Separazione consensuale: l’atto di trasferimento della proprietà della casa coniugale non costituisce convenzione matrimoniale.
Cass. civ., Sez. III, Ord., 17/12/2024, n. 32975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TATANGELO Augusto – Presidente
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. GUIZZI Giaime Stefano – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Relatore
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6831/2021 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in R V.LE (Omissis), presso lo studio
dell’avvocato SABRINA MAGRINI (Omissis), rappresentato e difeso
dall’avvocato MAURO MENGUCCI (Omissis);
– ricorrente –
contro
B.B., rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA GIUNTA (Omissis), pec:
(Omissis);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 752/2020, depositata in
data 21/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal
Consigliere MARILENA GORGONI.
Svolgimento del processo
1. Con decreto n. 155/2003 veniva ingiunto a A.A. il pagamento a favore della
Banca delle Marche Spa di Euro 76.183,84.
2. In forza di detto titolo l’ingiungente in data 13/03/2003 iscriveva ipoteca
giudiziale per l’importo di Euro 68.000,00 relativamente alla quota di 3/10
dell’appartamento di proprietà dell’ingiunto sito in Pesaro.
3. I 3/10 dell’immobile suddetto erano stati trasferiti da A.A. a B.B. in sede di
separazione consensuale, omologata in data 13/01/2003 e annotata a margine
dell’atto di matrimonio in data 23/01/2023.
4. Successivamente, in data 22/09/2009, la banca notificava a B.B. atto di
pignoramento immobiliare relativo all’immobile suddetto.
5. B.B., conclusa con la banca una transazione, otteneva il decreto n 192/2011
con cui veniva ingiunto a A.A. il pagamento a suo favore di Euro 57.000,00
corrisposti alla banca in forza della transazione, facendo leva sulla scrittura
privata dell’8/04/2005 con cui A.A. si obbligava a garantire e a manlevare B.B.
“da ogni eventuale somma che la stessa fosse stata costretta a pagare a causa
della suddetta ipoteca giudiziale”.
6. Il Tribunale di Pesaro, con sentenza n. 44/2015, rigettava l’opposizione al
decreto ingiuntivo n. 192/2011 proposta da A.A.
7. La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 752/2020, resa pubblica in
data 21/07/2020, ha rigettato l’impugnazione proposta da A.A. ed ha
confermato la pronuncia di primo grado.
8. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto che:
– essendo stato l’atto traslativo contenuto nel ricorso per separazione
consensuale trascritto in data 14/05/2003 (quindi, dopo l’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale ai danni di A.A., risalente al 12/03/2003), qualsiasi azione legale
esercitata da B.B. nei confronti di detta iscrizione ipotecaria si sarebbe rivelata
“disperata e temeraria”;
con la scrittura dell’8/04/2005, dopo aver premesso che la banca aveva iscritto
ipoteca prima che l’atto di assegnazione fosse trascritto, le parti avevano
concordato che A.A. si sarebbe impegnato a far cancellare l’ipoteca giudiziale
quanto prima e che comunque avrebbe manlevato B.B. di ogni somma da
questa pagata eventualmente alla banca in forza di detta ipoteca;
– perdurando l’inadempimento di A.A., la banca nel 2009 aveva iniziato la
procedura esecutiva sull’immobile, costringendo B.B. ad accordarsi per salvare
la casa, stipulando addirittura un mutuo per coprire il debito di A.A., ottenere
la liberazione dall’ipoteca e fermare la procedura esecutiva;
– i diritti di A.A. nei confronti della banca non risultavano minimamente
compromessi dal comportamento di B.B.
8. A.A. ricorre ora per la cassazione della sentenza n. 752/2020 della Corte di
merito, formulando due motivi.
9. B.B. resiste con controricorso.
10. È stata disposta la trattazione in Camera di Consiglio, in applicazione degli
artt. 375 e 380 – bis 1 cod. proc. civ.
11. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta
giorni dalla data della camera di consiglio.
Motivi della decisione
12. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione
di norme di diritto e segnatamente degli artt. 162 e 163 c.c. in correlazione
con l’art. 2644 c.c. (art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.)”.
Il ricorrente sostiene che, essendo l’iscrizione dell’ipoteca illegittima, perché
successiva all’annotazione ex art. 162 cod. civ. della convenzione con cui
aveva trasferito a B.B. l’immobile per cui è causa, quest’ultima avrebbe dovuto
non già raggiungere una convenzione con la banca, ma difendersi in giudizio,
opponendo alla banca di essere proprietaria dei 3/10 della proprietà
dell’appartamento, e solo là dove fosse risultata soccombente nei giudizi di
opposizione a precetto o, comunque, di opposizione ex art. 619 cod. proc. civ.
nei confronti della banca, avrebbe potuto far valere l’obbligo di garanzia e di
manleva assunto con la scrittura privata dell’aprile 2005.
Il motivo è complessivamente infondato.
In primo luogo, va considerato che a pag. 3 della sentenza si legge che la corte
d’appello ha ritenuto il profilo relativo all’opponibilità dell’atto attributivo “in
parte superato dall’accordo del 8.04.2005” e che detta statuizione non è stata
attinta dalle censure del ricorrente.
Inoltre, l’assunto da cui muove il ricorrente, cioè che l’atto di trasferimento
inserito nell’accordo di separazione fosse una convenzione matrimoniale, come
tale soggetta alle peculiari forme di pubblicità per essa previste (annotazione a
margine dell’atto di matrimonio, ex art. 162 , 4 comma, cod. civ., e trascrizione
ex art. 2647 cod. civ.), introduce una questione nuova e, come tale, non
esaminabile, anche per l’impossibilità di svolgere in sede di giudizio di
legittimità gli accertamenti di fatto necessari (cfr. Cass. 1/07/2024, n. 1818)
L’assunto è, comunque, anche infondato in diritto, essendo la convenzione
matrimoniale uno strumento che implica la convivenza e la scelta di un regime
patrimoniale, là dove l’atto di trasferimento di un bene inserito nelle pattuizioni
con cui i coniugi regolano in sede di separazione i loro rapporti economici
configura un contratto atipico sottoposto alle regole del diritto comune (Cass.
11/05/1984, n. 2887; Cass. 12/09/1997, n. 9034 ; Cass. 24/04/2007, n. 9863
; Cass. 23/09/2013, n. 21736 ).
13. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di norme
di diritto e segnatamente degli artt. 1175 e 1375 c.c. in correlazione con l’art.
1227 c.c. (art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.)”.
Attinta da censura è la statuizione con cui la corte d’appello ha statuito che non
poteva pretendersi da B.B. un comportamento diverso, neppure alla luce del
superiore principio di buona fede contrattuale.
Il ricorrente ribadisce che, essendo l’esclusiva proprietaria dell’immobile, la
B.B. avrebbe dovuto quantomeno proporre opposizione di terzo ex art. 619
cod. proc. civ. piuttosto che prestare acquiescenza all’operato della Banca delle
Marche Spa, rinunciando espressamente e irrevocabilmente e “sin d’ora” a
qualsiasi azione legale nei confronti della Banca delle Marche Spa
La scelta volontaria di rinunciare a qualsiasi azione legale nei confronti della
Banca delle Marche Spa avrebbe dovuto essere ritenuta contraria alla buona
fede ed alla correttezza, avendo impedito qualsiasi difesa contro il
pignoramento immobiliare eseguito da Banca delle Marche Spa; sicché, detto
comportamento rinunciatario avrebbe dovuto essere valutato anche ai sensi
dell’art. 1227 cod. civ.
Il motivo è inammissibile.
La ragione assorbente è da individuarsi nella mancata censura della sentenza
nella parte in cui ha ritenuto comunque salvi e, quindi, non pregiudicati dal
comportamento di B.B. i diritti dell’odierno ricorrente verso la banca.
Pertanto, anche a prescindere dalla censura introdotta con il motivo qui
scrutinato – che, comunque, è inficiata a monte dal convincimento infondato
(per le ragioni già esposte) che B.B. avrebbe potuto contestare alla banca
l’inopponibilità dell’iscrizione ipotecaria giudiziale – l’impugnazione non
potrebbe raggiungere il suo scopo, quello di ottenere l’annullamento in toto di
tutte le ragioni che autonomamente hanno sorretto il capo di sentenza che ha
negato la configurabilità di un comportamento volontario e pregiudizievole di
B.B., e ciò in applicazione del consolidato principio secondo cui quando una
sentenza o un capo della stessa sia sorretta da più ragioni autonomamente
idonee a tal fine, se una di dette ragioni non formi oggetto di censura si
determina l’inammissibilità, per sopravvenuto difetto di interesse, delle censure
relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto
queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta
definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass.
26/02/2024, n. 5102 ).
14. Il ricorso va, dunque, rigettato.
15. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
16. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto,
ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di
cui all’art. 13 , comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore
della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.800,00, oltre a Euro
200,00 per esborsi, nonché alle spese generali ed accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13 , comma
1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 , per il versamento al competente
ufficio di merito, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in
cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Conclusione
Così deciso il 12 novembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2024.