Vanno evitate le restrizioni supplementari ingiustificate al paritario accesso ad entrambi i genitori

Corte di Cassazione, 8 aprile 2019 n. 9764
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29495/2016 proposto da:
D.G.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte
di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Paola Dora Maguadda, giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.A., in proprio e nella qualità di genitore esercente la patria potestà sulla minore D.G.C.,
elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di
Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Paolo Vasaperna, giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Messina e Procuratore
Generale della Repubblica presso la Suprema Corte di Cassazione;
– intimati –
avverso il decreto della Corte di appello di Messina, depositato il 27/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2019 dal Cons. Laura
Scalia.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con decreto del 18 gennaio 2016 affidava la minore
D.G.C. ad entrambi i genitori, con collocamento presso la madre, stabilendo che il padre potesse
vederla e tenerla con sè, salvo diverso accordo con la genitrice, a fine settimana alterni, ossia
ogni quindici giorni, stabilendo altresì a carico del padre un assegno di mantenimento di Euro
600,00.
La Corte di appello di Messina, adita in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., riduceva l’assegno
mensile ad Euro 450,00, confermando nel resto le modalità di visita del padre e “rigettando tutte
le altre richieste formulate dalle parti”.
2. Ricorre in cassazione avverso il decreto emesso dalla Corte di appello, D.G.F., articolando
quattro motivi di annullamento.
Resiste con controricorso C.A..
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Motivi della decisione
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso si prestano a trattazione congiunta perchè entrambi
sono diretti a censurare l’impugnato provvedimento per violazione di legge, anche processuale, in
relazione all’art. 337 ter c.c., e art. 132 c.p.c., ed agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost., per assunta
lesione del diritto alla bigenitorialità.
Il ricorrente si duole che il provvedimento impugnato non preveda tempi di permanenza
infrasettimanali della figlia presso il padre e quindi di frequentazione con la minore in misura
tendenzialmente paritetica rispetto a quelli di permanenza presso il genitore collocatario, sì da
consentire, nella stabilita congrua assiduità dei rapporti, anche, l’esercizio della comune
responsabilità genitoriale.
La tenera età della figlia, nata il (OMISSIS), non sarebbe stata di ostacolo all’incremento del
tempo di frequentazione tra padre e figlia, avendo da tempo la giurisprudenza riconosciuto il
rilievo assunto da una più assidua e consistente disciplina del tempo di permanenza del figlio
presso il padre, là dove essa intervenga in caso di tenera età del minore e tanto nella finalità
assolta di consentire l’instaurarsi di un solido legame tra padre e figlio.
La Corte di merito avrebbe omesso ogni indicazione di elementi espressivi della inidoneità
genitoriale del ricorrente tali da giustificare i disciplinati ristretti tempi di visita.
I motivi sono fondati nei termini di seguito precisati.
Questa Corte di legittimità ha più volte affermato che, nell’interesse superiore del minore, va
assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza
comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine
di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare
nell’assistenza, educazione ed istruzione (ex multis: Cass. 23/09/2015 n. 18817; Cass.
22/05/2014 n. 11412).
La lettura riservata dalla giurisprudenza di legittimità al superiore interesse della prole, atteso il
preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata, si è spinta a ritenere
giustificata l’adozione, in un contesto di affidamento, di provvedimenti contenitivi o restrittivi di
diritti individuali di libertà dei genitori, nell’apprezzato loro carattere recessivo rispetto
all’interesse preminente del minore (Cass. 24/05/2018 n. 12954; Cass. 04/11/2013 n. 24683).
L’orientamento è confortato nelle sue affermazioni di principio dalla giurisprudenza di fonte
convenzionale là dove la Corte Edu, chiamata a pronunciare sul rispetto della vita familiare di cui
all’art. 8 della CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di
affidamento, evidenzia la necessità di un più rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”,
tali intendendo quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie
giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al
rispetto della loro vita famigliare.
Le “restrizioni supplementari” comportano, invero, il rischio di troncare le relazioni familiari tra
un figlio in tenera età e uno dei genitori o entrambi, pregiudicando il preminente interesse del
minore (Corte EDU, 09/02/2017, Solarino c. Italia).
La Corte di Strasburgo chiama le autorità nazionali – nella materia in questione – ad
adottare tutte le misure che era ragionevolmente possibile attendersi da loro per
mantenere i legami tra il genitore e i suoi figli (Corte EDU, 17/11/2015, Bondavalli c. Italia;
Corte EDU, 23/02/2017, D’Alconzo c. Italia), nella premessa che “per un genitore e suo figlio,
stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita famigliare (Kutzner c.
Germania, n. 46544/99, 5 58, CEDU 2002) e che delle misure interne che lo impediscano
costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della Convenzione (K. e T. c. Finlandia
(GC), n. 25702/94, 5 151, CEDU 2001 VII)” (par. 55 Corte EDU, 23/02/2017).
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Con l’ulteriore precisazione che in un quadro di osservanza e rispetto della frequentazione tra
genitore e figlio, gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità degli Stati nazionali, per garantire
effettività della vita privata o familiare nei termini di cui all’art. 8 della Convenzione Edu, non si
limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui,
ma includono l’insieme delle misure preparatorie che, non automatiche e stereotipate,
permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare esigenza che le misure deputate a
riavvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, perchè il trascorrere del tempo
può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che
non vive con lui (Corte EDU 29/01/2013, Lombardo c/ Italia).
Nel caso di specie, la Corte di appello, dopo avere ritenuto che la minore “abbisogna di
mantenere e semmai intensificare i rapporti con il padre, ma ciò in maniera del tutto graduale”,
ha, poi, con motivazione praticamente assente, dato acritica conferma ai provvedimenti, emessi
dal giudice di primo grado di cui ha apprezzato equilibrio e conformità agli interessi del minore,
senza tenere in alcun conto le critiche mosse dal padre con l’atto di impugnazione.
Rileva questo Collegio, tenendo conto anche della conflittualità tra i genitori, che non lasciava
presagire possibilità di soluzioni diverse concordate, che manca del tutto per il segnalato
passaggio una specifica motivazione in ordine alle eventuali ragioni che hanno indotto la Corte di
merito ad escludere una frequentazione infrasettimanale con il padre nella inosservanza del
principio della bigenitorialità segnato, nei suoi pieni contenuti, dalla interlocuzione tra giudici
nazionali e della Corte di Strasburgo.
E’ invero nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c.,
comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo
processo deliberativo, quale la decisione di appello motivata “per relationem” a quella di primo
grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni
svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame e
che non lasci in evidenza, nella combinata lettura di entrambe le sentenze, un percorso
argomentativo esaustivo e coerente (Cass. 05/11/2018 n. 28139; Cass. 21/09/2017 n. 22022).
2. Si lasciano apprezzare come fondati anche il terzo ed il quarto motivo di ricorso con cui si fa
valere la violazione dell’art. 132 c.p.c., e l’omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un
fatto decisivo per la controversia.
Vero è infatti che la Corte di appello omette del tutto di prendere in esame quale fatto decisivo
per la controversia la condotta ostracistica della madre, posta a fondamento del ricorso ex art.
709 ter c.p.c., su cui non impegna parola alcuna, affidandosi invece all’adozione della formula,
generica, di rigetto di “tutte le richieste formulate dalle parti”.
E tanto, pur trattandosi di una condotta gravemente lesiva del diritto del minore alla
bigenitorialità, garanzia di stabile consuetudine di vita e di ferme relazioni affettive con entrambi.
I giudici di appello anche in questo caso non evidenziano le ragioni di indegnità o di incapacità del
padre di prendersi cura della figlia, mancando nel contempo di apprezzare, avuto riguardo alla
posizione del genitore collocatario, che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la
capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore a tutela del diritto
del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e sana.
3. Il ricorso va pertanto accolto con rinvio alla Corte di appello di Messina che in altra
composizione provvederà ad attenersi agli indicati principi, liquidando altresì le spese per il
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata
e rinvia alla Corte di appello di Messina, sezione per i minorenni, in diversa composizione, anche
per le spese del giudizio di legittimità.
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Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati
identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2019