 2024 questa Corte così statuiva:
“Letti gli atti, visti i documenti prodotti, sciogliendo la riserva formulata all’esito dell’udienza del
18 giugno 2024, nel contraddittorio tra le parti rilevato che: il provvedimento qui impugnato ha
adottato, all’esito di giudizio di separazione personale tra le parti, coniugatesi in data ___ 2015,
un provvedimento fortemente limitativo della responsabilità genitoriale paterna, in ragione
dell’emergenza, dagli atti, di disinteresse del padre nei riguardi di entrambi i figli (L. , nato il
______ 2011 e B.A., nata il _____ 2013), concretatasi anche nel protratto inadempimento degli
obblighi economici nei confronti degli stessi; in caso di provvedimenti limitativi della
responsabilità genitoriale di uno o di entrambi i genitori, ed in specie, nei casi in cui sussista
elevata conflittualità, come nel presente, ritiene la giurisprudenza che l’interesse supremo del
minore vada tutelato mediante nomina, in suo favore, di soggetto terzo che, in posizione
equidistante rispetto alle figure parentali, assorbite dal conflitto, svalutanti l’una nei riguardi
dell’altra, ovvero caratterizzate da profonde carenze nelle rispettive attitudini genitoriali, possa
rappresentarlo adeguatamente (v. per es. Trib. Bari, 7 agosto 2023 in www.osservatoriofamiglia.it,
che ha disposto la nomina di un curatore speciale in un caso in cui il comportamento del genitore
collocatario fosse fortemente ostacolante nei riguardi delle possibilità di frequentazione dell’altro
genitore), nomina che, nel caso di specie, appare sommamente opportuna giacché la madre stessa
ha descritto un contesto di paura insorta nella figlia minore di frequentare il padre, mentre il padre
ha riferito di possibili manipolazioni materne poste in essere sulla predetta, e di una forte
incomunicabilità tra genitori; secondo il preferibile e recente orientamento espresso dalla Suprema
Corte (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Ord., 19 marzo 2024, n. 7331; Pres. Genovese, Rel. Cons. Tricomi),
la mancata nomina del curatore speciale comporta, quale naturale conseguenza della non corretta
costituzione del rapporto processuale con adeguata rappresentanza del minore coinvolto nel
conflitto, la nullità dell’intero processo, con la precisazione che, in tema di procedimenti in cui si
discute della regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, l’emersione nel
giudizio di comportamenti dei genitori pregiudizievoli al figlio, rilevanti anche ex art. 333 c.c.,
pone in capo al giudice il dovere di nominare un curatore speciale al minore, in ragione del
sopravvenuto conflitto di interessi con i genitori, la cui inottemperanza determina la nullità del
giudizio di impugnazione e, in sede di legittimità, la cassazione con rinvio alla Corte d’appello,
dovendo escludersi il rinvio al primo giudice, perché contrario al principio fondamentale della
ragionevole durata del processo (espresso dall’art. 111 Cost., comma 2, e dall’art. 6 CEDU), di
particolare rilievo per i procedimenti riguardanti i minori, e comunque precluso dalla natura
tassativa delle ipotesi di cui agli artt. 353,354 e 383 c.p.c., comma 3. Ne discende dunque che la
nomina del Curatore speciale possa avvenire, con effetto sanante, anche in fase di appello,
evitando, per evidenti ragioni legate alla ragionevole durata del processo, la regressione del
giudizio in prime cure; ritenuto, del pari, che non risulta alcuna motivazione in relazione alla
mancata audizione dei due figli minori, rispettivamente di anni 13 ed 11, certamente coinvolti dalla
decisione sull’affidamento e sull’esercizio dei diritti genitoriali;
P.Q.M.
La Corte, provvisoriamente pronunciando nella controversia in oggetto, così provvede: – nomina
curatore speciale dei minori, con potere di rappresentarli processualmente, l’avv. S.L. del Foro di
Lecco, cui dovranno essere immediatamente ostesi gli atti processuali tutti, invitandola a costituirsi
in via telematica entro e non oltre il 5 luglio 2024, demandando al Curatore la valutazione circa
l’opportunità e le modalità di audizione dei minori in vista della costituzione; – dispone farsi luogo
all’ascolto dei figli minori della coppia, previo preliminare vaglio della capacità di discernimento
della figlia minore B.A., deputando all’uopo l’udienza del 10 luglio 2024 ore 15 dinanzi al
Consigliere Delegato dott.ssa Alessandra Arceri, avvertendo fin d’ora che l’incombente prevederà
la sola presenza dei minori; – precisa che nell’audizione verrà domandato ai minori di parlare del
proprio contesto familiare, sociale, relazionale e scolastico, con particolare riferimento ai rapporti
con entrambi i genitori; – invita le parti a depositare, nel termine massimo dell’8 luglio p.v., brevi
note con precisazione di ulteriori temi che si desidererebbe veder trattati. – Fissa fin d’ora nuova
udienza dinanzi al Collegio, in forma cartolare, al 19 settembre 2024 ore 10,30, con termine per il
deposito di note difensive sostitutive del verbale di udienza entro il 17 settembre 2024”.
➢ Il giudice delegato procedeva all’audizione dei figli minori della coppia in data 10 luglio 2024;
➢ All’udienza del 19 settembre 2024 le parti presentavano deduzioni sostitutive del verbale di
udienza e la Corte riservava la presente decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente, la Corte osserva che la causa appare matura per la decisione alla luce degli
elementi già acquisiti, ovvero sulla scorta della relazione dei servizi sociali e dell’audizione dei figli
minori della coppia, nonché delle circostanze risultanti dagli atti di causa.
Unico motivo di gravame (la convenuta ha da ultimo dichiarato di non insistere nel motivo
incidentale, non coltivando ulteriormente dunque la richiesta di condanna del C. al pagamento
delle spese del giudizio di primo grado, in riforma della sentenza impugnata) concerne la decisione
di affidamento super esclusivo dei due figli minori della coppia genitoriale alla madre, che
l’appellante ritiene esser stata assunta dal Tribunale in grave e patente violazione del diritto dei
minori alla cd. “bigenitorialità”, oltretutto in assenza di approfondimenti istruttori, e senza disporre
l’ascolto dei minori.
Sotto quest’ultimo profilo, va osservato che la Corte d’Appello ha convenientemente colmato ogni
possibile lacuna ipoteticamente ravvisabile nel procedimento di primo grado: infatti ha richiesto
informazioni ai Servizi Sociali competenti, incaricati di organizzare e monitorare le visite paterne,
ed ha disposto l’ascolto dei minori, svolto dal Consigliere Delegato in data 10 luglio 2024.
Non occorre, dunque, dare ingresso anche alla CTU psicodiagnostica richiesta dal C. , in quanto a
parere di questa Corte, vi sono già a disposizione sufficienti elementi che consentono di assumere la
decisione sulla questione controversa, e la consulenza avrebbe pertanto, nel contesto familiare
specifico, una valenza esplorativa e potenzialmente deleteria nei confronti dei minori, che si
vedrebbero, ancora una volta, coinvolti nel conflitto giudiziario, effetto indesiderabile, come
chiaramente emergente dalle dichiarazioni rese, all’udienza del 10 luglio u.s., dal figlio minore L. ,
che si è detto desideroso di una maggiore armonia e capacità di dialogo tra i genitori.
Non ignora questa Corte che, nell’attuale contesto normativo, l’affidamento condiviso rappresenta
scelta preferenziale e normalmente coincidente con il child’s best interest, in quanto tale formula di
affidamento si presta a garantire, meglio di ogni altra, il soddisfacimento del diritto della prole a
mantenere regolari e soddisfacenti rapporti affettivi ed educativi con entrambi i genitori (vedasi per
es. Corte Cass. Ord. n. 12474 dell’8 maggio 2024, secondo la quale: La regola dell’affidamento
condiviso costituisce la scelta tendenzialmente preferenziale (cfr. Cass. n. 6535 del 2019) onde
garantire il diritto del minore “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno
dei genitori”, tanto che, avendo in tal modo dimostrato il legislatore di ritenere che l’affidamento
condiviso costituisca il regime ordinario della condizione filiale nella crisi della famiglia (cfr.
Cass. n. 1777 del 2012), la sua derogabilità, neppure consentita in caso di grave conflittualità tra i
genitori (cfr. Cass. n. 5108 del 2012), risulta possibile solo ove la sua applicazione risulti
“pregiudizievole per l’interesse del minore” (cfr. Cass. n. 977 del 2017)”).
Tuttavia, tale regola generale ammette deroghe in circostanze tutt’affatto eccezionali, che implicano
un possibile pregiudizio della prole nel rapportarsi, in modo continuativo, ad uno dei genitori e
presuppongono il verificarsi di impossibilità o inidoneità educativa di uno dei genitori. Tali
circostanze non consistono necessariamente nell’eventuale maggiore attitudine di uno dei genitori
ad adempiere al proprio ruolo rispetto all’altro, ma possono sostanziarsi in situazioni che, sebbene
non espressamente declinate dal legislatore, sono riscontrate dalla prevalente elaborazione
giurisprudenziale, per esempio, nel caso di gravi condizioni soggettive capaci di dare origine a
situazioni di rischio per l’incolumità o il benessere psico-fisico del minore, di situazioni di
manifesto disinteresse e incapacità del genitore di instaurare un rapporto affettivo con il figlio, in
caso di persistente avversione, disagio e consapevole rifiuto del minore di frequentare il genitore
(sul punto v. Cass., 17 gennaio 2017, n. 977; Cass., 24 luglio 2013, n. 17990, entrambe in
www.leggiditalia.it e Cass., 17 dicembre 2009, n. 26587, in Foro it. 2, 1, 428, 2010. 6 Cfr. Trib.
Genova 9 giugno 2006, in Corr. mer., 10, 1119,2006 e Trib. Firenze 22 aprile 2006, in Fam. e dir.,
291, 2006. 7 Cit. Cass., 31 dicembre 2020, n. 29999, in www.osservatoriofamiglia.it 8 Cit. Cass.,
31 dicembre 2020, n. 29999, cit. 9 Cfr. Cass., 7 ottobre 2016, n. 20107).
Nel caso che occupa, i motivi per derogare alla generale regola dell’affidamento condiviso
appaiono sussistenti, senza che, si ripete, appaia necessario espletare l’attività istruttoria sollecitata
dall’appellante, ovvero le prove orali articolate o la CTU.
In punto, si rammentano le lucide dichiarazioni rese, dinanzi al Giudice delegato, dai minori
coinvolti nel processo, i quali, con grande maturità, hanno dichiarato di vedere di buon grado il
padre, cui sono profondamente affezionati, ogni due settimane, non ostacolati in tal senso dalla
madre, ma di non desiderare ulteriori spazi di frequentazione o di ingerenza nella propria vita da
parte di costui, soggiungendo di trovarsi bene insieme alla madre.
Hanno peraltro specificato di non frequentare il padre molto volentieri, annoiandosi nei periodi di
permanenza presso la sua abitazione, in quanto costui non offre spazi di rapporto esclusivo con gli
stessi e non da’ loro alcuno stimolo, educativo o culturale, limitandosi a far trascorrere ai minori
interi pomeriggi in casa, senza mai uscire, stando in camera da letto o seduti sul divano.
Rilevato che, ciò nonostante, i minori si erano dichiarati disposti a trascorrere un periodo di ferie
insieme al padre, che aveva loro proposto una gita fino in Spagna a bordo del proprio auto
articolato, vacanza che non ha potuto aver luogo in quanto proprio il 27 luglio u.s. il C. risulta
esser stato arrestato per possesso di stupefacenti (un discreto quantitativo di hashish, pari a circa
129 grammi) a bordo del proprio camion, e trovato in possesso della non irrisoria somma di €
14.000 in contanti, 430 franchi svizzeri, nonché di armi bianche, quali un coltello a serramanico ed
un machete con lama di ben 41 cm.
Il tutto, tra l’altro, a dimostrazione della esecrabilità del comportamento serbato dall’uomo durante
tutto il giudizio di prime cure, e protratto anche all’attualità, di persistente inadempimento alle
obbligazioni di mantenimento assunte nei riguardi dei figli, accampando inesistenti difficoltà
economiche, e non ostendendo le proprie fonti di reddito, costringendo la moglie ad estenuanti
ricerche e tentativi di apprensione di quanto necessario per il sostentamento familiare.
Sono infatti documentati plurimi tentativi del difensore della L. di rintracciare i datori di lavoro del
C. per ottenere la soddisfazione coattiva degli obblighi da costui assunti, non riuscendo nell’intento
anche a causa della scarsa trasparenza e collaborazione del marito, comportamenti che hanno
giustamente spinto la donna ad abbandonare ogni tentativo di composizione amichevole della
controversia separativa, e di collaborazione col padre, nell’interesse dei figli.
Soccorre, a tal proposito, altro consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale: “La
regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c. con
riferimento alla separazione personale dei coniugi, ed applicabile anche nei casi di scioglimento o
di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in virtù del richiamo operato dall’art. 4, comma 2,
l. 8 febbraio 2006 n. 54, è derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per
l’interesse del minore”, come nel caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente
inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed
abbia esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono
sintomatici della sua inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso
comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente” (cfr.
Cassazione civile, sez. I, 17 dicembre 2009, n. 26587).
Conclusivamente, tutti i motivi sopra enunciati portano a propendere per la corrispondenza della
decisione di affido super esclusivo alla madre di L. e B.A. al loro miglior interesse; infatti la madre
appare il genitore più affidabile, ed offre loro, sicuramente, un contesto relazionale ed educativo
lontano dalle logiche devianti che, evidentemente, sono proprie del padre.
Occorre infatti sottolineare come egli stesso, comparso all’udienza del 31 maggio 2022 dinanzi al
Tribunale, abbia ammesso di avere precedenti penali, e da ultimo, in procinto delle vacanze estive
in compagnia che offriva ai figli a bordo del proprio camion, per recarsi con loro fino in Spagna, è
stato perfino arrestato in quanto a bordo di detto stesso mezzo sono stati rinvenuti sostanza
stupefacente e contanti, oltre a pericolose armi da taglio.
Dalla sentenza di condanna del 31 agosto 2024, prodotta dal Curatore, risulta peraltro che il C. ,
pur non avendo egli precedenti penali specifici in tema di droga, è stato ripetutamente condannato
per violazione degli obblighi familiari.
Lo stesso annovera anche altre condanne per truffa, appropriazione indebita, furto, detenzione
illegale di armi.
Il tutto a comprova di un radicamento in ambienti criminali di elevato spessore, dai quali egli non
sembra intenzionato a prendere le distanze, tant’è che, anche nel recente processo celebrato con rito
abbreviato, non ha prestato alcuna collaborazione con l’a.g. e si è avvalso della facoltà di non
rispondere.
Non è quindi possibile ritenere che, quale genitore, il C. offra garanzie di serena ed equilibrata
crescita dei minori, con trasmissione di sani valori educativi.
Il genitore maggiormente idoneo a svolgere tale compito è, senza tema di smentita, la madre, che
oltretutto, mai risulta aver impedito i contatti tra il padre ed i figli, o lo svolgimento di
frequentazioni regolari, il cui svolgimento, opportunamente, è stato demandato alle decisioni ed alla
supervisione dei Servizi Sociali.
L’appello, pertanto, deve essere respinto, e la sentenza impugnata confermata, con condanna
dell’appellante al pagamento delle spese del grado, liquidate come da dispositivo tenendo conto
della natura della lite e dell’attività difensiva svolta, sia a favore dell’appellata, sia a favore della
Curatrice costituita, e per essa, all’Erario, ai sensi dell’art. 133 T.U. n. 115/2002. Seguirà con
separato decreto la liquidazione delle spettanze del Curatore, a carico dell’Erario.
P. Q. M.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente decidendo nella causa in oggetto, ogni contraria istanza,
eccezione o deduzione disattesa, nel contraddittorio tra le parti, così provvede:
respinge l’appello, e per l’effetto, condanna C. P. al pagamento delle spese di lite, in favore di L. B. ed
in favore del Curatore Speciale avv. S.L., che liquida, per ciascuna delle predette, in € 3.200 per
compensi, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge, disponendo che il compenso del Curatore
venga versato, ai sensi dell’art. 133 T.U. spese di giustizia, all’Erario.
Milano, così deciso il 19 settembre 2024
Il Consigliere est. Il Presidente
Alessandra Arceri Anna Maria Pizzi