No all’assegno di mantenimento in favore del coniuge che non dimostri di essersi inutilmente proposto sul mercato del lavoro.

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ord. 18 gennaio 2024, n. 1894
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17627/2022 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA Ro.89, presso lo studio dell’avvocato MELONI
CINZIA (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato RONCHIETTO CLAUDIO (Omissis)
– ricorrente –
contro
B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.Pi., 2, presso lo studio dell’avvocato
D’INTINO MARIA ANTONIETTA (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato SICARI GIORGIO (Omissi)
– contro ricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3046/2022 depositata il 09/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere MARINA
MELONI.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Roma, su ricorso di A.A., con sentenza n. 8143/2020, dichiarava la
separazione personale dei coniugi A.A. e Eu.Ma., che avevano contratto matrimonio civile
in Roma, in data 8/10/2011, e rigettava le rispettive domande di addebito nonché, sulla
base di una CTU per la valutazione della situazione economica delle parti (sulla richiesta
della A.A. di ottenere un assegno di mantenimento dal marito, in ragione del tenore di vita
tenuto durante il matrimonio), ritenendo che i debiti del coniuge fossero gravosi e tali da
rendere sostanzialmente paritarie fra le parti le condizioni patrimoniali e reddituali,
respingeva anche la richiesta economica.
Avverso tale sentenza, la sig.ra A.A. proponeva appello, rilevando preliminarmente che il
giudice istruttore aveva adottato un’ordinanza istruttoria mentre era già stata depositata
l’istanza per la sua ricusazione, la quale determinava la sospensione del processo. Nel
merito lamentava che il Tribunale erroneamente non aveva addebitato la separazione al
marito e contestava la circostanza che non fosse stato disposto in suo favore un assegno
di mantenimento, da porsi a carico del coniuge. Il sig. Ma. eccepiva l’infondatezza
dell’impugnazione, proponendo appello incidentale in relazione al mancato addebito la
separazione alla moglie.
Con sentenza n. 3046/2022, la Corte di Appello di Roma respinse sia l’appello principale
sia l’appello incidentale e compensò tra le parti le spese del giudizio. Avverso tale
sentenza, A.A. propone ricorso per Cassazione con tre motivi e memoria; resiste il sig. Ma.
Con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di
norme di diritto ex art 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 52 e 295 c.p.c., per non aver la
Corte d’appello rilevato la nullità di tutti gli atti compiuti dal giudice durante il periodo di
sospensione del processo, determinato per effetto dell’avvenuto deposito della sua istanza
di ricusazione.
La ricorrente ritiene erronea la valutazione della Corte di appello che ha ritenuto
sostanzialmente improduttive di pregiudizio per l’appellante la violazione delle norme
procedurali in materia di efficacia degli atti giudiziali a seguito di istanza di ricusazione.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art 156 , commi 1 e 2, c.c. in relazione all’art 360 n. 3 c.p.c., per non avere la Corte
ricostruito il tenore di vita della coppia in corso di matrimonio. Nella motivazione, la Corte
avrebbe erroneamente applicato la normativa in materia di assegno divorzile ex art 5 L. n.
898/1970 , in luogo dell’art 156 c.c.
La Corte non avrebbe poi considerato che la separazione personale presuppone la
permanenza del vincolo coniugale, in guisa che, in assenza di addebito, resta attuale il
dovere di assistenza morale e materiale, posto che dalla temporanea situazione di
separazione deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale e di fedeltà,
convivenza e collaborazione. La stessa avrebbe inoltre omesso di valutare il tenore di vita
tenuto dalla coppia nel corso del matrimonio (per come emerso dalle dichiarazioni dei
redditi e dalle indagini della CTU), che era molto elevato esclusivamente grazie agli
apporti economici forniti dal marito.
1 Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la corte omesso l’esame di
documenti forniti dalle parti, dai quali si ricaverebbe che la situazione economica e
reddituale dei coniugi dal momento dell’emissione della sentenza di primo grado fino al
momento della decisione in appello si fosse evoluta, di modo che, mentre il marito non
risultava più essere gravato da ingenti debiti per garanzia fideiussoria, la moglie si trovava
affetta da grave patologia oncologica che l’aveva resa invalida al 100%.
La situazione economica e lavorativa della ricorrente, già pregiudicata dalla pandemia, ha
subito un blocco totale a causa delle terapie connesse alla malattia e ciò conclamerebbe
ulteriormente il dovere di assistenza morale e materiale, a carico del marito, verso lei,
coniuge più debole. Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere respinto. Infatti, la
reiterazione della questione processuale relativa all’avvenuto deposito dell’istanza di
ricusazione del giudice istruttore da parte della ricorrente, essendo del tutto esauriente e
condivisibile la motivazione sul punto della sentenza impugnata. Infatti, la sola
proposizione del ricorso per ricusazione non determina “ipso iure” la sospensione del
procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere della
questione stessa, in quanto spetta pur sempre al giudice “a quo” una sommaria
delibazione della sua ammissibilità, all’esito della quale, ove risultino “ictu oculi” carenti i
requisiti formali di legge per l’ammissibilità dell’istanza, il procedimento può continuare
(Cassazione n. 5236 del 2006 ; 26267 del 2011 ; 25709 del 2014 ; 1624 del 2022 ).
Il ricorso è fondato e deve essere accolto, invece, in ordine al secondo e terzo mezzo di
cassazione da trattare congiuntamente.
Occorre premettere al riguardo che la separazione personale, a differenza dello
scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del
vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c.,
l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa
dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di
matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza, anche di tipo materiale, che
non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva
solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e
collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale,
presupposto dell’assegno di divorzio (Sez. 1 nr. 12196 del 2017).
Sul punto occorre poi precisare che “In materia di separazione dei coniugi, grava sul
richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacità di
lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato
per reperire un’occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali,
poiché il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri,
previsto dall’art. 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza
materiale, non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell’ordinaria
diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo”.
(Sez. 1 – , Ordinanza n. 20866 del 21/07/2021 )
Ebbene la ricorrente ha prodotto documentazione, non adeguatamente valutata dalla
Corte di Appello di Roma, al fine di dimostrare di essere affetta da malattia oncologica e, a
cagione di ciò, di avere completamente l’attività lavorativa di avvocato che svolgeva
antecedentemente alla malattia. Ma, al riguardo, non risulta alcuna valutazione da parte
del giudice di merito della documentazione prodotta dalla A.A. nelle memorie ex art. 183
co. 6. nn 1,2,3, e degli allegati alle note autorizzate in appello: documentazione dalla quale
risulterebbe una invalidità al 100% della moglie (con evidente pregiudizio in ordine alla
capacità lavorativa, situazione documentata da verbali di visite presso l’INPS, con
concessione dei benefici ex L 104, e dall’altro che il marito, costruttore, aveva invece
risolto i problemi societari con operazioni inerenti la sola società Leamar Srl, e con
conseguente venir meno delle fideiussioni personali).
La Corte d’Appello non risulta aver valutato gli effetti e le conseguenze economiche della
grave e documentata patologia tumorale di cui è portatrice la A.A. (appena menzionata a
pag. 7) che – secondo quanto allegato – ha costretto la richiedente ad interrompere ogni
attività lavorativa, siccome riconosciuta invalida al 100% con diritto di accompagnamento,
stante le pesanti terapie oncologie documentate cui deve sottoporsi.
Per tutto ciò deve essere accolto il ricorso in ordine al secondo e terzo motivo, infondato il
primo, e cassata la sentenza va fatto rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e terzo motivo, infondato il primo, cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in diversa
composizione anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di
utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, sia omessa l’indicazione delle
generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 14 Dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2024.