Addebito della separazione al marito violento e revoca del mantenimento per il figlio che lavora in un call center

Tribunale di Cosenza, sentenza 2 gennaio 2023 n. 3 – Pres. Sammarro
Tribunale Ordinario di Cosenza
Seconda Sezione Civile
Riunito in Camera di Consiglio in persona dei magistrati:
Antonio Sammarro – Presidente
Manuela Morrone – Giudice
Giusi Ianni – Giudice
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento per separazione giudiziale introdotto da
A.C.G., C.F. (…) , con l’Avv. …
contro
E.G., C.F. , con l’Avv. …
nonchè
S.G., C.F. con l’avv. …
terzo intervenuto
con l’intervento necessario del Pubblico Ministero
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
A.C.G. chiedeva di pronunciare la separazione personale dal marito E., con dichiarazione di
addebito a carico del resistente per “continue e reiterate violazioni degli obblighi discendenti dal
matrimonio.
La ricorrente chiedeva altresì l’assegnazione della casa coniugale, di proprietà del marito, con gli
arredi in essa contenuti, un assegno di mantenimento per sé nonché un contributo per il
mantenimento del figlio maggiorenne S., pari ad Euro 800,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.
La ricorrente precisava che nel corso del matrimonio aveva subito violenze fisiche e morali, e che
per questi fatti era pendente giudizio penale …2018 RGNR.
Si costituiva il resistente, concordano sulla richiesta di separazione ma negando l’esistenza dei
presupposti per l’addebito. Il resistente allegava di aver sempre contribuito ai bisogni della famiglia
e dei figli, negando la veridicità di ogni accusa di violenza, a suo dire artatamente costruita dalla
moglie in concomitanza del deposito del ricorso per separazione e scaturita da un episodio in
particolare a lei sfavorevole: il resistente avrebbe sorpreso la ricorrente mentre si era appropriata di
un borsello contenente la documentazione finanziaria relativa alle spese sostenute per casa familiare
e famiglia e stava tentando di distruggerla. Infine, il resistente contestava la richiesta di assegno di
mantenimento, poiché la ricorrente svolgeva attività lavorativa ed il figlio S. era stato sostenuto negli
studi ed aiutato a raggiungere la sua indipendenza economica (mediante l’acquisto di attrezzature
per intrattenimento musicale).
Le parti comparivano dinanzi al Presidente del Tribunale di Cosenza che, fallito il tentativo di
conciliazione, autorizzava le parti a vivere separate, assegnava alla ricorrente la casa coniugale per
abitarvi con il figlio S. e disponeva un assegno di mantenimento di Euro 200,00 per la moglie ed
Euro150,00 per il figlio S., con versamento diretto a quest’ultimo.
All’ udienza del 17.06.2019, la ricorrente dichiarava che il figlio S. aveva iniziato a lavorare part time
con uno stipendio mensile di circa Euro 400,00, per cui il resistente chiedeva la revoca dell’assegno
di mantenimento, richiesta rigettata dal giudice istruttore.
Nelle more dell’istruzione del giudizio, la ricorrente dichiarava che aveva percepito il reddito di
cittadinanza per un periodo di tempo limitato (sino a dicembre 2020) ma con richiesta rinnovabile,
che era percettrice di pensione di invalidità e che il figlio S. si era momentaneamente trasferito a
Rende per lo svolgimento della sua attività lavorativa, che veniva di volta in volta rinnovata tramite
contratti a tempo determinato con reddito di circa 450,00 mensili. Il resistente dichiarava di aver
ottenuto il comodato su un immobile di proprietà di parenti e di percepire un reddito di circa 800/900
Euro mensili.
Con ordinanza del 17.03.2021, il giudice istruttore revocava l’assegno di mantenimento in favore del
figlio S. e l’assegnazione della casa coniugale.
S.G. spiegava intervento con comparsa del 7.5.2021, chiedendo la revoca dell’ordinanza del
17.3.2021, precisando che il lavoro presso il call center non consentiva guadagni sufficienti per il
soddisfacimento dei bisogni primari e che la permanenza (quale ospite) presso un appartamento in
Rende era limitato ai giorni lavorativi.
All’udienza del 3.03.2022, a seguito di nuova richiesta di modifica delle condizioni di separazione, il
resistente dichiarava di percepire Euro1200,00 mensili mentre la ricorrente dichiarava di avere un
reddito di Euro4.500,00 annui, di avere nuove esigenze di cura e di aver preso in locazione un
immobile per un canone annuale di Euro3.900,00.
Veniva, quindi, parzialmente accolta l’istanza di modifica avanzata dalla ricorrente, disponendosi
l’aumento dell’assegno in suo favore sino a Euro300,00 mensili.
All’udienza cartolare del 7.7.2022 le parti precisavano le conclusioni, nei termini di cui in epigrafe, e
la causa veniva trattenuta in decisione con termini per scambio di comparse conclusionali e repliche.
La domanda di separazione personale dei coniugi deve essere accolta, essendo evidente la
impossibilità di ricostruzione della comunione familiare e la intollerabilità della convivenza,
sottolineata dalla costante animosità delle parti durante tutto il procedimento.
Quanto alla domanda di addebito, occorre precisare che uno dei testi sentiti durante l’istruttoria è
S.G., il quale successivamente ha spiegato intervento per richiedere l’assegno di mantenimento in
suo favore.
Poiché l’intervento è stato spiegato dopo la sua testimonianza, l’eccezione di incapacità a
testimoniare è da ritenersi tempestivamente sollevata da parte resistente, ma si profila nel merito
infondata.
L’incapacità a deporre prevista dall’art. 246 c.c. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse
personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse
ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., sì da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua
testimonianza, con riferimento alla materia che ivi è in discussione, non avendo, invece, rilevanza
l’interesse di fatto a un determinato esito del giudizio stesso – salva la considerazione che di ciò il
giudice è tenuto a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste -, né un interesse, riferito ad azioni
ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di
lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente
un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio (cfr. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 9353
del 08/06/2012 Rv. 622641; Sez. 2, Sentenza n. 5079 del 30/05/1990 Rv. 467487; Sez. 1, Sentenza n. 805
del 20/02/1978 Rv. 390143).
Nel caso in esame, la testimonianza di S.G. aveva ad oggetto la domanda di addebito della
separazione, domanda rispetto alla quale il figlio delle parti non ha alcuna legittimazione né
interesse giuridicamente tutelabile. Di conseguenza, la testimonianza deve ritenersi ammissibile,
dovendosi tuttavia tener conto della sua posizione ai fini della valutazione di attendibilità delle
dichiarazioni rese.
S.S. che G.G. hanno confermato il comportamento aggressivo e violento del padre, sfociato sin dai
primi anni di matrimonio, sfociato nella decisione della ricorrente di lasciare il marito a febbraio
2018.
La testimonianza resa da S.G., sebbene caratterizzata da una particolare animosità nei confronti del
padre, appare attendibile, trovando riscontro nelle dichiarazioni della sorella G., estranea alle
dinamiche di convivenza e mantenimento oggetto del presente giudizio, poiché residente in altra
provincia e del tutto autonoma. Altro riscontro alle affermazioni di S.G. ed alle denunce della
ricorrente si può rinvenire nella testimonianza di D.T., che ha appreso gran parte delle circostanze
riferite dalla ricorrente o da S.G. ma ha assistito all’aggressione verbale dell’ottobre 2017. Inoltre, la
ricorrente ha documentato alcuni episodi tramite referti del Pronto soccorso che, uniti al racconto
dei figli della coppia, rendono credibile il narrato di violenze e sopraffazioni morali e fisiche
perpetrate dal resistente.
Irrilevante al riguardo la testimonianza di P.G., fratello del resistente, non potendosi escludere che
le aggressioni ed i litigi indicati dalla ricorrente e dei figli siano avvenuti senza che il fratello e vicino
di casa se ne accorgesse.
Si deve ritenere ammissibile anche la testimonianza di R.S., indicata dal resistente nelle memorie
istruttorie, che ha confermato di aver tradotto i dialoghi registrati dal telefonino del resistente e di
aver verificato la corrispondenza del file audio ivi presente a quello presente sui cd prodotti in
giudizio. I dialoghi sono oggetto della testimonianza, e pur non potendo essere considerate delle
intercettazioni, sono il contenuto delle dichiarazioni della S. e sono pertanto esaminabili in questi
limiti – ossia come registrazioni ascoltate e tradotte, senza indicazioni della identità delle persone
coinvolte e dell’epoca della registrazione – dati ricavabili dalla lettura.
In dette conversazioni, in ogni caso, non si ricava alcun elemento utile per smentire la ricostruzione
dei maltrattamenti subiti dalla ricorrente: si intuisce dalla lettura delle conversazioni che le prime
due riguardano solo i coniugi e sono avvenute dopo il deposito della denuncia e del ricorso per
separazione e l’ultima vede anche la presenza del figlio S.. In tutte le conversazioni, la ricorrente non
smentisce mai la veridicità della denuncia, anzi precisa che – su raccomandazione dei carabinieri –
ha indicato solo i fatti di cui può fornire priva. La ricorrente, pur avendo deciso di lasciare il marito,
probabilmente ha con lui altri rapporti, ma questo non implica alcuna riconciliazione, trattandosi di
episodi riferibili al periodo antecedente la comparizione dinanzi al Presidente del Tribunale, e
conferma anzi la sua intenzione di proseguire nel giudizio trasformando la separazione in
consensuale tramite un accordo e remissione di querela. Anche di fronte alla contestazione del
marito di aver inventato le circostanze di alcune aggressioni denunciate (come l’episodio del
soffocamento), la ricorrente ha sempre affermato che i fatti erano veri.
Non è invece dimostrato il disinteresse economico del resistente nei confronti della famiglia, avendo
egli documentato gli esborsi sostenuti per i figli e per la moglie, nonché per la manutenzione
ordinaria e straordinaria della casa coniugale.
Sussistono, quindi, i presupposti per pronunciare l’addebito della separazione al resistente.
Le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente
gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di
separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la
dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse. Il loro accertamento esonera il giudice del
merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col
comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della
loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei. (Cass. Civ. ,Sez. 1 – ,
Ordinanza n. 31351 del 24/10/2022, Rv. 665977 – 01).
Si devono, invece, rigettare le richieste di assegnazione della casa coniugale alla ricorrente e di
assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne S..
La disciplina prevista nell’art. 337 sexies c.c. per l’assegnazione della casa coniugale è diretta alla
tutela esclusiva della prole, minorenne o maggiorenne ma ancora indipendente, scossa dalla
disgregazione dell’unità familiare, in modo da garantire ai figli la permanenza in un ambiente
domestico. L’assegnazione viene, pertanto, disposta tenendo prioritariamente conto dell’interesse
dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico
in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni
sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicchè è estranea a tale decisione ogni valutazione
relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli.
Ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti
economicamente, ovvero del diritto all’assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è
tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore
proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il
permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, fermo restando che tale obbligo non
può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si
giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel
rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei
genitori) aspirazioni. (Cfr. Cass. Civ.,Sez. 1 – , Ordinanza n. 17183 del 14/08/2020, Rv. 658568 – 01).
Nel caso di specie, il figlio S. – ormai trentenne – lavora da più anni in un call center con contratti
rinnovati di periodo in periodo, per uno stipendio di Euro450,00 mensili circa, e coabita con la
fidanzata in un appartamento in città diversa dalla ricorrente.
Ritorna a casa della madre nei fine settimana, pur avendo trasferito i suoi effetti personali presso
l’appartamento di Rende. Per questo motivo, con ordinanza del 17.3.2021, venivano revocati assegno
di mantenimento e assegnazione della casa coniugale.
Si deve, infatti, ritenere che il figlio S. si sia ormai inserito nel mondo del lavoro ed abbia una capacità
lavorativa che lo rende economicamente indipendente. Il mantenimento da parte dei genitori del
figlio maggiorenne, che sia stato sostenuto nel percorso di studi e nella ricerca di lavoro, non può
essere protratto sine die, ma serve a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari sino a che il
figlio non riesca ad inserirsi nel mondo del lavoro. Una volta che la prole abbia tutti gli strumenti
necessari per svolgere una attività remunerativa ed abbia trovato un primo impiego, magari non del
tutto soddisfacente o corrispondente alle proprie aspirazioni, non si può ritenere sussistente il diritto
all’assegno di mantenimento. Naturalmente, si deve valutare caso per caso il tipo di impiego
reperito, la stabilità dello stesso, la remunerazione prevista, tenendo però conto delle condizioni
economiche della famiglia e dell’età del figlio: “In materia di mantenimento del figlio maggiorenne
e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di
accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone
alla domanda, sono integrati: dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità
inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna,
tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento
del mantenimento; dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica
del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro”. (cfr.
Cass Civ., Sez. 1 – , Ordinanza n. 38366 del 03/12/2021, Rv. 663466 – 02)
In quest’ottica, lo svolgimento di un’attività retribuita, ancorché prestata in esecuzione di contratto
di lavoro a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio
di procurarsi un’adeguata fonte di reddito, e quindi della raggiunta autosufficienza economica, che
esclude la reviviscenza dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore a seguito della cessazione
del rapporto di lavoro. Nel caso di specie, sebbene il rapporto di lavoro sia a tempo determinato, lo
stesso viene rinnovato da anni, e la ridotta remunerazione è comunque coerente con il basso reddito
familiare. A tali elementi si deve aggiungere l’età del ragazzo e la sua situazione di convivenza. In
caso simili, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “Il figlio di genitori divorziati, che abbia
ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo
professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo
remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza
ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione
dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di
dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando
l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale
esigenza di vita dell’individuo bisognoso”. (Cass. Civ, Sez. 1 – , Ordinanza n. 29264 del 07/10/2022,
Rv. 665892 – 01).
Si deve, invece, confermare l’assegno di mantenimento in favore della ricorrente, in Euro300,00
mensili, da rivalutare annualmente in base agli indici Istat.
La situazione economica delle parti, infatti, rende necessario un contributo da parte del resistente al
mantenimento della moglie, che ha un reddito di circa 4.500,00 mensili e non gode della casa
coniugale, a fronte del reddito di circa 1.100,00 del resistente, che ha attualmente la disponibilità di
diversi immobili.
Il tenore di vita modesto mantenuto durante il matrimonio rende congrua detta somma, nonostante
l’incidenza del costo dell’affitto per l’alloggio scelto dalla ricorrente (la spesa per un ampio alloggio
adatto ad ospitare i figli appare comprensibile ma non giustifica un aumento dell’assegno in difetto
di modifiche della situazione patrimoniale dei coniugi).
Le spese di lite vengono poste a carico del resistente nella misura liquidata in dispositivo, mentre
possono essere compensate quelle tra resistente e figlio vista la ridotta attività difensiva implicata
dall’intervento, avvenuto nella fase conclusiva del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando con l’intervento del Pubblico
Ministero:
DICHIARA la separazione personale dei coniugi, con addebito a carico di E.G..
ORDINA all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio fu trascritto di procedere
all’annotazione della presente sentenza;
DISPONE che E.G. versi in favore di A.C.G. un assegno di mantenimento mensile di Euro300,00, da
rivalutare annualmente in base agli indici Ista.
RIGETTA la domanda di assegnazione della casa coniugale; RIGETTA la domanda di mantenimento
del figlio S.G.
CONDANNA E.G. al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, liquidate in Euro 98,00
per spese ed Euro 2.538,50 per onorari, da corrispondersi in favore dell’E.;
COMPENSA le spese di lite tra E.G. e S.G..