Ammissibile l’azione revocatoria del trasferimento di un immobile effettuato in ottemperanza a patti assunti in sede di separazione consensuale

Tribunale Ivrea, sentenza 5 maggio 2022, n. 544 – Pres. Frojo, Giudice est. Lorenzatti
I presupposti soggettivi
Sussiste, innanzitutto, la posizione creditoria che legittima la B. S.n.c. di B.D. & C all’esercizio della
actio pauliana.
Dal doc. n 6 (fasc. attoreo) si evince chiaramente come la società B. snc abbia conseguito nei riguardi
di F.C., titolo esecutivo n. 426/2015, in data 1 aprile 2015 emesso dal Tribunale di Novara, in forza
del quale ha consacrato il proprio diritto di credito pari ad Euro 45302, 35, oltre interessi e spese di
procedura
Il prefato titolo risulta mai opposto dal C. e in forza dello stesso sono state radicate in odio al debitore
le plurime procedure esecutive per cui è causa.
Peraltro, occorre qui rilevare che ai fini del fruttuoso esercizio dell’azione revocatoria, non si richiede
che il credito sia consacrato in un titolo esecutivo, essendo anzi sufficiente un credito illiquido,
inesigibile oppure addirittura litigioso (cfr. Cass., Sez. Un., ordinanza n. 9440/2004: “Poiché anche il
credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito
di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di
credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento
dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. …”).
In conclusione, non solo sussiste la situazione giuridica soggettiva che legittima la B. snc all’esercizio
dell’actio pauliana, ma anche l’anteriorità del credito stesso rispetto agli atti aggrediti: infatti l’atto
dispositivo del patrimonio del C. è stato posto in essere nel mese di ottobre 2017 giusto rogito Notaio
M.C.D.C.D.T., in data (…), rep. (…).
Sulle conseguenze di questa ricostruzione cronologica si dirà nel paragrafo dedicato al consilium
fraudis.
I presupposti oggettivi
Il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria è rappresentato dal c.d. eventus damni; ovvero il
pregiudizio che dall’atto revocando può derivare alle ragioni del creditore.
Secondo la giurisprudenza non deve ritenersi necessaria la prospettiva di un danno effettivo ed
attuale, bastando che, in conseguenza dell’attività dispositiva posta fraudolentemente in essere dal
debitore, si profili il semplice pericolo concreto che il debitore non adempia l’obbligazione e che
l’azione esecutiva intentata nei suoi confronti si riveli infruttuosa (in tal senso: Cass., sentenza n.
16464/2009; Cass., sentenza 7452/2000). Quindi l’eventus damni non si concreta necessariamente in
un depauperamento del patrimonio del debitore, né tantomeno nella totale compromissione della
sua consistenza, potendo risolversi semplicemente in una maggioredifficoltà o incertezza o
dispendiosità, per il creditore, nel realizzare quanto dovutogli (così Cass., sentenza n. 19234/2009;
Cass., sentenza 27718/2005).
Inoltre, il danno (o meglio, il pericolo di danno) può concernere anche la qualità dei beni che formano
oggetto della garanzia patrimoniale: rileva, quindi, anche la sostituzione di beni facilmente
aggredibili esecutivamente e non distraibili dal debitore (immobili) con beni distraibili e non
altrettanto facilmente aggredibili dai creditori (cfr. Cass., sentenza n. 25490/2008; Cass., sentenza n.
7767/2007).
Nella specie il requisito dell’eventus damni (nell’accezione sopra evidenziata) può dirsi integrato,
perché il C. ha disposto dei predetti cespiti (sottraendoli alla garanzia del creditore) cedendoli a tiolo
gratuito alla di lui moglie, odierna convenuta e adducendo tale atto dispositivo come non foriero di
danni, poiché sarebbero residuati ancora altri beni utilmente aggredibili dalla B. snc.
In realtà tale affermazione appare del tutto destituita di fondamento, atteso che non è fornita alcuna
prova dell’esistenza reale di beni mobili, utili a soddisfare il credito dell’odierna attrice in capo al
F.C. e, del pari, comunque si ha motivo di argomentare che il soddisfacimento del credito appare
gravemente compromesso atteso che il debitore si è comunque spogliato dei propri beni sottraendoli
alle garanzie dei creditori, beni che secondo un ordine pratico certamente rappresentano una
maggior utilità di soddisfacimento rispetto a sparuti beni mobili di cui, peraltro, non si ha contezza
del valore.
La sig.ra S. ha obiettato che la B. snc avrebbe potuto pur sempre rivalersi sui beni mobili del C.F. ma,
in senso contrario, è agevole obiettare che nulla è dato sapere in ordine all’effettivo valore degli
stessi, che potrebbe anche essere pari a zero.
A tale proposito si osserva che, secondo la giurisprudenza, l’onere probatorio del creditore che agisce
in revocatoria si riduce alla dimostrazione della variazione patrimoniale, senza che sia necessario
provare l’entità e la natura del patrimonio del debitore dopo l’atto di disposizione: a tal punto l’onere
della prova dell’insussistenza dell’eventus damni graverà sul convenuto, che dovrà dimostrare
l’insussistenza del rischio di una più incerta o difficile soddisfazione del credito in ragione delle
ampie residualità patrimoniali del debitore in rapporto all’entità della sua complessiva situazione
debitoria (cfr. Cass., sentenza n. 7767/2007; Cass., sentenza n. 15265/2006).
In definitiva, spettava al sig. C.F. dimostrare che il suo patrimonio comprendeva altri cespiti
immobiliari e/o mobiliari e che, pertanto, gli atti di disposizione patrimoniale aggrediti con l’actio
pauliana non possano ritenersi pregiudizievoli.
Tale dimostrazione non è stata fornita, perché il convenuto è rimasto contumace e, dunque, non ha
allegato, né offerto di provare la consistenza del suo patrimonio; la sig.ra S., dal canto suo, non ha
fornito alcun contributo all’indagine.
Ne consegue che l’onere probatorio gravante sull’attore deve ritenersi assolto e che l’eventus damni
può dirsi integrato.
c) L’ ATTO DI DISPOSIZIONE SOGGETTO A REVOCATORIA
Chiarito quanto precede, occorre soffermarsi sulle peculiari caratteristiche dell’atto dispositivo di
cui si discute.
Già si è detto in ordine all’idoneità dello stesso ad incidere in senso negativo sulla consistenza (anche
in termini qualitativi) della garanzia patrimoniale generica, ma in questa sede occorre approfondire
il profilo della sua effettiva revocabilità.
Il trasferimento della proprietà degli immobili di proprietà del C. a favore della S. è stato posto in
essere in adempimento dell’obbligo assunto dal sig. C.F. in sede di separazione (cfr. rogito prodotto
doc. 24 fasc. attoreo pagina 3, che richiama le premesse ove si fa cenno al verbale di separazione
consensuale del 12 aprile 2016 innanzi al Tribunale di Ivrea RG 417/2016, omologato con decreto del
medesimo Tribunale in data 26.04.2016).
Ciò non toglie che l’atto dispositivo in esame sia senz’altro assoggettabile a revocatoria, in ossequio
al seguente principio di diritto: “È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria del trasferimento di un
immobile, effettuato da un coniuge a favore dell’altro in ottemperanza a patti assunti in sede di
separazione consensuale, poiché esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene
dovuto solo in conseguenza di un impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei
confronti di un terzo creditore, sicché l’accordo separativo, in tal caso, costituisce esso stesso parte
dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901,
comma 3, c.c.” (Cass., sentenza n. 17612/2018; cfr. anche, tra le tante: Cass., sentenza n. 1144/2015;
Cass., sentenza n. 1404/2016; Cass., sentenza n. 13364/2015).
Il principio enunciato dalla Cassazione costituisce applicazione della regola generale secondo cui la
non assoggettabilità ad azione revocatoria dell’adempimento di un debito scaduto, stabilita dall’art.
2901, comma 3, c.c., deve intendersi riferita all’adempimento in senso tecnico e non trova, pertanto,
applicazione con riguardo agli atti estintivi dell’obbligazione di natura negoziale, quale ad esempio
la datio in solutum.
Rimane il problema di stabilire se il trasferimento dei cespiti a favore della S. possa essere qualificato
come atto a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito.
Il dubbio sorge perché l’onerosità dell’atto rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 2901 c.c. dipende
dall’esistenza di un immediato vantaggio patrimoniale in favore del disponente, che non deve
necessariamente radicarsi in un contratto a prestazioni corrispettive e nemmeno deve
necessariamente corrispondere alla perdita subita, purché sia capace di costituirne la ragione
giustificativa.
In effetti, come ha chiarito la Suprema Corte : “gli accordi di separazione personale fra i coniugi,
contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni
mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico
corrispettivo o ai tratti propri della “donazione” e – tanto più per quanto può interessare ai fini di
una eventuale loro assoggettabilità all’actio revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. – rispondono, di
norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione
dell’evento di “separazione consensuale” il quale, sfuggendo – in quanto tale – da un lato alle
connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio, e dall’altro a quello di un atto di
vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua “tipicità”
propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui
all’art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della “gratuità”, in
ragione dell’eventuale ricorrenza – o meno – nel concreto, dei connotati di una sistemazione
“solutorio-compensativa” più ampia e complessiva, di tutta quell’ampia serie di possibili rapporti
(anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati
nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale” (Cass., sentenza n.
5741/2004; cfr. anche, tra le tante: Cass., sentenza n. Cass., sentenza n. 11914/2008; Cass., sentenza n.
15603/2005).
Non è questa la sede per interrogarsi sull’effettività della crisi coniugale, anche se desta perplessità
il tempismo perfetto con cui sono seguiti gli eventi.
Peraltro, è significativo notare come dopo l’omologa non sia seguita la domanda di divorzio.
Occorre, piuttosto, concentrarsi sul carattere oneroso o gratuito del trasferimento.
Il criterio per stabilire in concreto se l’atto dispositivo in esame si inserisca “nell’ambito di una più
ampia sistemazione “solutorio-compensativa” di tutti i rapporti aventi riflessi patrimoniali” (Cass.,
sentenza n. 10443/2019) è stato ben delineato dalla più attenta giurisprudenza di merito, la quale ha
rilevato come, nel caso di trasferimento immobiliare effettuato nell’ambito della separazione
personale tra coniugi, si sia in presenza di un negozio a titolo oneroso laddove il trasferimento trovi
titolo unicamente nei pregressi rapporti di natura economica e nella necessità di darvi sistemazione,
e solo nel momento della dissoluzione del vincolo; più precisamente, l’onerositàdella attribuzione
patrimoniale non può farsi discendere tout court dall’astratta sussistenza di un obbligo legale di
mantenimento, ma deve emergere dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato
da un coniuge al ménage familiare e non adeguatamente rappresentato dalla situazione
patrimoniale formalmente in essere fino al momento della separazione (Trib. Frosinone 24/1/2020).
Ebbene, nel caso di specie non emerge – a giustificazione della cessione gratuita dei beni – alcuna
esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato dalla sig.ra S.. Per meglio dire, pur
essendo menzionata la cessione dei beni, per far fronte e retribuire in qualche modo il lavoro svolto
dalla moglie all’interno dell’azienda agricola, in realtà non viene allegata alcuna prova della
circostanza che tale cessione sia avvenuta per siffatta ragione e che sia vero e reale che la signora
non abbia mai percepito redditi.
Resta fermo che, in ossequio al criterio della vicinanza della prova, gli elementi utili per effettuare
l’operazione di qualificazione giuridica dell’atto dispositivo in esame nel senso dell’onerosità
avrebbero dovuto essere forniti dal sig. C.F. che però è rimasto contumace e, pertanto, non ha
allegato alcunché.
Ed infatti tutte le circostanze rilevanti al fine di quantificare l’eventuale credito della convenuta
costituita (ammesso e non concesso che questo credito sia effettivamente sussistente) sono state
introdotte soltanto con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., quindi dopo il maturare
della preclusione per l’attività assertiva.
In conclusione, il trasferimento dei cespiti a favore della S. deve considerarsi atto a titolo gratuito
(come espressamente dichiarato nel Rogito notarile) e, comunque, privo di reale giustificazione.
D) LA POSIZIONE DEL DEBITORE
Affinché l’atto venga revocato è necessario, altresì, che il comportamento del debitore sia
caratterizzato, sotto il profilo soggettivo, da un intento fraudolento. Tuttavia, in caso di atto di
disposizione successivo al sorgere del credito, come nel caso di specie, per aversi consilium fraudis
non è necessaria la specifica conoscenza, nel debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni
del titolare del credito per la cui tutela la revocatoria è stata proposta, rivelandosi sufficiente
l’effettiva consapevolezza del carattere pregiudizievole del proprio comportamento, che investa
genericamente la riduzione della consistenza del patrimonio del debitore in pregiudizio dei creditori
complessivamente considerati (cfr. Cass., sentenza n. 2792/2002; Cass., sentenza n. 7262/2000; Cass.,
sentenza n. 987/1989). La prova di tale consapevolezza può essere fornita anche mediante
presunzioni (Cass., sentenza n. 17867/2007; Cass., sentenza n. 1759/2006).
Nel caso di specie, il consilium fraudis può desumersi con certezza dalle seguenti circostanze,
munite di elevato valore sintomatico:
-il signor F.C. si è progressivamente spogliato del proprio patrimonio in danno al creditore non
appena ricevuta la notifica del titolo esecutivo emesso il 01.04.2015 dal Tribunale di Novara.
– con contratto del 16 aprile 2015 F.C. e la moglie R.S. hanno concesso in affitto ultranovennale pro
quota tutti i terreni agricoli di loro proprietà all’Azienda A.S. S.r.l., della quale la sig.ra S. è socia e
amministratrice (doc. 8 fascicolo attoreo);
– con contratto stipulato nella stessa data del 16 aprile 2015 F.C. ha concesso in affitto alla Società
A.S. il ramo di azienda della propria impresa individuale, avente ad oggetto i terreni condotti in
affitto e i titoli necessari per l’ottenimento dei contributi PAC; anche qui è evidente l’intento elusivo
delle ragioni creditorie (doc. (…));
– con atto in data 8 giugno 2015 F.C. ha ceduto tutti i crediti nei confronti dell’Azienda A.S. in favore
di B. s.r.l.s., come dichiarato nel proc. esecutivo presso terzi n. 1388/2015 R.G.E. proposto da B. s.n.c.
(docc. 12 – 14 fascicolo attoreo);
– ed ancora il 18 novembre 2015 è deceduto il signor A.C., padre del debitore e comproprietario dei
beni immobili concessi in affitto all’Azienda A.S.;
– il 4 ottobre 2017 F.C. e R.S. hanno presentato denuncia di successione, in qualità di eredi del signor
A.C. (doc. 21);
– in data 19 ottobre 2017 C. e R.S. hanno stipulato atto di accettazione tacita dell’eredità (doc. 23);
– con atto stipulato nella stessa data del 19 ottobre 2017 F.C. ha trasferito a R.S. la proprietà di tutti i
beni immobili dei quali era proprietario (doc. 24);
Le operazioni compiute dimostrano che il signor C. era indubbiamente consapevole del pregiudizio
che stava arrecando alle ragioni creditorie di B. s.n.c. e tale consapevolezza, secondo il costante
orientamento giurisprudenziale, integra da sola il presupposto della scientia damni ai sensi dell’art.
2901, n. 1, cod. civ. (Cass. 27 settembre 2018 n. 23326);
Gli indizi di cui sopra superano ampiamente la soglia di gravità, precisione e concordanza fissata
dall’art. 2729, comma 1, c.c., perciò inducono a ritenere provato che il sig. F.C. fosse consapevole del
carattere pregiudizievole del proprio comportamento. Anzi, a ben vedere la cronologia degli eventi
è talmente significativa da indurre a ravvisare addirittura la consapevole volontà del debitore di
pregiudicare le ragioni di quel determinato creditore, cioè il dolo specifico.
Anche a non voler condividere questa conclusione, sarebbe comunque sufficiente considerare che
l’atto dispositivo compiuto ha avuto ad oggetto, per quanto consta, gli unici beni immobili di rilievo
che confluivano nel patrimonio del sig. C.; quindi – visto lo “svuotamento” della garanzia
patrimoniale generica, privata dei beni di maggior valore e facilmente aggredibili – è
giocoforzaconcludere nel senso che l’odierno convenuto era ben conscio del carattere
pregiudizievole delproprio comportamento rispetto alla classe dei creditori complessivamente
considerati; atteggiamento psicologico, questo, sufficiente ad integrare il consilium fraudis
nell’accezione accolta dalla consolidata giurisprudenza sopra citata.
L’esigenza di certezza del traffico giuridico impone che, a fronte di un atto di disposizione
caratterizzato dall’eventus damni e dal consilium fraudis del debitore, la posizione dei terzi trovi
protezione solamente laddove il suo acquisto sia stato a titolo oneroso (e comunque, anche in questo
caso, alla sola condizione che essi non siano stati compartecipi dell’intento fraudolento del debitore).
Quindi per l’azione revocatoria di atti a titolo gratuito non occorre che il pregiudizio arrecato alle
ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha
comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e ben può vedere il proprio
interesse posposto a quello del creditore (Cass., sentenza n. 12045/2010; Cass., sentenza n. 5072/2009;
Cass., sentenza n. 29869/2008).
Nel caso in esame, per le ragioni esposte sopra, si è in presenza di un atto dispositivo a titolo gratuito,
quindi nessuna indagine deve essere espletata in ordine alla partecipatio fraudis della sig.ra S., la quale
comunque, tenuto conto delle molteplici circostanze fattuali rappresentate, non si ha ragione di
dubitare che fosse perfettamente consapevole di ledere le ragioni creditorie.
Sussistendo – con riferimento all’atto contestato con la actio pauliana – tutti i requisiti richiesti dall’art.
2901 c.c., la domanda della B. snc merita integrale accoglimento.
Conseguentemente, devono essere dichiarati inefficaci nei confronti dell’attrice:
-l’atto di cessione di diritti reali a titolo gratuito a rogito del Notaio M.C.D.C.D.T., in data (…), rep.
(…), trascritto presso l’Ufficio Provinciale di T. dell’Agenzia del Territorio, Servizio di pubblicità
immobiliare di T. 2, in data 14 novembre 2017 R.G. 45980 R.P. 30927, con il quale il signor F.C. ha
trasferito alla signora R.S. le seguenti unità immobiliari site nei Comuni di Verolengo e Chivasso e
precisamente:
– la piena proprietà degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di Chivasso (TO): Foglio
(…), particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…), (…), (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…);
– la piena proprietà degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di Verolengo (TO): Foglio
(…), particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…) e (…);
– la propria quota di proprietà pari a ½ degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di
Chivasso (TO): Foglio (…), particelle (…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…), Foglio (…),
particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…);
– la propria quota di proprietà pari a ½ degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di
Verolengo (TO): Foglio (…), particelle (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…),
(…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…) e (…).
II) L’azione surrogatoria ai sensi degli artt. 553 e 2900 c.c.
Sempre in via principale la creditrice ha chiesto di esercitare l’azione surrogatoria ai sensi degli artt.
553 e 2900 cod. civ. in relazione alle disposizioni contenute nel testamento olografo del sig. A.C.
(pubblicato in data (…) al n. 11306 del repertorio n. (…) della raccolta notaio A.D.D.S.) il quale aveva
nominato sua erede universale la signora S.R., estromettendo di fatto in larga parte dall’eredità
l’unico figlio F.C.. La domanda astrattamente fondata non può essere accolta stante la genericità
delle allegazioni, nonché tenuto conto che non si è in presenza di una vera e propria inerzia del
debitore.
Ed infatti, pur essendo ammissibile per il creditore agire in via surrogatoria per ottenere la riduzione
di una disposizione testamentaria lesiva del patrimonio del proprio debitore, in punto vedasi
diffusamente Cassazione civile , sez. II, 20/06/2019 , n. 16623 a tenore della quale: “È ammissibile
l’esercizio in via diretta dell’azione surrogatoria – prevista dall’art. 2900 c.c. – nella proposizione della
domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei
creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tuttoinerti, realizzandosi
un’interferenza di natura eccezionale – ma legittima – nella sfera giuridica del debitore; infatti,
l’azione surrogatoria non è altro che lo strumento che la legge appresta al creditore per evitare gli
effetti che possano derivare alle sue ragioni dall’inerzia del debitore che ometta di esercitare le
opportune azioni dirette ad alimentare il suo patrimonio, riducendo così la garanzia che esso
rappresenta in favore dei creditori, occorre tuttavia che il creditore alleghispecificamente le ragioni
del perché la disposizione per cui si agisce in riduzione sia lesiva.
Nel merito, ritiene questo Collegio che la domanda risulti infondata perché l’attrice non ha
sviluppato allegazioni specifiche in punto lesione di legittima e, quindi, non ha messo in condizione
il giudice di accertare il pregiudizio a cui fa riferimento l’articolo 2900 c.c.
In punto vedasi la più accorta giurisprudenza di merito, Tribunale, Pesaro 11/08/2005 , n. 604 la quale
ha chiarito quanto segue: “premesso che l’azione di riduzione degli atti lesivi della quota di riserva
può essere esercitata anche in via surrogatoria, nel caso di specie, manca la dimostrazione – il cui
onere grava sui creditori – di uno dei presupposti fondamentali per l’esercizio dell’azione
surrogatoria, vale a dire la prova del pregiudizio, derivante alle ragioni dei (figli) creditori,
dall’inerzia del genitore debitore, che non ha esercitato l’azione di riduzione delle disposizioni
testamentarie per lui lesive. Manca quindi un interesse, in assenza di detta prova, che giustifichi
l’ingerenza dei creditori nella sfera giuridica del debitore”.
D’altra parte, il legittimo esercizio dell’azione surrogatoria postula che, a fini di conservazione della
garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c., il creditore si sostituisca al proprio debitore,
in caso di inerzia di quest’ultimo, onde recuperare al patrimonio di questi (somme o beni (Cass.
22.3.2001, n. 4075).
Ovviamente, la condizione di inerzia è altra rispetto alla ritenuta insufficienza qualitativa delle
modalità di esercizio di un diritto. Come giustamente è stato sostenuto in giurisprudenza, la
surrogatoria non può costituire un mezzo di controllo dell’efficienza dell’attività del debitore,
giacché, altrimenti verrebbe irragionevolmente vanificata l’autonomia privata di questi, cosicché
deve confermarsi che l’inerzia è rappresentata dal fatto oggettivo della trascuranza dei diritti: ovvero
dall’inattività totale del debitore.
In questi termini possono utilmente essere richiamati i seguenti principi di diritto: “L’azione
surrogatoria è lo strumento che la legge appresta al creditore per evitare gli effetti che possano
derivare alle sue ragioni dall’inerzia del debitore che ometta di esercitare le opportune azioni dirette
ad elementare il suo patrimonio, riducendo così la garanzia che esso rappresenta in favore dei
creditori. La detta azione, conferendo al creditore la legittimazione all’esercizio di un diritto altrui,
realizza un’interferenza di natura eccezionale nella sfera giuridica del debitore onde, pur essendo
nel campo patrimoniale un’azione di carattere generale, esclusa solo per i diritti che non consentono
sostituzioni nel loro esercizio, può tuttavia essere proposta solo nei casi ed alle condizioni previsti
dalla legge.” Cass. 18.2.2000, n. 1867).
Ne discende che, nel caso di specie, viene a mancare il presupposto perché al debitore C.F. possa
sostituirsi il creditore atteso che : “Il presupposto per l’esperibilità dell’azione surrogatoria è l’inerzia
del debitore; pertanto, un qualsivoglia comportamento positivo posto in essere del debitore,
ancorché lesivo delle aspettative del creditore, in quanto atto di amministrazione del proprio
patrimonio spettante unicamente al debitore stesso, esclude “ab origine”, la possibilità d’interferenza
da parte del creditore con l’azione surrogatoria” (Cass. 4.8.1997, n. 7187).
Nel caso di specie, è assolutamente evidente che il convenuto C.F. non possa ritenersi inerte tout
court nel senso indicato dall’art. 2900 c.c., avendo questi accettato l’eredità paterna e finanche
disposto dei predetti beni a favore della sig.ra S..
Nel caso di specie, poi, e questo appare l’aspetto assorbente non sono state allegate precise e puntuali
ragioni da cui ricavare il pregiudizio del creditore dall’inerzia del figlio F.C. il quale non ha esercitato
l’azione di riduzione.
Pur non revocandosi in dubbio che effettivamente desti qualche perplessità il fatto che sia stata
lasciata buona parte dell’eredità alla nuora, ciò non vale ad escludere che il sig. F.C. sia stato
destinatario già di altri cespiti e di plurime donazioni in vita, tali da giustificare un testamento di
siffatto tenore.
Consegue, dunque, il rigetto della predetta domanda.
Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e debbono essere poste a carico dei convenuti
tenuto conto che gli stessi hanno occasionato la lite e comunque, in ottica prognostica, la
soccombenza principale è imputabile ai convenuti medesimi.
La quantificazione delle spese deve tenere conto del valore, della natura controversia, dell’attività
processuale effettivamente svolta.
Le spese vanno liquidate come indicato in dispositivo secondo i valori prossimi ai medi (decurtati
del 30%) per le cause di valore indeterminato previsti dal D.M. n. 55 del 2014 e s.m.i. in relazione
alle ragioni sopra indicate.
P.Q.M.
Il TRIBUNALE DI IVREA in composizione Collegiale, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione
disattesa e definitivamente pronunziando nella causa iscritta al n. R.G. 2931/2020 nel contraddittorio
delle parti:
1) DICHIARA inefficace nei confronti dell’attrice B. snc di B.D. & C.:
-l’atto di cessione di diritti reali a titolo gratuito a rogito del Notaio M.C.D.C.D.T., in data (…), rep.
(…), trascritto presso l’Ufficio Provinciale di T. dell’Agenzia del Territorio, Servizio di pubblicità
immobiliare di T. 2, in data 14 novembre 2017 R.G. 45980 R.P. 30927, con il quale il signor F.C. ha
trasferito alla signora R.S. le seguenti unità immobiliari site nei Comuni di Verolengo e Chivasso e
precisamente:
– la piena proprietà degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di Chivasso (TO): Foglio
(…), particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…), (…), (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…);
– la piena proprietà degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di Verolengo (TO): Foglio
(…), particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…) e (…);
– la propria quota di proprietà pari a ½ degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di
Chivasso (TO): Foglio (…), particelle (…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…), Foglio (…),
particella (…), Foglio (…), particelle (…), (…) e (…);
– la propria quota di proprietà pari a ½ degli immobili censiti al Catasto Terreni del Comune di
Verolengo (TO): Foglio (…), particelle (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…),
(…), (…) e (…), Foglio (…), particelle (…), (…), (…) e (…);
2) RIGETTA la domanda di accertamento della lesione di legittima del sig. F.C. esercitata dall’attrice
ex art. 2900 e 553 c.c;
3) Visto l’art. 2655 c.c. ordina al competente Conservatore dei Registri Immobiliari, manlevandolo
da ogni responsabilità, di procedere all’annotazione della presente sentenza in margine della
trascrizione del suddetto atto di cessione rogito del Notaio M.C.D.C.D.T., in data (…), rep. (…),
trascritto presso l’Ufficio Provinciale di T. dell’Agenzia del Territorio, Servizio di pubblicità
immobiliare di T. 2, in data 14 novembre 2017 R.G. 45980 R.P. 30927;
4) CONDANNA i convenuti in solido al pagamento delle spese di lite a favore dell’attrice che liquida
in Euro 9.401,00 oltre esposti documentati Euro 545,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15%,
IVA e c.p.a. come per legge
Conclusione
Così deciso nella camera di consiglio del 3 maggio 2023