Nessun vincolo di solidarietà tra i coniugi in comunione legale dei beni per il debito contratto da uno solo.

Cass. civ., Sez. II, Ord., 11/12/2024, n. 31856
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Relatore
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 22658/2019 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo
studio dell’avvocato MARCO PAGANI, che la rappresenta e difende giusta
procura in atti;
– ricorrente –
contro
B.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANTONIO CIAMARRA 259,
presso lo studio dell’avvocato DANIELA CARLETTI, che lo rappresenta e difende
giusta procura in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 11, presso lo studio
dell’avvocato MARCO ROSSI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato DE ANGELIS ISABELLA MARIA CESARINA;
– controricorrente ai ricorsi principale e incidentale –
avverso la sentenza n. 3405/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata
il 22/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024
dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. A.A. ottenne sentenza di condanna nei confronti del di lei figlio, B.B., e della
moglie separata di costui, C.C., al pagamento della somma di Euro 152.237,54,
che l’attrice espose avere mutuato ai convenuti, onde consentire loro l’acquisto
della casa familiare.
2. Impugnò la sentenza la sola C.C.
2.2. La Corte d’Appello di Roma, accolta l’impugnazione della C.C., rigettò la
domanda avanzata nei di lei confronti dalla A.A.
La difformità dell’epilogo consiglia, sia pure in breve, riprendere, da sùbito, i
passaggi argomentativi salienti della decisione di secondo grado:
a) colui che chiede la restituzione di somma che affermi essere stata data a
mutuo, oltre alla consegna, deve provare il titolo, ancor più in ambito familiare
(cita Cass. nn. 180/2018 e 17050/2014 );
b) la scrittura dell’11/6/2004, con la quale il B.B. riconosceva il debito era priva
di valore nei confronti della C.C., la quale, non solo non ha l’aveva sottoscritta,
ma l’aveva anche contestata e il riconoscimento di uno dei debitori solidali non
produce effetto nei confronti degli altri, ai sensi dell’art. 1309 cod. civ., né
risultava che avesse rilasciato procura al marito;
c) peraltro, nel regime di comunione legale dei beni, il debito contratto da uno
dei coniuge, seppure allo scopo di far fronte ai bisogni della famiglia, non pone
l’altro coniuge nella veste di debitore solidale (cita Cass. n. 3471/2007 ), di
talché non v’è vincolo di solidarietà (cita Cass. n. 10116/2015 ).
3. A.A. propone ricorso sulla base di tre motivi.
B.B. in seno al depositato controricorso propone ricorso incidentale fondato su
quattro motivi.
C.C. resiste con controricorso al ricorso incidentale del B.B.
Sono state depositate memorie illustrative.
4. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1372 e
dell’art. 132 , co. 2, n. 4, cod. proc. civ., anche in relazione al n. 5 dell’art. 360
cod. proc. civ.
Si assume che la C.C. non avrebbe potuto essere considerata terza, “bensì
parte sostanziale”, per avere beneficiato del mutuo per la stipula del contratto
d’acquisto della casa familiare, ciò, per lo meno “sotto il profilo dell’affidamento
ingenerato nella signora A.A.”. Il preliminare d’acquisto era stato stipulato dalla
sola C.C. e in tale occasione la suocera aveva erogato una prima parte del
mutuo.
Tutti fatti che la sentenza aveva omesso di esaminare, giungendo a conclusione
in contrasto con l’art. 1372 cod. civ. e il principio d’apparenza (cita Cass. n.
3471/2007 ).
4.1. Il motivo è in parte inammissibile e per altra parte privo di fondamento.
Quanto al profilo d’inammissibilità.
Costituisce principio fermo che l’art. 360 , primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 , conv. in legge 7
agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile
per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia
carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito
diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle
previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4,
cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato
omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il
“come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra
le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi
istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo
qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte
le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 07/04/2014, Rv. 629831 – 01; alla quale
si è conformata la successiva giurisprudenza).
Peraltro, a volere prescindere da ogni altra considerazione, l’omesso esame
non sarebbe stato, in ogni caso, qui ipotizzabile, non vertendosi in ipotesi di
mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di
decisività, bensì, come già sopra s’è detto, di rivendicazione di un diverso
apprezzamento del complesso delle emergenze di causa (cfr., ex multis, Cass.
n. 18886/2023 ).
Quanto al resto.
Il richiamo alla sentenza n. 3471/2007 di questa Corte è operato solo a
riguardo di una delle massime tratte dalla predetta decisione, in particolare Rv.
595338 – 01.
La ricorrente, tuttavia, non s’avvede essere preclusivo il non verificarsi della
condizione delineata da altro principio di diritto tratto dalla medesima
sentenza, secondo il quale “Nella disciplina del diritto di famiglia, in relazione
alle obbligazioni contratte da uno solo dei coniugi nell’interesse della famiglia, il
creditore che, ai sensi dell’art. 189 cod. civ., voglia agire anche nei confronti
del coniuge dello stipulante, deve dimostrare non solo che il convenuto è
coniuge dello stipulante, ma anche che i beni della comunione non sono
sufficienti ad estinguere l’obbligazione e che l’unico debitore principale, il
coniuge stipulante, non abbia adempiuto l’obbligazione, assunta
esclusivamente a suo carico” (Rv. 595337 – 01).
Nel caso in esame non consta essere stato neppure prospettato che i beni della
comunione non siano sufficienti ad estinguere l’obbligazione.
5. Con il secondo motivo viene denunciata nullità della sentenza per violazione
degli artt. 112 e 132 , co. 2, n. 2, cod. proc. civ., per non essere state
riportate le conclusioni trascritte a verbale dalla esponente, fra le quali quelle
istruttorie, alle quali non si era dato corso, né in primo, né in secondo grado.
5.1. La doglianza è infondata.
Deve osservarsi che la Corte di merito, pur non avendo pedissequamente
trascritto le conclusioni, le ha, in sintesi, richiamate a pag. 3 e non consta che
non le abbia prese in considerazione.
Sul punto il Collegio intende dare continuità al principio secondo il quale
L’omessa trascrizione delle conclusioni delle parti non è di per sé causa di
nullità della sentenza, assumendo rilevanza solo se ed in quanto accompagnata
dalla mancata considerazione delle stesse da parte del giudice (Sez. 2, n.
11150, 09/05/2018, Rv. 648052).
Si è, inoltre, condivisamente precisato che l’omessa od erronea trascrizione
delle conclusioni delle parti nella intestazione della sentenza importa la sua
nullità solo quando le conclusioni formulate non sono state prese in esame,
mancando in concreto una decisione sulle domande o eccezioni ritualmente
proposte, mentre -se dalla motivazione della sentenza risulta che le conclusioni
delle parti sono state esaminate e decise, nonostante l’omessa o erronea
trascrizione – il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante
ai fini della validità della sentenza (Sez. 5, n. 10465, 17/04/2024, Rv.
670843).
Quanto alla istanza istruttoria, che richiama la prova diretta e contraria di cui
alla memoria ex art. 183 cod. proc. civ., va osservato che, la stessa risulta
implicitamente non accolta, tenuto conto della “ratio decidendi” della sentenza,
né, peraltro, in questa sede la ricorrente spiega la peculiare decisività di essa
prova.
Il giudice di merito non è tenuto a respingere espressamente e motivatamente
le richieste di tutti i mezzi istruttori avanzate dalle parti qualora nell’esercizio
dei suoi poteri discrezionali, insindacabili in sede di legittimità, ritenga
sufficientemente istruito il processo. Al riguardo la superfluità dei mezzi non
ammessi può implicitamente dedursi dal complesso delle argomentazioni
contenute nella sentenza (Sez. 3, n. 14611, 12/07/2005, Rv. 584883).
6. Con il terzo motivo viene denunciata violazione degli artt. 132 , co. 2, n. 4,
cod. proc. civ., per “palese inesistenza della motivazione”.
La ricorrente afferma che la sentenza, avendo dichiarato che l’accoglimento
dell’appello rendeva “assorbita ogni altra censura”, aveva omesso di rendere
motivazione.
6.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
Non è dato cogliere il significato della censura e l’interesse alla stessa. È del
tutto ovvio che le doglianze (o profili di esse) che sono state dichiarate
assorbite (in senso proprio) non possono che riguardare l’impugnazione della
C.C.
Non avendo la ricorrente proposto appello non potevano esserci motivi
d’impugnazione della stessa non esaminati perché assorbiti.
7. Il B.B. premette alla esposizione dei motivi del ricorso incidentale quanto
segue:
– in primo grado aveva chiesto, in via principale “la declaratoria della
responsabilità solidale della Signora C.C.” e, in subordine, “in via
riconvenzionale condizionata, per il caso di accoglimento della domanda, la
condanna di C.C. a tenerlo indenne per quanto fosse eventualmente
condannato a pagare all’attrice a titolo di restituzione del prestito erogato,
nella misura del 50% del capitale, nonché, per intero, di ogni ulteriore importo
comunque connesso alla pretesa restitutoria “;
– il Tribunale, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, accolta la domanda
principale aveva condannato “B.B. e C.C. in solido al pagamento in favore di
A.A. della somma di Euro 152.337,54 “.
8. Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1988 e 1309 cod. civ., nonché l’omesso esame di un
fatto controverso e decisivo, addebitando alla decisione di non avere
apprezzato la natura plurilaterale della scrittura, che conferiva certezza a un
rapporto già in essere, da cui derivava la solidale responsabilità dei coniugi,
trattandosi di obbligazione assunta nell’interesse familiare.
9. Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1362 e segg., 2697 e
2727 e segg. cod. civ., nonché 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l’omesso
esame di fatti controversi e decisivi, addebitando alla decisione di non avere
applicato correttamente i criteri legali sull’ermeneutica negoziale, che
imponevano di tenere conto del tenore letterale dello scritto e del
comportamento delle parti, secondo il canone della buona fede.
10. Con il terzo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli
artt. 186 , 143 e 144 cod. civ., nonché l’omesso esame di fatti controversi e
decisivi, addebitandosi alla decisione di non avere tenuto conto del contenuto
completo del principio di diritto estratto dalle sentenza di cassazione nn.
3471/2007 e 10116/2005 , laddove viene fatto salvo il principio di apparenza,
causa del ragionevole affidamento sul fatto che il contraente agisca anche in
nome e per conto dell’altro coniuge. Doveva, inoltre, negarsi la qualità di terzo
alla C.C., la quale aveva preso parte alle trattative e stipulato con il marito il
contratto di compravendita, il cui corrispettivo era stato pagato con i soldi dati
a mutuo dalla A.A.
11. Con il quarto motivo viene denunciata violazione degli artt. 112 e 132 , co.
2, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la Corte locale pronunciato sulle
domande subordinate del B.B. “concernenti, quand’anche esclusa la solidarietà
passiva della coniuge, la sussistenza della responsabilità di quest’ultima per
l’obbligazione dedotta in giudizio e il diritto dello stesso B.B. alla restituzione
da parte della stessa del 50% della somma mutuata”.
13. Le esposte censure incidentali sono accomunate dalla sorte
d’inammissibilità.
Con la comparsa di primo grado B.B. svolse domanda, che qualificò
“riconvenzionale”, nei confronti della C.C., chiedendo che la stessa “sia
dichiarata tenuta a conseguentemente condannata a tenerlo indenne e/o a
rimborsagli la sua quota parte del debito contratto”.
Il Tribunale, siccome riporta la sentenza d’appello, così decise: “In
accoglimento della domanda proposta condanna B.B. e C.C. in solido al
pagamento in favore di A.A. della somma di Euro 152.337,54”, oltre accessori
e al rimborso delle spese legali.
Il B.B. non appellò la sentenza del Tribunale che non aveva soddisfatto la sue
pretese nei confronti della C.C. e che lo aveva condannato in solido al rimborso
del mutuo in favore della madre; sentenza della quale, anzi, chiese
espressamente la conferma con l’atto costitutivo d’appello.
Da ciò deriva che la condanna al medesimo inflitta in primo grado è passata in
giudicato, siccome l’omessa pronuncia sulle domande avanzate nei confronti
della C.C.
Ne deriva che costui non è portatore di alcun interesse giuridicamente
apprezzabile al ricorso incidentale. Pertanto, il ricorso incidentale, è nel suo
complesso, inammissibile.
14. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno
liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle
svolte attività, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente.
Le stesse vanno poste a carico solidale della ricorrente A.A. e del ricorrente
incidentale B.B., avendo quest’ultimo aderito, sostanzialmente alla posizione
della prima, avversando quella della controcorrente C.C.
La comunione di posizioni induce a compensare le spese tra la A.A. e il B.B.
15. Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1
, comma 17 legge n. 228/12 ) applicabile ratione temporis (essendo stato il
ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i
presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e
di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale e
condanna in solido la ricorrente A.A. e il ricorrente incidentale B.B. al
pagamento, in favore della controricorrente C.C., delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e
agli accessori di legge. Compensa fra la A.A. e il B.B.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1 ,
comma 17 legge n. 228/12 ), si dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di quello
incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13,
se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria l’11 dicembre 2024.