Provata apocrifia del testamento con C.T.U. nel procedimento per A.T.P.

Corte d’Appello Bari, Sez. I, sentenza 17 aprile 2023 n. 591 – Pres. Mitola, Cons. Rel. Caserta
CORTE di APPELLO di BARI
Prima Sezione Civile
Riunita in persona dei signori Magistrati:
1. Dott. Maria Mitola – Presidente
2. Dott. Alessandra Piliego – Consigliere
3. Dott. Maria Grazia Caserta – Consigliere/rel.
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. R.G. …/2020, promossa
da
(…) (C. F. (…) (rappresentata e difesa dall’Avv. (…) e dall’Avv. (…) C.F. (…) ed elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Bari, alla via (…) n. (…) (per le comunicazioni e le notificazioni:
fax: (…) pec: (…)
Appellante principale/Appellata incidentale
contro
(…), rappresentato e difeso dall’Avv.to (…) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in
Conversano, alla Via (…) (per le comunicazioni e le notificazioni: fax: (…) pec: (…)
Appellato/appellante incidentale
nonché contro
(…), rappresentata e difesa dall’avv. (…) (C.F. (…) ed elettivamente domiciliata in Monopoli alla (…)
presso il suo studio (per le comunicazioni e notificazioni: fax: (…) pec: (…) che si difende in proprio
e con l’avv. (…), elettivamente domiciliato come sopra
Appellata
avverso
la sentenza n. …/2020, pronunciata dal Tribunale di Bari in data 03/11/2020, pubblicata il 04/11/2020
e notificata in data 05/11/2020.
All’esito dell’udienza collegiale del 22.11.2022, celebrata in modalità scritta, la causa è stata riservata
per la decisione, con concessione dei termini ai sensi dell’art. 190 c.p.c.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 29.03.2017, (…) conveniva (…) e dinnanzi al Tribunale di Bari per
ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni:
“1)- assunte le conclusioni rese nell’ambito dell’ATP, dichiarare nullo il testamento olografo del
27.04.2013 per difetto di forma e, inoltre, ai sensi dell’art.591 co.1 c.c., per incapacità di intendere e
di volere della testatrice; 2)- per l’effetto dichiarare aperta la successione di (…) 3)- accertare e
dichiarare che le spetta 1/3 dell’eredità; 4)- accertare e dichiarare che il valore dell’asse ereditario
della de cuius ammontava ad Euro 1.214.500,00, ovvero di quell’altra somma da determinarsi in
corso di causa; 5)- accertare e dichiarare che il valore della quota ad essa spettante ammontava ad
Euro 404.833,33, o quell’altre somma che risulterà in corso di causa; 6)- in subordine, accertare e
dichiarare che le disposizioni testamentarie ledevano la quota di legittima ad essa spettante; 7)-
accertare e dichiarare che l’ammontare pro quota ad essa spettante è pari ad Euro 303.625,00; 8)-
accertare, per l’effetto, che la lesione della quota di riserva ammontava ad Euro 39.125,00; 9)-
condannare i convenuti alla refusione delle spese di lite.” (cfr. testualmente dalle conclusioni).
Rappresentava:
1) che il suo nucleo familiare era composto dal padre (…) dalla madre (…) e dalla sorella (…)
2) a seguito della grave forma di demenza senile della madre -accertata sin dal 2012- il padre, (…)
otteneva la nomina ad a.d.s. per la moglie, con provvedimento datato 1 giugno 2015;
3) in data 15 gennaio 2016, la sig.ra (…) decedeva;
4) in data 11 marzo 2016, la sig.ra (…) riceveva dal notaio (…) di Conversano una raccomandata a.r.
con la quale le veniva comunicato di avere ricevuto, il precedente 10 febbraio 2016, dai sigg.ri (…) e
(…) verbale di pubblicazione di testamento olografo della defunta (…)
5) con detto testamento, datato 27.04.2013, la sig.ra (…) dichiarava di lasciare “tutto” alla figlia (…) a
titolo di quota di legittima e disponibile, e di lasciare alla figlia (…) a titolo di legittima, la proprietà
della campagna di (…) ed il 50% della proprietà del locale di Via (…) dichiarava di lasciare i suddetti
beni alla figlia (…) “anche se e stata cattiva e non merita niente per quello che mi ha fatto a me e mio
marito” (cfr. testualmente dal testamento olografo in atti);
6) il valore (Euro 1.214.500,00) delle unità immobiliari di proprietà della de cuius risultavano indicate
nella relazione di stima datata 29.03.2016, redatta su incarico della Sig.ra (…) e, in base alle
disposizioni testamentarie, le sarebbero spettati beni per un valore complessivo di Euro 264.500,00
e, quindi, a suo dire, con evidente danno economico nei suoi confronti e corrispondente vantaggio
per la sorella (…)
7) tali danni economici sarebbero stati più evidenti a seguito dell’istanza, depositata in data
13.01.2016 e rigettata dal Tribunale di Bari con Provv. del 19 gennaio 2016, dall’a.d.s. (…) con cui
quest’ultimo chiedeva l’autorizzazione a stipulare un contratto di mantenimento con la figlia (…) che
prevedeva la cessione di una serie di beni immobili a fronte di una non provata prestazione di
mantenimento;
8) con nota del 5 dicembre 2016 la Sig.ra (…) richiedeva a (…) la documentazione e le informazioni
sui titoli e fondi riferiti al conto corrente di cui era intestataria la de cuius unitamente al marito. Detto
conto risultava estinto il 25 agosto 2015 e le residuali somme sarebbero state trasferite su altro conto
acceso presso il (…) a sua volta estinto a seguito del decesso della (…)
9) nutrendo forti dubbi sulla veridicità del testamento olografo e non riconoscendo la scrittura e la
sottoscrizione della madre, la Sig.ra (…) incardinava l’A.T.P. affinché venisse nominato un
consulente che accertasse la effettiva provenienza del testamento recante la data del 27.04.2013;
10) nel procedimento, la C.T.U. nominata stilava relazione peritale del 19.10.2016 nella quale rilevava
che, mentre la compilazione del testamento e la data in verifica erano autografe, la firma apposta in
calce alla scheda non era ascrivibile alla defunta, ma grafologicamente riferibile ad altra mano;
11) a seguito di tanto, la Sig.ra (…) depositava denuncia-querela presso la Procura della Repubblica
di Bari contro il padre e la sorella per i reati di cui agli artt. 491, 476, 482 e 489 c.p.
12) il testamento, ai sensi dell’art. 602, co. 1, c.p.c., secondo la sua prospettazione, doveva ritenersi
nullo anche in ragione dell’incapacità di intendere e di volere della madre al momento della
redazione.
Con comparsa di costituzione e risposta, si costituiva in giudizio, (…) contestando le avverse
prospettazioni e formulando domanda riconvenzionale. Deduceva, in particolare, che l’azione
proposta era inammissibile, in ragione della nullità della C.T.U. espletata nel proc. n. …/2016 R.G.,
dell’insussistenza dei presupposti per la declaratoria di cui all’art. 591 c.c. e dell’inconfigurabilità di
alcuna lesione alla quota di legittima riservata all’attrice.
Aggiungeva, inoltre, che l’attrice occupava in via esclusiva un immobile facente parte dell’asse
materno e, perciò, chiedeva il ristoro per i danni patiti.
Concludeva, infine, chiedendo il rigetto delle domande attoree nonché l’accertamento della
genuinità, validità ed efficacia della scheda testamentaria; in subordine, nell’ipotesi di declaratoria
di sua nullità, l’accoglimento della domanda riconvenzionale formulata, con condanna dell’attrice
alla rifusione dei danni (quantificati in complessivi Euro. 30.000,00 o altra somma ritenuta di
giustizia).
Si costituiva in giudizio (…) anch’essa contestando le avverse prospettazioni e formulando domanda
riconvenzionale. Ribadiva l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della domanda attorea per
ragioni analoghe a quelle del padre, (…) Aggiungeva che, in ragione dell’assistenza prestata alla
madre negli ultimi anni di vita e del trasferimento nel Comune di … (Ba), al fine di prestare assistenza
ai genitori, nonché per l’occupazione esclusiva di uno degli immobili della massa da parte della
germana, la sorella (…) doveva risarcirle i danni subiti. Concludeva, chiedendo il rigetto delle
domande attoree, nonché l’accertamento della genuinità, validità ed efficacia della scheda
testamentaria in contestazione; in subordine, nell’ipotesi di declaratoria di sua nullità, l’accoglimento
della domanda riconvenzionale formulata, con condanna dell’attrice alla rifusione dei danni
(quantificati in complessivi Euro 100.000,00 o altra somma ritenuta di giustizia), oltre spese.
La causa veniva istruita con le produzioni documentali delle parti e con l’acquisizione del fascicolo
di A.T.P. iscritto al n. …/2016 R.G.
All’udienza di trattazione scritta del 22.06.2020 le parti precisavano le proprie conclusioni.
All’esito, il Giudice istruttore rimetteva la causa al Collegio per la decisione con assegnazione dei
termini ex art. 190 c.p.c.
Con sentenza, pubblicata in data 04.11.2020, il Tribunale di Bari, I Sezione civile, in composizione
collegiale, così statuiva:
“1) ACCOGLIE la domanda principale e, per l’effetto, DICHIARA nullo il testamento olografo del
27.04.2013 di (…) pubblicato in data 10.02.2016, con atto per Notar (…) in C., Rep/Racc: (…);
2) ACCERTA che l’eredità di (…) nata a S.P., B., (…) e deceduta a …, 15.01.2016 si è devoluta per legge
ed è stata acquistata da (…) e (…) nella misura di un terzo ciascuno;
3) DICHIARA assorbite le ulteriori domande attoree;
4) RIGETTA le domande riconvenzionali;
5) CONDANNA (…) in solido tra loro, alla rifusione in favore di (…) di spese e competenze di
giudizio (comprensive di quelle maturate nel proc. n. 8168/16 R.G.) che liquidate in complessivi Euro
14.014,75 (di cui Euro 4.710,75 per esborsi), oltre R.S.F. al 15% nonché C.P.A. e I.V.A. come per legge;
pagamento da eseguirsi, in favore dell’avv. (…) dichiaratosi anticipatario.”(cfr. testualmente il
dispositivo dell’impugnata sentenza).
Preliminarmente, il Tribunale accoglieva la richiesta di rimessione in termini formulata da (…) per
la produzione di alcuni documenti, sul presupposto che si trattasse di “…documenti sopravvenuti
alla scadenza dei termini ex art. 183, VI co., n.2 c.p. …” (cfr. testualmente dalla sentenza) che la parte
non aveva potuto depositare nei termini per causa a sé non imputabile e che essi non implicavano
“…in ogni caso, un ampliamento del thema decidendum e di quello probandum, avendo le parti già
diffusamente dedotto … e documentato…” (cfr. testualmente dall’atto).
Il Giudice di prime cure, applicando l’ormai consolidato principio espresso dalla Suprema Corte di
Cassazione, secondo cui “la contestazione della genuinità del testamento olografo si traduce in una domanda
di accertamento negativo della validità del documento stesso” ( cfr. Cass. civ., sez. unite 15 giugno 2015, n.
12307, accoglieva la domanda di nullità per apocrifa del testamento in quanto: 1) la parte aveva
dapprima agito in sede di A.T.P. per l’accertamento della provenienza del testamento olografo; 2)
aveva attivato il giudizio per la dichiarazione di nullità testamentaria per difetto di forma, mancando
l’autografia della (…) 3) aveva contestato la genuinità dell’olografo, chiedendo, quindi,
l’accertamento negativo della sua validità “…assumendo su di sé anche il relativo onus probandi…” (cfr.
testualmente dalla sentenza).
Secondo il Primo giudice l’onere suddetto risultava assolto, essendovi stata prova sufficiente della
non autenticità del testamento olografo.
Infatti, la C.T.U. in atti, depositata in data 21.11.2016, in sede di A.T.P., accertava che l’olografo “…non
reca alcuna alterazione materiale, bensì solo “cancellature genuine… del tutto giustificate dallo scarso
grado di maturità scrittoria…” (cfr. testualmente dalla sentenza impugnata) e che “…”la filma, rispetto
al testo e alla data … risulta contraddistinta da diversi “connotati grafologici” … ravvisando
l’esistenza di “due differenti strutture psico-neuromuscolari… nella stesura dell’olografo in
questione” … “la compilazione e a data del testamento in verifica sono autografe dalla signora (…)
mentre “la firma apposta in calce non è ascrivibile alla defunta ma è grafologicamente riferibile ad
altra mano”” (cfr. testualmente dalla sentenza impugnata). A fronte di tanto, il Tribunale riteneva di
non discostarsi dalle conclusioni raggiunte dal perito e rigettava le censure mosse alla consulenza
dalle parti in quanto non attinenti all’iter procedurale ma al merito della stessa e considerate
inidonee a sovvertire le risultanze peritali.
Rilevava, in particolare, che le C.T.P. depositate dalle parti avevano “…adoperato per il proprio
scrutinio tecnico delle comparative non conformi al disposto dell’art. 217, co.2 c.p.c.” (cfr.
testualmente dalla sentenza impugnata). Si trattava di scritture che, secondo quanto disposto dal
codice, non avrebbero potuto essere utilizzate per la verifica comparativa. Né, allo stesso modo, le
risultanze peritali acquisite dal P.M. nel proc. …/17 R.G.N.R. e, in particolare, la richiesta di
archiviazione formulata, avevano trovato smentita in quanto, ferma l’autonomia fra i due
procedimenti e la diversità dei presupposti della fattispecie civilistica e dell’illecito penale “…nella
stessa istanza emerge non l’insussistenza della notizia criminis, bensì solo l’insufficienza degli
elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio…” (cfr. testualmente dalla sentenza impugnata).
Alla luce di tanto, il giudice ribadiva la condivisibilità delle risultanze peritali e la conseguente
nullità, ex art. 602 e 606, co. 1, c.c., del testamento olografo datato 27.04.2013 e pubblicato in data
10.02.2016, con atto per Notar (…) in C., Rep/Racc: (…), poi registrato in Bari il 29.02.2016, al n. 6111
Serie 1/T, in quanto non sottoscritto di pugno dalla de cuius.
Il Tribunale accoglieva, poi, la domanda di accertamento dell’apertura della successione legittima di
(…) poiché la declaratoria di nullità della scheda testamentaria comportava la devoluzione per legge
dell’eredità, aperta in data 15.01.2016.
La costituzione delle parti in giudizio determinava accettazione tacita dell’eredità.
In ragione di tanto, il giudice dichiarava le parti coeredi di (…) ciascuno nella misura di 1/3 (secondo
gli artt. 566 e 581 c.c., avendo il coniuge diritto a 1/3 e ognuna delle figlie a 2/3 /2 = 1/3), assorbite le
residue censure, compresa la domanda di accertamento del valore dell’asse ereditario e della quota
spettante all’attrice.
Dichiarava infine infondate e, dunque, rigettava le domande riconvenzionali di risarcimento danni
da occupazione dell’immobile sito in via (…) formulate dai convenuti, in quanto non era sussistente
alcuna prova dell’opposizione degli eredi al godimento dell’immobile. Ciò faceva in applicazione di
un consolidato principio (cfr. ex multis, Cass. Civ. 09.02.2015, n. 2423) secondo cui il godimento di
un immobile da parte del coerede, pieno proprietario del cespite per la quota di un terzo, non
comportava di per sé, in assenza di titolo o di prova dell’opposizione (non sussistente, appunto, nel
caso di specie) degli eredi, alcun obbligo di corrispondere un’indennità per l’occupazione esclusiva.
Liquidava i compensi per la fase di A.T.P., sulla base dello scaglione di riferimento.
Avverso tale sentenza ha proposto appello (…) chiedendo di:
“- in via preliminare:
A) CONCEDERE la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata, per i motivi
esposti in narrativa, ai sensi degli artt. 351, comma 2, e 283 c.p.c.;
– in via principale:
B) in accoglimento dell’appello, RIFORMARE totalmente, per i motivi sopra esposti, la sentenza n.
…/2020 pubblicata il 04/11/2020 emessa dal Tribunale di Bari, in persona del giudice dott. P.,
notificata in data 05/11/2020, e per l’effetto: sempre in via principale e nel merito:
C) ACCERTARE e DICHIARARE la genuinità, efficacia e validità del testamento olografo redatto in
data 27.04.2013 dalla de cuius sig.ra (…) con conferma della qualità di erede della sig.ra (…) per
quanto alla stessa lasciato dalla propria madre;
in via subordinata
D) nella denegata ipotesi di declaratoria di nullità del testamento olografo per cui è causa
ACCOGLIERE per le motivazioni indicate in atti, la dispiegata domanda riconvenzionale e, quindi,
accertare e dichiarare il diritto della sig.ra (…) all’indennizzo pari ad Euro25.000,00 dovutole per
l’assistenza morale e materiale in vita in favore della de cuius; e, per l’effetto CONDANNARE, per
le motivazioni indicate in premessa, gli eredi legittimi alla corresponsione dell’importo pari ad Euro
25.000,00 dovutole per l’assistenza morale e materiale in vita in favore della de cuius o di quelle
somme maggiori o minori a ritenersi di giustizia dall’On.le Tribunale adito: il tutto oltre interessi
maturati e maturandi ex art. 1284 c.c. (nuova formulazione) dovuti come per Legge;
E) sempre in via riconvenzionale ACCERTARE e DICHIARARE , per le causali di cui in atti, il diritto
della sig.ra (…) al risarcimento dei danni pari ad Euro 75.000,00 (sia per l’occupazione dell’immobile
e sia per i danni da trasferimento); e, per l’effetto, CONDANNARE , per le motivazioni indicate in
atti, la sig.ra (…) alla corresponsione dell’importo pari ad Euro 75.000,00 a titolo di risarcimento
danni o di quelle somme maggiori o minori a ritenersi di giustizia dall’On.le Tribunale adito: il tutto
oltre interessi maturati e maturandi ex art. 1284 c.c. (nuova formulazione) dovuti come per Legge;
F) CONDANNARE l’appellata, sig.ra (…) al pagamento di spese (compreso la restituzione del
contributo unificato), diritti e compensi del doppio grado di giudizio da distrarsi a favore dei
sottoscritti procuratori antistatari” (cfr. testualmente dalle conclusioni dell’atto di appello)
Il gravame è stato affidato a tre motivi.
Con il primo motivo (rubricato ‘Erroneità delle valutazioni svolte dal giudice di primo grado per
non aver ritenuto inammissibile la domanda attorea’) l’appellante contesta l’erroneità della decisione
impugnata nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto di non dover accogliere l’eccezione di
inammissibilità della domanda attorea errando nel ritenerla correttamente così come avrebbe errato
nel ritenere assolto l’onere probatorio avendo fondato -a suo dire- la propria decisione
esclusivamente sulla C.T.U. e tanto nonostante le asserite specifiche contestazioni delle parti
convenute. Chiarisce che l’errore del Tribunale deriverebbe dal non aver considerato il cumulo di
azioni proposte da parte attrice nell’introduzione del giudizio di primo grado (di nullità del
testamento ex artt. 606, I comma c.c. e 591, I comma n. 3 c.c., di apertura della successione legittima
e di lesione della quota legittima) che, in realtà -secondo la sua prospettazione- andavano introdotte
in maniera autonoma e solo successivamente, all’esito dell’azione di accertamento negativo della
provenienza del testamento olografo.
Con il secondo motivo (rubricato ‘Erroneità della pronuncia del giudice di primo grado in ordine
alla dichiarata nullità del testamento olografo impugnato’), ha censurato la sentenza impugnata
perché il Tribunale avrebbe errato nel ritenere raggiunta la prova, da parte di (…) della domanda di
accertamento di nullità per difetto di forma della scheda testamentaria impugnata, fondata sulle
conclusioni rassegnate dalla C.T.U. nell’ambito del procedimento per A.T.P. n.8168/2016 R.G. In
particolare, secondo l’appellante, non potrebbe ritenersi assolto l’onere suddetto col richiamo a
conclusioni intervenute all’esito dell’accertamento svolto ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. dal momento
che esso sarebbe finalizzato esclusivamente a far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o
la qualità o, ancora, la condizione delle cose e non alla verifica, come nel caso di specie, della
provenienza del testamento olografo dalla sig.ra (…)
Con il terzo motivo (rubricato ‘Erroneità della pronuncia del giudice di primo grado in ordine al
rigetto delle domande riconvenzionali) ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il
Tribunale ha ritenuto- a suo dire ingiustamente- di rigettare le domande riconvenzionali formulate
dai convenuti in quanto le stesse non risulterebbero provate.
L’appellante, in particolare, lamenta che il Tribunale di Bari avrebbe reputato di non ammettere le
formulate istanze istruttorie basando la propria decisione esclusivamente su una consulenza
grafologica che non costituirebbe mezzo imprescindibile per la verifica dell’autenticità della
sottoscrizione. A dire dell’appellante, le indagini grafiche avrebbero un limitato valore probatorio
perché prive del carattere di compiutezza e di assoluta certezza in quanto fondate su tecniche
interpretative diverse e contrastanti.
Ha concluso come innanzi.
Con comparsa di costituzione e risposta contenente appello incidentale adesivo, si è costituito in
giudizio (…) chiedendo di:
“A) in accoglimento dell’appello principale, RIFORMARE totalmente, per i motivi esposti, la
sentenza n. …/2020 pubblicata il 04/11/2020 emessa dal Tribunale di Bari, in persona del giudice dott.
P., notificata in data 05/11/2020, e per l’effetto:
B) ACCERTARE e DICHIARARE la genuinità, efficacia e validità del testamento olografo redatto in
data 27.04.2013 dalla de cuius sig.ra (…) con conferma delle relative disposizioni; in via subordinata
e nella denegata ipotesi di declaratoria di nullità del testamento olografo per cui è causa e sempre in
riforma della sentenza di primo grado (…)
C)- accogliere, per le motivazioni indicate in atti, la domanda riconvenzionale e, quindi, accertare e
dichiarare il diritto del sig. (…) al risarcimento del danno pari ad Euro 30.000,00 dovuto per
l’occupazione dell’immobile di via (…) da parte della sig.ra (…) e, per l’effetto,
D)- condannare, per le motivazioni indicate in atti, la sig.ra (…) alla corresponsione dell’importo pari
ad Euro 30.000,00, per quanto sopra o per somme maggiori o minori a ritenersi a giustizia: il tutto
oltre interessi maturati e maturandi dovuti come per Legge e rivalutazione monetaria;
E)- CONDANNARE l’appellata, sig.ra (…) al pagamento di spese, diritti e compensi del doppio
grado di giudizio da distrarsi a favore del sottoscritto procuratore antistatario.” (cfr. testualmente
dalle conclusioni della costituzione)
Con distinta comparsa di costituzione e risposta, si è costituita in giudizio (….) chiedendo di:
“1) In via preliminare, si chiede il rigetto della invocata richiesta di sospensiva della provvisoria
esecutività della sentenza impugnata, per mancanza dei presupposti legittimanti l’invocata tutela e
per tutte le ragioni rassegnate nella narrativa del presente atto, che qui si abbiano per integralmente
riportate e trascritte;
2) Nel merito, rigettare l’appello proposto dalla sig.ra (…) per le ragioni indicate nella narrativa del
presente atto, che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte; 4)Per l’effetto, confermare
la sentenza impugnata;
5) In ogni caso, condannare parte appellante, alle spese ed onorari del doppio grado di giudizio in
favore del sottoscritto procuratore anticipatario e dell’avv. (…) per le spese e competenze relative
alla difesa dell’avv.(…)(cfr. dalle conclusioni della costituzione).
L’udienza di precisazione delle conclusioni è stata svolta in modalità cartolare-telematica e sono
state depositate note scritte. All’esito, la causa è stata riservata per la decisione con assegnazione dei
termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle difese finali.
Motivi della decisione
L’appello principale e l’appello incidentale- da trattarsi congiuntamente in quanto vertenti sugli
stessi motivi- sono infondati e vanno respinti.
Per delineare immediatamente il thema decidendum, giova precisare che la sentenza impugnata ha
per oggetto, in via principale, la contestata genuinità di un testamento olografo (e connesse
domande). Le riconvenzionali formulate dai convenuti vertono invece sulla invocata condanna
dell’attrice alla refusione dei danni. In particolare, circa la domanda principale, è stata messa in
discussione l’autenticità del testamento asseritamente redatto da (…) in data 27.04.2013 (deceduta a
… il 15.01.2016) pubblicato in data 10.02.2016, a mezzo notar dott.ssa (…) testamento con cui ella
disponeva dei suoi beni in favore delle figlie e del coniuge “…lasciando a quest’ultimo l’usufrutto
della casa di abitazione, all’attrice la proprietà (integrale o pro quota con il padre) di due beni
immobili e “tutto” il patrimonio residuo alla figlia (…) (cfr. testualmente dalla sentenza impugnata).
L’attrice, odierna appellata, allegava la presunta apocrifia della scheda testamentaria -a sostegno
della quale sono state richiamate le risultanze della C.T.U. espletata nell’ambito del procedimento
di A.T.P. (n.rg. 8168/2016)- per la non riferibilità alla de cuius della firma in calce al testamento,
adduceva quindi la nullità del testamento per incapacità di intendere e di volere di quest’ultima e,
in ogni caso, la lesione della propria quota di legittima.
Ciò chiarito, possono essere scrutinati i motivi di appello.
Con il primo motivo di appello principale e incidentale adesivo, gli appellanti hanno contestato
l’erroneità della decisione impugnata a) nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto di non dover
accogliere l’eccezione di inammissibilità della domanda attorea ritenendola correttamente
introiettata e ritenendo assolto l’onere probatorio; b) nella parte in cui ha fondato la propria decisione
esclusivamente sulla C.T.U. e tanto nonostante le specifiche contestazioni formulate alla stessa.
Hanno precisato che l’errore del Tribunale deriverebbe dal non aver considerato il cumulo di azioni
proposte da parte attrice/appellata con l’introduzione del giudizio di primo grado (di nullità del
testamento ex artt. 606, I comma c.c. e 591, I comma n. 3 c.c., di apertura della successione legittima
e di lesione della quota legittima) che, in realtà, andavano -a loro dire- introdotte in maniera
autonoma, e solo successivamente, all’esito dell’azione di accertamento negativo della provenienza
del testamento olografo dalla de cuius.
La censura non coglie nel segno.
E’ noto che il testamento olografo, così come disciplinato dal codice civile, è un atto di ultima volontà
che richiede, come requisiti essenziali, la redazione, sottoscrizione e datazione di pugno del
testatore.
Ciò in quanto l’autografia delle disposizioni in esso contenute ha la finalità di soddisfare
l’imprescindibile esigenza di avere l’assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore -già
assicurata dall’autografia- ma anche di assicurare l’inequivocabile paternità e responsabilità del
medesimo che, redigendo il testamento, abbia disposto del suo patrimonio in piena libertà e senza
alcun condizionamento. Di conseguenza, l’accertata apocrifia della sottoscrizione esclude in radice
la riconducibilità dell’atto di ultima volontà al testatore (cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 26791/16).
Ciò significa che, in caso di obiezione circa l’autenticità del testamento, colui il quale contesti la verità
e validità dello stesso, necessariamente, e per consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass.
n. 18363/18), deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e
fornire la relativa prova.
Ricalcando la suddetta disciplina e la giurisprudenza di merito, questa Corte è concorde con il primo
Giudice nel ritenere correttamente espletato l’iter procedurale circa la contestazione della autenticità
del testamento olografo che, lo si ribadisce, deve avvenire per mezzo di una domanda di
accertamento negativo della provenienza della scrittura, con ogni conseguenza di legge anche in
ordine all’onere della prova che grava sulla parte proponente l’impugnazione “…mentre la parte
contro colui l’azione viene esercitata non ha l’onere di dichiarare di volersi avvalere del detto
testamento, non essendo applicabile il procedimento di verificazione delle scritture private di cui
all’art. 216, comma 2, c.p.c.” (cfr. Cass. n. 18363/18).
Nel caso di specie, l’attrice/appellata ha correttamente attivato un procedimento di A.T.P., ai fini
dell’accertamento dell’effettiva provenienza del testamento olografo, per poi espletare il giudizio in
cui veniva richiesta la dichiarazione di nullità del testamento per difetto di forma, mancando
l’autografia della de cuius, (…) Invero, come già ribadito in primo grado e, prima ancora, dalla
Cassazione a Sezioni Unite, l’allegazione della “falsità” del testamento olografo, tenendo conto della
situazione dedotta dall’attrice in primo grado, è prima di tutto qualificabile come domanda di
accertamento negativo della provenienza della scrittura (cfr. Cass. S.U. n. 12307/2015; ribadito da
ultimo da Cass. n. 4538/2021). In tale procedimento, l’onere della prova incombe, secondo i principi
generali dettati in tema di accertamento negativo, sulla parte che ne contesti l’autenticità (Cass. n.
13363/2018).
Dalla documentazione depositata in atti, come anticipato, tale onere può ritenersi assolto, in quanto
è stata data prova sufficiente della non autenticità della firma apposta in calce alla scheda oggetto di
impugnativa mediante la C.T.U. espletata nell’ambito del procedimento di A.T.P., C.T.U. poi
acquisita agli atti del giudizio di merito. Si tratta di un mezzo di prova liberamente utilizzabile dal
giudice che acquisisce lo stesso valore e la stessa efficacia probatoria dei mezzi di prova libera
acquisiti nel corso del giudizio medesimo (“L’acquisizione della relazione di accertamento tecnico
preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l’accertamento dei fatti di causa non deve
necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale
acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l’abbia poi esaminata traendone elemento per
il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell’acquisizione e l’impossibilità di
esame delle risultanze dell’indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse.”, cfr.
Cass. civ. n. 6591/2016)
Le controdeduzioni in merito alla C.T.U. di cui si discute, poi, sono state regolarmente effettuate e
depositate e all’esito vi è stata la conferma delle conclusioni a cui è pervenuta la C.T.U. anche dopo
le repliche alle osservazioni tecniche del C.T.P. delle parti già resistenti in A.T.P. (che riferiva di
condividere “l’attribuibilità del testo e della data … alla de cuius”, contestando invece l’accertamento
dell’apocrifia della sottoscrizione, dal C.T.P. ritenuta riferibile alla “medesima mano”, con discrasie
che, pur sussistendo, avrebbero potuto a suo parere essere ricondotte “nell’ambito della variabilità
individuale”, cfr. consulenza di parte in atti).
La Corte ritiene pertanto condivisibile il ragionamento del primo Giudice che ha ritenuto non esservi
“…ragione di discostarsi dalle conclusioni raggiunte dal perito; …” ritenendo inoltre che le
“…osservazioni formulate dalle parti convenute…” non consentivano “…di giungere a esiti
differenti…” (cfr. testualmente dalla sentenza impugnata).
Il primo motivo di appello è pertanto respinto.
Con il secondo motivo di appello principale e incidentale adesivo, l’appellante principale e
l’appellante incidentale hanno censurato la sentenza impugnata perché il primo Giudice avrebbe
errato nel ritenere raggiunta la prova della domanda di accertamento di nullità per difetto di forma
della scheda testamentaria impugnata, mediante l’utilizzo delle conclusioni rassegnate dalla
consulente nell’ambito del procedimento per A.T.P. n. 8168/2016 R.G. In particolare, secondo gli
appellanti, non potrebbe ritenersi assolto l’onere suddetto mediante il richiamo a conclusioni
raggiunte nel procedimento svolto ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. in quanto, tale procedimento
sarebbe finalizzato esclusivamente a far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità
o, ancora, la condizione delle cose e non sarebbe idoneo alla verifica, come nel caso di specie, della
provenienza del testamento olografo dalla sig.ra (…)
Anche tale censura non coglie nel segno.
È noto, infatti, che, ammessa ed espletata la procedura ex art. 696-bis c.p.c., cui gli odierni appellanti
hanno regolarmente partecipato, la regola sull’utilizzabilità delle risultanze dell’accertamento
coneseguitone è definita dal comma 5 della norma citata che stabilisce che “Se la conciliazione non
riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti
del successivo giudizio di merito”. Ciò significa che, nel momento in cui viene instaurato il giudizio
di merito e si formulano le richieste di prova, la parte può chiedere l’acquisizione agli atti della
relazione depositata all’esito del giudizio preventivo. Nel caso di specie, ciò è avvenuto con le
memorie ex art. 183, co. 6 c.p.c., nel pieno rispetto della norma ivi citata. Ammessa la produzione
della consulenza tecnica già svolta in sede di A.T.P., essa ha acquisito lo stesso valore e la stessa
efficacia probatoria dei mezzi di prova libera acquisiti nel corso del giudizio di merito.
Si precisa che i risultati delle indagini svolte per mezzo dell’A.T.P. (anche conciliativa), sono soggetti
alla valutazione di ammissibilità e rilevanza e vengono acquisiti e valutati nel giudizio di merito
solo se superano il detto vaglio (art. 698 c.p.c.). Circa, nello specifico, la C.T.U. preventiva, la Corte
rammenta, in termini, che essa può assumere valore di prova (liberamente valutabile) anche nei
confronti di una parte che non abbia partecipato alla fase di istruzione preventiva. Di recente, la S.C.
di Cassazione ha sul punto precisato che “La relazione conclusiva di un accertamento tecnico
preventivo, se ritualmente acquisita al giudizio di cognizione, entra a far parte del materiale
probatorio regolarmente prodotto e sottoposto al contraddittorio anche se una delle parti del
giudizio di merito non ha partecipato al procedimento di istruzione preventiva e, perciò, è
liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova idoneo a fondare il convincimento
del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, nei confronti di tutte le parti del
processo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della Corte territoriale che aveva ritenuto
inutilizzabile, nei confronti della compagnia assicuratrice, la consulenza tecnica d’ufficio prodotta
nel giudizio di merito, ma resa nel procedimento di a.t.p. al quale l’assicurazione non era stata
chiamata a partecipare).” (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8496 del 24/03/2023, Rv. 667109 – 01). E che
“…la relazione conclusiva dell’accertamento tecnico preventivo espletato ante causam è un
documento che può essere validamente prodotto nel successivo giudizio di merito ed è liberamente
valutabile dal giudice, che può trame elementi di prova, anche se ad esso partecipino soggetti che
non sono stati presenti nel procedimento di accertamento preventivo. Pur essendo privo di ogni
efficacia di prova privilegiata nel successivo giudizio di merito, esso costituisce comunque un
documento pienamente utilizzabile dal giudice come elemento di prova nei confronti di tutte le parti
del giudizio di merito. Esso entra a far parte del materiale probatorio regolarmente prodotto e
sottoposto al contraddittorio, è quindi liberamente apprezzabile dal giudice ed utilizzabile per
fondarvi il proprio convincimento nei confronti di tutte le parti del giudizio, anche di quelle che non
ebbero a partecipare all’accertamento tecnico (Cass. n. 18567 del 2018). Ciò in quanto nel vigente
ordinamento processuale, improntato al principio del libero convincimento del giudice, la decisione
può fondarsi anche su prove non espressamente previste dal codice di rito, purché idonee a fornire
elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre
risultanze del processo (v. in tal senso Cass. n. 13229 del 2015 ). In particolare, la relazione conclusiva
dell’ATP al quale una delle parti non abbia partecipato, che sia stata ritualmente acquisita al giudizio
di cognizione, può essere valutata dal giudice come prova atipica, e quindi idonea a fondare il
convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, adeguatamente
motivato (v. Cass. n. 25162 del 2020, sulla possibilità di valorizzare e porre a base del convincimento
del giudice, come prova atipica, anche la parte della consulenza d’ufficio eccedente i limiti del
mandato, ma non sostanzialmente estranea all’oggetto dell’indagine in funzione della quale è stata
disposta)” (cfr. parte motiva sentenza cit.).
Nel caso di specie, tutte le parti del presente giudizio hanno partecipato all’A.T.P. e la consulenza
tecnica depositata nel procedimento preventivo è stata acquisita al fascicolo processuale del merito,
all’esito di un meditato vaglio di ammissibilità. Il Tribunale ha quindi fondato il proprio
convincimento, fra l’altro, sulle risultanze -scevre da vizi e fondate su premesse metodologiche
ragionevoli- dell’A.T.P. e in base ad esse ha ritenuto assolto l’onere della prova relativo alla domanda
di accertamento di nullità per difetto di forma della scheda testamentaria impugnata, come già
precisato.
Del resto, ogni altra contestazione circa l’attendibilità della consulenza tecnica di ufficio risulta priva
di ragionevole fondamento posto che le firme di comparazione utilizzate nel corso dell’A.T.P. per
l’accertamento della validità della scheda testamentaria impugnata sono state prelevate da
documenti e atti pubblici, mentre la C.T. del P.M., indicata dagli appellanti per confutare le
risultanze dell’A.T.P., risulta avere adoperato per la comparazione documenti non ugualmente
attendibili (semplici fotocopie) e comunque privi di eguale valore probatorio.
A seguito di tanto, dunque, anche questa Corte ritiene condivisibile il ragionamento del Primo
giudice, secondo cui “… è, quindi, possibile ribadire la piena condivisibilità delle risultanze peritali
e pertanto affermare, con idoneo convincimento, il difetto di autografia e la conseguente nullità, ex
art. 602 e 606, co. 1, c.c., del testamento olografo datato 27.04.2013 e pubblicato in data 10.02.2016,
con atto per Notar (…) in C., Rep./Racc: (…), poi registrato in Bari il 29.02.2016, al n. 6111 Serie 1/T …,
poiché non sottoscritto di pugno dalla de cuius (…) (cfr. dalla sentenza impugnata).
Ne consegue il rigetto del secondo motivo di appello.
Con il terzo motivo di appello principale e incidentale gli appellanti hanno censurato la sentenza di
primo grado nella parte in cui il Giudice di prime cure ha rigettato- a loro dire, ingiustamente- le
domande riconvenzionali in quanto le stesse non risulterebbero provate. Essi lamentano che il
Tribunale di Bari, non abbia ammesso le formulate istanze istruttorie (e, fra esse, il giuramento
decisorio) e abbia basato la propria decisione esclusivamente sulla richiamata consulenza
grafologica che non costituisce mezzo imprescindibile per la verifica dell’autenticità della
sottoscrizione dal momento che, secondo gli appellanti, le indagini grafiche con essa svolte
avrebbero un limitato valore probatorio perché prive del carattere di compiutezza e di assoluta
certezza, in quanto fondate su tecniche interpretative diverse e contrastanti.
Anche questa censura non può essere accolta.
Anzitutto la Corte rileva che nel motivo di gravame in scrutinio sono frammiste censure che
investono la omessa istruttoria delle domande riconvenzionali e quelle che riguardano l’eccepita,
incompleta istruttoria della domanda di accertamento della nullità del testamento olografo.
Facendo ordine, si rammenta che la domanda riconvenzionale consente al convenuto di ampliare
l’oggetto originario del giudizio (cd. thema decidendum) mediante l’inserimento di temi ulteriori e
diversi da quelli prospettati dall’attore. Si tratta di uno strumento che gli garantisce non solo la
possibilità di difendersi ma anche di chiedere la condanna dell’attore. La Cassazione, in tema, ha
precisato che “…si ha, invece, domanda riconvenzionale quando il convenuto chieda un
provvedimento positivo, autonomamente attributivo di una determinata utilità, cioè tale che vada
oltre il mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri decisori come
sopra determinati” (Cass. 21472/2016).
È anche vero, però, che, secondo il consolidato principio espresso dalla Suprema Corte “Ove l’attore
proponga domanda di accertamento negativo del diritto del convenuto e quest’ultimo non si limiti
a chiedere il rigetto dell’avversa pretesa ma formuli, a sua volta, domanda riconvenzionale per
conseguire il riconoscimento del diritto negato da controparte, ambedue le parti hanno l’onere di
provare le rispettive contrapposte pretese e chi non assolve tale onere resta soccombente:” (cfr. fra le
molte Sent. Cass. civile sez. III, 16/06/2005, n. 12963).
A seguito di tanto, non essendo in alcun modo stata fornita prova differente dagli attori in
riconvenzionale ed in applicazione dei principi ivi richiamati (e per quanto si ricava dagli atti di
causa), appare corretto il ragionamento contenuto nell’impugnata sentenza che, ritenendo infondate
le domande riconvenzionali, le ha rigettate.
Quanto alla contestazione sulla autenticità del testamento olografo, la Corte rileva che il giudice di
merito, anche quando abbia disposto una consulenza sull’autografia del testamento, ha la possibilità
di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente
conferente, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria (impregiudicati i vincoli derivanti dalle
prove legali) fra le varie fonti utili all’accertamento della verità (cfr. Cass. n. 3009/2002; n. 9631/2004;
n. 9523/2007) e ben potendo egli negare l’ammissione di mezzi di prova ogni qual volta ritenga di
aver raggiunto la certezza sull’esistenza o sull’inesistenza dei fatti posti a fondamento della
domanda e dell’eccezione (cfr. Cass. 154/1973; 2699/1968).
Ed allora, per superare tale conclusione, è necessario che la prova non ammessa ovvero non
esaminata sia funzionale a dimostrare circostanze tali da invalidare, con giudizio di certezza e di
non mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie, quelle che hanno determinato il
convincimento del giudice di merito e che la ratio decidendi sia priva di fondamento (Cass. n.
11457/2007; n. 5377/2011; 5654/2017). Nel caso di specie, il Giudice di prime cure, ha ritenuto
validamente raggiunta la prova a seguito della C.T.U. redatta nell’ambito del procedimento per
A.T.P., rigettando tutte le altre richieste istruttorie perché ritenute irrilevanti e generiche.
Ciò detto e rammentato che “Le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere
riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico
richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non
riproponibili con l’impugnazione” e che “tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora
emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione
complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria
non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della
valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione. (In
applicazione del principio, la S.C. ha cassato la pronuncia della Corte d’appello che si era limitata a
rilevare la mancanza di una specifica riproposizione delle istanze probatorie con le conclusioni,
trascurando di considerare che l’istanza di ammissione delle prove orali era già stata reiterata
dall’istante con la richiesta, successiva al rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni, di
revoca o di modifica dei provvedimenti istruttori del giudice di primo grado).” (cfr. Cass. Sez. 6 – 3,
Ordinanza n. 10767 del 04/04/2022, Rv. 664646 – 01), riesaminate le istanze istruttorie contenute nei
gravami, la Corte non può che confermarne l’irrilevanza ai fini della prova dei fatti posti a base gli
appelli. Invero, condivisa l’inammissibilità del giuramento decisorio per le ragioni ampiamente
evidenziate nell’ordinanza reiettiva del primo Giudice, si precisa che le altre istanze istruttorie (le
prove per testi richieste) tendono a provare circostanze inidonee a sovvertire il giudizio fondato
sugli esiti della C.T.U. Con esse, infatti, le parti vogliono dimostrare l’inesistenza di buoni rapporti
tra l’appellata e la de cuius senza introdurre elementi che consentano, ove dimostrati e letti
unitamente agli altri disponibili (elementi di prova), di superare le conclusioni della disposta C.T.U.
e soprattutto senza concentrare il tema di prova sulle domande riconvenzionali. Esse infatti restano
ancorate alla dimostrazione della genuinità del testamento mediante l’articolazione di capitoli di
prova incapaci di superare gli approdi della disposta consulenza tecnica perché vertenti su
circostanze inidonee a sovvertire gli esiti della decisione contestata. In particolare, la Corte, con
specifico riferimento alle prove e ai capitoli articolati con i gravami e fermo quanto detto in punto
di giuramento decisorio, conferma il giudizio di inammissibilità dell’interrogatorio formale deferito
a (…) dal momento che esso tende a provocare la confessione su diritti indisponibili; invero, le
dichiarazioni positive dallo stesso eventualmente rese all’esito della provocazione, sarebbero state
inutilmente date visto che il confitente non può disporre dei diritti sottostanti alla confessione.
Anche l’interrogatorio formale deferito a (…) appare inammissibile per analoghe ragioni. Circa le
altre prove orali articolate dalle parti, i cui capitoli sono stati fondatamente giudicati inammissibili
da parte del Giudice di prime cure, la Corte osserva che nessuno di essi è stata articolato in modo da
dimostrare utilmente la genuinità del testamento, in disparte la già segnalata superfluità per
dimostrare la fondatezza delle proposte riconvenzionali. Anche per tale aspetto, pertanto, il
Giudizio reso in prime cure merita di essere confermato.
Anche questo motivo di appello va quindi respinto.
Sulla base di tali considerazioni, gli appelli, principale e incidentale, sono rigettati e gli appellanti
vanno condannati, in solido, secondo le regole della soccombenza e atteso il comune interesse (arg.
ex art. 97 c.p.c.) al pagamento delle spese del grado in favore del difensore dell’appellata (calcolate
secondo il valore indeterminabile di complessità bassa, nel valore minimo e per le sole fasi, di studio,
introduttiva e decisoria), dichiaratosi antistatario, con applicazione dei parametri di cui al D.M. n.
55 del 2014 e succ. mod.
Circa la posizione del difensore distrattario che, costituitosi per l’appellata (cfr. comparsa del
2.3.2021), si è anche costituito in proprio e con proprio difensore (cfr. note di trattazione del
17.03.2021) chiedendo la condanna degli appellanti al pagamento delle spese del grado in favore del
proprio difensore, oltre che in proprio favore quale difensore dell’appellata, la Corte evidenzia che
per consolidata giurisprudenza di legittimità “il difensore distrattario assume la qualità di parte nel
processo di impugnazione soltanto quando sorga controversia sulla distrazione, e, cioè, quando la
sentenza impugnata non abbia provveduto sulla relativa istanza, o l’abbia respinta, ovvero quando
il gravame investa la pronunzia di distrazione.” (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 615 del 10/03/1970 ed
anche n. (…), massima n (…), massima n. (…) ed altre ivi citate). Nel caso di specie, l’impugnazione
principale e incidentale hanno investito la statuizione sulle spese nella sua globalità, come contenuta
nella sentenza resa in primo grado, e non si sono appuntate solo contro la statuizione distrattiva (sul
punto si rammenta pure che “L’impugnazione contro la pronuncia di distrazione delle spese deve
proporsi nei confronti del difensore e non della parte da lui difesa: ma questo principio non si applica
quando i motivi dell’appello non si appuntano esclusivamente sulla statuizione relativa alla
distrazione, ma si estendono alla condanna alle spese nella sua globalità.”, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza
n. 89 del 12/01/1972, Rv. 355790 – 01). Di conseguenza, il difensore antistatario, in conformità con
l’orientamento sopra indicato, non poteva assumere, in via autonoma, la qualità di parte del presente
giudizio di impugnazione e la sua distinta domanda di condanna degli appellanti in favore del suo
patrono, a sua volta antistatario, deve essere rigettata. La soccombenza su tale punto di domanda,
implica la condanna del difensore dell’appellata al pagamento delle spese del grado in favore dei
difensori (dichiaratosi antistatari) degli appellanti principale e incidentale. Le spese vengono
liquidate in ragione del titolo che le giustificava e, in particolare, sono parametrate al compenso
statuito in primo grado in favore del difensore soccombente, con applicazione del terzo scaglione,
ai valori minimi e con esclusione della fase istruttoria, come nel dispositivo che segue.
Circa gli esborsi a carico degli appellanti, sussistono i presupposti per il pagamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello, in osservanza dell’art. 13
co. 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo inserito dall’art. 1 co. 17, L. n. 228 del 2012.
Del che è dispositivo.
P.Q.M.
la Corte d’Appello di Bari, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello
proposto da (…) e (…) nei confronti di (…) avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. …/2020, così
dispone:
– rigetta gli appelli principale e incidentale;
– condanna (…) in solido, al pagamento in favore del difensore di (…) dichiaratosi antistatario, delle
spese del grado che liquida per compensi in complessivi Euro. 3.473,00 oltre rimborso forfettario
nella misura del 15%, I.V.A. e C.A.P. come per legge;
– condanna (…) a rifondere le spese di lite ai difensori antistatari di (…) spese liquidate per compensi
Euro 1.984,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.A.P. come per legge;
– dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento a carico degli appellanti dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pali a quello dovuto per l’appello, in osservanza dell’art. 13
co. 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo inserito dall’art. 1 co. 17, L. n. 228 del 2012.