Al momento della celebrazione del matrimonio la buona fede dei nubendi si presume.

Corte di Cassazione Civile, Sezione I, Ordinanza del 17 gennaio 2024, n. 1772, Cons. Rel.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1926/2021 R.G. proposto da:
Giurisprudenza di legittimità Ondif
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A., 143, presso lo studio dell’avvocato
GALIANI DAVIDE rappresentato e difeso dall’avvocato SECHI LUCA, come da procura
speciale in atti.
– ricorrente –
contro
B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA M. 247, presso lo studio dell’avvocato DI
GIOVANNI FRANCESCO che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti.
– controricorrente –
nonché contro
PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO CAGLIARI
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 543/2020 depositata il
28/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Consigliere LAURA
TRICOMI.
Svolgimento del processo
An.De. ebbe a contrarre matrimonio l’11 novembre 1969 con Si.Be., matrimonio da cui
nacque A.A.; con sentenza parziale in data 18 febbraio 2009 il Tribunale di Sassari
pronunciò la cessazione degli effetti civili di questo matrimonio; in data 13 giugno 2009
An.De. contrasse matrimonio civile con B.B.; in data 15 ottobre 2011 An.De. morì.
Con atto di citazione in data 15 giugno 2013 A.A. agì dinanzi al Tribunale di Cagliari nei
confronti di B.B., per fare dichiarare la nullità del matrimonio da questa contratto con il
padre nel 2009, per mancanza del requisito della libertà di stato del nubendo al momento
del matrimonio: dedusse, a tal fine, che la sentenza di divorzio non era ancora passata in
giudicato al momento in cui venne celebrato il nuovo matrimonio.
Il Tribunale di Cagliari accolse la domanda e dichiarò la nullità del matrimonio contratto in
Roma in data 13 giugno 2009 da An.De. e B.B., disponendo le annotazioni di rito a cura
dell’Ufficiale di Stato Civile.
La Corte di appello di Cagliari, investita del gravame proposto da B.B., ha ritenuto
tempestivo ed ammissibile l’atto di appello e lo ha accolto in quanto ha ritenuto che A.A.
non era legittimata all’azione, promossa adducendo un interesse di natura successoria in
conseguenza dell’avvenuto decesso del padre. Segnatamente la Corte territoriale ha
affermato che l’interesse legittimo ed attuale ad agire, di cui all’art. 117 cod. civ. deve
identificarsi nell’interesse dei soggetti titolari di una situazione soggettiva collegata a
rapporti di indole familiare che è pregiudicata dagli effetti propri del matrimonio, per cui la
legittimazione deve ammettersi in quanto l’azione sia strettamente necessaria a rimuovere
il pregiudizio da cui scaturisce l’interesse. Nello specifico, il giudice del gravame ha
escluso la sussistenza dell’interesse successorio prospettato da A.A. in quanto la
declaratoria di nullità del matrimonio non avrebbe potuto incidere, in forza dell’art. 584
cod. civ. che regola il caso del matrimonio putativo, sulla consistenza della quota ereditaria
spettante alle due parti in causa e pertanto non poteva realizzare l’interesse per il quale la
domanda di nullità era stata proposta (fol. 17 della sent. imp.); in proposito, ha affermato
che non vi era dubbio alcuno della sussistenza della buona fede in capo a B.B. al
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momento del matrimonio, con riferimento al ritenuto passaggio in giudicato della sentenza
del Tribunale di Sassari che aveva pronunciato il pregresso divorzio.
A.A. ha proposto ricorso con tre mezzi illustrati da memoria, per conseguire la cassazione
della sentenza de quo. B.B. ha replicato con controricorso e memoria.
È stata disposta la trattazione con rito camerale.
Motivi della decisione
2.1.- La prima e la seconda censura concernono la declaratoria di ammissibilità dell’atto di
appello, ritenuto dalla Corte territoriale tempestivamente introdotto da B.B., sulla scorta
della accertata nullità della notificazione della sentenza di primo grado eseguita
personalmente nei confronti di questa, rimasta contumace in primo grado, su istanza del
difensore di A.A. a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890/1982 .
Segnatamente la copia conforme della sentenza venne notificata a mezzo del servizio
postale presso la residenza in Milano Via de.Fa. n.24 e in Cagliari Via Az. n.38: in entrambi
i casi, gli addetti al recapito, constatarono nella relata la temporanea assenza del
destinatario nella data del 15 dicembre 2016, immisero l’avviso nella cassetta degli stabili
indicati nei rispettivi indirizzi e inoltrarono, con distinte raccomandate a/r , le comunicazioni
di avvenuto deposito.
Già in sede di costituzione in appello la odierna ricorrente sostenne che il procedimento si
era svolto correttamente e la notificazione si era perfezionata con la compiuta giacenza in
data 27 dicembre 2016 presso entrambi i domicili, di guisa che l’atto di appello di B.B.,
notificato il 2 febbraio 2017, risultava tardivo ed inammissibile.
Con le presenti censure, svolte come vizi motivazionali ex art. 360 , primo comma, n.5,
cod. proc. civ., A.A. insiste su tale prospettazione.
2.2.- Con il primo, la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo,
relativamente alla dedotta dimora di B.B. In Cagliari via Az. n. 38, costituito dal
perfezionamento della notifica della sentenza di primo grado in Cagliari e dall’estratto delle
“pagine bianche”, riportante proprio quell’indirizzo di B.B. in Cagliari, alla data del 3
maggio 2017, a dimostrazione della ritualità della notificazione ivi eseguita.
Il primo motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi ove è
affermato, senza la Corte di appello sia stata smentita sul punto, che era “pacifico” che
B.B. da anni si era trasferita a Milano e che pertanto non poteva avere la sua dimora
abituale in Cagliari, di guisa che la notifica della sentenza lì eseguita non soddisfaceva i
requisiti di legge.
Quanto al fatto di cui sarebbe stato omesso l’esame, va osservato che non ne risulta
illustrata la decisività, posto che le “pagine bianche” sono formate dall’elenco degli
abbonati telefonici in ordine alfabetico con l’indicazione dell’indirizzo che riguarda,
appunto, i recapiti telefonici, la localizzazione degli apparecchi fissi e la titolarità dei
contratti telefonici, ma da ciò nulla è direttamente ed univocamente desumibile in ordine
alla abituale dimora dell’intestatario, potendo essere stato stipulato il contratto telefonico a
servizio di altro utilizzo dell’immobile (studio/attività economiche/ seconda casa ad uso
vacanze, etc.) e la circostanza rilevabile dall’elenco non è stata ritenuta univoca in merito
al perfezionamento della notificazione, nel caso di specie, stante il “pacifico” trasferimento
a Milano di B.B.
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2.3.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo,
relativo alla dedotta dimora di B.B. in Milano Via Fa. n.24, costituito dalla circostanza che
l’annotazione del cambio di residenza in Milano da Via Fa. n.24 a via Torino n.18, sia pure
con decorrenza anticipata al 4 ottobre 2016, era stato eseguito dal Comune di Milano – a
seguito dell’istanza di riesame avanzata da B.B., a seguito del provvedimento di rigetto
emesso dal Comune di Milano il 1° marzo 2017, e, quindi, in epoca successiva alla notifica
della sentenza di primo grado, di guisa che non si poteva affermare che B.B. non avesse
più la sua residenza e /o dimora in Via Fa. n.24 al momento della notifica.
Il secondo motivo è infondato.
La Corte di appello ha fondato la sua pronuncia sulle informazioni rilasciate dal Comune di
Milano in data 28 dicembre 2018 e sulle risultanze anagrafiche corrette, risultanti dal
certificato anagrafico storico rilasciato in pari data dal Comune ove era precisato che
sostitutiva ed annullava le certificazioni precedenti. Da questo certificato ha desunto che
dal 5 ottobre 2016 al 27 dicembre 2018 B.B. risiedeva anagraficamente in Via To. n. 18 e
che quindi la notifica era stata fatta in luogo diverso dalla residenza anagrafica, luogo che
– stante le attività poste in essere dall’agente postale ed attestate nell’avviso di ricevimento
della raccomandata, presentava un collegamento con B.B., dando luogo ad una
presunzione semplice.
La Corte di merito ha dedotto che toccava, quindi, a B.B. dimostrare che ella aveva non
solo la residenza, ma anche la dimora in un luogo diverso ed ha affermato che tale prova
era stata offerta sulla base di documenti da quali si evinceva che, al momento della
notifica, B.B. non risiedeva più in Via Fa. n.24, né aveva lì la sua dimora abituale,
documenti il cui contenuto non è messo in discussione dalla ricorrente.
L’esame dei documenti indicati dalla ricorrente e delle attestazioni rese dal Comune di
Milano vi è stato, ed anzi proprio in base a questi la Corte di merito ha motivato la
decisione, anche se ha raggiunto conclusioni non conformi alle aspettative della ricorrente.
D’altronde la Corte di merito, pur ritenendo, sulla scorta dell’acquisito certificato di
residenza storica – che la residenza anagrafica di B.B. fosse già stata trasferita a Via To.
n.18 al momento della notificazione della sentenza di primo grado, ha comunque ritenuto
che fosse stata attestato un collegamento tra la dimora in Via Fa. n.24 e B.B. da parte
dell’agente postale ed ha affermato che su quest’ultima gravava l’onere di fornire la prova
contraria. Ha, quindi, ritenuto che ciò B.B. aveva dimostrato in ragione di plurimi elementi
(antecedente riconsegna dell’ immobile di Via Fa. e registrazione all’Agenzia delle entrate
della risoluzione del contratto, etc.).
Risulta, pertanto, rispettato il principio secondo il quale la notificazione di un atto ex art.
140 cod. proc. civ. – al quale è assimilabile la notificazione a mezzo del servizio postale- in
un luogo non coincidente con le risultanze anagrafiche non determina la nullità del
procedimento atteso che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente
presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, che è accertabile con ogni mezzo di
prova, anche contro le stesse, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario
della notifica dimori, di fatto, in via abituale (Cass. n. 8463/2023 ) e
la Corte di appello ha accertato, sulla scorta di circostanze di fatto non contestate e non
costituite dalla sola emergenza anagrafica, che B.B. non dimorava più in Via Fa. n.24 al
momento della notificazione.
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3.1.- Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.112 e 345
cod. proc. civ., in relazione agli artt.86 , 117 , 128 e 584 cod. civ., riferita al contestato
accoglimento dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo alla odierna
ricorrente.
La Corte di appello ha premesso che la dichiarazione di nullità del matrimonio è soggetto a
condizioni più stringenti rispetto ad altri casi di nullità e che la legittimazione ad agire è
riservata a coloro che “abbiano per impugnarlo un interesse legittimo ed attuale” e che,
quindi, va identificata in una situazione pregiudicata proprio dagli effetti del matrimonio; ha,
quindi, rimarcato che l’interesse ad agire per la declaratoria di nullità, prospettato dalla
ricorrente odierna, era collegato ai diritti ereditari ed ha escluso la ricorrenza dell’interesse
in questione, sul rilievo che B.B. era in buona fede al momento del matrimonio, in ciò
indotta, in particolare, dalle risultanze formali delle annotazioni relative alla cessazione
degli effetti civili del precedente matrimonio contratto da A.A., riportate sui pubblici registri –
oltre che da altri elementi -, di guisa che avrebbe trovato ingresso, anche ove dichiarata la
nullità del matrimonio, l’applicazione dell’art. 584 cod. civ. che disciplina la successione
ereditaria del coniuge putativo.
Sulla scorta di ciò ha ravvisato il difetto di legittimazione della ricorrente.
La ricorrente sostiene che la ricorrenza o meno dei presupposti di applicabilità dell’art. 584
cod. civ. rileverebbe solo in un momento successivo alla dichiarazione di nullità del
matrimonio putativo intervenuta dopo la morte del coniuge; che l’art. 128 cod. civ.
dimostra che non può parlarsi di matrimonio putativo se non quando il matrimonio sia stato
celebrato e sia stato poi dichiarato nullo; che la Corte di appello avrebbe esorbitato dal
thema decidendum rimesso alla sua valutazione, perché la questione della buona fede dei
coniugi e della loro convivenza non era mai stata dedotta nel corso del giudizio, e che si
era pronunciata su eccezioni che potevano essere sollevate solo dalla parte, ampliando in
modo non consentito l’oggetto del giudizio.
3.2.- Il motivo è infondato.
3.3.- L’art. 117 , primo comma, cod. civ. prevede una pluralità di ipotesi di nullità del
matrimonio, a seconda che siano stati violati gli artt.86 , 87 o 88 cod. civ. Questa
disposizione rileva nel presente caso, in cui è stata dedotta la nullità del matrimonio per
violazione dell’art. 86 cod. civ. che prescrive la libertà di stato per i nubendi; essa
circoscrive la legittimazione a promuovere l’azione di nullità ad alcuni soggetti specifici –
coniugi, ascendenti prossimi, pubblico ministero- e a “tutti coloro che abbiano per
impugnarlo un interesse legittimo ed attuale” disposizione la cui interpretazione è centrale
nella vicenda in esame.
Va rammentato che l’azione di nullità, pur promuovibile dal pubblico ministero, non può più
essere esperita da questi dopo la morte di uno dei coniugi, secondo quanto previsto
dall’art. 125 cod. civ. (Cass. n.4653/2018 ) e che l’azione per impugnare il matrimonio è
intrasmissibile agli eredi, se non quando il giudizio è già pendente alla morte dell’attore
(art. 127 cod. civ.), circostanza non ricorrente nel presente caso.
Orbene, nel caso in cui uno dei due coniugi sia già deceduto al momento in cui viene
dichiarata la nullità, il matrimonio è già sciolto ai sensi dell’art. 149 cod. civ. e gli effetti
conseguenti al decesso di uno dei coniugi, quale l’apertura della successione ereditaria,
già si sono verificati, tanto è vero che la peculiare situazione è espressamente e
distintamente disciplinata dall’art. 584 cod. civ., che fa salvi i diritti ereditari del coniuge
superstite in buona fede “putativo”.
Giurisprudenza di legittimità Ondif
Il titolo di legittimazione fatto valere dalla odierna ricorrente, che ha agito dopo la morte del
padre per conseguire la declaratoria di nullità del matrimonio, è stato fondato su “un
interesse legittimo ed attuale” rappresentato dalle proprie aspettative successorie in
ragione della previsione, ritenuta pregiudizievole, dell’art. 584 , primo comma, cod. civ.
L’art. 584 , primo comma, cod. civ., stabilisce che “Quando il matrimonio è stato dichiarato
nullo dopo la morte di uno dei coniugi, al coniuge superstite di buona fede spetta la quota
attribuita al coniuge dalle disposizioni che precedono. Si applica altresì la disposizione del
secondo comma dell’articolo 540” così facendo salvi i diritti successori del coniuge di
“buona fede”. In proposito, va rimarcato che tardivamente la ricorrente, nell’atto
introduttivo del giudizio di legittimità (fol. 32), ha prospettato un interesse di natura
familiare anche morale, oltre che economico, senza tuttavia nulla illustrare circa la
tempestiva introduzione del tema nella fase di merito e senza descrivere lo specifico
interesse morale vantato, con evidente novità ed inammissibilità della questione nella fase
di legittimità.
Chiarito il perimetro normativo della legittimazione ad agire rilevante nel presente caso, va
osservato che la disposizione di cui all’art. 128 cod. civ., che prevede a quali condizioni il
matrimonio nullo produce gli effetti del matrimonio valido (cd. matrimonio putativo),
stabilisce che gli effetti del matrimonio valido si producono in favore dei coniugi fino alla
sentenza che ha pronunciato la nullità ” … quando i coniugi stessi lo hanno contratto in
buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da
timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi”, dal che si deduce la
centralità del tema della “buona fede” nell’ambito dell’accertamento della nullità del
matrimonio quando si controverta su diritti che vengono “fatti salvi” anche in caso di
accertata nullità.
In proposito, è necessario ricordare che nella giurisprudenza di legittimità corrisponde a un
principio ampiamente recepito l’applicabilità alla materia matrimoniale del criterio generale
di cui all’art. 1147 , quarto comma, cod. civ., dovendosi – agli effetti della dichiarazione di
nullità del matrimonio putativo ex art. art. 128 cod. civ.-, presumere la buona fede dei
nubendi nel momento della celebrazione del matrimonio, con la conseguenza che l’onere
di provare l’inefficacia del matrimonio nullo, anche sotto il profilo della putatività, e la mala
fede del nubendo, incombe a colui che lo allega (cfr. Cass. n. 33409/2021 ; Cass. n.
2077/1985; Cass. n. 4889/1981; Cass. n. 1298 del 1971).
È stato precisato che anche la prova dell’esistenza di uno stato di dubbio del coniuge sulla
validità del matrimonio è a carico di chi ha interesse a dimostrare l’assenza di buona fede.
Ed ogni valutazione al riguardo – anche in ordine alla ricorrenza di una situazione di
ignoranza dipendente da colpa grave in capo al coniuge cui tale situazione è rimproverata
(cfr. Cass. n. 4649/1985) – è riservata al giudice di merito (cfr. Cass. n. 2486/1969).
3.4.- Premesso l’inquadramento normativo, va rilevato che dalla lettura dell’art. 584 , primo
comma, cod. civ. si evince che il diritto alla quota ereditaria di pertinenza del coniuge
superstite – rispetto alla disponibilità della quale la ricorrente ha prospettato il suo interesse
ad agire – viene meno solo ove ricorrano due condizioni concorrenti ed intrinsecamente
connesse e cioè: I) la nullità del matrimonio; ii) la mancanza di buona fede del coniuge
superstite. Da ciò si evince che la declaratoria di nullità del matrimonio, ove non sia
accertata la mancanza di buona fede, è priva di effetti ai fini successori.
Va rimarcato che l’art. 584 cod. civ. non è norma processuale, ma norma sostanziale che
stabilisce i presupposti giuridici del diritto da esso riconosciuto.
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Questa disposizione – a differenza di quanto sostiene la ricorrente – non stabilisce che il
coniuge superstite ha diritto a pretendere la quota ereditaria solo se in buona fede, ma che
“la quota ereditaria spetta al coniuge superstite di buona fede”, buona fede che, come già
si è evidenziato, si presume, a meno che non vi sia prova contraria che grava su colui che
invoca la nullità.
3.5.- Ne discende che l’interesse ad agire ex art. 117 , primo comma, cod. civ. che sia fatto
valere per conseguire la declaratoria di nullità del matrimonio da parte di un terzo, al fine di
evitare il pregiudizio di diritti successori vantati verso il coniuge deceduto che egli potrebbe
subire a seguito dell’applicazione dell’art. 584 cod. civ. a favore del coniuge “putativo”, si
configura come “legittimo ed attuale” solo ove l’azione proposta sia volta a conseguire la
declaratoria di nullità del matrimonio e l’accertamento della mala fede da parte del coniuge
superstite, che il terzo attore ha l’onere di allegare, dedurre e dimostrare, in quanto solo in
presenza di queste due circostanze il diritto successorio del coniuge superstite recede.
3.6.- Nel caso in esame, la stessa ricorrente riconosce che “nel giudizio di primo grado il
tema della buona fede non sia stato mai oggetto di discussione, al pari del giudizio di
appello in cui un solo accenno viene svolto tardivamente ed inammissibilmente nella
comparsa conclusionale della B.B.”(fol. 30 del ric.): da ciò si evince, la carenza
dell’interesse legittimo ed attuale di A.A.- rettamente riscontrata dalla Corte di appello –
perché l’azione proposta avrebbe potuto contrastare il pregiudizio prospettato
(conseguente all’applicazione dell’art. 584 cod. civ.) solo in quanto atta a dimostrare non
solo la nullità del matrimonio, ma anche la malafede del coniuge superstite, mentre risulta
evidente che il tema della buona/mala fede non era stato da essa stessa – su cui
incombeva l’onere – posto in alcun modo né in primo, né in secondo grado.
La decisione risulta pertanto immune da vizi, come emerge dalla motivazione che è
argomentata e immune da vizi logici e, quindi, incensurabile in sede di legittimità. La
circostanza che la Corte di appello abbia accertato che la buona fede di B.B., oltre che
presunta, era provata anche dalle evenienze documentali versate in giudizio, provenienti
dalla Cancelleria del Tribunale di Sassari e dai Registri di stato civile di Cordongianus, ha
una valenza esclusivamente rafforzativa della decisione, a fronte del mancato
assolvimento degli oneri allegativi, deduttivi e probatori suoi propri da parte dell’originaria
attrice in merito alla mala fede del coniuge superstite.
4.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità
delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 , art. 52 .
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in euro
6.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella
misura del 15% ed accessori di legge;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità
delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 , art. 52 ;
Giurisprudenza di legittimità Ondif
– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il giorno 29 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2024.