La carriera di corista sacrificata per la famiglia non può essere irrilevante ai fini dell’assegno divorzile

Tribunale di Bologna, sent. 24 gennaio 2022 n. 174
I l T r i b u n a l e O r d i n a r i o di B o l o g n a
P R I M A S E Z I O N E C I V I L E
in persona dei magistrati
dott. Bruno Perla Presidente
dott.ssa Carmen Giraldi Giudice Relatore
dott. Sonia Porreca Giudice
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa di primo grado iscritta al n. 8979 del Ruolo Generale degli affari contenziosi per l’anno
2018
promossa da
YY (c.f. omissis), rappresentato e difeso dall’Avvocato ..del Foro di Bologna
– parte attrice –
contro
XX (c.f. omissis), rappresentata e difesa dall’Avvocato …del Foro di Bologna
– parte convenuta –
e con l’intervento del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bologna
oggetto
“Divorzio contenzioso – Scioglimento del matrimonio”
CONCLUSIONI delle parti come in verbale di udienza in data 20.04.2021
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 04.06.2018, YY chiedeva a questo Tribunale di pronunciare lo
scioglimento del matrimonio civile celebrato in (omissis), (Modena), il (omissis).(omissis).2000 tra il
ricorrente e XX, unione dalla quale non nascevano figli. La difesa di parte ricorrente invocava
l’applicazione dell’art. 3 n. 2 L. 1.12.1970 n. 898, come successivamente modificato dalla Legge n.
55/2015, dando atto che i coniugi vivevano separati dal 26.05.2015, data in cui veniva omologato il
verbale dinanzi al Tribunale di Bologna. Parte ricorrente chiedeva, inoltre, di dichiarare
l’insussistenza reciproca tra le parti di obblighi a titolo di mantenimento o a titolo alimentare.
Si costituiva XX, che non si opponeva alla declaratoria di scioglimento del matrimonio, chiedendo,
tuttavia, di confermare le condizioni della separazione consensuale; in particolare, chiedeva la
corresponsione a suo favore di un assegno divorzile di € 1.500,00 mensili a carico del ricorrente.
All’udienza fissata, a norma dell’art. 4 L.898/1970, in data 06.11.2018, comparivano personalmente
entrambi i coniugi e il Presidente, vanamente esperito il tentativo di conciliazione, nominava il
giudice istruttore e pronunciava i provvedimenti provvisori ed urgenti di propria competenza, in
particolare confermando le condizioni della separazione consensuale sul presupposto che le
condizioni reddituali delle parti non fossero sostanzialmente mutate.
Introdotta la fase di merito del procedimento, su richiesta congiunta delle parti all’udienza del
21.02.2019, veniva pronunciata sentenza parziale sul vincolo in data 25.07.2019.
In fase istruttoria, venivano depositati documenti, per lo più attestanti la situazione economico-
patrimoniale delle parti, e venivano sentiti i testi all’udienza del 28.10.2020, soprattutto in relazione
allo svolgimento del ménage familiare in costanza di matrimonio, finalizzato al riconoscimento o
meno di un assegno divorzile a favore della resistente.
Terminata la fase istruttoria del procedimento, all’udienza del 20.04.2021 le parti precisavano le
conclusioni. La causa veniva, quindi, assegnata in decisione al Collegio, decorsi i termini ex art. 190
c.p.c. e discussa nella camera di consiglio del 14.12.2021
Preliminarmente, va dato atto del fatto che, per effetto della sentenza parziale n. 1753 pronunciata
da questo Tribunale in data 25.07.2019, il vincolo matrimoniale che legava i sigg.ri YY e XX è ormai
sciolto, con conseguente definitiva modifica del relativo status a far data dal passaggio in giudicato
della predetta sentenza.
In merito alla domanda accessoria, inerente la sussistenza o meno del diritto alla percezione di un
assegno divorzile da parte della resistente, ritiene il Tribunale che essa sia fondata e debba essere
accolta.
L’art. 5, 6° comma, della L. n. 898/1970, così come modificato dalla L. n. 74/1987, dispone che “con la
sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto
conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da
ciascuno alla condizione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito
di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo
per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha
mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”.
In base alla norma, oltre che a consolidata giurisprudenza (Cass. S.U. n. 18287/2018), dunque, per
ammettere l’assegno divorzile è necessario considerare le condizioni economiche delle parti, i redditi
delle stesse e la durata del matrimonio (cd. criterio assistenziale), il contributo economico e personale
dato da ciascun coniuge alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio
comune, nonché le aspettative reddituali e professionali che un coniuge ha sacrificato per lo
svolgimento armonioso del ménage familiare (cd. criterio compensativo-perequativo).
Alla luce di ciò, la prima operazione da effettuare è l’analisi delle condizioni economico-patrimoniali
delle parti.
Come è stato dimostrato nella fase istruttoria del procedimento, YY è titolare dell’impresa agricola
“(omissis)”, nonché proprietario di terreni destinati alla coltivazione ed alla produzione.
Dalle dichiarazioni dei redditi e dai modelli IVA allegati agli atti di causa (Doc. nn.15-32) emerge
che il reddito agrario imponibile è pari a € 20.000,00 circa, mentre il volume d’affari derivante
dall’esercizio dell’attività di impresa agricola è pari a € 600.000,00 circa, con un importo di costi e
acquisti pari ad € 450.000,00 circa. Ne consegue che il reddito complessivo annuo di YY può dirsi
compreso tra € 150.000,00 ed € 200.000,00.
Al contrario, XX, a seguito della separazione personale dal coniuge intervenuta nel 2015, ha iniziato
a svolgere la libera professione di insegnante di canto, tenendo lezioni private e percependo un
reddito annuo di € 2.900,00 lordi (2.200,00 netti, cfr. doc 23 resistente) da scomputare dalle somme
risultanti in dichiarazione dei redditi che comprendono anche l’importo del contributo di
mantenimento.
Inoltre, XX è obbligata al pagamento di un canone di locazione di € 500,00 al mese.
Dalla ricostruzione dei redditi delle parti basata sui documenti prodotti in giudizio, è evidente la
disparità delle condizioni economiche delle stesse, disparità che è idonea a giustificare il diritto della
convenuta all’assegno divorzile.
Accertata la sperequazione dei redditi tra le parti, è fondamentale verificare anche la sussistenza del
criterio compensativo-perequativo dell’assegno divorzile, che, nel caso di specie, risulta essere
integrato.
Sul punto il Collegio aderisce all’orientamento della Cassazione (SSUU 18287/2018) «Il fondamento
costituzionale dei criteri indicati nell’incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva
dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle
condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi
attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare
causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell’art. 5, c.6, al fine di
accertare se l’eventuale rilevante disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento
del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di
matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione
dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza
nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio
dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della
relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato
del lavoro.».
L’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi ed all’incapacità di procurarseli per ragioni
oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli
endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della
famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall’art.
143 c.c.
«Occorre accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle
determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all’età del
richiedente», di modo che ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia
accertato — con assolvimento di un onere probatorio che le Sezioni Unite richiedono espressamente
sia “rigoroso” (cfr. pag. 36 della sentenza in commento) — «..che lo squilibrio economico patrimoniale
conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di
un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contribuito
fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge.».
Nel caso in esame risulta che la apprezzabile disparità economico-reddituale «..sia dipendente dalle
scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle
aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante
endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di
ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle
effettive potenzialità professionali e reddituali.».
La prova del sacrificio professionale sopportato dalla XX si è formata in giudizio grazie alle
dichiarazioni testimoniali rese all’udienza del 28.10.2020, che si sono rivelate precise e concordanti.
È emerso che le parti si sono conosciute nel 1997 a Spoleto, quando la resistente lavorava a Roma nel
Coro d’opera (“..in quel periodo era cantante nel Coro dell’opera a Roma..”, ha riferito il teste C. T. D’A.).
Nel 1999, ella si trasferì a Bologna ed iniziò una convivenza con YY, alla quale seguì il matrimonio
nel 2000. Nel corso del matrimonio, XX decise di lasciare il lavoro da corista, che le imponeva
numerose trasferte lontano da casa (“..come corista avrebbe dovuto fare numerose trasferte..”, ha riferito
la teste…), per dedicarsi alla cura della casa e della famiglia, anche in considerazione del fatto che
YY, data la sua attività di coltivatore diretto, era assente gran parte della giornata. Il teste B. D’A. ha
riferito che “..fu il marito a chiedere di interrompere la carriera di artista di coro e a non recarsi al coro di
Rovigo..”, circostanza confermata anche dalla teste C. T. D’A. Inoltre, B. D’A. ha precisato che “..mia
figlia ci teneva all’indipendenza economica e, pertanto, ha sempre lavorato; la scelta di lasciare il coro ad
attività di solista fu dettata dalla volontà di seguire maggiormente il marito.”.
È pacifico, dunque, che XX abbia rinunciato al suo lavoro, sacrificando una carriera di corista d’opera
già avviata, per occuparsi dell’attività domestica e familiare e, talvolta, aiutare il marito nella vendita
dei prodotti o nell’organizzazione delle fiere.
Non depongono in senso contrario le deposizioni dei testi portati dal ricorrente (teste G.); la
circostanza che il marito accompagnasse la moglie in auto ad alcuni concerti — che la moglie è
riuscita a tenere durante il matrimonio e — per i quali YY spronava la moglie, non scalfisce il dato
obiettivo che XX, per seguire il marito e la famiglia, abbia abbandonato l’ attività di corista del
prestigioso coro dell’Opera di Roma, attività che le avrebbe consentito, al di là del raggiungimento
dell’aspirazione di divenire nel tempo solista, una condizione economica regolare e stabile, non
paragonabile ad occasionali e frammentarie occasioni lavorative, difficilmente coltivabili con
costanza anche a causa della distanza dall’ubicazione della residenza familiare.
Il fatto che la carriera di corista sia stata sacrificata non può essere irrilevante ai fini del diritto
all’assegno divorzile.
Pertanto, integrata anche la funzione compensativa-perequativa, ritiene il Tribunale che XX abbia
diritto all’assegno divorzile.
Tuttavia, relativamente al quantum dell’assegno stesso, si ritiene che, rispetto all’assegno di
mantenimento concordato in sede di separazione in € 1.500,00 mensili, debba operarsi una
riduzione, attesa la diversa funzione del contributo di mantenimento della separazione finalizzato
ad assicurare il tenore di vita goduto durante la vita matrimoniale.
XX gode di una specifica preparazione in materia di canto lirico tale da poter incrementare il proprio
lavoro di insegnante-libera professionista, lavoro che è possibile svolgere nonostante l’attuale età
della stessa (54 anni), dato che risulta già inserita in una scuola di canto.
Si ritiene, pertanto, equa la somma di € 1.000,00 a titolo di assegno divorzile. Essa tiene conto della
durata quindicennale del matrimonio, della sperequazione dei redditi tra le parti, della rinuncia
all’attività lavorativa da parte della convenuta per la cura della casa e della famiglia, nonché delle
attuali prospettive lavorative della stessa in considerazione della sua età e delle sue competenze e
capacità.
Infine, quanto alle spese di lite, esse sono regolate dal principio generale della soccombenza e sono
quindi poste a carico di YY.
La relativa liquidazione è fatta in dispositivo sulla base del valore effettivo della causa con
applicazione dei nuovi parametri di cui al D.M. n. 55/2014 attualmente in vigore (cfr., sul punto,
Cass. S.U. n. 17405/12; conf. Cass. 23318/2012, nonché, da ultimo, Cass. ord. sez. 6-3 n. 13628/2015),
tenuto conto della natura e del pregio dell’attività difensiva svolta, nonché della notula depositata
in atti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando:
1. dispone che YY versi a XX la somma mensile di € 1.000,00 a titolo di assegno divorzile, con
decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza sul vincolo, somma annualmente rivalutabile
secondo gli indici Istat annuali da corrispondere entro il giorno 5 di ogni mese;
2. Condanna YY al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 7300,00 oltre rimborso forfettario, Iva
e Cpa come per legge.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile in data 14.12.2021