Chi rinuncia all’eredità non ha alcun obbligo per i debiti contratti dal de cuius

Tribunale Napoli, Sez. spec. in materia di imprese, sentenza 2 marzo 2023, n. 2327 – Presidente rel. ed est. Di Martino
TRIBUNALE di NAPOLI
Sezione specializzata in materia di imprese
Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di imprese, nelle persone dei seguenti
magistrati:
dott. Caterina di Martino – Presidente rel. ed est.
dott. Adriano Del Bene – Giudice
dott. Francesca Reale – Giudice
riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. …/2018 R.G. promossa da:
D.D.C. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE FALL.TO (n. (…) – c.f.: (…)), in persona del curatore, Avv. …,
rappresentata e difesa dall’avv. …con studio sito in Napoli, alla via …
ATTORE
Contro
S.R. (c.f.: (…)) nata a C. il (…) e residente in N. alla via V. P. n. 60, D.D.D. (c.f.: (…)) nato a Napoli il
(…) e ivi residente alla via V. P. n. 60, D.D.S. (c.f.: (…)) nato a Napoli il (…) e ivi residente alla via V.
P. n. 60, D.D.S. (c.f. (…)) nato a Napoli il (…) ed ivi residente alla via F. B. n. 73, tutti elettivamente
domiciliati in Napoli alla via …presso lo studio dell’avv. …(c.f.: (…)), che li rappresenta e li difende
CONVENUTI
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione regolarmente notificato, il Curatore del fallimento della società “D.D.C. S.r.l. in
liquidazione (n. 256/2013)” adiva il Tribunale di Napoli per accertare la responsabilità di D.D.G.,
prima quale amministratore unico e poi quale liquidatore della fallita D.D.C. S.r.l., per violazione
dei doveri su di esso incombenti per legge o per statuto.
In merito, premetteva in fatto che: – fin dalla data di costituzione della società “D.D.C. S.r.l.” veniva
nominato quale amministratore unico D.D.G.; – dichiarata fallita la società, lo stato passivo delle
domande – reso esecutivo in data 19.12.2013 – riportava l’ammissione di crediti per una somma
complessiva di Euro 1.052.976,80, aumentato di Euro 84.480,57, in data 27.9.2016, con l’ammissione
delle domande tardive; – il momento della formazione dei debiti sociali trovava la propria origine
nell’anno 2009 per quanto documentabile dalla Curatela attraverso i dati detenuti presso il Registro
delle imprese per la totale assenza, ovvero inattendibilità delle scritture contabili.
Con riferimento al bilancio d’esercizio del 2009 rilevava che: – erano stati segnalati crediti verso
clienti esigibili nell’esercizio successivo per un ammontare di Euro 367.105,00, che la Curatela non
avrebbe potuto riscuotere; – era stata omessa l’indicazione dell’ammontare dei debiti verso banche
e, in particolare, dell’esposizione debitoria pari ad Euro 645.949,05 nei confronti di U., nonché del
residuo debito derivante da un contratto di mutuo fondiario nei confronti di M.L.; – era stato omesso
parzialmente l’esatto importo del debito tributario pari a complessivi Euro 160.000,00; – erano stati
indicati debiti per un importo di Euro 22.320,00 verso controllanti della società non esistenti; – non
erano stati disposti un fondo rischi per i debiti tributari e un fondo per la svalutazione dei crediti.
Asseriva, altresì, che gli atti di mala gestio potevano essere rilevati al momento dell’approvazione
del suddetto bilancio d’esercizio, ove non si provvedeva ad adottare i provvedimenti di cui all’art.
2447, c.c., nonostante l’ingente perdita di capitale sociale. Invero, in tal sede poteva evincersi la
presenza di un patrimonio netto negativo pari ad Euro 817.120,00 determinato da una perdita di
esercizio di Euro 824.832,00, con conseguente erosione del capitale sociale.
Parte istante evidenziava, inoltre, quali ulteriori atti di mala gestio dell’Amministratore unico il
proseguimento dell’attività e la messa in liquidazione solo in data 17.12.2010, nonché la cessione – in
data 21 aprile 2010 – per una somma complessiva pari ad Euro 40.000,00 dell’unico elemento attivo
del patrimonio della società in esame, costituito dal “ramo d’azienda corrente in Q. alla via C. n. 420”,
di cui sarebbe stato possibile rinvenire unicamente il versamento dell’assegno pari ad Euro 16.000,00,
corrisposto al momento della firma dell’atto.
Peraltro, il medesimo ramo d’azienda sarebbe stato in precedenza oggetto di affitto in favore
dell’acquirente; tuttavia, non vi sarebbe traccia contabile, né la relativa posta attiva costituita dal
canone di locazione pari ad Euro 300,00 mensili.
In via ulteriore, segnalava che: – tale cessione era stata effettuata in favore della società “D.C. S.r.l.”,
all’uopo costituita in data 24.9.2009, ossia nei due giorni antecedenti la stipula del contratto di fitto,
partecipata da D.D.D., unico socio, nonché figlio di D.D.G., già amministratore e poi liquidatore
della D.D.C. S.r.l.; – quest’ultima aveva fissato la propria sede sociale e operativa nei medesimi
luoghi della fallita D.D.C. S.r.l.; – per effetto dell’intervenuta dismissione dell’attività aziendale, il
valore della produzione nell’anno 2010 aveva subito una contrazione passando da Euro 1.680.195,00
nel 2009 ad Euro 33.621,00 nel 2010; viceversa, la D.C. S.r.l. aveva registrato una chiusura al 2009 con
un utile pari ad Euro 7.949,00 e nel 2010 pari ad Euro 18.327,00, con ricavi per le vendite
rispettivamente da Euro 466.303,00 nel 2009 ad Euro 1.438.377,00; – non aveva provveduto al
pagamento delle fatture emesse a favore della fornitrice “V.C.”, la quale otteneva decreto di
ingiunzione in data 11.5.2009 dal Tribunale di Vincenza.
Orbene, da tali attività poste in essere successivamente al verificarsi della causa di scioglimento
determinavano una responsabilità di parte convenuta ex art. 2486, c.c., con un danno quantificabile
in:
a) Euro 180.324,08 quale valore dell’azienda ceduta come determinato dal CTU, dott.ssa L.D.L.,
nell’elaborato peritale depositato nel giudizio recante R.G. 10156/2015, instaurato presso il Tribunale
di Napoli tra le parti Fallimento D.D.C. e la società D.C. S.r.l., relativa all’azione di simulazione e
revocatoria del contratto di cessione.;
b) Euro 259.959,00 quale ammontare dei crediti esigibili riportati nell’ultimo bilancio d’esercizio
approvato chiuso al 31.12.2011;
c) Euro 31.656,01 quale ammontare degli interessi maturati sul credito della V.C. S.r.l., nei limiti di
cui all’ammissione al passivo correlato all’illegittima prosecuzione della società, nonostante il
verificarsi di una causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2484, n. 4, c.c.;
d) quanto dovuto per interessi, sanzioni ed aggi maturati sul credito esattoriale ammesso al passivo,
incrementati successivamente all’illegittima prosecuzione dell’attività sociale.
Sulla base delle ascritte violazioni, chiedeva disporsi la quantificazione del danno in via equitativa
dal Giudice, tenuto conto del disavanzo fallimentare come risultante tra l’attivo realizzato pari a zero
e il passivo accertato pari ad Euro 1.137.457,37 e della violazione dell’obbligo di deposito delle
scritture contabili e dei principi di correttezza, trasparenza e veridicità dei bilanci depositati. Ed
infine, rilevava la lesività alla garanzia dei creditori e, dunque, del diritto di credito della Curatela,
dell’atto modificativo del fondo patrimoniale eseguito in data 17.7.2013: con tale atto, da doversi
qualificare come donazione, D.D.G. si sarebbe spogliato del proprio patrimonio immobiliare in
favore della moglie, S.R..
Costituitisi regolarmente in giudizio, i convenuti rilevavano preliminarmente l’improcedibilità del
giudizio avendo rinunciato all’eredità.
Con riferimento alla deduzione di parte attrice circa la costituzione del fondo patrimoniale per
ridurre la garanzia dei creditori, parti convenute eccepivano la mancanza di prove in ordine a tale
deduzione attorea.
Ed infine, in merito ad un profilo di responsabilità addebitabile all’Amministratore unico rilevavano
che l’affitto e, successivamente, la cessione sarebbero state motivate dalle difficoltà gestorie del
medesimo per le proprie condizioni di salute.
Venivano concessi i termini per il deposito di note autorizzate per discutere in ordine alla
competenza della presente Sezione specializzata per l’azione di revocatoria ordinaria ex art. 2901,
c.c.
Successivamente la Curatela chiedeva al giudice istruttore un rinvio per integrare il contraddittorio
nei confronti del curatore dell’eredità giacente, e la causa veniva rinviata per la precisazione delle
conclusioni.
Nelle more, nominato il Curatore dell’eredità giacente, veniva introdotto altro giudizio iscritto al n.
20209/2020 R.G.; mutato il giudice istruttore veniva presentata istanza di riunione dei giudizi,
istanza che veniva rigettata con ordinanza del 13.10.2021, con contestuale concessione dei termini ex
art. 183, comma 6 c.p.c. su richiesta della curatela attrice.
La causa veniva successivamente rinviata per la precisazione delle conclusioni e riservata in
decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Le domande sono improcedibili.
In via preliminare va dato atto che parte attrice, nella prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. ha
limitato il perimetro del presente giudizio alla sola azione revocatoria, chiedendo “accertare e
dichiarare l’inefficacia, ex 2901 c.c., dell’atto di donazione (impropriamente) denominato “atto
modificativo del fondo patrimoniale” per Notaio A.M.L. del (…) – Rep.(…), tra-scritto presso la
Conservatoria dei RR.II di Napoli-1 in data 23 luglio 2013 ai nn.22243/17509, intercorso tra il signor
D.D.G. e la signora S.R. e conseguentemente dichiarare, nei confronti della Curatela attrice,
l’inefficacia del trasferimento da parte del signor D.D.G. del diritto reale di nuda proprietà (e, quindi,
oggi in seguito al decesso del donante dell’intera proprietà) sui beni immobili indicati
nell’impugnato atto in favore della signora S.R.; b) ordinare al competente Conservatore dei RR.II di
Napoli-1 di annotare a margine dell’atto di cui trattasi l’emananda sentenza; c) condannare la
convenuta S.R. al pagamento delle spese e competenze di lite”.
In comparsa conclusionale ha invece richiamato tutte le conclusioni formulate nell’interesse del
Fallimento, pertanto devono ritenersi reiterate tutte le domande originariamente proposte.
Tanto premesso, va esaminata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva proposta dai
convenuti all’atto della costituzione in giudizio.
Il Collegio ritiene che l’atto di rinunzia all’eredità determini una carenza di titolarità della situazione
dedotta in giudizio da parte attrice.
In merito, si rammenta che la legittimazione “ad causam” consiste nella titolarità del potere e del
dovere – rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva – di promuovere o di essere
convenuti in giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione
offerta dall’attore, indipendentemente dalla effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto
stesso. Diversamente, quando le parti controvertono sulla effettiva titolarità, in capo al convenuto,
della situazione dedotta in giudizio, ossia sull’accertamento di una situazione di fatto favorevole
all’accoglimento o al rigetto della domanda attrice, la relativa questione non attiene alla c.d.
legittimazione “ad causam”, bensì al merito della controversia.
Orbene, nel caso di specie, avendo gli odierni convenuti rinunciato all’eredità con atto anteriore (cfr.
“Rinuncia ad eredità, datato 26.7.2013, rep. n. (…) – racc. (…)”) alla instaurazione del presente giudizio
non possono considerarsi i titolari della situazione giuridica dedotta in giudizio. Invero, la delazione
che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola
sufficiente all’acquisto della qualità di erede, occorrendo per tal scopo l’accettazione mediante
“aditio”, ovvero per “pro herede gestio” da parte del chiamato o ancora per ricorrenza delle
condizioni ex art. 485, c.p.c. (Cass. n. 6479/2002; n. 11634/1991; n. 1885/1988; n.2489/1987; n.
4520/1984; n. 125/1983).
Dunque, compete a colui che agisce in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del “de
cuius”, l’onere di provare ai sensi dell’art. 2697, c.c., l’assunzione della qualità di erede, qualità che
non può desumersi sulla base di quanto dedotto dalla mera chiamata all’eredità. Ciò in quanto, non
è prevista alcuna presunzione in tal senso, ma richiedendosi sempre l’accettazione, espressa o tacita,
dell’eredità, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti
del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede (Cass. n. 6479/2002; n. 2849/1992; n.
1885/1988; n. 2489/1987; n. 5105/1985; n. 4520/1984; n. 125/1983).
Alla luce di quanto osservato e, a maggior ragione, per colui abbia rinunciato all’eredità ai sensi
dell’art. 519, c.c., non può ravvisarsi alcun obbligo in capo al medesimo per i debiti contratti dal de
cuius (Cass. civ., Sez. III, n. 3346/2019).
In presenza di tale eccezione, la curatela ha introdotto un nuovo giudizio nei confronti del curatore
dell’eredità giacente, e con ordinanza del 13.10.2021 è stata rigettata la richiesta di riunione dei
giudizi, considerato che il presente, proposto nei confronti di soggetti ab origine non legittimati e
non coltivato nei confronti degli ulteriori successibili, va dichiarato improcedibile.
Quanto alla domanda ex art. 2901 c.c., va dato atto che la preliminare questione dell’incompetenza
della intestata Sezione va ricondotta ad un mero riparto interno degli affari secondo quanto previsto
dalla pronuncia della Corte di Cass, SSUU 23.7.2019 n.19882, e come tale non può più essere
scrutinata.
Il contraddittorio, anche con riferimento a tale domanda, non appare integro.
I soggetti passivi dell’actio pauliana – che mira ad ottenere la declaratoria di inefficacia, nei confronti
dei creditori, dell’atto dispositivo- sono il debitore ed i terzi nel cui patrimonio, per effetto dell’atto
di disposizione, sono venuti a spostarsi determinati beni che prima appartenevano al debitore ed
assolvevano alla funzione di garanzia.
Nel caso di specie, anche con riferimento all’azione revocatoria, la domanda appare proposta nei
confronti dei convenuti sul presupposto erroneo della qualità di eredi del debitore ed anche con
riferimento a tale domanda il giudizio non è stato coltivato nei confronti degli ulteriori successibili,
con conseguente improcedibilità del giudizio.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo con distrazione in favore
dell’Avv…., dichiaratosi anticipatario.
P.Q.M.
Il Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia d’Impresa, pronunciando sulla domanda
proposta dalla Curatela del Fallimento D.D.C. s.r.l.in liquidazione, nei confronti dei sig.ri S.R.,
D.D.D., D.D.S., D.D.S., disattesa ogni altra istanza, difesa o eccezione così provvede:
– dichiara improcedibili le domande;
– condanna la Curatela del Fallimento D.D.C. s.r.l. in liquidazione al pagamento in favore dei
convenuti delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 11.229,00 per compenso, oltre
spese generali al 15%, I.V.A. e CPA come per legge con distrazione in favore dell’Avv. …dichiaratosi
anticipatario.
Conclusione
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 24 febbraio 2023