Violazione degli obblighi di assistenza familiare. Pagamenti parziali e incostanti non valgono ad escludere il dolo
Cass. Pen., Sez. VI, Sent., 17 marzo 2022, n. 9203 – Pres. Ricciarelli – Cons Rel. Giordano
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RICCIARELLI Massimo – Presidente –
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –
Dott. GIORDANO Emilia A. – rel. Consigliere –
Dott. VIGNA Maria S. – Consigliere –
Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.D., nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25 maggio 2021 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Emilia Anna Giordano;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Orsi
Luigi, che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni formulate dall’avvocato …nell’interesse della parte civile che ha insistito per
l’inammissibilità del ricorso e prodotto nota spese;
udite le conclusioni del difensore dell’imputato, avvocato…, che ha insistito per l’accoglimento del
ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Milano ha rideterminato, per effetto dell’applicazione delle circostanze
attenuanti generiche, la pena inflitta a P.D. in quella di mesi due e giorni venti di reclusione ne ha
confermato il giudizio di colpevolezza in ordine al reato di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12- sexies
e L. n. 54 del 2006, art. 3 e art. 570 c.p., commesso dal mese di (OMISSIS) in permanenza, per avere
violato gli obblighi di assistenza economica nei confronti del figlio minore omettendo corrispondere
alla madre affidataria, ex convivente dell’imputato, l’assegno mensile di mantenimento fissato dal
Tribunale civile di Milano.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti
strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il ricorrente denuncia:
2.1. l’erronea applicazione della legge penale, in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies e L. n.
54 del 2006, art. 3, disposizioni abrogate per effetto del D. Lgs. n. 21 del 2018 – entrato in vigore dopo
il decreto di citazione diretta a giudizio dell’imputato intervenuto il 24 maggio 2018. Per effetto di
tale abrogazione deve ritenersi che l’imputato è stato, contraddittoriamente, condannato in primo
grado per la violazione dell’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 – condanna verso la quale depone
l’applicazione della pena della multa in una a quella detentiva, inflitta dal Tribunale – e, in appello,
per la violazione dell’art. 570-bis c.p.. Evidenzia che, in tal caso, la condanna in primo grado è
intervenuta in mancanza dell’accertamento dei requisiti previsti per ritenere integrato il reato di
violazione degli obblighi di assistenza familiare e, in particolare, lo stato di bisogno del minore e la
capacità economica della persona obbligata alla persona obbligata a prestare i mezzi di sussistenza.
Rileva, altresì, che l’applicazione dell’art. 570-bis c.p. alla fattispecie concreta di violazione degli
obblighi economici in favore dei figli minori di persone conviventi è stata controversa in
giurisprudenza e che sono stati violati i diritti dell’imputato sia se il fatto deve ricondursi alla
fattispecie di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 sia se debba ricondursi alla fattispecie di cui all’art.
570-bis c.p.;
2.2.contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che, al pari di quella di primo
grado, ha ritenuto integrato il dolo pur dando atto dell’intervenuto pagamento, anche per somme
eccedenti quella fissata, di quote di contributo: il dolo è stato ritenuto sussistente a “intermittenza”
sia perchè l’imputato è stato assolto da alcune omissioni, ritenendo integrata la sua condizione di
indigenza e, quindi, la indisponibilità di mezzi per assolvere alle obbligazioni sia perchè la
circostanze che in alcune occasioni aveva versato all’ex convivente più di quanto contenuto è
statittoriamente, per escludere la sua indigenza e indisponibilità di mezzi.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile perchè proposto per motivi manifestamente infondati e generici. Val
bene una premessa.
Non è revocabile in dubbio il diverso perimetro applicativo della disposizione di cui all’art. 570 c.p.,
comma 2, n. 2 e le fattispecie di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies e L. n. 54 del 2006, art. 3 che
rinviavano, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, all’art. 570 c.p., comma 1
secondo una interpretazione pacifica dopo una risalente pronuncia delle Sezioni Unite di questa
Corte (S.U. n. 23866 del 31/01/2013, Rv. 255269) ribadita, con riferimento alla disposizione di cui
all’art. 570-bis c.p. anche in tempi recenti (Sez. 6, n. 33165 del 03/11/2020, Rv. 279923).
Invero, a differenza della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, che punisce il mero
inadempimento dell’obbligo di corresponsione ai figli (senza limitazione di età) affidati al coniuge
divorziato dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio e del suo omologo,
L. n. 54 del 2006, art. 3 che ha esteso il trattamento punitivo al coniuge separato, prescindendo dalla
prova dello stato di bisogno dell’avente diritto, l’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 appresta tutela penale
alla violazione dell’obbligo dei genitori di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori in stato di
bisogno (Sez. 6, n. 6575 del 18/11/2008, dep. 2009, Rv. 243529).
Deve escludersi, sulla scorta della motivazione della sentenza impugnata e della contestazione
formale ascritta all’imputato che nel caso in esame i giudici del merito abbiano ritenuto integrata la
fattispecie di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 applicando, viceversa, il trattamento punitivo di cui
all’art. 570 c.p., comma 1 – richiamato quoad poenam nella imputazione – al reato ascritto
all’imputato sussunto e rimodellando in appello il trattamento punitivo inflitto in primo grado anche
con la irrogazione della multa (erroneamente applicata).
Non è fondata la tesi della difesa secondo la quale è intervenuta l’abrogazione delle fattispecie
incriminatrici di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies e della L. n. 54 del 2006, art. 3.
In presenza di un costante orientamento della Corte di legittimità secondo cui in tema di reati contro
la famiglia, è configurabile il reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, anche in caso di omesso
versamento, da parte di un genitore, dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria in
favore dei figli nati fuori dal matrimonio (Sez. 6, n. 14731 del 22/02/2018, S, Rv. 272805; Sez. 6, n.
12393 del 31/01/2018, P, Rv. 272518; Sez.6, n. 25267 del 06/04/2017, S. Rv. 270030) si è ritenuto che
l’entrata in vigore dell’art. 570-bis c.p., introdotto con D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, non si è verificato
un effetto di abolizione delle fattispecie incriminatrici poichè tale disposizione si è limitata a
trasporre in un diverso contesto ordinamentale le precedenti disposizioni. Fondamentale il rilievo
che il D.Lgs. n. 21 del 2018 ha dato attuazione ad una delle deleghe contenute nella L. 23 giugno
2017, n. 103 (c.d. “legge Orlando”), e in particolare a quella – prevista dall’art. 1, comma 85, lettera q)
della suddetta legge – relativa all’introduzione del principio della “riserva di codice”, e tenuto conto,
altresì, della natura e della portata della delega conferita con la L. n. 103 del 2017, cioè, una delega
di natura meramente compilativa che autorizzava la traslazione delle figure criminose già esistenti
nel corpus del codice, senza contemplare alcuna modifica sostanziale delle stesse. Alla formale
abrogazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e della L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 non
può ritenersi verificata anche un’abolizione delle corrispondenti figure di reato, transitate nel nuovo
corpus normativo.
Da qui l’affermazione che il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il
mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dall’art. 570-bis c.p. configurabile anche
in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati
da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio (Sez. 6, n. 55744 del 24/10/2018, G, Rv.
274943) verificandosi piena continuità normativa tra la fattispecie prevista dalla L. 8 febbraio 2006,
n. 54, art. 3 e quella prevista dall’art. 570-bis c.p., principio ribadito nella successiva giurisprudenza
di legittimità senza soluzione di continuità (Sez. 6, n. 56080 del 17/10/2018, G., Rv. 274732; Sez. 6, n.
8297 del 5/12/2018, dep. 2019, n. mass.), assurto al rango di diritto vivente, attestato anche nella
dichiarazione di non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 570-bis c.p. con
la sentenza n. 189 del 5 giugno 2019.
E si tratta, passando alla individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 570-
bis c.p., di una condotta illecita integrata non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma
dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile in favore dei figli minori, cosicchè
l’inadempimento costituisce di per sè oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo
consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per
tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza. (Sez. 6, n. 4677 del 19/01/2021,
M., Rv. 280396).
Da tale ricostruzione consegue la manifesta infondatezza in diritto delle questioni poste dalla difesa
con i motivi di ricorso, ormai superate con pronunce di gran lunga antecedenti alla proposizione dei
motivi di ricorso, che non contengono argomentazioni in diritto apprezzabili per ritenere superabili,
o almeno confutabili, le conclusioni raggiunte in sede di nomofilachia.
Ma deve, altresì, escludersi che la condanna dell’imputato abbia comportato una violazione del
diritto di difesa poichè l’imputato, destinatario di una contestazione per il reato di cui all’art. 570
c.p., L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 si sia visto condannare
– la sentenza di primo grado è stata adottata il 15 luglio 2019 – a sorpresa per il reato di cui all’art.
570-bis c.p., essendo tale riqualificazione prevedibile per l’imputato e non determinando la stessa
una lesione dei diritti della difesa (Sez. 6, Sentenza n. 26329 del 14/02/2019. M., Rv. 275989).
2.11 secondo motivo di ricorso involge l’apprezzamento di aspetti in fatto correttamente valutati
dalla Corte di appello che ha dato atto delle modalità altalenanti e a singhiozzo dell’adempimento,
da parte dell’imputato, dell’obbligo di corrispondere alla ex convivente l’assegno di mantenimento
previsto a favore del figlio minore.
La Corte di merito ha, in primo luogo, operato una precisa ricostruzione di quanto corrisposto
dall’imputato evidenziando che il saldo complessivo tra pagato e dovuto era, comunque, negativo e
che l’imputato non aveva mai corrisposto alcunchè per le spese straordinarie (le spese sanitarie del
minore, anche di particolare importanza). Ha ritenuto che pagamenti parziali e scostanti (o anche
superiori al dovuto) non valgono ad escludere il dolo della fattispecie incriminatrice che presuppone
un’incapacità economica, assoluta e incolpevole, non dimostrata dall’imputato e contraddetta anche
dalla occasionale corresponsione di somme di maggiore importo, la cui disponibilità l’imputato non
ha comprovato come dovuta a fattori eccezionali, rispetto alla dedotta ma non seriamente dimostrata
impossibilità di adempimento.
Le argomentazioni della Corte di merito non sono contraddittorie ma precisamente calibrate sulla
condotta dell’imputato da cui hanno tratto la conclusione, non illogica rispetto alla premessa, che
l’imputato volontariamente si sottraeva al pagamento del dovuto salvo di tanto in tanto soddisfar le
legittime pretese e i solleciti della ex convivente.
Va ribadito che, nella materia dell’adempimento dell’assegno di mantenimento, assume centrale
rilievo l’elemento temporale dell’adempimento, il suo tempestivo e regolare rispetto, secondo le
cadenze stabilite, nonchè la corretta corresponsione di quanto convenuto perchè le somme sono
funzionali a garantire i mezzi indispensabili all’assolvimento delle esigenze economiche del
destinatario che deve poter contare sulla regolarità e tempestività dell’adempimento e sul quale fa,
evidentemente, affidamento.
Il mancato rispetto di tempi e modalità di somministrazione non può essere compensato da
pagamenti occasionali, corrisposti una tantum, anche nel caso in cui la somma corrisposta sia
superiore alla quota in quel momento spettante e non solo perchè, come ben evidenziato nella
sentenza impugnata, nel caso in esame il saldo tra dovuto e pagato si è rivelato negativo ma per la
ragione risolutiva che non è stato rispettato il termine per l’adempimento.
4. All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si considera conforme a
giustizia fissare in Euro 3.000,00 (tremila) ed al pagamento delle spese sostenute nel presente grado
dalla parte civile V.V., liquidate, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e ss. modifiche,
nell’importo di Euro 3.510,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre il ricorrente a
rifondere alla parte civile V.V. le spese di rappresentanza e difesa nel presente grado di giudizio,
che liquida in complessivi 3.510,00 Euro, oltre accessori di legge.