Marito affetto da sindrome da dipendenza da alcool. Imputabile per maltrattamenti e lesioni

Tribunale Pescara, sent., 25 gennaio 2022, n. 3202 – Pres. Villani, Giud. Rel. Valente
TRIBUNALE DI PESCARA
All’udienza del 20 dicembre 2021 ha emesso la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
D.C.A., nato a F. il (…), residente a M., Corso U. n.233 – domicilio eletto in sede di Riesame
– presente-
Posizione giuridica:
sottoposto alla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare dal 16.8.2019;
Dal 3.3.2020 (aggravamento) sottoposto agli arresti domiciliari;
In data 31.5.2021 revocata la misura.
assistito e difeso di fiducia dall’Avv. Marcello Cordona del Foro di Pescara;
con l’intervento del P.M., Dott.ssa De Lucia Gabriella
IMPUTATO
Come da foglio allegato
IMPUTATO
1) Reato p. e p. dall’art. 572/2 comma c.p. (già artt. 572, 61 n. 11 quinquies c.p.), perché, mediante
continui soprusi, angherie, violenze morali e fisiche, maltrattava P.R., moglie convivente,
costringendola a vivere in uno stato di permanente umiliazione e sofferenza psico-fisica. In
particolare, la percuoteva ripetutamente con calci, pugni ed in alcuni casi financo con l’uso di armi
improprie anche alla presenza dei figli (di cui tre ancora minorenni), sempre per banali motivi e le
impediva di uscire di casa da sola, di comunicare con il cellulare e di incontrare autonomamente
altre persone. In particolare:
nel 2017 circa in Venezia, all’interno di una stanza d’albergo, dapprima la insultava e la percuoteva
pretendendo che si trovasse nuda sul letto, quindi, dopo essersi procurato un coltello ed un paio di
forbici la colpiva ripetutamente cagionandole plurime ferire da taglio;
l’11.08.2019, rientrato a casa, dapprima le ordinava di uscire dalla stanza, quindi, alla presenza dei
figli minori F.D.C. ed E.D.C., la insultava ripetutamente con frasi del tipo “sei una puttana” e la
picchiava selvaggiamente con calci e pugni; infine, dopo aver raggiunto il secondo piano, infrangeva
la porta della stanza nella quale la moglie si era rifugiata e la colpiva ripetutamente con un ferro da
barbecue fino a farla cadere rovinosamente a terra.
Con raggravante di aver commesso il fatto in presenza dei figli minori di anni diciotto.
In Montesilvano, Venezia e Pescara, fino all’ 11 Agosto 2019
2) Reato p. e p. dagli artt. 582, 585, 576 n. 5), 577 n. 1) e 61 n. 11 quinquies c.p., perché, in occasione
della condotta meglio descritta al capo A), mediante l’ausilio di un ferro da barbecue procurava a
P.R. lesioni consistite in “Trauma cranio facciale con frattura della ossa nasali” con prognosi di gg.
30 (fattispecie procedibile d’ufficio).
Con le aggravanti di aver commesso il fatto con l’uso di un’arma, in presenza dei figli minorenni, in
occasione della commissione del reato di cui all’art. 572 c.p. e ai danni della moglie.
In Pescara, l’ 11 Agosto 2019
Svolgimento del processo
Si procede nei confronti di D.C.A. per i reati di cui in epigrafe.
All’udienza del 27.1.2020 il Tribunale ha ordinato la rinnovazione della notifica del decreto di
giudizio immediato, a seguito della quale l’imputato ha chiesto ed ottenuto l’ammissione al giudizio
abbreviato.
E’ stata disposta una perizia medico-legale finalizzata ad accertare lo stato di capacità del prevenuto
al momento dei fatti e la sua eventuale pericolosità sociale. All’uopo è stato nominato il Dott.R.D.L..
Acquisita la relazione peritale e il fascicolo del P.M., le parti hanno concluso come in epigrafe
riportato e il Tribunale ha deciso come da dispositivo più oltre riprodotto.
Motivi della decisione
Sussiste, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità di D.C.A. in ordine ai reati a
lui ascritti nei capi di imputazione. Dall’esame della documentazione agli atti è risultato che a seguito
di una segnalazione pervenuta in data 11.8.2019 presso la Questura di Pescara per lite familiare,
personale di P.G. si è portato alle ore 20:00 presso l’abitazione sita in via D. J. della T. n. 19 del
Comune di Pescara, constatando la presenza di un uomo ed una donna, identificati nei coniugi
D.C.A. e P.R., ancora in stato di forte agitazione, e della presenza di un’altra donna, identificata in
D.A.R.A., madre convivente dell’imputato, con in braccio i propri nipoti, F. (di anni 5) ed E. (di anni
7) entrambi in lacrime.
Nell’immediatezza dei fatti la P. – che presentava evidenti ferite e tumefazioni – riferiva agli operanti
che da diverso tempo il coniuge era solito tenere nei suoi confronti condotte aggressive, ingiuriose
e vessatorie, anche in presenza dei suoi quattro figli e di sua suocera, ma di non averli mai denunciati
per il timore di conseguenze ancora più gravi; che prima del loro arrivo il coniuge, verosimilmente
ubriaco, l’aveva dapprima insultata dicendole “se una puttana” e lanciandole addosso degli ortaggi
poco prima acquistati e, poi, picchiata con calci e pugni e da ultimo aggredita fisicamente, con un
arnese del barbecue, dopo aver rotto la porta di una stanza ove si era rifugiata con i suoi figli.
Gli operanti avevano modo di rilevare che la stanza indicata dalla P. come il luogo in cui era iniziata
l’aggressione si presentava in disordine e vi erano tracce di sangue e vetri rotti sul pavimento
dell’abitazione.
La P., prontamente, trasportata con l’autombulanza presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale civile di
Pescara, veniva, ivi trattenuta, essendole stato riscontrato un “trauma cranico facciale con frattura
delle ossa nasali” – lesioni, queste, compatibili con la versione dei fatti resa dalla stessa agli agenti di
P.S.
La P. – sentita nuovamente a s.i.t. alle ore 9:55 del giorno successivo, 12.8.2019, all’interno
dell’ospedale – confermava, senza incorrere in contraddizioni e inverosimiglianze, quanto narrato il
giorno precedente; ribadiva che “episodi come quelli di ieri avvengono purtroppo molto spesso, A.
cerca sempre la lite”; riferiva di aver richiesto l’intervento dei Carabinieri solo un paio di volte
quando vivevano in un’altra abitazione sita nel Comune di Montesilvano e di aver subito, in passato,
un’altra grave aggressione fisica ad opera del marito nel mentre erano in vacanza a Venezia. In tale
circostanza – che collocava temporalmente nell’anno 2017 – il marito l’aveva insultata e picchiata
soltanto perché, contrariamente alle sue aspettative, non l’aveva trovata a letto nuda. Indispettito da
ciò “lui è sceso nella hall ed è risalito con un coltello e delle forbici e mi ha colpito sulla schiena con
entrambi. Mi sono medicata da sola, non ho chiamato nessuno. Siamo tornati a Pescara con il treno
e poi mi ha aiutato uria suocera a medicarmi un’altra volta”. Ha aggiunto, che il marito le vietava di
gestire il denaro, di utilizzare un telefono cellulare e di avere le chiavi di casa.
Nella stessa giornata del 12.8.2019, alle ore 12.15, gli operanti provvedevano a sentire a s.i.t. il figlio
maggiorenne, D.C.L., il quale riferiva che la madre era da oltre tre anni oggetto di aggressioni fisiche
e verbali ad opera del padre e che quella sera, nel rientrare a casa dal lavoro, aveva sentito il padre
urlare contro la madre frasi ingiuriose quali “puttana”, “zoccola” e simili, e di essersi determinato a
chiamare il 113 perché allarmato dalle urla della madre. Ha precisato, che il padre “quando ha la
luna storta si arrabbia, diventa violento, gli basta una fesseria per innescare la sua reazione senza
senso” e che le aggressioni fisiche e verbali ad opera del padre in danno della madre erano frequenti:
“più volte al mese “. Si trattava dell’abituale modalità con cui il padre si rapportava alla propria
moglie, anche in presenza dei fratelli minori. Di essere intervenuto più volte in soccorso della madre
– come anche sua nonna. Ha riferito di un episodio in cui la madre per sottrarsi all’aggressione del
marito si era rifugiata presso la Caserma dei Carabinieri di Montesilvano, sita vicina alla loro
abitazione. Ha confermato la circostanza che la madre non possiede denaro, né un telefono cellulare,
né le chiavi di casa perché il padre non vuole e che la stessa non ha vita sociale.
Non vi è motivo di dubitare delle dichiarazioni rese dal figlio dell’imputato, non essendo emerso
alcun proposito vendicativo o gratuitamente calunnioso da parte dello stesso nei confronti
dell’imputato.
Appare evidente che le dichiarazioni del figlio si collocano, inequivocabilmente, a sostegno delle
dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa.
La sostanziale uniformità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla P.O. e dal figlio dell’imputato,
risulta confortata dalla circostanza che già in data 19.4.2018 personale della Compagnia dei
Carabinieri di Montesilvano era intervenuto presso l’abitazione dei coniugi D.C.A. e P.R. (vedasi
doc. 23 del fascicolo del P.M.) perché era in corso una lite familiare, constatando uno stato di
agitazione e un grave disagio della P..
Durante la narrazione dei fatti – per come si evince dalla semplice lettura delle s.i.t. in atti – la persona
offesa si è sempre espressa senza esasperare o esagerare nella narrazione dei fatti e del regime di
vita – circostanza, questa, che depone per una sua spontaneità e genuinità.
L’episodio dell’11.8.2019, puntualmente ricostruito dalla persona offesa, e riscontrato dal referto
medico, dall’annotazione di servizio della P.G. intervenuta sul posto e dalle dichiarazioni del figlio,
L., dà conto della gravità dello stesso e ben spiega la ragione della presentazione della denuncia,
collocatasi al culmine di una serie di precedenti violenze, vessazioni e prevaricazioni, mai prima
denunciate. La persona offesa non era e non è portatrice di un interesse economico, strettamente
correlato all’esito del processo – circostanza, questa, che depone ulteriormente sulla attendibilità
della P..
Non rileva, contrariamente alla prospettazione della difesa, ai fini dell’attendibilità della persona
offesa, il comportamento della stessa, determinatasi a rimettere la querela sporta nei confronti del
marito, rappresentando la remissione di querela al più un tentativo della vittima di riappacificare il
clima familiare.
Non pare condivisibile l’assunto della difesa, secondo cui vi era reciprocità nei comportamenti
aggressivi, dovuti a divergenze e litigi di coppia, atteso che una tale ricostruzione della dinamica
degli accadimenti stride con l’intero compendio probatorio ed in particolare con le dichiarazioni rese
dal figlio della coppia, il quale non ha minimamente accennato a reciproche violenze.
Insomma, gli elementi sopra evidenziati si collocano, all’evidenza, a sostegno dell’ipotesi
accusatoria.
La patologia cui era affetto l’imputato all’epoca dei fatti: “Sindrome da dipendenza da alcool” non si
colloca tra le alterazioni patologiche idonee ad escludere totalmente la capacità di intendere e di
volere del prevenuto – come evidenziato dal perito nella relazione resa in data 7 maggio 2021.
Pertanto, il quadro clinico offerto dal perito consente solo di affermare che il periziato al momento
dei fatti in oggetto era seminfermo di mente a causa della patologia sopra diagnosticata.
Pertanto, l’imputato va ritenuto responsabile dei reati ascrittigli.
Quanto alla determinazione della pena, valutati tutti gli elementi di cui all’alt. 133 c.p. e riconosciuta
l’attenuante di cui all’art.89 C.P., si stima equa la pena di anni uno, mesi nove e giorni dieci di
reclusione (cosi determinata: ritenuta la continuazione tra i reati, attesa l’evidente unicità del
medesimo disegno criminoso, pena base, ritenuto più grave il reato di cui al capo 1), e tenuto conto
che i fatti contestati ricadono sotto la vecchia disciplina, anni tre di reclusione, ridotta ex art.89 c.p.
alla pena di anni due di reclusione, aumentata ex artt.81 C.P., alla pena di anni due e mesi otto di
reclusione, ridotta per la scelta del rito alla pena di cui sopra.
L’imputato è tenuto per legge al pagamento delle spese processuali.
Ricorrono i presupposti di legge per concedere al prevenuto il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
La presente motivazione viene resa nel termine indicato in dispositivo ex art.544 co.3 c.p.p.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e ss. c.p.p.;
dichiara
D.C.A. responsabile dei reati ascrittigli e, ritenuta la continuazione tra i reati contestati, lo condanna
alla pena di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione, oltre che al pagamento delle spese
processuali. Pena sospesa.
Fissa giorni 90 per la motivazione.