La volontà del testatore va individuata con riferimento all’esame globale della scheda testamentaria stessa.

Corte d’Appello Catania, Sez. II, Sent., 17 aprile 2019 – Presidente Dipietro – Cons. rel. Escher
Corte d’appello di Catania
Seconda sezione civile
La Corte composta dai sigg.ri magistrati:
dott. Giovanni Dipietro – Presidente
dott. Massimo Escher – Consigliere relatore
avv. Luigi Ciotta – Componente ausiliario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile d’appello iscritta al N. 172/2018 R.G. promossa da:
D.B.O., nata a R. il (…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. Fabrizio Romeo,
presso il cui studio in Catania in via Alberto Mario, n. 74, è elettivamente domiciliata,
giusta procura in atti
appellante
nei confronti di
D.B.P., nata a R. il (…) (C.F. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. Mario Di Luzio,
elettivamente domiciliato in Roma via Giovanni Paolo Pannini 19, presso il detto
difensore, giusta procura in atti
appellata
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato il 12 agosto 2015 O.D.B. esponeva:
– che con testamento del 25 giugno 1959, lo zio R.D.B. aveva legato ad essa
esponente “la palazzina in Via P. dell’O. (nel testamento si legge “P.” nonostante la via
si chiami “P.” dell’O.) – Gruppo C n. 2 corrispondente al civico n. 191 – Atto Notarile
(…) dal Notaio G.C. – C. I. 2″, e che il predetto legato comprendeva tutte le unità
immobiliari a suo tempo acquistate dallo zio con il detto atto notar C. e, quindi, non
solo l’appartamento, ma anche le altre due unità immobiliari di cui si legge nel rogito
citato, ossia la rimessa insistente sulla particella frazionata (…) ed il locale di
sgombero insistente sulla particella frazionata (…);
– che lo zio R., con un coevo legato aveva disposto in favore P.D.B., sorella
dell’attrice, l’attribuzione delle sole unità immobiliari dal disponente acquistate con
atto notarile del 4.3.1958;
– che era sorta contestazione tra le due sorelle in ordine alla proprietà della rimessa e
del locale di sgombero citati,
Tanto premesso, O.D.B. chiedeva al tribunale di:
– dichiarare, in contraddittorio con P.D.B., il diritto di proprietà in capo ad essa
ricorrente sul vano terrano, adibito a rimessa, insistente sulla particella frazionata n.
(…), nonché sul vano adiacente adibito a locale di sgombero, con annesso cesso,
insistente sulla particella frazionata n. (…), situati in C., Via P. dell’O. 191;
– di condannare la sorella P. al rilascio delle predette unità immobiliari ed al
risarcimento del danno da occupazione abusiva dell’immobile, nella misura di Euro
100,00 mensili, dal marzo 2014 sino all’effettivo rilascio, oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria …”
Costituitasi, P.D.B., chiedeva il rigetto della domanda, contestando la ricostruzione
della vicenda traslativa svolta dalla sorella ed assumendo che questa, giusta il legato
riferito, aver ricevuto dallo zio solo la palazzina con accesso dal via P. dell’O. 191
(che non comprendeva la rimessa ed il locale di sgombero).
Con sentenza depositata il 7.8.2017 il Tribunale di Catania ha rigettato le domande e
condannato O.D.B. al pagamento delle spese processuali.
Avverso la detta sentenza ha proposto appello O.D.B. per le ragioni di cui si dirà nel
prosieguo
Costituitasi, P.D.B. ha chiesto la conferma della sentenza.
Quindi all’udienza del 27 novembre 2018 la causa è stata posta in decisione sulle
conclusioni precisate come in atti.
Motivi della decisione
Come premesso, O.D.B. con l’atto introduttivo del giudizio ha chiesto accertarsi il di
lei diritto di proprietà sul vano terrano adibito a rimessa insistente sulla particella
frazionata n. (…), nonché sul vano adiacente adibito a locale di sgombero, con
annesso cesso, insistente sulla particella frazionata n. (…), situati in C., via P. dell’O.
191, unità immobiliari, a suo dire, illegittimamente occupate dalla sorella, la
resistente P.D.B.. Tale domanda – lo si è già accennato – è stata rigettata dal tribunale,
che ha ritenuto non provato il titolo d’acquisto per non essere le due unità immobiliari
ricomprese nel legato, ossia nell’invocato titolo d’acquisto.
La decisione è stata appellata da O.D.B., secondo cui l’attribuzione delle due unità
immobiliari sarebbe da inferire con certezza dal tenore del testamento e ciò
considerato che in esso, quanto all’oggetto di entrambi i legati immobiliari in favore
delle D.B., si fa rinvio agli atti di acquisto con cui, a suo tempo, i detti immobili
erano entrati a far parte del patrimonio del disponente.
Per comprendere la valenza della tesi va, invero, evidenziato quanto segue:
– con disposizione di ultima volontà del 25 giugno 1959, R.D.B. ha così disposto,
“lego alla nipote O. “la palazzina in Via P.(a) dell’O. – Gruppo C n. 2 corrispondente
al civico n. 191 – Atto Notarile (…) dal Notaio G.C. – C. I. 2”
– con altra disposizione compresa nel medesimo testamento, il D.B., ha così inoltre
disposto, “lego a mia nipote P. la palazzina sita in via P.(a) dell’O. n. 195 – Atto
notarile (…) dal Notaio C.F.G. – via F. C. 12 A”.
Ciò posto, a dire dell’appellante, nonostante in nessuna delle due disposizioni si
faccia riferimento al locale di sgombero ed alla rimessa, oggi censite al Foglio (…),
particella (…) e particella (…), l’inclusione delle stesse nel primo legato, quello in suo
favore, sarebbe implicita nel rinvio del disponente all’atto notarile con cui il de cuius
aveva acquistato sia la proprietà della palazzina con ingresso al n. 191 sia la proprietà
dei due locali minori.
Opposta è la tesi della convenuta-appellata, la quale assume che il legato in favore di
O.D.B. non ricomprenda i detti locali, posto che essi non rientrano nella descrizione
contenuta nel legato, non essendo unità immobiliari con accesso dal civico 191
( bensì dal civico 195).
Ciò premesso, l’appello è fondato.
Al riguardo va evidenziato, quale primo punto fermo da cui muovere, che certamente,
alla luce del testamento, i due locali (ancorché in ipotesi oggi con accesso da via P.
dell’O. 195) non sono stati attribuiti a P.D.B..
Nella disposizione in favore dell’appellata sopra riportata , invero, si fa riferimento
alla palazzina sita in via P.(a) dell’O. n. 195, acquistata con Atto notarile (…) dal
Notaio C.F.G. – via F. C. 12 A. Riferimento, quest’ultimo, decisivo non essendo stati i
due locali in contestazione acquistati con il detto rogito notar C.F..
Del resto, di ciò non sembra aver dubitato la stessa convenuta che in primo grado non
ha mai affermato espressamente di aver acquistato in forza del legato, ma solo che la
sorella non ha offerto la prova a suo carico. In questo senso si veda pure la c.t.p.
prodotta in primo grado dalla detta convenuta, laddove il geom. C. giunge (solo) per
esclusione ad affermare, che, non essendo stati acquistati da O.D.B., i due locali
appartengono a P.D.B. (senza indicare in forza di quale titolo).
Scartata l’ipotesi che i due locali siano stati attribuiti a P., occorre stabilire se
accogliere la tesi dell’appellante ovvero rigettarla affermando che i beni in
contestazione, siccome non oggetto di specifico legato, sono stati devoluti all’erede
universale D.D.B. (anch’esso istituito col testamento citato), valendo al riguardo la
regola sulla capacità espansiva della chiamata ereditaria,.
Ebbene, il riferimento che – si legge nella disposizione testamentaria a titolo
particolare in favore di O.D.B. – all’atto notar C. del (…) appare decisivo in senso
favorevole all’appellante.
Ed invero, con il detto contratto notar C. del (…) – come detto espressamente
richiamato nel legato – il de cuius acquistava da R.L., non solo “un villino facente
parte del nucleo residenziale di nuova costruzione e non ancora catastato dalla
venditrice edificato in C. Via P. dell’O. (canalicchio) e precisamente il villino facente
parte del gruppo C contraddistinto col n. II corrispondente al civico 191 costituito da
n. 7 vani piano rialzato e primo piano con otto accessori (cucina, servizio lavanderia,
cesso con doccia, cesso di servizio, due corridoi, cesso con bagno) con annesso vano
rimessa, locale caldaia, terrazza e giardinetto, confinante nello insieme a nord con
proprietà F., a sud con la venditrice, ad est con strada provinciale ad ovest con
stradella privata”, ma anche (ecco il punto) “il vano terrano adibito a rimessa
insistente sulla particella frazionata (…), nonché il vano adiacente adibito a locale di
sgombero con annesso cesso insistente sulla particella frazionata (…) confinante nello
intero a sud con proprietà D.B. ad est con viale privato in condominio a nord ed ovest
con proprietà della venditrice”.
Così stando le cose, il collegio ritiene che tra le due opzioni in campo (legato avente
ad oggetto solo la palazzina in via P. dell’O. gruppo C, n. 191; ovvero legato avente
ad oggetto tutti i beni acquistati con l’atto notar C. del (…), e quindi anche i beni, per
così dire minori, ivi indicati: il vano terrano adibito a rimessa ed il locale di
sgombero) sia preferibile quella affermata dall’appellante.
Tale interpretazione appare, invero, conforme alle regole ermeneutiche relative ai
negozi di ultime volontà. Ed infatti, l’interpretazione del testamento (cui in linea di
principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di
contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale
non recettizio del negozio “mortis causa”) è caratterizzata, rispetto a quella
contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di la della dichiarazione, della volontà
del testatore: volontà del testatore che, alla stregua dell’art. 1362 c.c., va individuata
innanzitutto con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla
base dell’esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione
(Cass. sez. II – 07/05/2018, n. 10882).
Ed appare conforme alla volontà del testatore, si diceva, in quanto ove il de cuius
avesse voluto che i beni non indicati andassero all’erede lo avrebbe detto
espressamente e ciò considerata l’analiticità delle disposizioni contenute nel detto
testamento. Ed infatti, in esso, dopo l’investitura del fratello D. quale erede
universale, si legge:
a) del legato in favore entrambe le dette nipoti O. e di P. di un terreno in C. via L.
131;
b) del legato in favore di P. della palazzina di via P. dell’O. 195;
c) del legato in favore di O. della palazzina di via P. dell’O. 191;
d) del legato in favore di entrambe le nipoti di tutti i mobili e gli arredi di casa;
e) del legato di somme di denaro in favore del fratello L. ed in favore dei nipoti E. e
R.;
f) del legato di denaro in favore di tale L.D.B.;
g) del legato del fucile in favore di tale G.P..
Si vuol dire, che a fronte di un testamento contenente disposizioni divisorie talmente
precise, non appare conforme alla volontà del testatore ipotizzare che questi abbia
omesso di disporre proprio dei due locali in questione, di modo che gli stessi
andassero all’erede universale in forza della capacità espansiva citata.
Assai più aderente alla volontà del testatore è, invece, ritenere che quando egli con il
terzo legato abbia attribuito ad O. “la palazzina in Via P.(a) dell’O. – Gruppo C n. 2
corrispondente al civico n. 191 – Atto Notarile (…) dal Notaio G.C. – C. I. 2”, abbia
inteso attribuire tutt’e tre le unità immobiliari acquistate con il detto atto pubblico.
In ragione di quanto precede, in riforma della sentenza appellata, va accolta la
domanda e quindi dichiarato che O.D.B. è proprietaria del locale rimessa e del locale
sgombero edificati sulle particelle (…) e (…) del catasto terreni, successivamente
classate al foglio (…), particelle (…) e (…) del catasto fabbricati, ed oggi identificate
catastalmente al foglio (…) particelle (…) sub (…) e sub (…), giusta variazione del
14.10.2016, e, per l’effetto, va condannata P.D.B. al rilascio dei predetti immobili in
favore dell’appellante.
Va, invece, rigettata la domanda di risarcimento danni, siccome non supportata da in
primo grado una compiuta allegazione (ed ancor meno prova) del pregiudizio subito e
ciò sull’erroneo presupposto che il detto danno sarebbe in re ipsa.
Ed infatti, se è vero che per lungo tempo si è ritenuto che l’occupazione sine titulo del
bene altrui – siccome ostativa al godimento del bene – fosse di per sé produttiva di un
pregiudizio per il titolare dell’immobile, è pur vero che tale impostazione risulta oggi
abbandonata dalla giurisprudenza della Suprema corte. In questo si veda
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui – coerentemente con il sistema di
responsabilità delineato dal codice del 1942, in cui il danno risarcibile è il c.d. danno
conseguenza, vale a dire il pregiudizio causalmente riconducibile alla violazione di
una situazione giuridica soggettiva protetta – è onere del danneggiato fornire al
giudicante elementi idonei ad accertare la consistenza e l’entità del pregiudizio subito
(Cass. n. 378/2005; Cass. n. 15111/2013).
Tali contrapposti orientamenti hanno trovato, a ben vedere, sistemazione mediana
nella recente pronuncia della Suprema corte: Cass. n 27/07/2015, n.15757.
La detta sentenza ha, invero, affermato il seguente condivisibile principio: “In tema di
occupazione abusiva di immobile, il danno patrimoniale subìto dal titolare del bene –
della cui prova egli è sempre onerato – dipende dall’atteggiarsi del suo godimento su
di esso nel momento in cui si verifica l’occupazione, giacché solo se esista un
godimento diretto o indiretto si concretizza un danno emergente da rapportare alle
utilità che egli avrebbe potuto acquisire dal bene se non occupato, mentre, in caso
contrario, sarà al più ipotizzabile un lucro cessante, da identificare nell’impossibilità
di realizzare una modalità di godimento diretto che era stata programmata prima
dell’occupazione, ovvero una modalità di godimento indiretto che si sia presentata
“medio tempore” e resa, del pari, impossibile dall’occupazione”.
In adesione al principio sopra enunciato, quindi, in tanto si sarebbe potuto accogliere
la domanda risarcitoria, in quanto O.D.B., anziché invocare, come è avvenuto, la
giurisprudenza minoritaria in tema di danno in re ipsa (senza null’altro aggiungere)
avesse dedotto in base a quali elementi, anche presuntivi, inferire il concreto
pregiudizio subito (chiarendo, se non altro, così come richiedono le sezioni unite con
la citata sentenza del 2015, il tipo di godimento del bene, diretto o indiretto, precluso
dalla successiva illegittima occupazione (c.d. danno emergente), ovvero, indicando la
programmata (prima dell’occupazione) modalità di godimento particolare della res
(c.d. lucro cessante).
Né tale difetto di allegazione può essere supplito con le deduzioni operate in questo
secondo grado di giudizio, trattandosi di allegazioni di fatti totalmente nuovi
(necessità di disporre dell’area di sedime oggi occupata dal locale di sgombero per far
transitare mezzi meccanici sulla limitrofa stradella) atti a modificare sostanzialmente
il thema decidendum.
In base alla soccombenza parziale, P.D.B. va condannata al pagamento di metà delle
spese processuali di entrambi i gradi in favore dell’appellante, compensata tra le parti
la metà residua.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, in
accoglimento dell’appello proposto da D.B.O., nei confronti di D.B.P., avverso la
sentenza emessa dal tribunale di Catania il 7.8.2017, in accoglimento parziale
dell’appello ed in conseguente parziale riforma della sentenza impugnata, che per il
resto conferma, dichiara che O.D.B. è titolare del diritto di proprietà sul locale
rimessa e sul locale sgombero indicati nel rogito notar C. del (…), e precisamente dei
locali edificati sulle particelle (…) e (…) del catasto terreni, successivamente classate
al foglio (…) particelle (…) e (…) del catasto fabbricati, ed oggi identificati
catastalmente al foglio (…) particelle (…) sub (…) e sub (…), giusta variazione del
14.10.2016, originata da Bonifica di identificativo catastale n. (…), condannando
D.B.P. al rilascio dei predetti immobili in favore dell’appellante.
Condanna altresì D.B.P. al pagamento di metà delle processuali di entrambi i gradi,
che, per il primo grado, si liquidano nell’intero in Euro 118,50 per esborsi in Euro
875,00 per la fase di studio, in Euro 740,00 per la fase introduttiva, in 1600,00 per la
fase istruttoria ed in Euro 1620,00 per la fase decisoria, oltre IVA CPA ed oltre
rimborso spese forfettarie ex art. 1, comma 2, nella percentuale del 15 % del
compenso totale per la prestazione e che, per il presente grado, si liquidano
nell’intero, in Euro 355,00 per esborsi in Euro 1080,00 per la fase di studio, in Euro
877,00 per la fase introduttiva, ed in Euro 1820,00 per la fase decisoria oltre IVA CPA
ed oltre rimborso spese forfettarie ex art. 1, comma 2, nella percentuale del 15 % del
compenso totale per la prestazione. Compensa tra le parti la metà residua.Così deciso
in Catania nella camera di consiglio dell’11 aprile 2019.
Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2019.