Le violenze inflitte al coniuge determinano l’addebito della separazione e la condanna al risarcimento dei danni.

Corte d’Appello di Ancona, Sentenza 16 dicembre 2024,
N. R.G. 726/2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA
SECONDA SEZIONE CIVILE
ha pronunciato la
seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile in II grado iscritta al N° 726 del Ruolo generale dell’anno
2024,
promossa da
R. E. , rappresentata e difesa dall’avv. Valentina Lo Bartolo per procura in calce
al ricorso in primo grado
– Appellante –
CONTRO
C. A. , rappresentato e difeso dall’avv. Michele Pratelli per procura in calce alla
comparsa di costituzione in appello
– Appellato –
NEI CONFRONTI DI
PROCURA GENERALE della REPUBBLICA di ANCONA in persona del Procuratore
pro tempore
-Intervenuta –
Al quale è stato riunito il giudizio di II grado iscritto al N° 731 del Ruolo
generale dell’anno 2024, promossa da
C. A. , come sopra rappresentato e difeso
– Appellante –
CONTRO
R. E. , come sopra rappresentata e difesa
– Appellata –
NEI CONFRONTI DI
PROCURA GENERALE della REPUBBLICA di ANCONA in persona del
Procuratore pro tempore
-Intervenuta –
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 526 pronunciata dal Tribunale di
Pesaro all’esito della camera di consiglio tenutasi in data 28.05.2024
Sulle CONCLUSIONI
Per la R. :
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Ancona, ogni avversa e/o diversa
domanda, eccezione e conclusione disattesa, in accoglimento del presente atto
di gravame, così statuire:
In Via principale di merito: a) ritenuti fondati i motivi esposti con l’appello,
riformare in parte qua i capi della sentenza impugnata n. 526/2024, emessa
nella causa R.G. n. 1451/2021 dal Tribunale di Pesaro, G.I. Dott. Davide Storti
in data 17.06.2024, depositata e notificata il 18.06.2024 a mezzo pec,
pertanto, in accoglimento dei motivi tutti di appello sopraesposti e delle
conclusioni spiegate dalla Appellante, così statuire:
1) In via principale e nel merito pronunciare la separazione personale dei
coniugi E. R. e A. C. con dichiarazione di addebito a carico di quest’ultimo per
tutti i fatti esposti degli atti depositati, consistenti nella grave e reiterata
violazione di tutti i doveri nascenti dal matrimonio, come sono stati provati nel
corso della istruttoria documentale ed orale espletata, consistenti nella grave e
reiterata violazione del dovere di rispetto della dignità, libertà e onore della
persona della coniuge e nella mancanza di assistenza morale e materiale;
2) condannare A. C. al risarcimento dei danni morali, esistenziali e biologici
patiti dalla sig.ra R. E. per la sua condotta di grave lesione della integrità
psicofisica, della salute e della dignità della coniuge, come in atti descritta,
nella somma che si quantifica in €50.000,00= e/o in quella diversa somma che
risulterà di Giustizia;
3) condannare A. C. ex art. 96 c.p.c. al risarcimento dei danni per lite
temeraria nella somma che verrà ritenuta equa e di giustizia; 4) disporre la
cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive a pag. 18 della
comparsa di costituzione del Resistente “pessima moglie” ed altre analoghe
espressioni contenute nei successivi scritti difensivi (in particolare nella III
memoria istruttoria “quella di instaurare numerosi rapporti esogamici”) con
condanna della Controparte ex art. 89 c.p.c. e delle altre espressioni lesive
della dignità della medesima;
5) rigettare in ogni caso ogni avversa, diversa domanda.
6) confermare per il resto della sentenza impugnata.
7) Vittoria di spese, funzioni ed onorari del primo e secondo grado di giudizio,
incluse le fasi cautelari e di reclamo, da distrarsi in favore dello Stato, avendo
la Appellante presentato domanda di ammissione al beneficio”.
Per il C.:
“Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adito, ogni contraria istanza ed eccezione
disattesa, respingere il gravame avversario in quanto inammissibile oltre che
infondato in fatto e in diritto per le ragioni di cui in narrativa.
Voglia altresì, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pesaro n.
526/2024 emessa in data 17.06.2024 all’esito del giudizio n. 1451/2021 RG,
notificata in data 18.06.2024, e in accoglimento dei suesposti motivi: – in via
principale, dichiarare la separazione personale dei coniugi con addebito a
carico della sig.ra R. per le ragioni esposte in atti e conseguentemente
disporre che quest’ultima non ha diritto a percepire alcun assegno di
mantenimento;
– in subordine, accertare e dichiarare che la sig.ra R. non ha comunque diritto
a percepire alcun assegno di mantenimento per le ragioni di cui al terzo motivo
di gravame;
– in ulteriore subordine, rideterminare l’importo mensile del contributo
economico da corrispondersi a controparte tenuto conto delle ragioni espresse
al punto 3) del presente atto.
In ogni caso, vinte le spese di lite del doppio grado di giudizio”.
Per la Procura intervenuta:
“Visti gli atti del fascicolo in epigrafe indicato e l’appello avverso la sentenza
del Tribunale collegiale di Pesaro nel procedimento di separazione personale tra
le parti in questione in punto omesso addebito della separazione all’attuale
parte appellata, mancato risarcimento e spese del giudizio;
considerato che le doglianze esposte appaiono infondate atteso che il Tribunale
con motivazione esaustiva e del tutto condivisibile ha fondato e motivato la
decisione parametrandola alle risultanze dell’ampia attività istruttoria svolta ed
in conformità all’orientamento giurisprudenziale in materia
Chiede il rigetto dell’appello “
FATTI DI CAUSA
E. R. si è rivolta al Tribunale di Pesaro al fine di sentir dichiarare la
separazione personale dal marito A. C. con addebito a carico del resistente, il
quale avrebbe violato il dovere di fedeltà ed avrebbe avuto un comportamento
aggressivo e controllante; la ricorrente ha altresì chiesto che vengano posti a
carico della controparte un assegno in favore della moglie ed un adeguato
contributo al mantenimento del figlio D. , maggiorenne ma non ancora
autonomo.
Costituendosi in giudizio, il C. ha preliminarmente eccepito il difetto di
giurisdizione del Tribunale adito, essendo stato già avviato nella Repubblica
Dominicana un giudizio volto allo scioglimento del matrimonio, ivi contratto; in
via subordinata, il resistente ha contestato la fondatezza delle domande
proposte dalla ricorrente ed ha chiesto che la separazione venga piuttosto
addebitata alla moglie, la quale avrebbe intrattenuto relazioni extraconiugali; il
C. non si è comunque opposto al versamento di un assegno in favore del figlio
D. , evidenziando peraltro di provvedere direttamente alle esigenze del figlio
maggiore
N. , il quale da tempo vive presso il padre.
All’esito della pronuncia parziale con cui in data 16.03.2022 è stata dichiarata
la separazione personale tra i coniugi e dell’istruttoria successivamente svolta,
con sentenza pronunciata nella camera di consiglio tenutasi in data 28.05.2024
il Tribunale di Pesaro ha rigettato le reciproche domande di addebito, ponendo
a carico del marito un assegno mensile d’importo pari ad euro 2.500,00 quale
concorso nel mantenimento della moglie ed un assegno d’importo pari ad euro
500,00 quale concorso nel mantenimento del figlio D. , oltre al concorso in
misura pari al 75% nelle spese straordinarie che si renderanno necessarie per
il ragazzo, compensando infine tutte le spese di lite tra le parti.
I primi giudici, dopo aver ritenuto che il C. abbia di fatto rinunciato
all’eccezione di difetto di giurisdizione, hanno evidenziato che il rapporto
coniugale appariva irrimediabilmente logorato sin dal novembre/dicembre 2020
e che pertanto risulta irrilevante qualsiasi violazione dell’obbligo di fedeltà
eventualmente commessa dalla R. nel marzo 2021; hanno altresì escluso che
l’istruttoria complessivamente svolta abbia comprovato i maltrattamenti ascritti
al marito, rigettando per tale motivo non soltanto la richiesta di addebito, ma
anche la domanda di risarcimento danni proposta nei suoi confronti.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello la R. , la quale ha richiamato tutti
gli elementi dai quali dovrebbero desumersi i comportamenti aggressivi tenuti
dal marito, oggetto anche di un separato procedimento penale; l’appellante ha
altresì ribadito la richiesta di risarcimento danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e di
cancellazione delle espressioni offensive contenute negli atti processuali della
controparte.
Anche il C. ha proposto appello avverso la medesima pronuncia, censurando il
mancato accoglimento della domanda di addebito proposta nei confronti della
moglie e ribadendo che sino al marzo 2021 il menage familiare era proseguito
secondo le modalità consuete; ha altresì contestato che sussistano i
presupposti per riconoscere un assegno di mantenimento in favore della R. , la
quale disporrebbe di redditi propri e non si sarebbe attivata per reperire un
lavoro, chiedendo in ogni caso il ridimensionamento del contributo determinato
dai primi giudici.
La Procura Generale, intervenendo in entrambi i giudizi, ha chiesto il rigetto di
entrambe le impugnazioni.
All’esito della riunione delle cause e delle plurime memorie depositate dalle
parti,
la presente causa è stata infine trattenuta in decisione in data 23.10.2024 nelle
forme della camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo e principale motivo d’appello, la R. censura la sentenza nel
capo in cui i primi giudici hanno ritenuto che l’istruttoria svolta non abbia
adeguatamente comprovato i comportamenti aggressivi imputati al C.;
l’appellante ribadisce invece la propria domanda di addebito, evidenziando che
gli elementi complessivamente acquisiti comproverebbero pienamente il
comportamento aggressivo e controllante tenuto dal marito nei confronti della
moglie.
Tale motivo dev’essere accolto.
E’ stato infatti chiarito da tempo che “le reiterate violenze fisiche e morali,
inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri
nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé, non solo la pronuncia di
separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della
convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità al loro autore”
(leggasi da ultimo Cass. Sez. I, ordinanza n.22294 del 07.08.2024).
Nel caso di specie, il C. non ha mai contestato di aver inviato i numerosissimi
messaggi prodotti dalla moglie, caratterizzati da una particolare violenza
verbale, da chiare minacce e da continue ingiurie: basti pensare al messaggio
inviato in 24.05.2018 in cui il marito ha scritto “il collo te lo dovevo spezzare
anni fa, ammazzare a te e a quel mocassinaro”, oppure ai continui messaggi
inviati nel pomeriggio del 01.07.2019, contenenti pesanti insulti e ripetute
minacce di “cancellare dalla faccia della terra” la moglie, cui chiarisce: “ti
ammazzo con le mie mani, sappilo”. I testimoni escussi hanno altresì
confermato le continue richieste del marito di sapere dove e con chi si trovasse
in ogni momento la moglie, la quale era spesso costretta ad inviargli foto o
video per comprovare quanto aveva appena riferito.
Pur non essendo emersa dalla documentazione medica prodotta e dalle
dichiarazioni rese dai testi una prova incontrovertibile in merito alle percosse
riferite dalla R., in conclusione, è stato comunque comprovato un
comportamento aggressivo del C. che non può trovare alcuna giustificazione
nella sua particolare gelosia: è stato del resto chiarito che, anche in ambito
penale, tale sentimento non costituisce una scriminante, né un’attenuante, ma
può addirittura aggravare il reato ove assuma “caratteristiche morbose e di
ingiustificata espressione di supremazia e possesso” (leggasi ad esempio Cass.
Sez. I Penale, sentenza n.16054 del 10.03.2023).
Le ingiurie e le minacce non possono ritenersi giustificate neppure alla luce
delle problematiche psichiche desumibili dalla documentazione medica
prodotta, tenuto conto che “in tema di separazione dei coniugi, ove uno di essi
sia affetto da una patologia psichiatrica che non comporti un’effettiva
incapacità di intendere e volere, il giudice, ai fini della pronunzia di addebito,
non è esonerato dalla verifica e valutazione dei comportamenti coniugali allo
scopo di accertare l’eventuale violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c. e la
loro efficacia causale nella crisi coniugale” (cfr. Cass. Sez. I, ordinanza n.10711
del 20.04.2023); nel caso di specie, risulta evidente che le eventuali
problematiche del C. non hanno pregiudicato in alcun modo la sua capacità di
inserirsi proficuamente nella società e non possono quindi scriminare i suoi
comportamenti.
In accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza di primo grado,
quindi, la separazione dev’essere addebitata al marito.
2. Con il secondo motivo d’appello, poi, la R. censura la sentenza nel capo in
cui i primi giudici hanno rigettato la domanda di risarcimento dei danni;
l’appellante ribadisce invece di aver adeguatamente comprovato i
comportamenti illeciti addebitati al marito.
L’impugnazione dev’essere condivisa anche sotto tale profilo. E’ stato infatti
chiarito che la violazione degli obblighi coniugali può giustificare non soltanto
l’addebito della separazione, ma anche la condanna al risarcimento dei danni
ove sia stato accertato un comportamento tale da integrare un illecito rilevante
ai sensi degli artt. 2043 e ss. c.c. (leggasi ad esempio Cass. Sez. I, ordinanza
n.16740 del 06.08.2020).
Come già evidenziato nel precedente capo, l’istruttoria ha consentito di
accertare comportamenti del C. astrattamente riconducibili a fattispecie
penalmente rilevanti (a prescindere dall’esito del procedimento pendente a suo
carico per i medesimi fatti).
Risulta altresì ragionevole presumere che tali comportamenti abbiano
determinato un concreto turbamento nella R. nell’ultimo periodo della relazione
coniugale: facendo riferimento in via analogica ai parametri elaborati dalla
giurisprudenza di merito per la liquidazione del danno non patrimoniale, risulta
quindi equo determinare il risarcimento spettante all’odierna appellante
nell’importo pari ad euro 10.000,00 in valuta attuale.
3. Dev’essere a questo punto esaminato il primo e principale motivo
dell’appello proposto dal C., il quale censura la sentenza nel capo in cui i primi
giudici hanno rigettato la domanda di addebito della separazione alla moglie;
l’appellante ribadisce a riguardo che la R. avrebbe ripetutamente violato
l’obbligo di fedeltà al coniuge.
Tale motivo dev’essere rigettato.
Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità sopra citata, infatti,
l’accertamento di eventuali condotte violente “esonera il giudice del merito dal
dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative
pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze,
trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili
solo con comportamenti omogenei” (cfr. Cass. Sez. I, ordinanza n.22294 del
07.08.2024).
Tenuto conto dei comportamenti accertati a carico del marito, pertanto,
risultano irrilevanti le eventuali violazioni dei doveri coniugali imputabili alla
moglie, non essendosi tradotte in comportamenti caratterizzati da violenza.
4. Con il secondo ed il terzo motivo d’appello, poi, il C. censura la sentenza nel
capo in cui i primi giudici hanno posto a suo carico un assegno di
mantenimento in favore della moglie d’importo pari ad euro 2.500,00 mensili;
l’appellante evidenzia a riguardo la capacità professionale della R. , la quale
non si adopererebbe in alcun modo per reperire un lavoro.
L’impugnazione dev’essere rigettata anche sotto tale profilo. I primi giudici,
infatti, hanno già tenuto conto degli aspetti evidenziati dal C., ma hanno
comunque riconosciuto alla R. un congruo assegno di mantenimento in
considerazione dell’elevatissimo tenore di vita goduto nel corso della relazione
matrimoniale e delle risorse di cui ancor oggi dispone il marito, solo in parte
desumibili dalla documentazione prodotta.
Né rileva il fatto che, all’esito del giudizio di scioglimento del matrimonio
successivamente avviato, il Tribunale di Pesaro abbia riconosciuto in favore
della R. un assegno divorzile d’importo sensibilmente minore (secondo quanto
risulta dalla documentazione prodotta nel procedimento riunito n.731/2024),
tenuto conto dei diversi presupposti su cui continua ancor oggi a fondarsi
l’assegno di mantenimento.
5. Debbono da ultimo essere rigettate sia l’istanza avanzata dalla R. al fine di
ottenere la cancellazione delle espressioni a proprio avviso offensive contenute
negli atti della controparte, sia la domanda volta ad ottenere la condanna del
C. al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
E’ stato infatti chiarito da tempo che, “in tema di espressioni offensive o
sconvenienti contenute negli scritti difensivi, non può essere disposta, ai sensi
dell’art. 89 cod. proc. civ., la cancellazione delle parole che non risultino
dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo, essendo ben
possibile che nell’esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla reciproca
condotta possa investire anche il profilo della moralità, senza tuttavia eccedere
le esigenze difensive o colpire la scarsa attendibilità delle affermazioni della
controparte. Ne consegue che non possono essere qualificate offensive
dell’altrui reputazione le parole (…), che, rientrando seppure in modo piuttosto
graffiante nell’esercizio del diritto di difesa, non si rivelino comunque lesive
della dignità umana e professionale dell’avversario” (leggasi ad esempio Cass.
Sez. III, sentenza n.26195 del 06.12.2011).
Nel caso di specie, le espressioni percepite come offensive dalla R. risultano
strettamente connesse alla domanda di addebito proposta dal C. ed in ogni
caso non hanno superato il limite della continenza verbale.
Analoghe conclusioni debbono essere tratte per quanto riguarda la domanda di
risarcimento proposta ai sensi dell’art. 96 c.p.c., non essendo emerso alcun
elemento dal quale poter desumere che il marito abbia agito con mala fede o
colpa grave: è stato del resto chiarito che “agire in giudizio per far valere una
pretesa non è di per sé condotta rimproverabile, anche se questa si riveli
infondata, dovendosi attribuire a tale figura carattere eccezionale e/o
residuale, al pari del correlato istituto dell’abuso del processo, giacché una sua
interpretazione lata o addirittura automaticamente aggiunta alla sconfitta
processuale verrebbe a contrastare con i principi dell’art.24 Cost.” (leggasi ad
esempio Cass. Sez. III, ordinanza n.19948 del 12.07.2023).
6. L’esito complessivo del giudizio, caratterizzato dalla prevalente soccombenza
del C., ne impone la condanna a rifondere le spese di entrambi i gradi di
giudizio, secondo gli importi liquidati in dispositivo in considerazione
dell’attività processuale effettivamente necessaria ai fini della decisione.
Sussistono altresì i presupposti previsti dall’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n.
115 del 2002 per il versamento da parte del C. (appellante nel giudizio riunito)
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello
dovuto per l’appello.
P.Q.M.
La Corte d’appello, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da R. E.
e da C. A. avverso la sentenza n. 526 pronunciata dal Tribunale di Pesaro
all’esito della camera di consiglio tenutasi in data 28.05.2024, cosí dispone:
In parziale riforma della sentenza,
ADDEBITA la separazione al marito.
DICHIARA TENUTO e CONDANNA C. A. a risarcire il danno subito da R. E. in
conseguenza dei fatti meglio descritti in motivazione, liquidandolo nell’importo
complessivamente pari ad euro 10.000,00. RIGETTA l’istanza proposta dalla R.
ai sensi dell’art. 89 c.p.c., nonché la domanda proposta ai sensi dell’art. 96
c.p.c..
PONE a carico di C. A. le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate per
quanto riguarda il primo grado in complessivi euro 7.600,00 per compenso
professionale e per quanto riguarda il presente grado in euro 6.000,00 per
compenso professionale, in entrambi i casi oltre a rimborso forfettario spese
generali e ad oneri fiscali e previdenziali nella misura di legge.
DA’ ATTO che sussistono i presupposti per porre a carico del medesimo
soccombente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115 del 2002,
l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in
misura pari a quello dovuto per l’appello.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
dott. Valentina Rascioni dott. Guido Federico