Nella mediazione la partecipazione personale è necessaria, non basta un rappresentante processuale.

Corte di Cassazione, 27 marzo 2019 n. 8473
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27762-2017 proposto da:
GAIA ENERGY ENGINEERING SRL, in persona dell’Amministratore Unico e Legale Rappresentante
Dott. D.Z.A., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO ONESTI giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
EUREKA SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 210/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 25/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2019 dal Consigliere Dott.
LINA RUBINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato CARLO ONESTI;
Svolgimento del processo
1.Il giudizio di primo grado.
Nel 2016 Gaia Energy Engineering S.r.l. depositò dinanzi al Tribunale di Udine ricorso ex art. 447-
bis c.p.c., rappresentando di aver concesso in locazione un’unità immobiliare sita in (OMISSIS) a
Eureka S.r.l. e chiedendo la risoluzione del contratto per mancata prestazione del deposito
cauzionale, il rilascio dell’immobile e la condanna della controparte alle spese del giudizio. Eureka
si costituì in giudizio, eccependo l’avvenuta costituzione, benchè solo in corso di causa, del
deposito cauzionale e l’improcedibilità della domanda per mancato previo esperimento del
tentativo obbligatorio di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche.
Il Giudice assegnò alle parti il termine di 15 giorni per l’avvio della procedura di
mediazione D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, con conseguente differimento dell’udienza di
discussione.
Gaia avviava la procedura di mediazione; al primo incontro fissato dall’Organismo di mediazione
in data 5/07/2016 parteciparono i soli procuratori delle parti, chiedendo un breve rinvio e
successivamente questi comunicavano telefonicamente al mediatore l’impossibilità delle parti di
raggiungere un accordo stragiudiziale. Il secondo incontro non ebbe mai luogo (nè si fa
riferimento, nel ricorso o nella sentenza, all’esistenza di un verbale di mancata conciliazione).
Alla successiva udienza il difensore di Eureka eccepì nuovamente l’improcedibilità della domanda
promossa dalla ricorrente sul rilievo che nel procedimento di mediazione non fossero comparse le
parti personalmente ma solo i difensori, eccezione alla quale Gaia si oppose.
In sede di precisazione delle conclusioni Gaia, stante l’avvenuta costituzione (benchè tardiva) del
deposito cauzionale ad opera della controparte, rinunciò alla domanda di risoluzione del contratto e insistette soltanto per ottenere la condanna di Eureka alla rifusione delle spese legali, liquidate
in base al principio della soccombenza virtuale.
Il Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere, rilevando, in rito, che non si fosse
verificata la condizione di procedibilità della domanda di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5,
comma 1-bis, con conseguente improcedibilità della domanda attorea. Compensò per intero tra le parti le spese di lite, osservando che “entrambe le domande di parte si sono alfine rivelate
inammissibili per ragioni di rito”.
2. L’appello.
Avverso la sentenza n. 1418/2016 del Tribunale di Udine propose appello Gaia, assumendo che la
mediazione obbligatoria si fosse effettivamente svolta, avendo le parti legittimamente partecipato
al procedimento di mediazione a mezzo dei rispettivi difensori (in particolare asserì che il
difensore di Gaia fosse munito di una procura speciale, conferente tutti i poteri per definire e
trattare questioni giudiziali e stragiudiziali, e che pertanto lo stesso fosse dotato di
rappresentanza formale e sostanziale) e contestando il capo relativo alle spese. Eureka si costituì
in giudizio.
La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza n. 2010 del 2017 qui impugnata, rigettò l’appello,
condannando Gaia al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.
In particolare, il Giudice d’appello affermava che il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, prevede la
presenza personale delle parti, assistite dal proprio difensore (in tal senso deponendo l’uso della
congiunzione “e”, laddove si precisa che il mediatore “invita le parti e i loro avvocati”), atteso che
nel primo incontro informativo il mediatore necessita di contatto diretto con le parti sostanziali, al
fine di verificare la fattibilità dell’inizio della procedura di mediazione vera e propria; che
pertanto, pur potendo la parte farsi rappresentare dal difensore, non sia sufficiente a tal fine una
semplice procura speciale alle liti rilasciata ex art. 185 c.p.c., contenente i poteri di transigere e
conciliare la lite, trattandosi di procura con valenza processuale e non sostanziale, essendo
necessaria una procura speciale notarile che conferisca al difensore la rappresentanza sostanziale
della parte; che nel caso di specie peraltro, a prescindere dalla partecipazione personale delle
parti, dovesse ritenersi che la mediazione non fosse mai iniziata essendovi stato un primo
incontro informativo e preliminare, senza discussione di alcuna questione relativa alla
controversia, alla sola presenza degli avvocati, mentre all’incontro successivo fissato al
18/07/2016 per lo svolgimento della mediazione in senso stretto nessuna delle parti si era
presentata.
3. Il giudizio di legittimità. Avverso la sentenza n. 210/2017 della Corte d’appello di Trieste,
pubblicata in data 25/05/2017, propone ricorso per Cassazione, con due motivi, Gaia Energy
Engineering S.r.l.
Eureka S.r.l. non ha svolto in questa sede attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 5 e 8 e
successive modifiche, nonchè degli artt. 185 e 83 c.p.c. Sostiene che la Corte d’appello,
soffermandosi sul solo elemento testuale, abbia stravolto la finalità del tentativo di mediazione
previsto a pena di improcedibilità della domanda giudiziale dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8; e
che tale articolo non preveda un obbligo di partecipazione personale delle parti al procedimento
di mediazione al fine di potersi ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, prevedendo solo
che la parte debba essere idoneamente informata sulla possibilità, o necessità, a seconda dei
casi, di ricorrere alla procedura di mediazione e sulle agevolazioni fiscali che ne derivano, e che
possa consapevolmente scegliere di delegare tale adempimento al proprio avvocato.
Aggiunge che se effettivamente la norma imponesse la presenza personale di entrambe le parti, il
convenuto sarebbe arbitro di decidere se e quando consentire il perfezionamento della condizione di procedibilità, potendo lo stesso farsi rappresentare dal proprio difensore anzichè presentarsi personalmente.
Evidenzia che, se la sanzione prevista per il comportamento più grave della mancata
partecipazione senza giustificato motivo è, D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 8, la condanna al
pagamento del contributo unificato e la possibilità per il Giudice di trarre argomenti di prova dal
suddetto comportamento, non potrebbe essere sanzionata con la più grave pena
dell’improcedibilità la condotta più lieve della mancata comparizione personale.
Deduce che la Corte d’appello finisca per avallare la tesi da essa stessa respinta laddove afferma
che al primo incontro siano comparsi i soli difensori, ma al contempo sostiene (usando peraltro le
stesse parole del verbale di intermediazione del 05/07/2016) che “le parti” dichiarano di voler
procedere con la mediazione (ciò significando, infatti, che gli avvocati abbiano agito in
rappresentanza delle parti); e che non si capisca perchè al primo incontro la procedura di
mediazione abbia potuto prendere avvio senza la presenza materiale di Gaia ed Eureka ma al
successivo incontro fosse necessaria la loro presenza per poter dare atto dell’esito negativo del
procedimento ex D.Lgs. n. 28 del 2010.
La ricorrente contesta inoltre l’individuazione della fonte normativa della procura rilasciata al
proprio avvocato nell’art. 185 c.p.c.rubricato “Tentativo di conciliazione” anzichè nell’art. 83
c.p.c. Lamenta infine che, seguendo la tesi ex adverso propugnata, la Corte d’appello avrebbe
potuto disporre essa stessa, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, l’esperimento della
mediazione ex lege.
Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), l’omesso esame di un fatto
decisivo indicato nella procura speciale alle liti, il cui testo non riproduce, ma che indica come
prodotta nel giudizio di cassazione come allegato al ricorso, al n. 5.
La ricorrente deduce che il difensore di Gaia, in virtù della procura speciale notarile rilasciata allo
stesso e depositata in giudizio, avesse non solo ricevuto procura per rappresentare Gaia in
giudizio, ma gli fossero stati conferiti tutti i poteri di disporre dei diritti materiali di Gaia oggetto
della causa, anche nelle procedure stragiudiziali qual è quella di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 e
quindi che fosse non solo una procura processuale ma contenesse anche il conferimento di poteri
sostanziali e che pertanto l’avvocato, munito di una tale procura, fosse legittimato a sostituire la
parte nel procedimento di mediazione obbligatoria. Al terzo punto del ricorso, la ricorrente, ad
evitare che sulla questione si formi il giudicato, ripropone, fidando nell’accoglimento dei due
precedenti motivi, la domanda di condanna alle spese del giudizio di appello dell’avversaria, sulla
base della soccombenza virtuale della stessa, con eventuale esame della stessa da parte del
giudice del rinvio.
Il ricorso pone per la prima volta a questa Corte la necessità di affrontare alcune questioni in
tema di mediazione obbligatoria, introdotta come condizione di procedibilità di una vasta serie di
controversie dal D.Lgs. n. 28 del 2010 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 60, in
materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali) e
successive modifiche.
In particolare, la questione giuridica che il ricorso impone di risolvere è se, nel suddetto
procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena
di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5,
comma 1 bis, (introdotto dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 84, convertito con modificazioni
della L. 9 agosto 2013, n. 98, dopo che la Corte Cost. con sentenza n. 272 del 2012 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del comma 1 del medesimo articolo) e disciplinato, in particolare, dagli
artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente
davanti al mediatore, affinchè il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità
dell’azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la
stessa possa – e in che modo – farsi sostituire.
Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri,
occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da
chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta
che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti. Il
legislatore con il decreto legislativo menzionato ha cercato di accelerare, se non forzare, la
creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie, con finalità deflattiva,
imponendo per una vasta serie di controversie questa ipotesi di mediazione come obbligatoria, il
cui mancato esperimento è stato sanzionato con l’improcedibilità. Dalla lettura delle disposizioni
ad essa dedicate, emerge l’adozione di un procedimento deformalizzato che si svolge davanti al
mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa
professionalizzazione delle figura del mediatore, e dall’offerta alle parti di un momento di
incontro, perchè potessero liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultassero
irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonchè da
agevolazioni fiscali. Il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti
e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse,
aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là
delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della
conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca
soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali.
Quanto alla presenza dell’avvocato, essa originariamente non era neppure prevista; è stata infatti
introdotta nell’art. 5 dal comma 1 bis, che prevede che chi intenda esercitare l’azione debba
promuovere preventivamente la mediazione obbligatoria assistito dal proprio avvocato. Si può
osservare che la novella del 2013, che introduce la presenza necessaria dell’avvocato, con
l’affiancare all’avvocato esperto in tecniche processuali che “rappresenta” la parte nel processo,
l’avvocato esperto in tecniche negoziali che “assiste” la parte nella procedura di mediazione,
segna anche la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte
diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano,
inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche
avanzate.
Non è questa la sede per valutare le probabilità di successo delle creazione forzosa di una cultura
della mediazione. Occorre prendere atto che la legge impone in una vasta serie di casi, come
momento necessario e significativo precedente alla possibilità stessa di introdurre il giudizio, la
necessità di esperire la mediazione e sciogliere alcuni nodi del rapporto tra mediazione
obbligatoria e giudizio, per individuare quando la condizione di procedibilità possa ritenersi
soddisfatta e in particolare se, nel caso di specie, il giudice abbia correttamente ritenuto che
l’azione proposta fosse improcedibile (valutazione effettuata ai soli fini della soccombenza
virtuale, perchè qui la domanda di merito era stata alla fine rinunciata).
Come si è detto, il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al
mediatore, perchè solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa
trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia
ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti.
Ha imposto quindi alle parti (o meglio, alla parte che intende agire in giudizio) questo impegno
preliminare mediante il quale fida di poter evitare (alle parti, e allo Stato più in generale) un buon
numero di controversie, ben più onerose e lunghe rispetto ai tempi della mediazione obbligatoria.
L’art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al
mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati.
La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della
realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al
mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato.
Tuttavia, la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non
delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto
strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri. Laddove, per la
rilevanza della partecipazione, o della mancata partecipazione, ad alcuni momenti processuali, o
per l’attribuzione di un particolare valore alle dichiarazioni rese dalla parte, la legge non ha
ritenuto che la parte potesse farsi sostituire, attribuendo un disvalore, o un preciso significato alla
sua mancata comparizione di persona, lo ha previsto espressamente (v. art. 231 c.p.c., sulla
risposta all’interrogatorio formale: “La parte interrogata deve rispondere personalmente” e il
successivo art. 232 che fa discendere precise conseguenze alla mancata presentazione della
parte a rendere interrogatorio): v. Cass. n. 15195 del 2000: “L’interrogatorio formale non può
essere reso a mezzo di procuratore speciale atteso che il soggetto cui è deferito deve rispondere
ad esso oralmente e personalmente, in base all’art. 231 c.p.c..
Non è previsto, nè escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore.
Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l’azione, ma
identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa
partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a
sua scelta e quindi anche ma non solo – dal suo difensore.
Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la
parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della
partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che
ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito
dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa
sulla riforma delle ADR all’art. 84). Quindi il potere di sostituire a sè stesso qualcun altro per la
partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale.
Ne consegue che, sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al
procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla
legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata,
benchè possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale.
Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo
scopo non può essere autenticata dal difensore, perchè il conferimento del potere di partecipare
in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti
autenticabili direttamente dal difensore.
Perciò, la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi
liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a
questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato
neppure se il potere è conferito allo stesso professionista.
Ciò detto, il primo motivo è infondato, il secondo inammissibile laddove tendente ad una diretta
interpretazione dell’atto (la procura) da parte della Corte.
La sentenza impugnata si è attenuta infatti ai principi di diritto sopra enunciati.
Ha ritenuto che la presenza della parte sia necessaria davanti al mediatore, e che tuttavia essa
potesse essere sostituita, eventualmente anche dall’avvocato.
Ha del pari ritenuto, esaminando la procura notarile rilasciata in favore dell’avvocato Onesti ed
oggi prodotta in allegato al ricorso per cassazione, che l’atto di conferimento di potere pur
avendo la forma della procura notarile fosse in realtà una semplice, benchè ampia, procura alle
liti, comprensiva di ogni potere giudiziale e stragiudiziale ed anche del potere di conciliare la
controversia (da qui il richiamo corretto all’art. 185 c.p.c.), ma comunque una procura dal valore
meramente processuale, che non attribuiva all’avvocato la rappresentanza sostanziale della
parte.
C’è poi un altro passaggio motivazionale che merita attenzione.
Lo stesso non è direttamente censurato e quindi, di per sè avrebbe potuto condurre al rigetto del
ricorso in quanto la decisione poteva fondarsi su tale autonoma ratio decidendi non impugnata.
Esso consente di esaminare e sciogliere un altro degli interrogativi che la nuova disciplina pone, e
dei punti in cui si stanno registrando orientamenti non convergenti nelle ormai numerose
sentenze di merito che si sono già occupate della mediazione obbligatoria.
La corte d’appello ha ritenuto che, non essendosi le parti presentate al primo incontro, solamente
informativo e preliminare, che si era svolto alla presenza dei soli avvocati, e non avendo mai
avuto luogo il secondo incontro, perchè le parti avevano comunicato preventivamente e
oralmente al mediatore, a mezzo dei rispettivi avvocati, l’impossibilità di pervenire ad un accordo,
la mediazione di fatto non si fosse svolta. Ha ritenuto, di conseguenza (ai limitati fini della
soccombenza virtuale) che la condizione di procedibilità non si fosse verificata.
La seconda questione da risolvere è dunque quella del quando: quando si può ritenere che il
tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso, ai fini di ritenere soddisfatta la
condizione di procedibilità? E’ sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il
primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione. In
altri termini, è sufficiente che il futuro attore (o l’attuale attore, come nel nostro caso, qualora le
parti siano stata rimesse in mediazione dal giudice, a causa già iniziata) sia fisicamente presente,
in proprio o delegando la presenza ad altra persona, e possa, finite la formalità preliminari
illustrative delle finalità e delle modalità della mediazione, limitarsi comunicare al mediatore di
non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione, o è
necessario che la mediazione sia “effettiva”, che le parti provino quanto meno a discutere per
trovare una soluzione, per poi poter dare atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una
soluzione positiva? Sia l’argomento letterale – il testo dell’art. 8 – che l’argomento sistematico la
necessità di interpretare la presente ipotesi di giurisdizione condizionata in modo non estensivo,
ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela
giurisdizionale – depongono nel senso che l’onere della parte che intenda agire in giudizio (o che,
avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata
rimessa davanti al mediatore dal giudice) di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi
adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro
davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in
merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare
il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di
mediazione.
In questo senso depongono sia la struttura del procedimento, disciplinata dall’art. 8 e suddivisa in
un primo incontro preliminare davanti al mediatore (“Durante il primo incontro il mediatore
chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore,
sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla
possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo
svolgimento.”) e in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione. Solo se
le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà
avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione,
altrimenti si arresterà alla fase preliminare (all’esito della quale sono dovute solo le spese, e non
anche il compenso del mediatore).
Non andrà in ogni caso avanti, dando atto dell’esito negativo della mediazione, se il potenziale
convenuto non compare, o se compare e dichiara di non essere interessato alla mediazione. Di
questo comportamento si potrà eventualmente tenere conto nel successivo giudizio, come
prevede il comma 4 bis dell’art. 8 (“Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al
procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio
ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti
dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento
all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato
dovuto per il giudizio.”).
Se anche il convenuto compare ed è l’attore che dichiara di non intendere impegnarsi nella
mediazione deve ritenersi che il mediatore debba prenderne atto e che l’attività si concluda anche
in questo caso al termine dell’incontro preliminare, che la mediazione sia stata esperita e che
abbia dato esito negativo, e che quindi la condizione di procedibilità sia soddisfatta.
Quindi, è richiesta l’attivazione del procedimento di mediazione, la scelta del mediatore, la
convocazione della controparte; è richiesta oltre la comparizione personale davanti al mediatore
(con le possibilità alternative sopra enunciate)e la partecipazione al primo incontro, nel corso del
quale la parte riottosa può liberamente convincersi di provare effettivamente e fino in fondo la
strada della soluzione alternativa alla controversia. Non può invece ritenersi che al fine di ritenere
soddisfatta la condizione di procedibilità sia necessario pretendere dalla parte anche un impegno
in positivo ad impegnarsi in una discussione alternativa rispetto al giudizio.
Non costituisce per contro idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera
comunicazione di aver sondato l’altra parte ed avere concordemente escluso la possibilità di
addivenire ad un accordo, perchè in questo modo si elude l’onere di comparire personalmente
davanti al mediatore e di partecipare al primo incontro.
Nel caso di specie, la corte d’appello ha ritenuto che non si sia arrivati neppure a questa fase,
perchè le parti non sono mai comparse, personalmente o idoneamente rappresentate, davanti al
mediatore, tant’è che non è stato neppure redatto un verbale negativo.
Il ricorso va complessivamente rigettato. I principi di diritto enunciati possono essere riepilogati
come segue:
– nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive
modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal
difensore;
– nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un
proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che
l’assiste nel procedimento di mediazione, purchè dotato di apposita procura sostanziale;
– la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata alla termine del primo incontro davanti al
mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state
adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere
oltre.
Nulla sulle spese, in difetto di attività processuale da parte dell’intimata.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente
risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis
del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 6 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2019