Nessun addebito se è provata l’esistenza di un clima di sfiducia reciproca fra i coniugi

Cass. Civ, Sez. I, ord., 24 maggio 2023 n. 14396 – Pres. Genovese, Cons. Rel. Caprioli
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. …del 2021 R.G. proposto da:
A.A., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ….
-ricorrente principale-
contro
B.B., elettivamente domiciliato in…., presso lo studio dell’avvocato ….che lo rappresenta e difende;
controricorrente-ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4312-2021 depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/05/2023 dal Consigliere MAURA
CAPRIOLI.
Svolgimento del processo
Considerato che:
Con sentenza n. 431 del 2021 la Corte di appello di Roma rigettava l’appello principale proposto da
A.A. e quello incidentale proposto da B.B. avverso la decisione n. 53 del 2020 del Tribunale di Velletri
con cui era stata dichiarata la separazione dei coniugi e rigettate le reciproche domande di addebito
nonchè attribuito in favore della moglie, a titolo di mantenimento, l’assegno di Euro 1.500,00
mensile.
Il Giudice del gravame rilevava, per quanto riguarda le reciproche domande di addebito, che
l’istruttoria espletata non aveva consentito di accertare a quale dei due coniugi fosse da ascrivere la
responsabilità della crisi irreversibile dell’unione.
Riteneva infatti che erano emersi comportamenti ambivalenti e non trasparenti da parte di ciascun
coniuge verso l’altro, che non rendevano verosimile un’univoca responsabilità dell’uno o dell’altro
coniuge ma il sopravvento di una situazione di reciproco venir meno delle aspettative riposte l’uno
nell’altro, cosa che aveva finito per minare la fiducia di coppia e l’unione matrimoniale.
Con riguardo al contributo per il mantenimento della moglie rilevava che la decisione non fosse
censurabile.
Osservava al riguardo che la ricorrente, prima di sposarsi, aveva svolto una attività lavorativa nel
settore del commercio e durante la convivenza, protrattasi per 6 anni, dopo un breve periodo nel
quale aveva lavorato part-time, aveva cessato ogni forma di impiego continuando tuttavia a ricevere
dalla famiglia la disponibilità di Euro 2.500,00 mensili.
Rilevava che il tenore di vita era stato elevato, provvedendo il marito ad assicurare alla coniuge e
alle figlie di quest’ultima, frutto di un precedente matrimonio, una complessiva serie di benefici
(viaggi, formazione-studio, affitto, casa, permanenza all’estero) e a coltivare la propria passione per
cani e gatti di razza, presenti in quantità presso la villa di famiglia.
Sottolineava che attualmente l’appellante viveva a Firenze ed era onerata di un canone locativo di
circa Euro 700,00 mensili e svolgeva lavori occasionali; mentre l’appellato insieme al fratello. era
contitolare dell’azienda agricola “(Omissis)”, comproprietario della nuda proprietà di numerosi
immobili, terreni ed edifici di cui i genitori risultano usufruttuari e, seppure estromesso dalla
gestione diretta dell’azienda, continuava a beneficiare del sostegno economico non quantificato da
parte della famiglia d’origine, la quale traeva le proprie risorse dall’azienda e dagli immobili.
In questo quadro, riteneva corretta l’attribuzione in favore dell’appellante dell’emolumento nella
misura riconosciuta dal Tribunale, avuto riguardo alle complessive condizioni dei coniugi, al
sostegno familiare fornito dallo B.B. in costanza di matrimonio, alle risorse attuali del coniuge
obbligato, alla breve durata del matrimonio, alla capacità lavorativa prolungata e specifica della
beneficiaria.
Avverso tale sentenza, A.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito
B.B., con controricorso e ricorso incidentale, fondato su due motivi.
Entrambe le parti hanno redatto memorie illustrative in prossimità dell’udienza.
Motivi della decisione
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione di un omesso fatto decisivo che
è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c. per non avere
la Corte di appello esaminato il programma di vita convenuto con la scrittura del 11 maggio 2016 in
base al quale il marito avrebbe dovuto raggiungere la moglie a Firenze al più presto, circostanza che
non si realizzò proprio a causa del deposito del ricorso per separazione in data 31.5.2016 da parte
dello B.B..
Con un secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 143,144 e 146 c.c. e del
dovere di coabitazione, per non avere la Corte di appello individuato nell’abbandono del tetto
coniugale da parte del marito la causa determinante della fine dell’unione.
Si sostiene che il giudice di secondo grado aveva accertato che la comunicazione, attraverso il
messaggio telefonico inviato nel giugno del 2016 e preceduto dal deposito in data 21.5.2015 del
ricorso per separazione, doveva considerarsi un comportamento contrario ai doveri matrimoniali.
Si afferma pertanto, in questo quadro, che il nuovo “programma di vita”, con cui B.B. progettava sue
venute a (Omissis) sino al (Omissis), avrebbe rappresentato un mero pretesto per allontanare
“subdolamente” la A.A..
Con un terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 primo e comma 2 c.c.,
carenza, illogicità e genericità della motivazione in ordine al quantum del mantenimento.
Si duole in particolare che la Corte di appello avrebbe non correttamente applicato i parametri
normativi fissati dall’art. 156 c.c. che impongono di determinare l’entità dell’assegno di
mantenimento in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Il ricorrente incidentale, dal canto suo, denuncia l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione
in relazione all’art. 360 comma 1 nr 3 e 5 c.p.c..
Lamenta infatti che il Tribunale, pur dando atto che il documento datato 11.5.2016 sottoscritto dalla
moglie rappresentava un chiaro sintomo di una volontà di rottura dell’unione ancora prima del
deposito del ricorso per separazione da parte del marito, non ne avrebbe tratto conseguenze coerenti
con la premessa non riconoscendo che tale scrittura rappresentava” la sintesi di tutto il
comportamento posto in essere dalla A.A. dal gennaio 2016 da quanto abbandonava il marito a sè
stesso lasciando prima il letto coniugale e poi la Casa di (Omissis)”.
Con un secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 548 e 156 c.c. per non
avere la Corte di appello valutato correttamente i fatti che hanno determinato la fine del rapporto e
gli elementi oggettivi della condizione economica dello B.B..
I primi due motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente al primo di
quello introdotto dal ricorrente in via incidentale in quanto diretti a contestare l’iter argomentativo
che ha condotto la Corte di appello a rigettare la domanda di addebito, sono inammissibili.
Il Giudice di merito ha operato una ricostruzione dei fatti storici che avevano portato alla
separazione dando conto degli esiti delle prove orali.
In proposito ha evidenziato che le dichiarazioni testimoniali raccolte non consentivano di ricondurre
la responsabilità della fine dell’unione ad alcuno dei coniugi.
Il giudice del merito ha infatti osservato che, la rappresentazione data dai testi introdotti dalla A.A.
ossia di una coppia in persistente armonia, era smentita da quelli del marito i quali avevano riferito
di un rapporto in crisi a causa delle condotte di sofferenza della moglie rispetto all’acuirsi del
disturbo depressivo dello B.B. e della drastica riduzione delle risorse economiche provocata
dall’esclusione di quest’ultimo dall’azienda di famiglia.
La Corte distrettuale ha poi messo in luce che l’esistenza di un clima di sfiducia era emersa dalla
deposizione resa dallo stesso avvocato della A.A., la teste C.C. la quale, incaricata della
predisposizione della scrittura dell'(Omissis), aveva trovato “anomala” la prospettazione, fornitale
dalla A.A., di un periodo in cui i coniugi, stante il disturbo depressivo del marito, avrebbero vissuto
l’una a (Omissis) l’altro a (Omissis) per poi ricongiungersi in (Omissis)”.
La stessa redazione di una tale scrittura è stata ritenuta dalla Corte come un elemento che
contrastava “con la piena armonia della coppia”, sino al messaggio telefonico del (Omissis) inviato
dal marito.
Con riguardo alla posizione di quest’ultimo ha escluso poi che la fine dell’unione fosse riconducibile
alla presunta mancata assistenza della moglie rilevando come gli esiti delle prove orali e la stessa
condotta ambivalente tenuta da quest’ultimo non consentisse di ricondurre alla responsabilità
esclusiva della moglie la crisi irreversibile dell’unione.
Le impugnate conclusioni si rivelano pertanto sostenute da logiche ed esaurienti ragioni, dunque,
non apparenti, ancorate alle emerse ed esaminate risultanze istruttorie.
Come ormai noto, tale normativa, circoscrivendo il vizio di motivazione deducibile mediante il
ricorso per cassazione all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti, costituisce espressione della volontà del legislatore di ridurre al minimo
costituzionale l’ambito del sindacato spettante al Giudice di legittimità in ordine alla motivazione
della sentenza, restringendo l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità ai soli casi
in cui il vizio si converte in violazione di legge, per mancanza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c.,
n. 4, ossia ai casi in cui la motivazione manchi del tutto sotto l’aspetto materiale e grafico, oppure
formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo
talmente contraddittorio da non permettere d’individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione
del decisum, e tale vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza (cfr. Cass.,
Sez. Un., 7 aprile 2014 nn. 8053 e 8054: Cass., Sez. 6. 8 ottobre 2014, n. 21257), ipotesi nella specie non
ravvisabili.
Al riguardo va ribadito il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di
legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà
del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di
scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro
dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge(cfr.Cass.331/2020, Cass.
21098/2016, Cass. 27197/2011).
Neppure può dirsi integrato l’omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dalla scrittura del
(Omissis) che invero è stata oggetto di approfondita valutazione e la censura si risolve in un mero
dissenso rispetto a un apprezzamento di fatto che, essendo frutto di una determinazione
discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte.
Peraltro va ricordato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di
omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque
preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze
probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Con riferimento al ricorrente incidentale le censure si rivelano generiche e per di più volte a far
valere condotte diverse (abbandono del tetto coniugale e mancanza di assistenza durante la malattia)
da quelle poste originariamente a base della domanda di addebito (fondata unicamente sulla
sottoscrizione del documento 11.5.2016) e quindi volte ad introdurre elementi di novità rispetto alle
originarie allegazioni.
Le critiche svolte dalla ricorrente principale e da quello incidentale, al di là della formale denuncia
di violazione di legge, non censurano i principi interpretativi applicati dal giudice di merito(cfr. Sez.
Un. 2494/1982; Cass., n. 3923/2018; Cass., n. 2059/2012), ma l’esito dell’apprezzamento di fatto, senza
confrontarsi con la ratio decidendi sottesa al provvedimento impugnato, secondo cui nessuno dei
coniugi aveva fornito la prova del nesso di causalità tra la situazione di intollerabilità della
convivenza e la violazione dei doveri coniugali dell’uno e dell’altra.
Passando al terzo motivo del ricorso principale ed al secondo di quello incidentale entrambi diretti
a contestare unicamente la misura dell’assegno di mantenimento, non avendo lo B.B. censurato l’an
del diritto se non al limitato fine dell’addebito, si rivelano inidonee a scalfire il decisum.
La decisione qui impugnata infatti ha fatto corretta applicazione dei parametri di legge valutando le
concrete condizioni economiche del coniuge obbligato e le altre circostanze richiamate dall’art. 156
c.c., comma 2 ed ha ricostruito il tenore di vita goduto dalla coppia in costanza di matrimonio.
In questa prospettiva la Corte distrettuale ha comparato le due posizioni economiche
compiutamente descritte a pag 9 della sentenza impugnata ed ha rilevato, all’esito, uno squilibrio
tra le suddette posizioni ed ha quindi considerato ai fini della quantificazione dell’emolumento nella
misura di Euro 1.500,00 mensili le potenzialità lavorative e l’attitudine al lavoro della richiedente
tenendo conto dello svolgimento di lavori occasionali e della capacità lavorativa pregressa e
specifica nonchè dell’attuale condizione economica del marito e della durata del matrimonio.
Tale giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non può essere rivisitato in questa sede mediante
una denuncia di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tale
non potendo considerarsi le risultanze istruttorie (Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass.,
29/10/2018, n. 27415). Con riguardo poi alle critiche fatte valere dal ricorrente in via incidentale
relative al peggioramento della sua situazione economica documentata dal pignoramento delle sue
quote e delle sue condizioni di salute si tratta di elementi già esaminati dalla Corte di appello la
quale ha messo in risalto che lo B.B., pur estromesso dalla società, continua a beneficiare di un totale
sostegno della famiglia non quantificabile sottolineando che l’intera famiglia attinge le sue risorse
dall’azienda e dal patrimonio immobiliare.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso principale e quello incidentale vanno
rigettati.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione fra le parti delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa fra le parti le spese del giudizio
di legittimità; dispone che in caso di diffusione della presente siano omesse le generalità delle parti
e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del
2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato se dovuto.