Di Gianfranco Dosi
I
Fiducia e contratto come categorie antitetiche
Fiducia e contratto sono due categorie sostanzialmente antitetiche. La fiducia è, infatti, una condizione psicologica che comporta l’affidarsi alla lealtà e all’onore di un’altra persona, mentre il contratto ha forza di legge tra le parti ed obbliga all’adempimento.
Queste caratteristiche, fanno sì che la fiducia sia per lo più irrilevante nell’esperienza formale del mondo giuridico. Se per non apparire proprietario di un bene o per evitare l’aggressione di una mia proprietà da parte di un creditore, mi accordo per intestare ad un amico un mio bene immobile o mie quote societarie fidandomi del fatto che egli mi restituirà quello che io gli cedo (fiducia cum amico) non compio nessuna attività su cui giuridicamente io possa contare per poter reagire all’eventuale adempimento da parte del mio amico. Posso solo sperare che questa persona adempia a quanto mi assicura sulla parola che farà. Ugualmente non ha nessuna forza giuridico il fatto del debitore che trasferisce al creditore la proprietà di un bene con l’intesa fiduciaria che, quando il debito sarà estinto, il diritto gli sarà retrocesso (fiducia cum creditore).
La rilevanza di questi impegni rimane, insomma, interna al rapporto tra le persone che li pongono in essere. Nessuna azione giuridica potrà mai avere il fiduciante nei confronti del fiduciario.
La riprova di questo si ha nell’unico caso in cui il codice civile si occupa della fiducia che è l’art. 627 (la cui rubrica è “disposizione fiduciaria”), il cui primo comma afferma che “Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si tratti di persona interposta”. In caso di disposizione fiduciaria, insomma, non esiste azione. Tuttavia, precisa il secondo comma, se la persona dichiarata nel testamento esegue la disposizione e trasferisce i beni alla persona voluta dal testatore, “non può agire per la ripetizione”.
Il meccanismo è quello dell’obbligazione naturale (art. 2034 c.c.) e, benché riferito alla disposizione fiduciaria testamentaria, non vi sono motivi per non considerarlo esportabile all’adempimento di altre disposizioni fiduciarie. In effetti il riferimento alla fiducia come qualcosa che vincola solo moralmente costituendo perciò un dovere morale è pienamente plausibile e giustifica l’inquadramento dell’adempimento delle disposizioni fiduciarie nell’ambito delle obbligazioni naturali.
Fiducia e contratto si confermano quindi come categorie sostanzialmente antitetiche fondate la prima sul vincolo morale e la seconda sul vincolo giuridico.
Parlare, quindi, di contratto fiduciario, di pactum fiduciae, di causa fiduciae, di fiduciante e fiduciario ha senso solo se si comprende che queste espressioni non si riferiscono certo più alla fiducia romanistica, priva di azione in giudizio, ma al contesto in cui determinati rapporti giuridici negoziali hanno insieme effetti reali esterni ed effetti obbligatori interni garantiti da clausole che ne assicurano l’adempimento.
II
Esiste ancora la fiducia come causa di un contratto? L’inquadramento in giurisprudenza del negozio fiduciario come negozio atipico ad effetti obbligatori risultante dal collegamento tra due negozi
La realtà giuridica attuale non conosce di fatto più la storica fiducia romanistica (fiducia cum amico e fiducia cum creditore) quella cioè in cui il fiduciante non ha mezzi per essere tutelato, o, perlomeno, potrebbe avere solo quello del risarcimento del danno. Oggi la causa fiduciae è scomparsa e confusa all’interno di clausole contrattuali che rendono il negozio cosiddetto fiduciario un vero e proprio negozio obbligatorio. Nei negozi giuridici cosiddetti fiduciari il trasferimento del bene è reale e l’adempimento del ritrasferimento è garantito da obbligazioni accessorie e non certo dalla sola fiducia.
Il che non vuol dire, naturalmente, che nella prassi non siano rinvenibili trasferimenti per così dire provvisori di diritti – spesso elusivi di obblighi verso il fisco o verso i creditori – basati solo sulla fiducia.
A differenza della fiducia romanistica in cui il trasferimento del diritto è reale, nella fiducia germanistica non vi è trasferimento effettivo della titolarità del bene, perché il fiduciario riceve solo la legittimazione ad esercitare in nome proprio un diritto che però continua a rimanere in capo al fiduciante. A tale proposito va segnalata Trib. Milano, 19 novembre 2001 che ha approfondito l’ammissibilità del contratto fiduciario, riconducibile alla “fiducia germanistica”, con cui un fiduciante attribuisce ad una società fiduciaria la legittimazione all’esercizio dei diritti inerenti le quote di s.r.l. ma non la titolarità delle quote.
In dottrina si è spesso negata dignità al negozio fiduciario (romanistico) anche sul presupposto che il trasferimento della proprietà con causa fiduciaria contrasterebbe con i caratteri tipici della proprietà, venendosi ad ammettere un tipo di proprietà (la proprietà fiduciaria, appunto) che avrebbe caratteristiche diverse da quelle previste dall’articolo 832 c.c.; si tratterebbe infatti di una proprietà solo formale svuotata del tutto da ogni contenuto e quindi di un diritto reale atipico, contrastante con il principio del numero chiuso dei diritti reali. Se il negozio fiduciario si fondasse solo su questo la tesi potrebbe avere una sua plausibilità. In verità il negozio giuridico cosiddetto fiduciario non ha più quasi nulla in comune con quello causa fiduciae del diritto romano.
Il trasferimento della proprietà, infatti, è del tutto reale, sia pure sottoposta ad una condizione concordata tra le parti. E poiché questa condizione ha carattere obbligatorio ed è, quindi, capace di attribuire rilevanza giuridica al programma concordato tra le parti, di fatto il negozio atipico che le parti realizzano perde la connotazione fiduciaria pura ed acquista una connotazione di obbligatorietà che l’avvicina molto a qualsiasi altro contratto atipico.
In sostanza non siamo più in presenza di un negozio fiduciario ma di un negozio obbligatorio, sia pure, in taluni casi, largamente permeato da una ampia libertà di scelta circa le modalità migliori di adempimento (si pensi al trust o ai cosiddetti contratti di affidamento fiduciario). La fiducia è solo affidabilità nelle capacità del soggetto incaricato dell’adempimento.
Per questo in giurisprudenza si considera il negozio (che ancora viene chiamato) “fiduciario” un vero e proprio negozio atipico obbligatorio dando quindi ragione alla constatazione che di fatto è oggi inesistente nel nostro ordinamento un negozio fiduciario puro, basato cioè sulla sola fiducia.
Sintomatico quanto si afferma in Cass. civ. Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633 dove si legge che l’obbligo di ritrasferimento che trae le sue origini da un pactum fiduciae concluso oralmente, può rinvenire la sua fonte non solo in un accordo contrattuale ma anche in una dichiarazione unilaterale, qualora essa contenga la chiara enunciazione dell’impegno attuale del soggetto ad effettuare una determinata prestazione in favore di altro soggetto, ai sensi dell’art. 1174 c.c. Per cui la dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario non costituisce semplice promessa di pagamento ma autonoma fonte di obbligazioni se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, e, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell’impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., purché l’atto unilaterale contenga l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali. In questa sentenza la differenza tra patto fiduciario (di per sé non obbligatorio) e obbligazione unilaterale (eseguibile coattivamente) è molto chiara.
Per questo motivo si parla qui di negozio giuridico cosiddetto fiduciario. In verità non è la fiducia a connotare questo negozio ma la clausola contrattuale che rende obbligatorio il ritrasferimento della proprietà. La clausola contrattuale dà azione al fiduciante. Come si è già detto il negozio fiduciario puro, invece, è quel negozio per il cui adempimento non è prevista azione, e che si basa, appunto sulla fiducia delle parti che intendono proprio sottrarre agli schemi legali la realizzazione del risultato da esse perseguito.
Se, oltre alla vendita, viene stipulato quindi un patto con cui il fiduciario si obbliga a ritrasferire il bene a richiesta del fiduciante, siamo nell’ipotesi del patto di retrovendita, cui sono applicabili i rimedi del risarcimento del danno e dell’esecuzione in forma specifica. In altre parole, il patto non si basa più sulla fiducia, ma sulla tutela che la legge appresta a qualsiasi contratto, tipico o atipico che sia. Molto efficacemente Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012, n. 3134 esprime il concetto chiarendo che l’intestazione fiduciaria di un bene, frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante, ha luogo solo ove il trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo, inter partes, del ritrasferimento al fiduciante o al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae.
La giurisprudenza ritiene da sempre che, il negozio cosiddetto fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, entrambi voluti, l’uno di carattere esterno, efficace verso i terzi, e l’altro, inter partes ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo (da ultimo Cass. civ. Sez. I, 8 settembre 2015, n. 17785 secondo cui sarebbe negozio fiduciario l’intestazione fiduciaria di quote di partecipazione societaria che integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista – diversamente dal caso d’interposizione fittizia o simulata – la titolarità delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, ed a ritrasferirgliele ad una scadenza concordata, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario). Nella specie si trattava di una scrittura privata con cui una persona aveva alienato una parte della propria partecipazione in una società, al prezzo di svariati milioni, al figlio il quale aveva a sua volta rilasciato una procura in favore del padre, nominato procuratore speciale e autorizzato a trasferire tutte le quote a terzi e anche a se stesso. Poiché il padre nella qualità di procuratore del figlio aveva alienato agli altri figli le quote ne nacque un contenzioso. La Corte ha ritenuto che l’alienazione di quote societarie dal padre ai figli, con contestuale rilascio di procura irrevocabile alla retrocessione o al trasferimento a terzi, realizza un pactum fiduciae volto ad attribuire ai figli i poteri gestionali della società e a lasciare al genitore quelli di controllo.
La tesi del collegamento negoziale è del tutto ragionevole, corrisponde effettivamente alla sostanza del negozio cosiddetto fiduciario ed è stata proposta in molte altre sentenze (Cass. civ. Sez. II, 14 luglio 2015, n. 14695; Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012 n. 3134; Cass. civ. Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024; Cass. civ. Sez. II, 1 aprile 2003, n. 4886; App. Napoli Sez. III, 17 febbraio 2006; Trib. Roma Sez. X, 6 luglio 2010).
Con il negozio cosiddetto fiduciario si opera, perciò, il trasferimento della titolarità di un diritto dal fiduciante al fiduciario o l’acquisto da terzi di un diritto da parte del fiduciario stesso con danaro fornito dal fiduciante, il cui esercizio viene disciplinato da un’intesa interna, con la quale l’interposto si obbliga a comportarsi in una maniera determinata. Il negozio fiduciario si realizza, quindi, mediante il collegamento dei due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e avente efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno e obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è obbligato a trasferire, in tutto o in parte, la cosa o il diritto attribuitogli con il negozio reale all’altro contraente o a un terzo.
III
Le caratteristiche del negozio giuridico cosiddetto fiduciario come negozio atipico indiretto
a) La liceità e la meritevolezza dell’interesse perseguito
Innanzitutto vi è da dire che si può parlare plausibilmente di valido negozio giuridico cosiddetto fiduciario nei soli casi in cui il trasferimento non assume una funzione elusiva di norme imperative che lo renderebbero nullo (articoli 1322 e 1418 c.c.).
Non è certamente affetta da nullità la situazione che si determina quando, per esempio, una persona, dovendosi assentare per lungo tempo, trasferisce in proprietà i suoi beni ad un amico con l’accordo accessorio che quest’ultimo li amministri nel periodo dell’assenza, ovvero quando un debitore trasferisca la proprietà di un bene ad un creditore, con l’intesa contrattuale che quest’ultimo lo mantenga in buono stato fino al momento della soddisfazione del debito (si ricorda che il divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c. colpisce il solo patto con cui si conviene che in mancanza di adempimento il creditore possa diventare proprietario del bene ipotecato o dato in pegno).
In base a principi che presiedono all’autonomia contrattuale, il negozio fiduciario è riconosciuto dalla legge quale contratto atipico, in quanto si proponga di realizzare interessi leciti. Invece esso deve essere dichiarato nullo al pari di ogni altro negozio, che adempia alla stessa funzione se, è diretto ad eludere la legge, ponendo in essere un risultato vietato e sanzionato da nullità (il principio trova affermazione da sempre: cfr per esempio Cass. civ. Sez. II, 17 febbraio 1961, n. 339).
In altri casi il negozio fiduciario potrebbe non essere affetto da nullità ma revocabile (art. 2901 c.c.). Si pensi al caso in cui si trasferiscano momentaneamente i propri beni per sottrarli ai creditori. In assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è, di per sé, illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia (Cass. civ. Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23158).
Non sono naturalmente revocabili ai sensi dell’art. 2901 c.c. gli atti posti in essere in adempimento di un’obbligazione e, conseguentemente, anche i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare o di un negozio fiduciario salvo il caso in cui – come detto – sia provato il carattere fraudolento del negozio, con cui il debitore ha assunto l’obbligo poi eseguito, essendo la stipulazione del negozio definitivo l’esecuzione doverosa di un pactum de contraendo validamente posto in essere cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi (Cass. civ. Sez. III, 16 aprile 2008, n. 9970; Trib. Trieste, 10 agosto 2011; Trib. Gallarate, 5 febbraio 2010 che fanno applicazione del principio generale di revocabilità del contratto definitivo, ancorché atto dovuto, solo allorché sia provato il carattere fraudolento del preliminare).
Inoltre ai fini dell’inquadramento della fattispecie concreta tra i negozi cosiddetti fiduciari rileva lo scopo dell’operazione che deve essere meritevole di tutela (art. 1322, cpv, c.c. che ammette le parti alla conclusione di contratti atipici “purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela”) ed è proprio la meritevolezza dell’interesse (ancorché si tratti di un concetto così vasto che finisce per confondersi con la liceità del contratto) che potrebbe non rendere plausibile l’inquadramento dell’operazione in concreto realizzata dalle parti tra i negozi giuridici aticipi. Si pensi al negozio fiduciario che persegue finalità di evasione fiscali (per evitare il pagamento della tassa di successione intesto un bene al mio erede, che diventerà effettivamente suo alla sua morte).
Pacificamente, quanto meno in giurisprudenza, si ritiene che l’evasione fiscale avuta di mira dai contraenti non consente di qualificare un accordo diretto all’evasione fiscale come nullo in quanto “giusta quanto assolutamente pacifico presso la giurisprudenza più che consolidata, la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non è sanzione di nullità o di annullabilità del negozio” (tra le tante Cass. Civ. Sez. III, 18 marzo 2008, n. 7282). Il principio applicato è quello secondo cui la violazione della normativa fiscale non incide sulla validità o efficacia di un contratto, ma ha rilievo esclusivamente tributario. Quindi l’intenzione comune fraudolentemente tesa all’evasione fiscale non renderebbe di per sé nullo un negozio cosiddetto fiduciario.
La meritevolezza dell’interesse – scrutinata in sede di azione di adempimento – potrebbe costituire, perciò, il solo criterio utile, in questi casi, ai fini dell’ammissibilità della figura negoziale in questione.
A proposito della meritevolezza degli interessi perseguiti dal negozio atipico, va segnalata proprio Cass. civ. Sez. I, 19 febbraio 2000, n. 1898 che ritenendo plausibile il ragionamento fatto dal giudice di merito per ritenere sussistente il negozio fiduciario, ha affermato che il giudice, nel procedere all’identificazione del rapporto contrattuale, alla sua denominazione ed all’individuazione della disciplina che lo regola, deve procedere alla valutazione “in concreto” della causa, quale elemento essenziale del negozio, tenendo presente che essa si prospetta come strumento di accertamento, per l’interprete, della generale conformità a legge dell’attività negoziale posta effettivamente in essere, della quale va accertata la conformità ai parametri normativi dell’art. 1343 c.c. (causa illecita) e 1322, comma 2, c.c. (meritevolezza di tutela degli interessi dei soggetti contraenti secondo l’ordinamento giuridico).
Ed è certamente proprio la valutazione della meritevolezza dell’interesse alla base della sentenza in cui si è recentemente sostenuto, in tema di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, che l’obbligo di vendita dell’immobile, assunto dal locatore in forza di un patto fiduciario stipulato con un terzo anche anteriormente alla conclusione del contratto di locazione, non è idoneo a sopprimere il diritto di prelazione del conduttore, che trova fondamento nella salvaguardia del suo interesse – dotato di rilessi pubblicistici – alla prosecuzione dell’attività svolta per tutta la durata del rapporto, così che il diritto di prelazione del conduttore prevale sull’interesse delle parti del negozio fiduciario (Cass. civ. Sez. III, 28 dicembre 2016, n. 27180 dove l’interesse a fondamento del patto fiduciario è stato ritenuto inidoneo a superare l’interesse del conduttore alla salvaguardia del suo diritto di prelazione. Nella decisione in questione si fa applicazione del principio di diritto ai sensi del quale la promessa di vendita stipulata prima della locazione con un soggetto a questa estraneo non è idonea a sopprimere il diritto di prelazione derivante, in favore del conduttore, dal rapporto locativo successivamente venuto ad esistenza (principio affermato in passato da Cass. civ. Sez. III, 31 marzo 2008, n. 8288) rilevandosi come “la circostanza secondo cui la fattispecie oggetto dell’odierna controversia abbia riguardo a un obbligo di vendita derivante dalla precedente stipulazione di un patto fiduciario anziché dalla conclusione di un formale contratto preliminare di compravendita, non vale a modificare i termini sostanziali del principio di diritto richiamato”.
b) I tre caratteri del negozio fiduciario
I caratteri del negozio fiduciario che persegua finalità lecite e meritevoli di tutela sono sostanzialmente tre.
a) In primo luogo l’esistenza di un negozio tipico (in genere un trasferimento di un diritto effettuato attraverso una compravendita).
b) In secondo luogo l’effettivo (e voluto) trasferimento del diritto al fiduciario (essendosi in presenza in caso contrario, di un negozio non fiduciario ma simulato). A tale proposito ha chiarito in passato molto bene il concetto Cass. civ. Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024 secondo cui l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un reale trasferimento in favore del fiduciario, sia pure limitato dagli obblighi pattiziamente stabiliti tra le parti. Ugualmente si legge, in tempi più vicini, in Cass. civ. Sez. II, 14 luglio 2015, n. 14695 secondo cui l’intestazione fiduciaria di un bene – frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante – comporta che il trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo, inter partes, del ritrasferimento al soggetto fiduciante, oppure al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae.
Il bene oggetto del trasferimento è indifferente. In genere si tratta della proprietà immobiliare ma anche azioni e titoli di credito possono essere trasferiti con un pactum fiduciae. In un caso di intestazione fiduciaria di azioni Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 1999, n. 13261 ha affermato che in base al principio secondo cui, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, prevale “l’effettiva” proprietà del fiduciante rispetto alla titolarità “formale” del fiduciario , non può considerarsi affetta da nullità la specifica convenzione con la quale – all’interno del pactum fiduciae – il fiduciante si obblighi a tenere indenne il fiduciario dalle imposizioni fiscali gravanti su quest’ultimo in conseguenza dell’intestazione dei titoli azionari, non integrando tale traslazione dell’obbligazione tributaria gli estremi del pagamento di imposta da parte di soggetto diverso dal materiale percettore del corrispondente reddito.
Non necessariamente deve trattarsi di diritti reali. Anche obbligazioni (diritti di natura personale, quindi) possono essere oggetto di trasferimento. Come è stato ben sottolineato da Cass. civ. Sez. II, 5 febbraio 2000, n. 1289 e Cass., civ. Sez. II, 21 novembre 1988, n. 6263 il pactum fiduciae può configurarsi in relazione a situazioni giuridiche soggettive di natura reale o personale, assumendo rilievo decisivo solo l’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene o il diritto acquistato al fiduciante o a terzi. E’, pertanto, ravvisabile un contratto fiduciario nell’ipotesi in cui il ritrasferimento al fiduciante concerne i diritti derivanti al fiduciario dal contratto preliminare di compravendita immobiliare già stipulato con terzi. Mai la giurisprudenza ha assunto ad elemento decisivo per la ravvisabilità del pactum fiduciae la sola natura reale della posizione giuridica soggettiva da ritrasferire. Al contrario, è stato sempre correttamente ritenuta irrilevante la natura giuridica di tale posizione soggettiva assumendo rilievo decisivo solo l’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene od il diritto acquistato al fiduciante o ad una terza persona.
c) infine vi è nel negozio fiduciario una finalità ulteriore – chiarita attraverso clausole contrattuali di natura obbligatoria – restrittiva e specificativa rispetto al mezzo utilizzato (in dottrina si parla, con un’espressione entrata nel lessico del negozio fiduciario di “eccedenza del mezzo rispetto allo scopo dei contraenti” nel senso che il risultato giuridico che si ottiene con la conclusione del contratto eccede il reale intento delle parti, che viene perseguito con pattuizioni di natura obbligatoria che restringono gli effetti dell’atto compiuto). Il contratto viene posto in essere con un fine pratico diverso rispetto a quello che si ha nella struttura causale del negozio utilizzato. Per questo il negozio fiduciario è un vero e proprio negozio indiretto, attraverso il quale si raggiungono, cioè, finalità ulteriori rispetto a quelli che sono tipici dello strumento negoziale utilizzato. Il concetto è ribadito da Cass. civ. Sez. II, 14 luglio 2015, n. 14695; Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012 n. 3134; Cass. civ. Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163; Cass. civ. Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024 e ben ripreso anche nella giurisprudenza di merito da Trib. Vicenza Sez. II, 13 aprile 2016; Trib. Monza Sez. I, 11 maggio 2015; Trib. Roma Sez. III, 30 luglio 2014 nelle quali si osserva in sostanza che il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, destinato a realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, ma in via indiretta: il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente in sostanza alla funzione di un negozio diverso. Pertanto, l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti inter partes, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae. Questa posizione di titolarità creata in capo al fiduciario è provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante o di un terzo (così già Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012 n. 3134) nel senso che, ove l’effetto reale non risulta essere accompagnato da alcun patto contenente l’obbligo della persona nominata di modificare la posizione ad essa facente capo a favore dello stipulante o di altro soggetto da costui designato, non può parlarsi di negozio giuridico fiduciario e l’intestazione effettuata dal presunto fiduciante dovrebbe invece qualificarsi come donazione indiretta e non come intestazione fiduciaria.
L’adempimento del negozio fiduciario non è lasciato, perciò, all’affidamento sull’impegno assunto dall’alto contraente ma ha natura obbligatoria. E’ giusto quindi il principio affermato da Trib. Genova, 23 maggio 2005 secondo cui la cessione di azioni tra l’intestatario fiduciario e un terzo, avvenuta con l’intento comune alle due parti di rendere possibile al fiduciario di sottrarsi al proprio obbligo di trasferimento a favore del fiduciante, va dichiarata inefficace nei confronti del fiduciante, mentre resta accertato l’obbligo in capo al fiduciario di trasferimento delle dette azioni, siccome conseguente all’accertamento della intestazione fiduciaria da cui tale obbligo consegue.
Molto chiara, in ordine alla funzione del negozio fiduciario come negozio indiretto è Cass. civ. Sez. II, 27 agosto 2012, n. 14654 che ricostruisce in generale il negozio fiduciario come accordo tra due soggetti, con cui il fiduciante trasferisce, o costituisce, in capo al fiduciario una situazione giuridica soggettiva per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore. Il fiduciario, per la realizzazione di tale obiettivo, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, avendo un comportamento coerente e congruo. Sulla stessa linea di muove App. Napoli Sez. II bis, 14 settembre 2011 secondo cui nell’ambito di un negozio fiduciario, un soggetto-fiduciante trasferisce in proprietà un bene ad un altro soggetto fiduciario non già per realizzare uno scambio, quanto piuttosto per conseguire uno scopo diverso dall’effetto traslativo, con l’obbligo del fiduciario di ritrasferire la proprietà del bene a semplice richiesta al fiduciante o ad un terzo indicato dal medesimo.
La causa concreta dell’operazione consiste, quindi, in un fine ulteriore che trascende gli effetti tipici del negozio utilizzato, proprio in ragione del collegamento negoziale tra il negozio tipico utilizzato e le obbligazioni che vi sono collegate (Cass. civ. Sez. III, 17 maggio 2010, n. 11974; Cass. civ. Sez. I, 10 maggio 2010, n. 11314; Cass. civ. Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024; Cass. civ. Sez. II, 6 maggio 2005, n. 9402).
Va segnalata infine Cass. civ. Sez. I, 16 novembre 2001, n. 14375 secondo cui il diritto del fiduciante alla restituzione dei beni intestati al fiduciario si prescrive con il decorso dell’ordinario termine decennale, che decorre, in difetto di una diversa previsione nel pactum fiduciae, dal giorno in cui il fiduciario, avutane richiesta, abbia rifiutato il trasferimento del bene. Sulla stessa linea, di recente, Trib. Massa, Sez. Unica, 3 febbraio 2017 secondo cui le norme che determinano i termini di prescrizione dei diritti vanno lette ed interpretate alla luce dell’art. 2935 c.c., secondo il quale il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui il diritto può essere fatto valere; va da sé che nell’ipotesi di intestazione fiduciaria di quote societarie, il diritto del fiduciante ad ottenere il “ritrasferimento della quota” da parte del fiduciario può essere fatto valere, in difetto di diversa previsione nel pactum fiduciae, dal giorno in cui il fiduciario riceve la richiesta di restituzione e rifiuta l’adempimento, considerato che prima di tale data sussiste solo un obbligo di trasferimento a richiesta del fiduciante e non una obbligazione inadempiuta.
IV
Fiducia dinamica e fiducia statica
La categoria del negozio fiduciario di cui si sta parlando – da inquadrarsi nell’ambito più generale della fattispecie di interposizione reale di persona – ricomprende innanzitutto l’accordo classico con cui un soggetto trasferisce ad un altro la titolarità di un bene con il patto che ne faccia un uso determinato nel suo interesse, per poi ritrasferirlo a lui stesso o ad un terzo (cosiddetta fiducia dinamica). Qui l’aggettivazione dinamica sta proprio a intendere il fatto che vi è stato un trasferimento di diritti da una persona ad un’altra.
Il negozio fiduciario può, però, anche essere “statico” riferendosi all’accordo con cui il fiduciario acquista in nome proprio – come fosse un mandatario senza rappresentanza – da un terzo un bene con danaro fornito, anche in parte, dal fiduciante e con l’intesa di riconoscerlo successivamente come titolare, anche “pro quota”, del bene acquistato (cosiddetta fiducia statica). In questo secondo caso il fiduciario non acquista il bene dal fiduciante (quindi non vi è un effetto di tipo traslativo tra l’alienante e l’acquirente) ma lo possiede in nome proprio avendolo acquistato da un terzo, in virtù di un precedente patto con cui si era obbligato a traferirlo successivamente al fiduciante.
La differenza è stata approfondita spesso dalla giurisprudenza non solo di merito (Trib. Chiavari, 30 aprile 1991; Trib. Napoli, 16 gennaio 1993; Trib. Cagliari, 10 dicembre 1999) ma anche da quella di legittimità. Di recente per esempio Cass. civ. Sez. III, 20 marzo 2014, n. 6514, nel ritenere pienamente ammissibile il negozio fiduciario statico, intendendosi tale quella figura negoziale atipica che si esprime allorquando fra due soggetti si conviene che un bene debba essere trasferito nel presupposto che la sua titolarità da parte del trasferente fosse in realtà espressione di un precedente accordo diretto a crearla, ma con l’intesa della sua non corrispondenza alla titolarità effettiva del bene e con l’impegno del fiduciario a ripristinare la titolarità formale.
Si legge in questa sentenza che già in passato era stata individuata la ricorrenza del negozio fiduciario non solo nel “negozio fiduciario di tipo traslativo (che importa l’attribuzione originaria di una determinata posizione giuridica – normalmente del diritto di proprietà o di altro diritto reale – al fiduciario) anteriore o coevo all’acquisto”, ma anche nella “fiducia statica”. Si deve soprattutto a Cass. civ. Sez. II, 7 agosto 1982, n. 4438 la precisazione che: “Negli schemi del pactum fiduciae rientra, oltre il negozio fiduciario di tipo traslativo, anche la cosiddetta fiducia statica i cui estremi sono rappresentati dalla preesistenza di una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto che venga poi assunto come fiduciario e si dichiari disposto ad attuare un certo “disegno” del fiduciante mediante l’utilizzazione non già di una situazione giuridica all’uopo creata (come nel negozio fiduciario di tipo traslativo), ma di quella preesistente, che viene così dirottata dal suo naturale esito, a ciò potendosi determinare proprio perché a lui fa capo la situazione giuridica di cui si tratta. Insomma il fiduciario ha già la proprietà di qualcosa e accetta con un patto di trasferirla ad altri.
Ugualmente delle due situazioni si ebbe ad occupare Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 1988, n. 5663 secondo cui il negozio fiduciario è vero e reale, sia quando si realizzi mediante il collegamento tra due negozi, l’uno di carattere esterno effettivamente voluto comportante il trasferimento di un diritto oppure il sorgere di una situazione giuridica in capo ad un soggetto ( fiduciario ), l’altro di carattere interno ed obbligatorio comportante l’obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte o ad un terzo la cosa o il diritto attribuitogli; sia nell’ipotesi in cui, preesistendo una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto, questi, in forza di apposita pattuizione, s’impegni a modificarla a richiesta e nel senso voluto dall’altro contraente (fiduciante).
La figura viene ulteriormente evocata da Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 1991, n. 11025, la quale precisò che “Il negozio fiduciario, sia quando venga preceduto da un atto di trasferimento del diritto del fiduciante al fiduciario (cosiddetta fiducia dinamica) sia quando non lo sia, per essere il fiduciario già titolare del diritto che si obblighi a trasferire all’altro contraente o al terzo (cosiddetta fiducia statica), è sempre un atto realmente dovuto, con la conseguenza che ad esso non sono estensibili le norme che prevedono l’inopponibilità del negozio simulato ai creditori del titolare apparente”.
Ancora: la distinzione fra fiducia cd. statica a fiducia cosiddetta dinamica è evocata da Cass. civ. Sez. II, 3 maggio 1993, n. 5113 nella chiara supposizione della legittimità di entrambe, per escludere che vi fosse riconducibile il negozio in concreto oggetto del giudizio, avendo detta sentenza affermato che: “Il patto con il quale si conviene che uno dei contraenti acquisti un fondo in proprietà comune e trasferisca agli altri contraenti la quota ad essi rispettivamente spettante non può essere qualificato come negozio fiduciario di tipo traslativo, che è stipulato tra l’alienante e l’acquirente in vista di uno scopo pratico ulteriore rispetto a quello proprio della alienazione, né come una situazione di cosiddetta fiducia di tipo statico, che si innesta in una situazione giuridica preesistente in testa alla persona che, con il pactum fiduciae, accetta di dirottarla dal suo naturale esito, ma deve essere ricondotto alla figura giuridica del mandato senza rappresentanza ed, avendo per oggetto un bene immobile, deve essere, stipulato per iscritto”.
V
La forma e la prova del patto fiduciario
Secondo l’impostazione generale richiamata dalla citata Cass. civ. Sez. II, 27 agosto 2012, n. 14654, non essendo il contratto cosiddetto fiduciario espressamente disciplinato dalla legge e non essendoci una disposizione esplicita in senso contrario, esso è soggetto al principio generale della libertà della forma. Nella vicenda trattata dalla sentenza in questione si trattava della cessione di titoli senza corrispettivo nella quale la Corte ha ritenuto configurabile, non una donazione ma un negozio fiduciario.
Nella stessa prospettiva Trib. Bari Sez. IV, 17 dicembre 2008 ha ritenuto che il negozio fiduciario costituisce una figura negoziale atipica retta dal principio della libertà delle forme, e ha affermato (in un caso di trasferimento di quote societarie) che, non essendo richiesta la forma scritta né ad substantiam né ad probationem, la sussistenza del pactum fiduciae può essere provata con qualsiasi mezzo, anche con prova testimoniale.
Se è vero che in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il pactum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà di forma, è anche vero, però, che se il patto ha ad oggetto beni immobili, esso deve rivestire la forma scritta.
Recentemente Cass. civ. Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633 ha ribadito che il negozio fiduciario, quando si riferisce a beni immobili, deve rivestire necessariamente la forma scritta ad substantiam, né tale forma può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti. Il principio consolidato è quello secondo cui ogni obbligazione che importa l’obbligo di vendere un bene immobile deve seguire la forma prevista per la vendita (art. 1351 c.c.) come ha messo più volte in evidenza la giurisprudenza (Cass. civ. Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163; Cass. civ. Sez. II, 7 aprile 2011, n. 8001; Cass. civ. Sez. II, 13 ottobre 2004, n. 20198; Cass. civ. Sez. II, 13 aprile 2001, n. 5565; Cass. civ. Sez. II, 19 luglio 2000, n. 9489; Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 1993 n. 6024) precisando che la ratio dell’art. 1351 c.c., dettato in tema di contratto preliminare, è invocabile anche in caso di negozio fiduciario.
Anche la designazione da parte del fiduciante della persona a favore della quale deve essere traferito il bene deve rivestire ad substantiam la forma scritta ( art. 1350 n. 1 e 1351 c.c.), non bastando a tal fine la prova presuntiva. Tale designazione, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, deve risultare chiaramente dalla scrittura documentale (Cass. civ. Sez. II, 30 gennaio 1995, n. 1086; Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024).
Qualora l’obbligazione assunta dal soggetto nell’atto unilaterale abbia ad oggetto il trasferimento di un diritto reale immobiliare, il creditore della prestazione, in difetto del suo spontaneo adempimento da parte dell’obbligato, potrà ottenere dal giudice l’emissione di una sentenza che tenga luogo dell’atto traslativo non compiuto (art. 2932 c.c.) soltanto se la dichiarazione unilaterale sia stata redatta per iscritto e sottoscritta e qualora essa contenga una analitica descrizione degli immobili degli immobili da trasferire. L’art. 2932 c.c., infatti può essere utilizzato non soltanto in presenza di un contratto preliminare cui non abbia fatto seguito il contratto definitivo, ma anche in presenza di un impegno unilaterale che abbia i requisiti essenziali per consentire il trasferimento della proprietà, ovvero contenga un impegno attuale del promittente a cui lo stesso non abbia dato volontariamente corso, benché il termine sia scaduto o in mancanza di termine, e l’indicazione precisa degli immobili oggetto dell’impegno di ritrasferimento, nonché la forma scritta prescritta dalla legge ad substantiam per il trasferimento della proprietà dei beni immobili.
Molto opportunamente nella sopra richiamata Cass. civ. Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163 si afferma che la mera dichiarazione confessoria non può valere né quale elemento integrante il contratto, né come prova del medesimo in quanto nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare (e relativi preliminari), il requisito della forma scritta prevista ad substantiam comporta che l’atto scritto, costituendo lo strumento necessario ed insostituibile per la valida manifestazione della volontà produttiva degli effetti del negozio con efficienza pari alla volontà dell’altro contraente, non può essere sostituito da una dichiarazione confessoria dell’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né – quando anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo; pertanto, il requisito di forma può ritenersi soddisfatto solo se il documento costituisca l’estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non risultanti dall’altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall’art. 2725 c.c. (che in questi casi ammette solo la prova della perdita del documento scritto).
Anche nella giurisprudenza di merito la forma scritta è considerata essenziale. Per esempio Trib. Milano Sez. IV, 10 giugno 2013; precisa che negozio fiduciario deve annoverarsi nella più ampia categoria dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico in via non diretta, ma indiretta e poiché l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento dello stesso in favore del fiduciario, ove il patto abbia ad oggetto beni immobili, esso deve necessariamente risultare da un atto avente forma scritta ad substantiam. Ugualmente Trib. Roma Sez. X, 10 febbraio 2011 afferma che il negozio fiduciario, allorché si riferisca al trasferimento di beni immobili, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. e tale forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo siffatta dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante del contratto, né come prova dello stesso, tenuto conto che il medesimo non può essere dimostrato mediante la prova testimoniale (art. 2725 c.c.) , all’infuori dell’ipotesi eccezionale di perdita incolpevole del documento. Ugualmente per Trib. Roma Sez. X, 6 luglio 2010 e Trib. Genova, 13 ottobre 2005 il negozio fiduciario che inerisca al trasferimento di beni immobili deve rivestire necessariamente la forma scritta ad substantiam, quale elemento essenziale della sua validità, ai sensi dell’ art. 1350 c.c., forma che assolutamente non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo tale dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante il contratto, né come prova dello stesso il quale, peraltro, non è dimostrabile tramite testimonianze, all’infuori della sola ed eccezionale ipotesi di perdita incolpevole del documento. In passato anche App. Bologna, 14 giugno 1991 aveva già affermato che la stipulazione di un patto fiduciario avente ad oggetto il trasferimento di un immobile deve essere effettuata con il rispetto della forma scritta ad substantiam ed inoltre che la prova di tale negozio fiduciario non può essere data per testimoni (ad eccezione dell’ipotesi consacrata nel n. 3 dall’art. 2724 c.c.), né mediante giuramento e nemmeno mediante confessione, cui tende essenzialmente l’interrogatorio formale.
Al di fuori dei casi in cui vi sia un trasferimento di beni immobili (che come detto deve rivestire necessariamente la forma scritta ad substantiam e non è dimostrabile con testimoni), la prova per testimoni relativamente al pactum fiduciae è ammessa nel caso in cui il patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento (Cass. civ. Sez. III, 23 marzo 2017, n. 7416; Cass. civ. Sez. I, 26 maggio 2014, n. 11757; Cass. civ. Sez. I Sent., 1 agosto 2007, n. 16992).
VI
Contratto fiduciario e contratto simulato: le differenze
Il negozio simulato non produce effetti tra le parti (art. 1414 c.c.). Un esempio di simulazione (relativa) è l’interposizione fittizia con cui le parti fanno comparire come intestatario del bene acquistato un soggetto che non è quello – per i motivi più vari – che tra di loro vogliono sia il proprietario. Simulano una intestazione ma in verità il titolare della proprietà secondo accordi tra le parti è un altro.
Questo fenomeno non ha niente a che vedere con l’interposizione reale (ipotesi di negozio fiduciario) in cui il vero proprietario è quello che risulta intestatario, mentre tra le parti si conviene che costui dovrà ritrasmettere in seguito la proprietà all’altro.
L’intestazione fiduciaria (per esempio la vendita dal fiduciante al fiduciario ovvero l’acquisto di quanto alienato da un terzo al fiduciario, sia pure con provvista erogata dal fiduciante) è realmente voluta e pienamente efficace, e segna la differenza rispetto al negozio simulato, nel quale le parti in realtà non vogliono la produzione degli effetti. Nel negozio fiduciario gli effetti del trasferimento sono realmente voluti dalle parti che correggono con patti obbligatori la situazione creata dal negozio. Nel negozio simulato gli effetti sono invece voluti al solo fine di creare un’apparenza per i terzi, di modo che si palesi una esteriorità difforme da quanto effettivamente voluto dalle parti.
Molto efficacemente, per delineare la differenza radicale tra le due situazioni, Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012, n. 3134 ha affermato che costituisce domanda nuova – e non semplice precisazione o modificazione della domanda già proposta – la richiesta volta al riconoscimento della proprietà del bene, sul presupposto del carattere fittizio dell’intestazione, discendente dalla simulazione, data la diversità tra l’interposione fiduciaria e la simulazione, deducendosi con la prima l’esistenza di un contratto valido ed efficace, sia pure con la costituzione a carico del fiduciario dell’obbligo di ritrasferire il bene a vantaggio del fiduciante, e con la seconda, invece, un’ipotesi di divergenza tra volontà e manifestazione.
In passato si era espressa negli stessi termini Cass. civ. Sez. II, 6 maggio 2005, n. 9402 dove si afferma che, tenuto conto che il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo, l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria) integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nel caso d’interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
La differenza tra interposizione fittizia (simulazione) e interposizione reale (negozio fiduciario) è ben chiarita anche da Trib. Roma Sez. III, 30 luglio 2014 secondo cui il negozio fiduciario si realizza (come la giurisprudenza consolidata ritine, come si è visto) mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, costituito da un negozio reale traslativo realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio (il vero e proprio pactum fiduciae) per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o a un terzo; l’intestazione fiduciaria (nella specie di titoli azionari) integra gli estremi della interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista la titolarità del bene (a differenza di quanto avviene nella interposizione fittizia o simulata) pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire il bene a quest’ultimo, ad una scadenza convenuta ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
Anche nella meno vicina Cass. civ. Sez. I, 28 settembre 1994, n. 7899 la Corte, nel chiarire la differenza fra interposizione fittizia e interposizione reale, aveva verificato l’esistenza del pactum fiduciae, statuendo che si versa nell’ipotesi del negozio fiduciario qualora i soci si accordano per creare una società di capitali il cui capitale sia stato effettivamente conferito solo da uno di loro effettivamente mentre gli altri sono soltanto apparentemente intestatari di azioni o quote sociali “l’operazione, che si realizza con la creazione della società, integra l’intestazione fiduciaria delle quote, con il conseguente obbligo per gli intestatari apparenti di trasferire le loro quote a colui che aveva conferito interamente il capitale sociale.
Già in passato per Trib. Roma 30 maggio 2001 e per Trib. Milano, 1 febbraio 2001 la simulazione si concretizza nella divergenza tra volontà e manifestazione, mentre la fiducia consiste nella effettività del contratto, valido ed efficace, che costituisce a carico del fiduciario l’obbligo di provvedere al ritrasferimento al fiduciante. Il negozio fiduciario – si afferma – è una categoria non espressamente disciplinata dalla legge, e pur tuttavia tutelata dalla legge in base ai principi dell’autonomia contrattuale, che si realizza mediante il collegamento tra due negozi, uno di carattere esterno, realmente voluto (a differenza del contratto assolutamente o relativamente simulato) e spiegante i suoi effetti nei confronti dei terzi – comportante il trasferimento di un diritto in capo ad un soggetto ( fiduciario ) e l’altro, di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato del negozio esterno, comportante l’obbligo per il fiduciario di trasferire il diritto attribuitogli con negozio esterno all’altra parte del negozio interno (fiduciante).
Secondo Trib. Modena, 16 dicembre 2005 Il carattere fiduciario della titolarità di un diritto non può costituire il fondamento di una domanda di accertamento della proprietà esclusiva del fiduciante, in quanto l’intestazione del fiduciario è reale. Può invece fondare l’azione di carattere obbligatorio mirante ad ottenere il ritrasferimento del diritto.
VII
L’attuazione del patto fiduciario: gli obblighi di correttezza e la conseguenza della loro violazione
Mentre l’inadempimento di un negozio fiduciario puro non prevede alcuna possibile azione attivabile dal fiduciante, nei negozi fiduciari atipici di cui si è fin qui parlato all’inadempimento può reagirsi con al richiesta di adempimento coattivo.
Nel caso in cui l’inadempimento consista nell’omissione del fiduciario, il quale non voglia trasferire il bene, si potrà agire con l’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex articolo 2932. Del resto l’articolo 2932 si applica a tutti i casi in cui c’è un obbligo di contrarre; e quindi anche nei casi in cui l’obbligo derivi da un patto aggiunto o collegato ad un negozio tipico di trasferimento (Cass. civ. Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633 e Cass. civ. Sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160 hanno nel tempo ribadito che il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere ex lege.
La possibilità di adempimento coattivo non è, però, l’unica conseguenza. Infatti secondo Cass. civ. Sez. III, 14 novembre 2011, n. 23728 l’obbligo di ritrasferimento del bene deve essere adempiuto dal fiduciario acquirente a prescindere dalla relativa eventuale richiesta da parte del fiduciante venditore. Ne consegue che, in caso di inadempimento all’anzidetto obbligo, ove le parti non abbiano stipulato al riguardo una clausola risolutiva espressa determinante la risoluzione dello stesso contratto di trasferimento, il fiduciario è tenuto, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., al risarcimento del danno ed è privo di legittimazione sostanziale a disporre del bene sia inter vivos che mortis causa.
L’inadempimento può anche però consistere nella vendita a terzi da parte del fiduciario del bene del fiduciante, in violazione dell’accordo di ritrasferimento. In tal caso secondo la tesi prevalente, il fiduciante potrà ottenere il risarcimento del danno. Ed anche, il terzo, qualora sia a conoscenza del pactum fiduciae, dovrà risarcire il danno ex articolo 2043.
In Cass. civ., Sez. II, 29 novembre 1985, n. 5958 il pactum fiduciae consisteva in un divieto di alienazione posto a carico dell’acquirente ì; divieto che spiega effetti meramente interni (art. 1379 c. c.); l’inosservanza di tale divieto, pertanto, non interferisce sulla validità del contratto con il quale il fiduciario abbia trasferito il bene ad un terzo, indipendentemente dalla buona o mala fede di quest’ultimo, salvo restando il diritto del fiduciante di essere risarcito del danno derivantegli dall’inadempimento di quel patto.
Già in passato Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 1991, n. 11025 aveva ben chiarito che il negozio fiduciario , nella parte contenente il pactum fiduciae, non è trascrivibile, in considerazione della sua natura obbligatoria, nulla impedisce al fiduciario di trasferire, in sua violazione, il diritto cedutogli ad un terzo, il cui acquisto è pienamente valido ed efficace anche nei confronti del fiduciante.
Interessante la più recente precisazione di Cass. civ. Sez. III, 8 aprile 2014, n. 8153 che nei rapporti fiduciari (nella specie si trattava di un contratto di sponsorizzazione) assumono particolare importanza i doveri di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., contribuendo essi ad individuare obblighi, ulteriori o integrativi di quelli tipici del rapporto stesso, il cui inadempimento è patrimonialmente valutabile, ai sensi dell’art. 1174 cod. civ., e tale da giustificare una richiesta di risarcimento danni, purché siano specificati e provati i comportamenti pregiudizievoli e i loro concreti effetti lesivi.
Interessante la vicenda riguardante un conto corrente bancario fiduciariamente intestato a persona diversa dal proprietario dei fondi in cui Cass. civ. Sez. III, 3 aprile 2009, n. 8127 afferma che, qualora un soggetto acconsenta, su richiesta di un altro, ad intestarsi un conto corrente in via fiduciaria, cioè con l’intesa che le somme che su di esso transitino sono di pertinenza dell’altro soggetto, che costui avrà in concreto la gestione del conto e che esso sarà, però, utilizzato per lo svolgimento di un’attività lecita di detto soggetto, l’intestatario del conto (fiduciario) è tenuto, per il fatto stesso di apparire verso i terzi come intestatario del conto ed a maggior ragione per il fatto di non averne la concreta gestione, ad esercitare la necessaria vigilanza sul rispetto da parte di quel soggetto della finalizzazione dell’utilizzo del conto corrente esclusivamente all’esercizio della detta attività, conforme agli accordi presi. Ne consegue che, qualora l’intestatario ometta di esercitare tale vigilanza, disinteressandosi completamente della gestione del conto, e l’altro soggetto utilizzi il conto corrente per realizzare un illecito in danno di terzi, l’intestatario del conto corrente può rispondere sul piano causale a titolo di imprudenza e negligenza, ai sensi dell’art. 2043 c.c., del danno cagionato ai terzi per effetto dell’illecito.
VIII
Il trust come negozio fiduciario
Con il trust – al quale in questa sede si accenna solo per completezza trattandosi di un tipico rapporto giuridico fiduciario – alcuni beni vengono posti sotto il controllo di un “fiduciario” detto trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari e per un fine determinato.
La Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, prevede che il vincolo di destinazione mantiene i beni in trust distinti dal patrimonio del trustee, cui è demandato di “amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”.
Il trustee è l’unico soggetto legittimato nei rapporti con i terzi, in quanto dispone in esclusiva del patrimonio vincolato alla predeterminata destinazione. Riceve quindi, relativamente a tali beni, un diritto di proprietà segregato e temporaneo nell’interesse altrui, diritto che non corrisponde in alcun modo ad un suo arricchimento o tutela, essendo preordinato ad una diversa destinazione la cui attuazione è rimessa al disponente stesso (da ultimo Trib. Modena, 22 novembre 2016; Trib. Milano, 20 maggio 2015).
La fiducia nel trust rileva – in conformità a quanto si è detto sopra trattando della natura non fiduciaria ma obbligatoria del pactum fiduciae – nel senso di affidabilità nelle capacità del soggetto incaricato dell’adempimento e non certo nel senso di non obbligatorietà dell’adempimento. Il concetto è messo bene in risalto da Cass. civ. Sez. I, 13 giugno 2008, n. 16022 che affronta il tema delle violazioni dell’incarico fiduciario da parte del “trustee” – quali la cattiva gestione dei beni oggetto di trust, atti di gestione perfezionati in conflitto di interessi, omesso rendiconto, depauperamento del patrimonio destinato – che costituiscono presupposti sufficienti all’accoglimento della domanda di revoca del trustee infedele. Nella sentenza si segnala che tale incarico non si sostanzia e non si esaurisce nel compimento di un singolo atto giuridico (come nel mandato), bensì in una attività multiforme e continua che deve essere sempre improntata a principi di correttezza e diligenza. Non a caso, le norme di cui all’art. 334 c.c., in tema di usufrutto legale, e art. 183 c.c., in tema di comunione legale, contemplano la possibilità della revoca per aver “male amministrato”, formula, necessariamente generica e lata, che può concretarsi non solo per effetto di specifiche violazioni di legge, ma anche quando l’assolvimento della funzione non sia, nel complesso, improntato alla diligenza richiesta dalla natura fiduciaria dell’incarico, così da riuscire lesivo degli interessi che l’istituto mira a proteggere.
IX
Il contratto di affidamento fiduciario
La legge 22 giugno 2016, n. 112 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) al terzo comma dell’art. 1 prevede che “La presente legge è volta, altresì, ad agevolare le erogazioni da parte di soggetti privati, la stipula di polizze di assicurazione e la costituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile e di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario anche a favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale… in favore di persone con disabilità grave, secondo le modalità e alle condizioni previste dagli articoli 5 e 6 della presente legge.”
La nuova disciplina si propone di “favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità” (art. 1, comma 1) ed a tal fine individua, dunque, quattro diversi strumenti giuridici astrattamente idonei a proteggere gli interessi dei soggetti con disabilità grave: le polizze di assicurazione; il trust; i vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. e, come sopra detto, i “fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario”.
Viene quindi riconosciuta (ma non ancora disciplinata) la figura (finora elaborata solo dalla dottrina) del “contratto di affidamento fiduciario” che, al pari del trust e dei vincoli di destinazione, deve rispettare alcune condizioni al fine dell’ottenimento delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 6 della stessa legge e che è ritenuta capace conseguire due effetti fondamentali per la realizzazione del programma di tutela del disabile che sono da un lato la costituzione di un patrimonio separato in capo al fiduciario, composto dai beni (i “fondi speciali”) destinati all’attuazione del programma fiduciario e dall’altro l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione (e quindi dello stesso programma fiduciario).
La nuova figura dovrà essere disciplinata quanto prima da una legge che potrà fondarsi sulla elaborazione finora proposta dalla dottrina secondo la quale il contratto in questione stipulato tra un “affidante” e un “affidatario fiduciario” con un garante (guardian) che potrebbe essere lo stesso affidante o un terzo, titolare dei poteri che le parti gli attribuiscono, in particolare quello di agire sul patrimonio dedicato per gli scopi di tutela programmati. Il contratto di affidamento fiduciario richiede, appunto, un programma che mira a realizzare da parte del soggetto fiduciario interessi meritevoli di tutela e di protezione. L’inadempimento del fiduciario potrà dare luogo alla nomina di altro fiduciario ed eventualmente a una azione per il risarcimento del danno. Il soggetto affidante – parte del contratto – può legittimamente intervenire nell’esecuzione del contratto per la migliore realizzazione del programma e potrà anche agire in giudizio contro il fiduciario. L’attuazione del programma è affidata al fiduciario al quale debbono essere trasferiti i mezzi necessari per attuarlo che formano il “patrimonio dedicato” separato, naturalmente, dai sui beni personali, ed aggredibile dai soli creditori della destinazione.
Giurispudenza
Cass. civ. Sez. III, 23 marzo 2017, n. 7416 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di negozio fiduciario, la prova per testimoni del “ pactum fiduciae” è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 e ss. c.c. soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, onde realizzare uno scopo ulteriore in rapporto a quello naturalmente inerente al tipo di contratto stipulato, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento, mentre ove il patto si ponga in antitesi con quanto risulta dal contratto, la qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
Trib. Massa, Sez. Unica, 3 febbraio 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Le norme che determinano i termini di prescrizione dei diritti vanno lette ed interpretate alla luce dell’art. 2935 c.c., secondo il quale il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui il diritto può essere fatto valere; va da sé che nell’ipotesi di intestazione fiduciaria di quote societarie, il diritto del fiduciante ad ottenere il “ritrasferimento della quota” da parte del fiduciario può essere fatto valere, in difetto di diversa previsione nel pactum fiduciae, dal giorno in cui il fiduciario riceve la richiesta di restituzione e rifiuta l’adempimento, considerato che prima di tale data sussiste solo un obbligo di trasferimento a richiesta del fiduciante e non una obbligazione inadempiuta.
Trib. Modena, 22 novembre 2016 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Con il trust alcuni beni vengono posti sotto il controllo di un “fiduciario” detto trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari e per un fine determinato. La Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, prevede che il vincolo di destinazione mantiene i beni in trust distinti dal patrimonio del trustee, cui è demandato di “amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee”. Benché il trust non abbia personalità giuridica, dunque, il trustee è l’unico soggetto legittimato nei rapporti con i terzi, in quanto dispone in esclusiva del patrimonio vincolato alla predeterminata destinazione. Riceve quindi, relativamente a tali beni, un diritto di proprietà segregato e temporaneo nell’interesse altrui, diritto che non corrisponde in alcun modo ad un suo arricchimento o tutela, essendo preordinato ad una diversa destinazione la cui attuazione è rimessa al disponente stesso. Pertanto, quando il trustee in una istauranda causa sia interessato in proprio contro il trust, sussistendo nel caso di specie un conflitto “d’interesse processuale”, va disposta la nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c.
Cass. civ. Sez. III, 28 dicembre 2016, n. 27180 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, l’obbligo di vendita dell’immobile, assunto dal locatore in forza di un patto fiduciario stipulato con un terzo anche anteriormente alla conclusione del contratto di locazione, non è idoneo a sopprimere il diritto di prelazione del conduttore, che trova fondamento nella salvaguardia del suo interesse – dotato di rilessi pubblicistici – alla prosecuzione dell’attività svolta per tutta la durata del rapporto, così che il diritto di prelazione del conduttore prevale sull’interesse delle parti del negozio fiduciario.
Trib. Vicenza Sez. II, 13 aprile 2016 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, destinato a realizzare un determinato effetto giuridi¬co non in via diretta, ma in via indiretta: il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente in sostanza alla funzione di un negozio diverso. Pertanto, l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti “inter partes”, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del “pactum fiduciae”.
Cass. civ. Sez. I, 8 settembre 2015, n. 17785 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Realizzandosi il negozio fiduciario mediante il collegamento di due negozi, parimenti voluti, l’uno di carattere esterno, efficace verso i terzi, e l’altro, “inter partes” ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo, l’intestazione fiduciaria di quote di partecipazione societaria integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (diversamente dal caso d’interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, ed a ritrasfe¬rirgliele ad una scadenza concordata, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l’alienazione di quote societarie dal padre ai figli, con contestuale rilascio di procura irrevo¬cabile alla retrocessione o al trasferimento a terzi, realizzasse un “pactum fiduciae” volto ad attribuire ai figli i poteri gestionali della società e a lasciare al genitore quelli di controllo).
Cass. civ. Sez. II, 14 luglio 2015, n. 14695 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’intestazione fiduciaria di un bene – frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantag¬gio del fiduciante – comporta che il trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo, “inter partes”, del ritrasferimento al soggetto fiduciante, oppure al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del “pactum fidu¬ciae”, laddove manca in detta figura qualsiasi intento liberale del fiduciante verso il fiduciario e la posizione di titolarità creata in capo a quest’ultimo si rivela soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante.
Trib. Milano, 20 maggio 2015 (Trust, 2016, 7, 380)
Il trustee è litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal terzo creditore del disponente per sentir dichiarare la simulazione o, in subordine, l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di conferimento di beni in trust, in considerazione del fatto che il trustee è il soggetto che amministra il patrimonio nell’interesse dei beneficiari, nonché il proprietario fiduciario del bene o del diritto il cui trasferimento è impugnato.
Trib. Monza Sez. I, 11 maggio 2015 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di obbligazioni e contratti, il “negozio fiduciario “ rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, ma in via indiretta: il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente, in sostanza, alla funzione di un negozio diverso. Pertanto, l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti inter partes, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae.
Trib. Taranto Sez. II, 27 novembre 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In considerazione del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto di prestazione d’opera intellettuale, ciascuna parte può recedere dal contratto indipendentemente dalla presenza di giusti motivi a carico del prestatore d’opera, permanendo in capo a quest’ultimo il diritto ad ottenere il rimborso delle spese sostenute ed a percepire il compenso per l’opera svolta fino al momento del recesso. Ciò non esclude, tuttavia, che, ove si inseriscano nel contratto clausole estranee al contenuto tipico del negozio di prestazione d’opera, alle stesse possano applicarsi le ordinarie regole in tema di inadempimento contrattuale con la conseguente possibilità, nel caso di contratti a prestazioni corrispettive, di azionare la forma di autotutela rappresentata dall’eccezione di inadempimento.
Cass. civ. Sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23158 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è, di per sé, illecito, sicché la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l’ordinamento, a tutela di chi risulti dan¬neggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia
Trib. Roma Sez. III, 30 luglio 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, costituito da un negozio reale traslativo realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbliga¬torio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio (il vero e proprio “pactum fiduciae”) per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o a un terzo; l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria) integra gli estremi della interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nella in¬terposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interpo¬nente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo, ad una scadenza convenuta ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
Cass. civ. Sez. I, 26 maggio 2014, n. 11757 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il “pactum fiduciae” con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, qualora riguardi beni immobili, la forma scritta “ad substantiam” e la prova per testimoni di tale patto è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 e segg. cod. civ. – sempre che non comporti, il trasfe¬rimento, sia pure indiretto, di beni immobili – soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’ap¬plicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito osservando che il “pactum fiduciae” comportante il trasferimento indiretto di beni immobili attraverso l’intestazione di quote di partecipazione della società proprietaria di tali beni deve essere stipulato per iscritto e non può essere provato con testimoni)
Cass. civ. Sez. III, 15 maggio 2014, n. 10633 (Giur. It., 2015, 3, 582 nota di STEFANELLI)
L’obbligo di ritrasferimento che trae le sue origini da un pactum fiduciae concluso oralmente, può rinvenire autonoma fonte in una dichiarazione unilaterale, qualora essa contenga la chiara enunciazione dell’impegno attuale del soggetto ad effettuare una determinata prestazione in favore di altro soggetto, ai sensi dell’art. 1174 c.c. Il riferimento alla causa di questo impegno, indicata nel negozio fiduciario intercorso tra le parti, non rileva ai soli fini dell’astrazione processuale, ma è idoneo a dare liceità causale e meritevolezza all’impegno assunto con l’atto unilaterale.
La dichiarazione unilaterale scritta con cui un soggetto si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione di un precedente accordo fiduciario non costituisce semplice promessa di pagamento ma autonoma fonte di obbligazioni se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, e, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell’impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ., purché l’atto unilaterale contenga l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali. (Cassa con rinvio, App. Catania, 28/09/2009)
In tema di negozio fiduciario una dichiarazione scritta contenente un impegno che nasce come unilaterale e che come atto uni¬laterale ha una propria autonoma dignità è atto a costituire fonte di obbligazioni in quanto è volto ad attuare l’accordo fiduciario preesistente. Tale atto è quindi idoneo a consentire al giudice di disporre coattivamente il trasferimento del bene fiduciariamente intestato ai sensi dell’art. 2932 c.c.
La dichiarazione unilaterale scritta, con cui un soggetto, in attuazione di un precedente accordo fiduciario stipulato oralmente, si impegna a trasferire ad altri la proprietà di uno o più beni immobili, costituisce autonoma fonte di obbligazione se contiene un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, il quale è suscettibile di esecuzione in forma specifica, purché l’atto unilaterale individui con esattezza gli immobili, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali.
Cass. civ. Sez. III, 8 aprile 2014, n. 8153 (Danno e Resp., 2014, 12, 1125 nota di SANTORO)
Nel contratto di sponsorizzazione, in quanto rapporto caratterizzato da un rilevante carattere fiduciario, assumono particolare importanza i doveri di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., contribuendo essi ad individuare obblighi, ulteriori o integrativi di quelli tipici del rapporto stesso, il cui inadempimento è patrimonialmente valutabile, ai sensi dell’art. 1174 cod. civ., e tale da giustificare una richiesta di risarcimento danni, purché siano specificati e provati i comportamenti pre¬giudizievoli e i loro concreti effetti lesivi.
Anche se il contratto di sponsorizzazione si caratterizza per il rilevante carattere fiduciario del rapporto, nell’ambito del quale assumono particolare importanza i doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali possono indurre ad individuare obblighi ulteriori o integrativi rispetto a quelli tipici del rapporto, a fini risarcitori non è sufficiente che la società sponsorizzata richiami generici doveri di salvaguardia degli interessi e dell’immagine dello sponsor. Per poter considerare tali doveri oggetto di obblighi di comportamento patrimonialmente valutabili ai sensi dell’art. 1174 c.c., lo sponsor deve addurre, invece, la specifica prova dei comportamenti pregiudizievoli, della loro accessorietà rispetto all’accordo di sponsorizzazione e dei loro concreti effetti lesivi per lo sponsor tali da giustificare una richiesta di risarcimento del danno all’immagine subito, ovvero l’effettiva sussistenza ed entità delle sue perdite di profitti e soprattutto il nesso causale fra dette perdite e le vicende che hanno condotto al preteso inadempimento.
Cass. civ. Sez. III, 20 marzo 2014, n. 6514 (Foro It., 2014, 10, 1, 2884)
È ammissibile, in quanto non risulta privo di causa, il negozio fiduciario statico.
Trib. Milano Sez. IV, 10 giugno 2013 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario 23deve annoverarsi nella più ampia categoria dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un de¬terminato effetto giuridico in via non diretta, ma indiretta. Poiché l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento dello stesso in favore del fiduciario, pertanto, ove il patto abbia ad oggetto beni immobili, esso deve necessaria¬mente risultare da un atto avente forma scritta ad substantiam. Formulata domanda di rilascio dell’immobile occupato dalla con-venuta ed eccepita, da parte di questa, l’intestazione solo fittizia del bene a parte attrice, l’esistenza del contratto asseritamente dissimulato deve essere, pertanto, necessariamente provata per iscritto, con conseguente inammissibilità di tutte le istanze istruttorie eventualmente formulate da parte convenuta al fine di ricostruire in via testimoniale la esistenza del factum fiduciae.
Cass. civ. Sez. II, 27 agosto 2012, n. 14654 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario è un accordo tra due soggetti, con cui il fiduciante trasferisce, o costituisce, in capo al fiduciario una situa¬zione giuridica soggettiva per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore. Il fiduciario, per la realizzazione di tale obiettivo, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, avendo un com¬portamento coerente e congruo. Ciò premesso, non essendo tale fattispecie contrattuale espressamente disciplinata dalla legge e non essendoci una disposizione esplicita in senso contrario, essa è soggetta al principio generale della libertà della forma. (Nel caso di specie, l’attribuzione di titoli di credito oggetto di contestazione è stata giustificata, stante le risultanze istruttorie, alla luce di un obbligo che la resistente aveva assunto con un dato soggetto (fiduciante) e non, invece, per spirito di liberalità, come sostenuto dal ricorrente).
La cessione di titoli senza corrispettivo non è sempre sorretta dall’animus donandi, atteso che non ogni attribuzione patrimoniale gratuita integra una donazione, ma solo quella fatta per spirito di liberalità. È configurabile, invece, un negozio fiduciario allorché un soggetto (fiduciante) trasferisce ad un altro soggetto (fiduciario) la titolarità di un diritto il cui esercizio viene limitato da un accordo tra le parti (pactum fiduciae) per uno scopo che il fiduciario si impegna a realizzare, ritrasferendo poi il diritto allo stes¬so fiduciante o ad un terzo beneficiario. La fattispecie si sostanzia in un accordo tra due soggetti, con cui il primo trasferisce (o costituisce) in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva (reale o personale) per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, ed il fiduciario, per la realizzazione di tale risultato, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, e di porre in essere un proprio comportamento coerente e congruo. Trattandosi di fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, e, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il pactum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà di forma.
Cass. civ. Sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il rimedio previsto dall’art. 2932 cod. civ., al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere “ex lege”.
Cass. civ. Sez. II, 29 febbraio 2012, n. 3134 (Trust, 2012, 6, 633)
L’intestazione fiduciaria di un bene, frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante, ha luogo solo ove il trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo, inter partes, del ritrasferimento al fiduciante o al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae. Manca, dunque, nell’istituto qualsiasi intento liberale del fiduciante verso il fiduciario e la posizione di titolarità creata in capo a quest’ultimo è soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante. Qualora, dunque, l’effetto reale non risulta esse¬re accompagnato da alcun patto contenente l’obbligo della persona nominata di modificare la posizione ad essa facente capo a favore dello stipulante o di altro soggetto da costui designato, non può intendersi posto in essere il menzionato negozio. Stante quanto innanzi, la fattispecie dell’acquisito di un’azienda da parte del nominato con denaro del preteso fiduciante, stipulante, deve correttamente qualificarsi come donazione indiretta e non come intestazione fiduciaria.
Affinché si verifichi l’intestazione fiduciaria di un bene, che deriva dalla combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante, è necessario che il trasferimento in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo, inter partes, del ritrasferimento al fiduciante o al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae, in mancanza del quale non si può ritenere sussistente l’intestazione fiduciaria del bene, bensì una donazione indiretta.
In tema di modificazioni della domanda giudiziale, laddove l’atto di citazione sia diretto ad ottenere il trasferimento di un de¬terminato bene in favore dell’attore in forza dell’obbligo assunto dall’intestatario fiduciario , costituisce domanda nuova – e non semplice precisazione o modificazione della domanda già proposta, consentita in virtù della facoltà concessa alle parti dall’art. 183 cod. proc. civ. – la richiesta volta al riconoscimento della proprietà dello stesso bene, sul presupposto del carattere fittizio dell’intestazione, discendente dalla simulazione tanto della dichiarazione di nomina da parte dello stipulante, quanto dell’accet¬tazione della persona nominata, e ciò data la diversità tra le due anzidette fattispecie, deducendosi con la prima l’esistenza di un contratto valido ed efficace, sia pure con la costituzione a carico del fiduciario dell’obbligo di ritrasferire il bene a vantaggio del fiduciante, e con la seconda, invece, un’ipotesi di divergenza tra volontà e manifestazione. (Rigetta, App. Roma, 14/07/2009)
Cass. civ. Sez. III, 14 novembre 2011, n. 23728 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il fiduciario è obbligato a ritrasferire il bene al fiduciante prescindendo dalla sua eventuale richiesta. Il fiduciario risulta privo della legittimazione sostanziale a disporre del bene sia inter vivos che mortis causa.
Nel contratto fiduciario di compravendita immobiliare l’obbligo di ritrasferimento del bene deve essere adempiuto dal fiduciario acquirente a prescindere dalla relativa eventuale richiesta da parte del fiduciante venditore. Ne consegue che, in caso di ina¬dempimento all’anzidetto obbligo, ove le parti non abbiano stipulato al riguardo una clausola risolutiva espressa determinante la risoluzione dello stesso contratto di trasferimento, il fiduciario è tenuto, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., al risarcimento del danno ed è privo di legittimazione sostanziale a disporre del bene sia “inter vivos” che “mortis causa”.
App. Napoli Sez. II bis, 14 settembre 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nell’ambito di un negozio fiduciario, un soggetto-fiduciante trasferisce in proprietà un bene ad un altro soggetto fiduciario non già per realizzare uno scambio, quanto piuttosto per conseguire uno scopo diverso dall’effetto traslativo, con l’obbligo del fi¬duciario di ritrasferire la proprietà del bene a semplice richiesta al fiduciante o ad un terzo indicato dal medesimo. Ne deriva, dunque, che l’effetto traslativo è limitato nei rapporti interni da un patto obbligatorio, che non richiede la forma scritta e che può essere provato liberamente, non comportando alcun ampliamento o modificazione del contenuto del contratto stipulato fiduciariamente.
Trib. Trieste, 10 agosto 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non sono soggetti a revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c. gli atti posti in essere in adempimento di un’obbligazione e, conseguen¬temente, anche i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare o di un negozio fiduciario. Quanto detto non trova applicazione nel caso in cui sia provato il carattere fraudolento del negozio, con cui il debitore ha assunto l’obbligo poi eseguito, essendo la stipulazione del negozio definitivo l’esecuzione doverosa di un factum de contraendo validamente posto in essere cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi.
Cass. civ. Sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163 (Giur. It., 2012, 5, 1045 nota di PERROTTA, MICHETTI)
Il negozio fiduciario come specie del più ampio genere dei negozi indiretti si contraddistingue per il fatto di realizzare un determina¬to effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta. Pertanto, poiché l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, ove tale patto abbia a oggetto beni immobili, esso deve risultare da un atto avente forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile a un contratto preliminare; né l’atto scritto può essere so¬stituito da una dichiarazione confessoria proveniente dall’altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né – anche quando contenga il preciso riferimento a un contratto concluso per iscritto – come prova del medesimo.
Il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, ma in via indiretta: il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico, e corrispondente in sostanza alla funzione di un negozio diverso. Pertanto, l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti “inter partes”, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del “pactum fiduciae”. Ne consegue come necessario corollario che se il “pactum fiduciae” riguardi beni immobili, occorre che esso risulti da un atto in forma scritta “ad substantiam”, atteso che la “ratio” dell’art. 1351 c.c., dettato in tema di contratto preliminare, è invocabile anche in caso di negozio fiduciario.
Cass. civ. Sez. II, 7 aprile 2011, n. 8001 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il “pactum fiduciae” con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fidu¬ciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad “substantiam”, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 cod. civ. prescrive la stessa forma del contratto definitivo.
Trib. Roma Sez. X, 10 febbraio 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario, allorché si riferisca al trasferimento di beni immobili, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. Tale forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo siffatta dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante del contratto, né come prova dello stesso, tenuto conto che il medesimo non può essere dimostrato mediante la prova testimoniale, all’infuori dell’ipotesi eccezio¬nale di perdita incolpevole del documento.
Trib. Milano, 1 febbraio 2001 (Società, 2001, 8, 973 nota di DI MAIO)
La simulazione si concretizza nella divergenza tra volontà e manifestazione, mentre la fiducia consiste nella effettività del con¬tratto, valido ed efficace, che costituisce a carico del fiduciario l’obbligo di provvedere al ritrasferimento al fiduciante.
Trib. Roma Sez. X, 6 luglio 2010 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Con il negozio fiduciario si opera il trasferimento della titolarità di un diritto dal fiduciante al fiduciario o l’acquisto da terzi di un diritto da parte del fiduciario stesso con danaro fornito dal fiduciante, il cui esercizio viene disciplinato da un’intesa interna, con la quale l’interposto si obbliga a comportarsi in una maniera determinata. Il negozio fiduciario si realizza mediante il collega¬mento dei due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e avente efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno e obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è tenuto a trasferire, in tutto o in parte, la cosa o il diritto attribuitogli con il negozio reale all’altro contraente o a un terzo. Il negozio fiduciario che inerisca al trasferimento di beni immobili deve rivestire necessariamente la forma scritta ad substantiam, quale elemento essenziale della sua validità, ai sensi dell’ art. 1350 c.c., forma che assolutamente non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo tale dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante il contratto, né come prova dello stesso il quale, peraltro, non è dimostrabile tramite testimonianze, all’infuori della sola ed eccezionale ipotesi di perdita incolpevole del documento. Ciò posto, nel caso di specie, relativo all’accertamento dell’esistenza di un negozio fiduciario tra le parti in causa con conseguente trasferimento del 50% delle quote di proprietà dell’immobile acquistato in favore dell’appellante, il Tribunale, difettando il requisito della forma scritta ad substantiam, definitivamente pronunciando, rigetta la domanda di parte attrice.
Cass. civ. Sez. III, 17 maggio 2010, n. 11974 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un re¬quisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
Cass. civ. Sez. I, 10 maggio 2010, n. 11314 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’acquisto di una quota di società di persone operato dal fiduciante non produce effetti reali immediati nel patrimonio del fidu¬ciario: infatti il negozio fiduciario si qualifica come una combinazione di due fattispecie negoziali collegate, l’una costituita da un negozio reale traslativo, a carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia verso i terzi, e l’altra (il vero e proprio pactum fiduciae) avente carattere interno ed effetti meramente obbligatori, diretta a modificare il risultato finale del negozio esterno mediante l’obbligo assunto dal fiduciario di ritrasferire al fiduciante il bene o il diritto che ha formato oggetto dell’acquisto.
Il “pactum fiduciae” avente ad oggetto la cessione di quota di società di persone con patrimonio immobiliare non richiede la forma scritta, non comportando essa anche un trasferimento, dal cedente al cessionario, dei diritti immobiliari, che restano vi¬ceversa nella titolarità della società, che non è essa stessa parte del negozio di cessione.
Trib. Roma Sez. X, 29 aprile 2010 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato richiede, allorché immobili, la forma scritta ad substantiam atteso che essa è sostanzial¬mente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c., prescrive la stessa firma del contratto definitivo.
Trib. Gallarate, 5 febbraio 2010 (Contratti, 2010, 4, 375)
A norma dell’art. 2901, comma 3, c.c., non sono soggetti a revoca i c.d. atti dovuti ovvero gli atti compiuti in adempimento di un’obbligazione, ed in particolare, i contratti conclusi in esecuzione di un preliminare o di un negozio fiduciario, salvo che sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto. E ciò perché la stipulazione del negozio definitivo non è che l’esecuzione doverosa di un “pactum de contraendo”, validamente posto in essere – “sine fraude” – cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi.
Cass. civ. Sez. III, 3 aprile 2009, n. 8127 (Contratti, 2009, 8-9, 761 nota di SCARPA)
Qualora un soggetto acconsenta, su richiesta di un altro, ad intestarsi un conto corrente in via fiduciaria, cioè con l’intesa che le somme che su di esso transitino sono di pertinenza dell’altro soggetto, che costui avrà in concreto la gestione del conto e che esso sarà, però, utilizzato per lo svolgimento di un’attività lecita di detto soggetto, l’intestatario del conto (fiduciario) è tenuto, per il fatto stesso di apparire verso i terzi come intestatario del conto ed a maggior ragione per il fatto di non averne la concreta gestione, ad esercitare la necessaria vigilanza sul rispetto da parte di quel soggetto della finalizzazione dell’utilizzo del conto corrente esclusivamente all’esercizio della detta attività, conforme agli accordi presi. Ne consegue che, qualora l’intestatario ometta di esercitare tale vigilanza, disinteressandosi completamente della gestione del conto (astenendosi, come nella specie, dal controllare gli estratti conto e rimettendoli senza leggerli all’altro soggetto, firmando assegni in bianco che venivano riempiti dal medesimo e non preoccupandosi neppure di conoscere quale fosse l’importo accreditato), e l’altro soggetto utilizzi il conto corrente per realizzare un illecito in danno di terzi, l’intestatario del conto corrente può rispondere sul piano causale a titolo di imprudenza e negligenza, ai sensi dell’art. 2043 c.c., del danno cagionato ai terzi per effetto dell’illecito.
Nell’ambito del negozio fiduciario il soggetto che assume nei confronti dei terzi la titolarità di una posizione giuridica (nella specie, intestazione di un conto corrente), non è esonerato dal controllo verso l’altro contraente del factum fiduciae affinché lo svolgimento del rapporto sia costantemente mantenuto entro i limiti del regolamento negoziale giusta le motivazioni che hanno dato luogo alla stipulazione del patto.
Cass. civ. Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero trasferimento in favore del fiduciario. Tuttavia, l’efficacia del detto tra¬sferimento può essere limitata dagli obblighi pattiziamente stabiliti. Quindi deve ritenersi valido il negozio in cui si afferma che l’acquisto di un immobile da parte di un fratello è fatto anche quale fiduciario dell’altro, nel caso in cui l’effettivo trasferimento debba effettuarsi oltre il temine decennale del divieto di alienazione previsto in materia di edilizia popolare.
L’intestazione fiduciaria di un bene determina sin da subito un vero trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti tra le parti, compreso per primo quello del trasferimento al fiduciante. Il negozio fiduciario, infatti, rientra nella categoria dei negozi indiretti con cui un certo contratto viene posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico e corrispondente in sostanza alla funzione di un altro negozio.
Trib. Bari Sez. IV, 17 dicembre 2008 (Trust, 2009, 6, 652)
Il negozio fiduciario costituisce una figura negoziale atipica retta dal principio della libertà delle forme. Non essendo richiesta la forma scritta né “ad substantiam né ad probationem” la sussistenza del “pactum fiduciae” può essere provata con qualsiasi mezzo, anche con prova testimoniale.
Il trasferimento di quote societarie in favore del fiduciante che ne abbia fatto richiesta può essere ordinato ex art. 2932 c.c. a fronte del rifiuto del fiduciario di provvedervi.
Cass. civ. Sez. I, 13 giugno 2008, n. 16022 (Corriere Giur., 2009, 2, 215 nota di GALLUZZO)
Violazioni dell’incarico fiduciario da parte del “trustee” – quali la cattiva gestione dei beni oggetto di trust, atti di gestione per¬fezionati in conflitto d’interessi, omesso rendiconto, depauperamento del patrimonio destinato – costituiscono presupposti suffi¬cienti all’accoglimento della domanda di revoca del “trustee” infedele.
Cass. civ. Sez. III, 16 aprile 2008, n. 9970 (Nuova Giur. Civ., 2008, 11, 1, 1352 nota di MARTONE)
Non sono soggetti a revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c. gli atti compiuti in adempimento di un’obbligazione (cosiddetti atti dovuti) e, quindi, anche i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare o di un negozio fiduciario, salvo che sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, essendo la stipulazione del negozio definitivo l’esecuzione doverosa di un “pactum de contrahendo” validamente posto in essere (“sine fraude”) cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi.
Non sono soggetti a revoca ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. gli atti compiuti in adempimento di un’obbligazione (cosiddetti atti dovuti) e, quindi, anche i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare o di un negozio fiduciario, salvo che sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, essendo la stipulazione del negozio definitivo l’esecuzione doverosa di un “pactum de contrahendo” validamente posto in essere (“sine fraude”) cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi. (Nella specie la S.C., in applicazione del riportato principio, ha confermato la sentenza impugnata di rigetto della domanda ex art. 2901 cod. civ. proposta in relazione ad un contratto di vendita di un immobile stipulato in esecuzione di un precedente contratto preliminare, evidenziando che la verifica della sussistenza dell’”e¬ventus damni” va compiuta con riferimento alla stipulazione definitiva mentre il presupposto soggettivo del “consilium fraudis” va valutato con riferimento al contratto preliminare).
Cass. civ. Sez. III, 18 marzo 2008, n. 7282 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, si osserva – infatti – che la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non è sanzione di nullità o di annullabilità del negozio (Cass. 5 novembre 1999, n. 12327; Cass. 24 ottobre 1981, n. 5571).
Proprio con specifico riguardo alla materia locatizia, del resto, in molteplici occasioni questa Corte ha enunciato il principio se¬condo cui la violazione della normativa fiscale non incide sulla validità o efficacia di un contratto, ma ha rilievo esclusivamente tributario (cfr., ad esempio, Cass. 22 luglio 2004, n. 13621, resa in una fattispecie anteriore all’approvazione dello statuto del contribuente e della L. n. 431 del 1998, in cui per motivi fiscali erano stati redatti due originali del contratto di locazione recanti importi diversi).
Cass. civ. Sez. I, 1 agosto 2007, n. 16992 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di negozio fiduciario, la prova per testimoni del “pactum fiduciae” è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 e ss. cod. civ. soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento con¬trattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di contratto stipulato, ma senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento; qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto ri¬sulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento
App. Napoli Sez. III, 17 febbraio 2006 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire la cosa o il diritto attribuitogli con il negozio reale all’altro contraente o ad un terzo.
Trib. Modena, 16 dicembre 2005 (Obbl. e Contr., 2006, 6, 560 nota di SCHIAVONE)
Il carattere fiduciario della titolarità di un diritto non può costituire il fondamento di una domanda di accertamento della pro¬prietà esclusiva del fiduciante, in quanto l’intestazione del fiduciario è reale. Può invece fondare l’azione di carattere obbligatorio mirante ad ottenere il ritrasferimento del diritto.
Trib. Genova, 13 ottobre 2005 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario, quando inerisca al trasferimento di beni immobili, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, quale elemen¬to essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. Tale forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo essa dichiarazione essere utilizzata né come elemento integrante il contratto, né come prova dello stesso contratto.
Trib. Genova Sez. IV, 20 giugno 2005 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo.
Trib. Genova, 23 maggio 2005 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cessione di azioni tra l’intestatario fiduciario e un terzo, avvenuta con l’intento comune alle due parti di rendere possibile al fiduciario di sottrarsi al proprio obbligo di trasferimento a favore del fiduciante, va dichiarata inefficace nei confronti del fiducian¬te, mentre resta accertato l’obbligo in capo al fiduciario di trasferimento delle dette azioni, siccome conseguente all’accertamento della intestazione fiduciaria da cui tale obbligo consegue.
Cass. civ. Sez. II, 6 maggio 2005, n. 9402 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Tenuto conto che il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo, l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria) integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nel caso d’interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza conve¬nuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario. (Nella specie, è stata negata la natura fiduciaria dell’intestazione a favore della moglie del ricorrente delle quote societarie alla medesima cedute dalla madre di quest’ultimo, essendo stata esclusa l’esistenza di un “pactum fiduciae” fra la cessionaria e il marito, che era risultato peraltro estraneo al negozio di cessione).
Cass. civ. Sez. II, 13 ottobre 2004, n. 20198 (Contratti, 2005, 5, 437 nota di VALENTINI)
La possibilità di attribuire efficacia costitutiva ad una dichiarazione ricognitiva dell’altrui diritto dominicale su un bene immobile (nella specie, contenuta in un contratto di compravendita di altro immobile) presuppone che anche la causa della dichiarazione risulti dall’atto, atteso che, trattandosi di un bene immobile per il cui trasferimento è necessaria la forma scritta “ad substan¬tiam”, tutti gli elementi essenziali del negozio debbono risultare per iscritto.
Cass. civ. Sez. II, 1 aprile 2003, n. 4886 (Corriere Giur., 2003, 8, 1041 nota di MARICONDA)
Il negozio fiduciario di natura traslativa si articola in due distinti ma collegati negozi, dei quali, il primo, avente carattere esterno, realmente voluto dalle parti ed efficace verso i terzi; l’altro, interno ed a contenuto obbligatorio, volto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire al fiduciante o ad un terzo il bene o il diritto acquistato col negozio reale.
Il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o a un terzo. La Corte, nel formulare il surrichiamato principio, ha confermato la correttezza della pronuncia di merito, la quale aveva ritenuto l’esistenza di un negozio fiduciario nella scrittura privata con la quale l’acquirente di un bene immobile, riconoscendo la natura fiduciaria dell’intestazione e – conseguen¬temente – la relativa proprietà a favore di un terzo, aveva contestualmente assunto l’obbligo di trasferirgli il diritto.
Trib. Milano, 19 novembre 2001 (Giur. It., 2002, 1438 nota di FIORIO)
Deve ritenersi ammissibile il contratto fiduciario, riconducibile alla “fiducia germanistica”, con cui un fiduciante attribuisca ad una società fiduciaria la legittimazione all’esercizio dei diritti inerenti le quote di s.r.l. ma non la titolarità delle quote.
Cass. civ. Sez. I, 16 novembre 2001, n. 14375 (Contratti, 2002, 2, 186)
Il diritto del fiduciante alla restituzione dei beni intestati al fiduciario si prescrive con il decorso dell’ordinario termine decenna¬le, che decorre, in difetto di una diversa previsione nel pactum fiduciae, dal giorno in cui il fiduciario, avutane richiesta, abbia rifiutato il trasferimento del bene.
Trib. Roma, 30 maggio 2001 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario è una categoria non espressamente disciplinata dalla legge, e pur tuttavia tutelata dalla legge in base ai principi dell’autonomia contrattuale, che si realizza mediante il collegamento tra due negozi, uno di carattere esterno, realmente voluto (a differenza del contratto assolutamente o relativamente simulato) e spiegante i suoi effetti nei confronti dei terzi – com¬portante il trasferimento di un diritto in capo ad un soggetto ( fiduciario ) e l’altro, di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato del negozio esterno, comportante l’obbligo per il fiduciario di trasferire il diritto attribuitogli con negozio esterno all’altra parte del negozio interno (fiduciante).
Cass. civ. Sez. II, 13 aprile 2001, n. 5565 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio, fiduciario quando inerisce al trasferimento di beni immobili deve rivestire la forma scritta “ad substantiam” quale elemento essenziale di sua validità ex art. 1350 c.c. Detta forma non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, non potendo detta dichiarazione essere utilizzata nè come elemento integrante il contratto, nè come prova dello stesso il quale, peraltro, non è dimostrabile tramite testimonianze, all’infuori dell’ipotesi eccezionale di perdita incolpevole del documento (art. 2725, comma 2, c.c., in relazione all’art. 2724 n. 3 c.c.).
Cass. civ. Sez. II, 19 luglio 2000, n. 9489 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il “pactum fiduciae” con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiducian¬te o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta “ad substantiam” atteso che essa è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo.
Cass. civ. Sez. I, 19 febbraio 2000, n. 1898 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il giudice, nel procedere all’identificazione del rapporto contrattuale, alla sua denominazione ed all’individuazione della disci¬plina che lo regola, deve procedere alla valutazione “in concreto” della causa, quale elemento essenziale del negozio, tenendo presente che essa si prospetta come strumento di accertamento, per l’interprete, della generale conformità a legge dell’attività negoziale posta effettivamente in essere, della quale va accertata la conformità ai parametri normativi dell’art. 1343 c.c. (causa illecita) e 1322, comma 2, c.c. (meritevolezza di tutela degli interessi dei soggetti contraenti secondo l’ordinamento giuridico) (Nell’enunciare il principio di diritto in questione la Corte ha annullatio la sentenza impugnata per avere omesso di accertare la conformità di un siffatto contratto ai parametri di liceità e meritevolezza previsti dalle citate disposizioni normative).
Cass. civ. Sez. II, 5 febbraio 2000, n. 1289 (Giur. It., 2000, 2289 nota di FORCHINO)
Il “pactum fiduciae” può configurarsi in relazione a situazioni giuridiche soggettive di natura reale o personale, assumendo rilie¬vo decisivo solo l’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene o il diritto acquistato al fiduciante o a terzi. è, pertanto, ravvisabile nell’ipotesi in cui il ritrasferimento al fiduciante concerna i diritti derivanti al fiduciario dal contratto preliminare di compravendita immobiliare già stipulato con terzi.
Trib. Cagliari, 10 dicembre 1999 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il rapporto fiduciario, ove si consideri che il “pactum fiduciae”, oltre che per la dissociazione tra titolarità ed interesse, si caratte¬rizza soprattutto per l’obbligo del compimento di attività giuridica per conto del fiduciante, deve essere ricondotto alla fattispecie tipica del mandato senza rappresentanza.
La categoria del negozio fiduciario – da inquadrarsi nell’ambito più generale della fattispecie di interposizione reale di persona – ricomprende sia l’accordo con cui un soggetto trasferisce ad un altro la titolarità di un bene con il patto che ne faccia un uso determinato nel suo interesse, ed eventualmente lo ritrasferisca a lui stesso o ad un terzo (cd. fiducia dinamica), sia l’accordo con cui il fiduciario acquista in nome proprio da un terzo un bene con danaro fornito, anche in parte, dal fiduciante e con l’intesa di riconoscerlo successivamente come titolare, anche “pro quota”, del bene acquistato (cd. fiducia statica).
La categoria del negozio fiduciario – da inquadrarsi nell’ambito più generale della fattispecie di interposizione reale di persona – ricomprende sia l’accordo con cui un soggetto trasferisce ad un altro la titolarità di un bene con il patto che ne faccia un uso determinato nel suo interesse, ed eventualmente lo ritrasferisca a lui stesso o ad un terzo (cd. fiducia dinamica), sia l’accordo con cui il fiduciario acquista in nome proprio da un terzo un bene con danaro fornito, anche in parte, dal fiduciante e con l’intesa di riconoscerlo successivamente come titolare, anche “pro quota”, del bene acquistato (cd. fiducia statica).
Cass. civ. Sez. I, 27 novembre 1999, n. 13261 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di intestazione fiduciaria di azioni, ed in base al principio secondo cui, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, prevale “l’effettiva” proprietà del fiduciante rispetto alla titolarità “formale” del fiduciario , non può considerarsi affetta da nullità la specifica convenzione con la quale – all’interno del pactum fiduciae – il fiduciante si obblighi a tenere indenne il fiduciario dalle imposizioni fiscali gravanti su quest’ultimo in conseguenza dell’intestazione dei titoli azionari, non integrando tale traslazione dell’obbligazione tributaria gli estremi del pagamento di imposta da parte di soggetto diverso dal materiale percettore del cor¬rispondente reddito.
Cass. civ. Sez. II, 30 gennaio 1995, n. 1086 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di negozio fiduciario, relativo a beni immobili, la designazione da parte del fiduciante della persona a favore della quale deve essere fiduciante il bene, in virtù dell’obbligo assunto dal fiduciario di modificare la situazione giuridica a lui facente capo, deve rivestire ad substantiam la forma scritta ( art. 1350 n. 1 e 1351 c.c.), non bastando a tal fine la prova presuntiva. Tale designazione, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, deve risultare chiaramente dalla scrittura documentale.
Cass. civ. Sez. I, 28 settembre 1994, n. 7899 (Nuova Giur. Civ., 1995, I, 959 nota di GIAMPAOLINO)
Integra una fattispecie di negozio fiduciario stipulato mediante interposizione reale di persona, e non già di simulazione relativa per interposizione fittizia, l’accordo con il quale due o più persone convengono di dare vita ad una società di capitali il cui capitale sociale sia stato conferito effettivamente da uno solo di essi, mentre gli altri sono solo apparentemente e fiduciariamente intesta¬tari di azioni o quote sociali ed hanno assunto l’obbligo di trasferire dette azioni o quote a chi ne ha somministrato i relativi mezzi economici; pertanto, a tale negozio non si applicano le limitazioni di prova previste dal c.c., qualora non venga in considerazione il trasferimento di diritti per i quali la legge richieda l’atto scritto “ad substantiam”.
Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 1993, n. 6024 (Corriere Giur., 1993, 855 nota di CARBONE)
Il negozio fiduciario (categoria non disciplinata legislativamente, ma elaborata dalla giurisprudenza e dalla dottrina e nella quale possono essere compresi alcuni contratti atipici) è vero e reale, sia quando si realizzi mediante il collegamento tra due negozi, l’uno di carattere esterno effettivamente voluto comportante il trasferimento di un diritto oppure il sorgere di una situazione giuridica in capo ad un soggetto ( fiduciario ), l’altro di carattere interno ed obbligatorio comportante l’obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte o ad un terzo la cosa o il diritto attribuitogli; sia nell’ipotesi in cui, preesistendo una situazione giu¬ridica attiva facente capo ad un soggetto, questi, in forza di apposita pattuizione, s’impegni a modificarla a richiesta e nel senso voluto dall’altro contraente (fiduciante).
Il patto di fiducia che prevede l’obbligo del fiduciario di modificare la situazione giuridica a lui facente capo, a favore del fiduciante o di un altro soggetto da quest’ultimo designato, è soggetto, qualora riguardi beni immobili, alla forma scritta “ad substantiam”.
Cass. civ. Sez. II, 3 maggio 1993, n. 5113 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il patto con il quale si conviene che uno dei contraenti acquisti un fondo in proprietà comune e trasferisca agli altri contraenti la quota ad essi rispettivamente spettante non può essere qualificato come negozio fiduciario di tipo traslativo, che è stipula¬to tra l’alienante e l’acquirente in vista di uno scopo pratico ulteriore rispetto a quello proprio della alienazione, né come una situazione di c.d. fiducia di tipo statico, che si innesta in una situazione giuridica preesistente in testa alla persona che, con il pactum fiduciae, accetta di dirottarla dal suo naturale esito, ma deve essere ricondotto alla figura giuridica del mandato senza rappresentanza ed, avendo per oggetto un bene immobile, deve essere stipulato per iscritto.
Trib. Napoli, 16 gennaio 1993 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La fiducia comprende sia il negozio fiduciario, in cui il fiduciante trasferisce al fiduciario il diritto reale con il patto meramente obbligatorio e interno che l’acquirente ne faccia un uso determinato nell’interesse dell’alienante e/o lo ritrasferisca poi a quest’ul¬timo o ad un terzo (c.d. fiducia dinamica), sia la c.d. fiducia statica, in cui il fiduciario acquista in nome proprio da un terzo un bene con danaro fornito, almeno in parte, dal fiduciante e con l’intesa di riconoscere quest’ultimo come proprietario o compro¬prietario del bene acquistato. Mentre, nel primo caso, l’originaria proprietà del fiduciante consente, se si considera l’alienazione fiduciaria come investitura della mera legittimazione formale relativa al bene, di continuare a riconoscere la titolarità effettiva in capo al fiduciante stesso, al contrario, nel secondo caso, l’acquisto del fiduciante non può che trovare la sua fonte nel “pactum fiduciae”; pertanto, relativamente al trasferimento di beni immobili, e almeno in questa specifica situazione, il “pactum fiduciae” deve rivestire forma scritta “ad substantiam”.
Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 1991, n. 11025 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Poiché il negozio fiduciario, nella parte contenente il pactum fiduciae, non è trascrivibile, in considerazione della sua natura ob¬bligatoria, nulla impedisce al fiduciario di trasferire, in sua violazione, il diritto cedutogli ad un terzo, il cui acquisto è pienamente valido ed efficace anche nei confronti del fiduciante.
Il negozio fiduciario, sia quando venga preceduto da un atto di trasferimento del diritto del fiduciante al fiduciario (cosiddetta fi¬ducia dinamica) sia quando non lo sia, per essere il fiduciario già titolare del diritto che si obblighi a trasferire all’altro contraente o al terzo (cosiddetta fiducia statica), è sempre un atto realmente dovuto, con la conseguenza che ad esso non sono estensibili le norme che prevedono l’inopponibilità del negozio simulato ai creditori del titolare apparente.
App. Bologna, 14 giugno 1991 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La stipulazione di un patto fiduciario avente ad oggetto il trasferimento di un immobile deve essere effettuata con il rispetto della forma scritta ad substantiam; la prova di tale negozio fiduciario non può essere data per testimoni (ad eccezione dell’ipotesi consacrata nel n. 3 dall’art. 2724 c.c.), né mediante giuramento e nemmeno mediante confessione, cui tende essenzialmente l’interrogatorio formale.
Trib. Chiavari, 30 aprile 1991 (Nuova Giur. Civ., 1992, I, 415 nota di GAGGERO)
La prova dell’esistenza di un negozio fiduciario, relativo a beni immobili, ascrivibile alla categoria dell’interposizione reale di per¬sona (tanto nell’ipotesi della fiducia statica che dinamica), può essere (tra le parti) soltanto documentale e non anche per testi, in applicazione dell’art. 2725 c. c.
Lo schema del negozio fiduciario si colloca interamente nell’ambito delle ipotesi dell’interposizione reale di persona, sia esso di tipo traslativo ovvero caratterizzato dalla cosiddetta.
Cass. civ. Sez. II, 18 ottobre 1988, n. 5663 (Corriere Giur., 1988, 1268 nota di CATALANO)
Il negozio fiduciario (categoria non disciplinata legislativamente, ma elaborata dalla giurisprudenza e dalla dottrina e nella quale possono essere compresi alcuni contratti atipici) è vero e reale, sia quando si realizzi mediante il collegamento tra due negozi, l’uno di carattere esterno effettivamente voluto comportante il trasferimento di un diritto oppure il sorgere di una situazione giuridica in capo ad un soggetto ( fiduciario ), l’altro di carattere interno ed obbligatorio comportante l’obbligo del fiduciario di ritrasferire alla controparte o ad un terzo la cosa o il diritto attribuitogli; sia nell’ipotesi in cui, preesistendo una situazione giu¬ridica attiva facente capo ad un soggetto, questi, in forza di apposita pattuizione, s’impegni a modificarla a richiesta e nel senso voluto dall’altro contraente (fiduciante).
Deve rivestire ad substantiam forma scritta il negozio traslativo che prevede l’obbligo del fiduciario di trasferire beni immobili al fiduciante o ad altro soggetto, da quest’ultimo designato.
Cass. civ. Sez. II, 29 novembre 1985, n. 5958 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il divieto di alienazione, posto a carico dell’acquirente in forza di pactum fiduciae, spiega effetti meramente interni (art. 1379 c. c.); l’inosservanza di tale divieto, pertanto, non interferisce sulla validità del contratto con il quale il fiduciario abbia trasferito il bene ad un terzo, indipendentemente dalla buona o mala fede di quest’ultimo, salvo restando il diritto del fiduciante di essere risarcito del danno derivantegli dall’inadempimento di quel patto.
Cass. civ. Sez. II, 30 gennaio 1985, n. 560 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Deve rivestire ad substantiam forma scritta il negozio traslativo di beni immobili dal fiduciario al fiduciante in esecuzione del pactum fiduciae, ma non anche quest’ultimo.
Cass. civ. Sez. II, 7 agosto 1982, n. 4438 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire la cosa o il diritto attribuitogli con il negozio reale all’altro contraente o ad un terzo (nella specie: il supremo collegio, enunciando il surriportato principio, ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto l’esistenza di un negozio fiduciario, senza accertare l’esistenza del collegamento tra i due negozi, dei quali quello di carattere interno era risultato posteriore all’altro).
Negli schemi del pactum fiduciae rientra, oltre il negozio fiduciario di tipo traslativo, anche la cosiddetta fiducia statica i cui estre¬mi sono rappresentati dalla preesistenza di una situazione giuridica attiva facente capo ad un soggetto che venga poi assunto come fiduciario e si dichiari disposto ad attuare un certo scopo del fiduciante mediante l’utilizzazione non già di una situazione giuridica all’uopo creata (come nel negozio fiduciario di tipo traslativo), ma di quella preesistente, che viene così dirottata dal suo naturale esito, a ciò potendosi determinare proprio perché a lui fa capo la situazione giuridica di cui si tratta.
Cass. civ. Sez. II, 17 febbraio 1961, n. 339 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In base al principio dell’autonomia contrattuale, il negozio fiduciario è riconosciuto dalla legge quale contratto innominato, in quanto si proponga di realizzare interessi leciti. Invece esso deve essere dichiarato nullo al pari di ogni altro negozio, che adem¬pia alla stessa funzione se, è diretto ad eludere la legge, ponendo in essere un risultato vietato e sanzionato da nullità.