Cass. Civ., Sez. I, ord., 10 giugno 2022, n. 18862 – Pres. Acierno, Cons. Rel. Mercolino
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5681/2019 R.G. proposto da:
N.V., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuliano Scarselli, con domicilio eletto in Roma, via
Cassiodoro, n. 1/a;
– ricorrente –
contro
B.G.;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze n. 2149/18, depositato il 13 dicembre 2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Guido
Mercolino.
Svolgimento del processo
1. B.G. convenne in giudizio la moglie N.V., per sentir disporre la modifica delle condizioni
economiche stabilite dalla sentenza del 15 luglio 2016, con cui il Tribunale di Lucca, nel pronunciare
la separazione personale dei coniugi, aveva posto a carico dell’uomo, sull’accordo delle parti,
l’obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 800,00 a titolo di contributo per il
mantenimento della figlia minore ed un assegno mensile di Euro 200,00 per il mantenimento della
donna, dando atto dell’impegno, assunto dai coniugi, di provvedere alla vendita della casa familiare,
assegnata alla N. in qualità di genitore collocatario della figlia, e di utilizzare il ricavato per
l’estinzione di un mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile, nonchè di acquistare un altro
immobile da intestare alla figlia e da adibire ad abitazione della minore e della madre.
1.1. Con ordinanza del 30 marzo 2018, il Tribunale di Lucca rigettò la domanda.
2. Il reclamo proposto dal B. è stato accolto dalla Corte d’appello di Firenze, che con decreto del 13
dicembre 2018 ha revocato l’assegno dovuto per il mantenimento della N. e ridotto ad Euro 400,00
mensili quello dovuto per il mantenimento della figlia.
A fondamento della decisione, la Corte ha ritenuto insussistente il peggioramento della situazione
economica del reclamante, reputando ininfluente, a tal fine, l’intervenuto decesso di uno dei soci del
laboratorio odontotecnico da lui gestito e la conseguente necessità di provvedere alla liquidazione
della quota sociale in favore dei suoi eredi, dal momento che, oltre ad aver determinato un
accrescimento della quota del B., ed un conseguente incremento della quota di utili a lui spettante,
la predetta liquidazione aveva avuto luogo mediante il ricorso ad un finanziamento bancario, che
non sarebbe stato verosimilmente concesso se, come affermato, l’azienda fosse risultata
effettivamente in crisi.
Quanto alle condizioni economiche della N., la Corte ha ritenuto provato che la stessa aveva
intrapreso una relazione sentimentale con un altro uomo, con il quale aveva instaurato una
comunione materiale e spirituale di vita, tale da rendere configurabile una coppia di fatto,
indipendentemente dall’insussistenza di una convivenza continuativa. Rilevato infatti che il nuovo
compagno della donna, oltre ad aver pagato la parcella del tecnico incaricato di predisporre la
relazione necessaria per la vendita della casa familiare, aveva sostenuto ulteriori esborsi per
complessivi Euro 5.000,00, ha ritenuto verosimile che lo stesso avesse provveduto anche alle spese
necessarie per gl’innumerevoli viaggi, gite e cene cui aveva partecipato la resistente, la quale non
avrebbe potuto permetterseli, se veramente si fosse trovata in difficoltà economiche. Ha affermato
che tale scelta di vita aveva reciso definitivamente il legame derivante dal matrimonio, ed ha ritenuto
applicabile l’orientamento giurisprudenziale in tema di assegno divorzile, che esclude il diritto
dell’ex coniuge all’assegno in caso di formazione di una nuova famiglia di fatto con un’altra persona,
precisando che a tal fine non è necessaria la prova nè di una coabitazione continuativa, che può
mancare anche nelle coppie sposate, nè di un miglioramento della situazione economica del
richiedente, ma è sufficiente la realizzazione di una nuova comunità di affetti ed interessi economici.
3. Avverso il predetto decreto la N. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi,
illustrati anche con memoria. Il B. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione
dell’art. 156 c.c., censurando il decreto impugnato per aver ritenuto che la relazione sentimentale
intrapresa da essa ricorrente costituisse un fatto sopravvenuto alla separazione, laddove, come
affermato dallo stesso reclamante nel ricorso introduttivo del procedimento, la convivenza aveva
avuto inizio in epoca anteriore.
1.1. Il motivo è infondato.
La qualificazione della nuova relazione sentimentale intrapresa dalla ricorrente come fatto
sopravvenuto alla pronuncia della separazione, idoneo a giustificare la cessazione dell’obbligo
dell’intimato di corrispondere l’assegno di mantenimento posto a suo carico, non si pone in alcun
modo in contrasto con il contenuto del reclamo, nel quale, come si evince dal passo riportato a
corredo della censura, il B. non aveva affatto sostenuto che all’epoca della separazione la N.
convivesse more uxorio con un altro uomo, ma si era limitato ad affermare che quest’ultimo era “già
presente nella vita della donna”. La genericità di tale espressione, riferibile tanto a una semplice
frequentazione quanto a un vero e proprio rapporto affettivo o addirittura a una coabitazione,
impedisce di affermare con sicurezza che il reclamante intendesse alludere alla costituzione di un
nuovo nucleo familiare, anzichè all’esistenza di una relazione amichevole o sentimentale, la cui
instaurazione in epoca anteriore alla separazione non sarebbe risultata sufficiente ad escludere ab
origine l’obbligo di contribuzione.
In tema di separazione, e con riferimento all’incidenza di una nuova relazione sentimentale
intrapresa dal coniuge sul diritto all’assegno di mantenimento, questa Corte ha infatti distinto tra il
semplice rapporto occasionale, che non comporta il venir meno del predetto diritto, e la famiglia di
fatto, la cui costituzione esclude l’obbligo dell’altro coniuge di corrispondere l’assegno di
mantenimento, determinandone la cessazione nel caso in cui si verifichi successivamente alla
separazione. Tale distinzione trova giustificazione nel carattere di stabilità che connota il fenomeno
della famiglia di fatto, il quale, determinando l’insorgenza di doveri reciproci di assistenza a carico
dei componenti, conferisce grado di certezza al rapporto di fatto sussistente tra gli stessi, tale da
renderlo rilevante sotto il profilo giuridico, sia per quanto riguarda la tutela dei figli minori che per
quanto concerne i rapporti patrimoniali tra i coniugi separati, ed in particolare con riferimento alla
persistenza delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno in questione (cfr. Cass., Sez. I, 10/08/2007,
n. 17643; 29/03/2001, n. 4586; 4/04/1998, n. 3503).
2. E’ invece fondato il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa
applicazione degli artt. 156 e 337-ter c.c., rilevando che il decreto impugnato non si è limitato ad
escludere il diritto di essa ricorrente all’assegno di mantenimento, ma ha ridotto anche quello dovuto
per la figlia minore, la quale aveva diritto ad essere mantenuta dal padre, indipendentemente dalla
costituzione di una nuova famiglia da parte della madre.
2.1. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la prestazione di assistenza
di tipo coniugale da parte del convivente more uxorio di uno dei coniugi può assumere infatti rilievo
soltanto ai fini della valutazione delle condizioni economiche del beneficiario, che costituiscono uno
dei parametri di riferimento per il riconoscimento e la liquidazione dell’assegno di mantenimento in
suo favore, ma non può incidere sull’obbligo dell’altro coniuge di provvedere al mantenimento dei
figli, che in base al disposto dello art. 147 c.c., grava esclusivamente su ciascuno dei genitori, ed è
rivolto a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma
estese anche all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, indipendentemente
dall’eventuale apporto di terzi legati ai genitori da rapporti parentali o affettivi, avente carattere
necessariamente precario e comunque privo di tutela giuridica (cfr. Cass., Sez. I, 3/08/2007, n. 17043;
24/02/2006, n. 4203; 26/03/2004, n. 6074).
3. Con il terzo motivo, la ricorrente insiste sulla violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 156 c.c.,
censurando il decreto impugnato per aver ritenuto applicabile l’orientamento giurisprudenziale in
tema di assegno divorzile, senza tener conto delle differenze esistenti tra lo stesso e quello di
mantenimento. Sostiene infatti che, in quanto avente come presupposto la persistenza del vincolo
coniugale e finalizzato al superamento della fase transitoria conseguente alla separazione, l’assegno
di mantenimento ha carattere temporaneo, con la conseguenza che il relativo obbligo non può venir
meno per effetto della costituzione di un nuovo nucleo familiare da parte dell’avente diritto.
3.1. Il motivo è infondato.
Certamente, non può condividersi il richiamo del decreto impugnato al principio, più volte ribadito
dalla giurisprudenza di legittimità in tema di divorzio e peraltro rimesso recentemente in
discussione, secondo cui la costituzione da parte dell’ex coniuge di una nuova famiglia, ancorchè di
fatto, comportando la rescissione di ogni collegamento con il tenore ed il modello di vita che ha
caratterizzato la precedente fase di convivenza matrimoniale, fa definitivamente venir meno ogni
presupposto per la riconoscibilità dell’assegno, con la conseguenza che il relativo diritto non entra
in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso (cfr. Cass., Sez. VI, 8/02/2016, n. 2466; Cass.,
Sez. I, 3/04/2015, n. 6855). Indipendentemente dagli sviluppi della segnalata rimeditazione, tale
richiamo non tiene conto delle profonde differenze esistenti tra l’assegno divorzile e quello di
mantenimento, a cominciare dal relativo fondamento, costituito nel primo caso dalla solidarietà
post-coniugale, che postula l’intervenuto scioglimento del vincolo matrimoniale, e nel secondo dalla
persistenza di tale vincolo, la quale implica, per converso, la conservazione degli effetti del
matrimonio, nei limiti in cui gli stessi risultino compatibili con la cessazione della convivenza, sì da
potersi affermare che l’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento costituisce una
continuazione dell’obbligo di assistenza materiale tra i coniugi, previsto dall’art. 143 c.c.. Diversi
sono d’altronde i presupposti e i criteri di commisurazione dei due assegni, costituiti per quello
divorzile dall’inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione dell’ex coniuge e dall’impossibilità
di procurarseli per ragioni obiettive, da valutarsi sulla base dei criteri equiordinati previsti dalla L.
1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6 (cfr. Cass., Sez. Un., 11/07/2018, n. 18287; Cass., Sez. I,
9/08/2019, n. 21234; 23/01/2019, n. 1882), e per quello di mantenimento dall’indisponibilità di mezzi
idonei ad assicurare al richiedente la conservazione del tenore di vita goduto nel corso della
convivenza (cfr. Cass., Sez. I, 2/02/2020, n. 5605; 16/05/2017, n. 12196; Cass., Sez. VI, 24/06/2019, n.
16809), sicchè anche la comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, che
integra un momento comune della valutazione preordinata al riconoscimento dei relativi diritti,
s’inquadra in ciascuno dei due casi in una prospettiva diversa.
Sono proprio le segnalate differenze esistenti tra i due istituti ad aver indotto questa Corte ad
escludere, in sede di separazione, che l’instaurazione di una nuova convivenza da parte di uno dei
coniugi determini la perdita automatica del diritto all’assegno di mantenimento, e ad evidenziare
conseguentemente la necessità, a tal fine, di un accertamento non solo in ordine alla stabilità della
relazione, ma anche alla consistenza e continuità dell’apporto economico fornito dal convivente al
coniuge avente diritto all’assegno. Se per un verso, infatti, è stata ribadita la rilevanza della famiglia
di fatto, tutelata dall’art. 2 Cost., quale formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la
personalità dell’individuo, espressione di una scelta esistenziale libera e consapevole, per altro verso
è stata evidenziata la particolarità del contesto in cui tale decisione viene assunta, caratterizzato dalla
persistenza del vincolo coniugale e dalla reversibilità della scelta di porre fine alla convivenza con il
coniuge: si è infatti osservato che, in quanto presa da una persona che è ancora coniugata, in una
fase delicata e temporanea della vita che potrebbe ancora sfociare nella riconciliazione dei coniugi,
la decisione d’instaurare un nuovo rapporto non può considerarsi sempre espressione di una
compiuta scelta esistenziale implicante una reale progettualità di vita, qual è quella propria della
convivenza con altra persona, la quale fa sorgere obblighi di reciproca assistenza morale e materiale;
si è quindi affermato che l’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento può essere escluso o
dichiarato cessato solo ove si dimostri che il coniuge richiedente abbia instaurato una convivenza
more uxorio con altra persona avente carattere di stabilità, continuatività ed effettiva progettualità
di vita, potendosi in tal caso presumere che le disponibilità economiche di ciascun convivente siano
messe in comune nell’interesse del nuovo nucleo familiare (cfr. Cass., Sez. I, 19/12/ 2018, n. 32871;
27/06/2018, n. 16982). E’ stato altresì precisato che, configurandosi la convivenza stabile e
continuativa del coniuge avente diritto con altra persona come fatto impeditivo o estintivo del diritto
all’assegno, l’onere di fornire la relativa prova incombe all’altro coniuge che si opponga al
riconoscimento di tale diritto o chieda dichiararsi cessato il relativo obbligo, mentre resta ferma la
facoltà del richiedente di allegare e provare, anche in via presuntiva, che quella convivenza non
influisce in senso migliorativo sulle sue condizioni economiche, risultando i suoi redditi
complessivamente inidonei a garantirgli la conservazione del tenore di vita precedentemente
goduto (cfr. Cass., Sez. I, 27/06/2018, n. 16982).
Tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, non possono
ritenersi violati dalla sentenza impugnata, la quale, pur avendo richiamato in linea generale
l’orientamento giurisprudenziale che propugnava l’automatismo della perdita dell’assegno in caso
di costituzione di una famiglia di fatto, ha proceduto all’accertamento in concreto delle condizioni
necessarie per la cessazione del relativo obbligo, individuandole nel rapporto sentimentale
instaurato dalla ricorrente con un altro uomo e nel contributo economico fattivo da quest’ultimo
fornito al menage familiare della nuova coppia, ritenuti idonei a rescindere ogni collegamento con
il tenore di vita goduto dalle parti nel corso della convivenza matrimoniale.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 156 c.c.,
nonchè l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, rilevando che, ai fini
dell’esclusione del diritto all’assegno, il decreto impugnato si è limitato a dare atto della mera
instaurazione di una convivenza, astenendosi dal verificare se la stessa avesse comportato la
costituzione di una famiglia di fatto, contraddistinta dall’elaborazione di un progetto di vita comune
e da un rapporto consolidato e protrattosi nel tempo, e se la convivenza avesse inciso positivamente
sulle condizioni economiche di essa ricorrente.
4.1. Il motivo è fondato.
Non può infatti condividersi il decreto impugnato, nella parte in cui, nonostante il richiamo
all’orientamento giurisprudenziale che subordinava la perdita del diritto all’assegno alla
costituzione di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, da parte dell’avente diritto, ha ritenuto
superflua, a tal fine, la mancata instaurazione di un rapporto di coabitazione tra la ricorrente e
l’uomo a cui si è legata, affermando che la convivenza continua sotto lo stesso tetto non costituisce
l’unico indice idoneo ad evidenziare l’esistenza di una relazione sentimentale stabile, tale da
allentare o recidere il legame con il coniuge, e quindi da comportare il venir meno dei presupposti
per il mantenimento.
Come si è detto, la più recente giurisprudenza di questa Corte, nell’escludere ogni automatismo tra
l’instaurazione di una nuova relazione sentimentale e la perdita del diritto all’assegno, ha posto in
risalto l’esigenza non solo che il nuovo legame presenti caratteri di stabilità e continuatività,
astrattamente configurabili anche in assenza di coabitazione con il partner, ma anche che ad esso si
accompagni l’elaborazione di un diverso progetto di vita, caratterizzato dalla condivisione di nuovi
bisogni, interessi, abitudini, attività e relazioni sociali, tali da comportare il superamento del modello
familiare cui era improntata la pregressa esperienza coniugale, e con esso del tenore di vita
precedentemente goduto. Soltanto in tal modo, infatti, può crearsi quella comunione materiale e
spirituale di vita che, dando luogo all’assunzione di doveri reciproci di assistenza morale e materiale
da parte dei componenti della coppia, consente di ravvisare l’esistenza di una famiglia di fatto, non
configurabile invece laddove, per la labilità del legame e l’assenza di obiettivi condivisi e relazioni
comuni, debba escludersi il compimento di una meditata scelta esistenziale volta alla costituzione
di un durevole consorzio. Nell’ambito del relativo accertamento, l’instaurazione di un rapporto di
coabitazione tra i componenti della coppia, pur non rappresentando l’unico indice dell’avvenuta
costituzione del nuovo nucleo familiare, costituisce indubbiamente quello più significativo, del
quale può farsi a meno soltanto a fronte dell’accertata sussistenza degli altri elementi che
contraddistinguono ordinariamente la comunità familiare, tra i quali va compresa anche la messa in
comune delle risorse reddituali e patrimoniali di cui ciascun componente può disporre. In contrario,
non può ritenersi pertinente l’osservazione del decreto impugnato, secondo cui la coabitazione
continuativa non costituisce un dato imprescindibile neppure nel matrimonio, potendo la sua
mancanza trovare giustificazione nelle più diverse esigenze, e dovendo comunque essere intesa, in
difetto di elementi contrari, come espressione di una scelta della coppia di per sè inidonea ad
escludere la comunione spirituale e materiale tra i coniugi: tale affermazione, desunta da un
precedente di questa Corte che, in tema di separazione, ha escluso la necessità della pregressa
convivenza tra i coniugi ai fini del riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore di uno di
essi (cfr. Cass., Sez. I, 22/09/2011, n. 19349; al riguardo, v. anche Cass., Sez. I, 19/11/2003, n. 17537;
4/04/1998, n. 3490), trova infatti giustificazione nella considerazione che la mancata instaurazione o
la cessazione della convivenza tra i coniugi non impediscono rispettivamente l’insorgenza e la
permanenza dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio; essa non è quindi riferibile sic et
simpliciter alla famiglia non fondata sul matrimonio, nella quale l’assunzione dei doveri reciproci di
assistenza morale e materiale da parte dei componenti costituisce l’effetto non già di un atto
giuridico fondante del vincolo, ma del rapporto stesso nella sua dimensione fattuale, quale si
desume da una pluralità di elementi, tra i quali, come si è detto, è destinata ad assumere un
particolare valore proprio la coabitazione.
Non merita pertanto consenso il decreto impugnato, nella parte in cui, a fronte dell’accertata
conservazione di distinte residenze da parte della ricorrente e dell’uomo con cui ha instaurato una
nuova relazione sentimentale, ha omesso di procedere a qualsiasi verifica in ordine all’effettiva
sostanza del rapporto intercorrente tra gli stessi, ed in particolare al loro comune intento di dar vita
ad una stabile comunione di vita; ai fini dell’affermazione dell’avvenuta costituzione di un nuovo
nucleo familiare da parte della N., la Corte d’appello si è infatti accontentata della prova di
circostanze idonee al più ad evidenziare un’assidua frequentazione ed un legame affettivo con il
nuovo compagno, quali i frequenti viaggi all’estero compiuti insieme, la partecipazione a gite e cene
e la sopportazione da parte dell’uomo delle relative spese, nonchè di quelle per la predisposizione
della relazione tecnica necessaria per la vendita della casa familiare, senza domandarsi neppure se
l’accollo di tali oneri economici costituisse manifestazione della volontà di contribuire in senso più
ampio al mantenimento della ricorrente, e quale fosse l’apporto personale o economico fornito da
quest’ultima a fronte di tali erogazioni.
5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dai motivi accolti, con il conseguente
rinvio della causa alla Corte d’appello di Firenze, che provvederà, in diversa composizione, anche
al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo e il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri motivi, cassa il decreto impugnato,
in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui
demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di
informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati
nella ordinanza.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2022