Formazione della massa ereditaria: un nuovo principio dalla Suprema Corte

Cass. Civ., Sez. II, Sent., 09 novembre 2021, n. 32804; D’Ascola, Rel. Cons. Tedesco
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21357/2017 proposto da:
T.F., rappresentato e difeso dall’avv. R.V.;
– ricorrente –
contro
T.I., rappresentata e difesa dall’avv. G. S.;
– controricorrente –
contro
M.V., rappresentata e difesa dall’avv. F. M., con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell’avv.
E. B.;
– controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1371/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 13/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2021 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPE TEDESCO;
udito il P.M. in persona del Procuratore Generale in persona del Dott. PEPE Alessandro, che ha
concluso per l’accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso principale e del primo motivo
del ricorso incidentale; assorbito il terzo motivo del ricorso principale e rigetto del secondo motivo
del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo
La presente causa riguarda la successione testamentaria di T.C., il quale è deceduto il 3 ottobre 2013
lasciando, quali legittimari, il coniuge M.V. e i figli T.F. e T.I..
Con il testamento olografo del 2003 il defunto ha lasciato l’intero suo patrimonio alla figlia T.I..
T.F., convenendo in giudizio T.I. e M.V. dinanzi al Tribunale di Prato, ha chiesto di essere reintegrato
nella propria quota di riserva. Analoga domanda ha proposto il coniuge, anch’ella pretermessa, M.V.
Il Tribunale ha definito la lite nei seguenti termini: a) ha accertato l’entità dei beni relitti per il valore
di Euro 163.442,00; b) ha detratto il passivo ereditario, pari a Euro 51.846,00, che il primo giudice
ha ravvisato in una fideiussione bancaria rilasciata dal testatore per l’importo di Euro 51.646,00 a
garanzia di un finanziamento accordato alla società A.F. S.r.l., oltre Euro 200,00 per spese
condominiali; c) ha quindi determinato il valore netto del relictum in Euro 111.596,00; d) ha accertato
che in occasione di una permuta di quote di immobili, intercorsa fra il de cuius e il figlio T.F., il primo
aveva realizzato una liberalità in favore del secondo: l’entità della donazione è stata identificata nel
divario di valore, a favore del figlio e a discapito del genitore, fra il valore delle quote oggetto di
permuta, indicato in Euro 75.000,00.
Ciò posto il primo giudice ha riconosciuto che, essendo la massa pari a Euro186.596,00, la quota di
legittima spettante a ciascuno dei tre legittimari, nell’ipotesi di concorso ricorrente nel caso di specie
(coniuge con più figli), ammontava a Euro 46.649,00. Quindi esso ha rigettato la domanda di
riduzione proposta da T.F., il quale aveva ricevuto in donazione un valore superiore. Ha accolto
invece l’analoga domanda proposta dal coniuge, che è stata reintegrato, per il valore di Euro
18.298,00, a scapito dell’erede testamentaria, e, per la differenza di Euro 28.351,00, in danno del
donatario.
La Corte d’appello di Firenze, adita con appello principale da T.F. e con appello incidentale da M.V.,
ha confermato la sentenza.
Essa ha riconosciuto che il divario di valore, fra i beni oggetto di permuta, era di tale entità da far
presumere che il de cuius, esperto imprenditore, fosse consapevole della sproporzione, dovendosi
pertanto ritenere che la volontà del genitore fosse quella di arricchire la controparte; ha riconosciuto
ancora che la fideiussione, a suo tempo rilasciata dal de cuius, fosse da includere fra le passività
ereditarie.
In base a tali rilievi la corte di merito ha rigettato l’appello principale di T.F..
Con l’appello incidentale M.V., deducendo che le disponibilità finanziarie del defunto al momento
della morte erano inferiori rispetto a quelle precedenti, menzionate nel testamento, aveva sollecitato
una consulenza tecnica volta a fare emergere l’esistenza di eventuali donazioni. La Corte d’appello ha
rigettato tale richiesta ritenendola esplorativa e comunque non opportuna; ha argomentato in
proposito che il de cuius ben avrebbe potuto liquidare i propri investimenti, disponendone in favore
di ignoti per importi altrettanto ignoti.
Per la cassazione della sentenza T.F. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
Ha proposto ricorso incidentale anche M.V., sulla base di due motivi.
T.I. ha resistito con controricorso ad ambedue i ricorsi.
M.V. ha depositato memoria.

Motivi della decisione
1. Va in primo luogo richiamato il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una
stessa sentenza. In base a tale principio, una volta avvenuta la notificazione della prima
impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò,
nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; quest’ultima modalità,
tuttavia, non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte in
ricorso incidentale, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante
(Cass. n. 448/2020; n. 5695/2015).
Consegue che il ricorso per cassazione di M.V., in quanto proposto contro la stessa sentenza già
impugnata da T.F., si deve ritenere ricorso incidentale proposto nell’ambito del procedimento
scaturito dalla proposizione del primo ricorso.
2. E’ infondata l’eccezione con la quale la controricorrente eccepisce la violazione, da parte dei
ricorrenti principale e incidentale, dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè i ricorsi non
conterrebbero la sommaria esposizione dei fatti di causa. Tanto il ricorso principale, quanto il ricorso
incidentale, infatti, considerati nella totalità del loro contenuto, (Cass. n. 17036/2018), consentono
alla Corte di avere una chiara visione della vicenda, sostanziale e processuale, in immediato
coordinamento con i motivi di censura (Cass. n. 21750/2016).
3. Con il primo motivo T.F. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa
applicazione dell’art. 556 c.c., e dell’art. 1552 c.c.
La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello, in relazione alla permuta
intercorsa fra l’attuale ricorrente T.F. e il defunto, ha considerato oggetto di donazione la differenza
di valore fra i beni scambiati Si rimprovera alla corte di merito di aver giustificato tale decisione alla
stregua di una valutazione squisitamente oggettiva, mentre, al fine di riconoscere l’esistenza di una
liberalità, occorreva un’indagine sulla sussistenza dell’animus donandi.
Con il secondo motivo il T. denuncia violazione dell’art. 556 c.c. Egli sostiene che la fideiussione
bancaria rilasciata dal defunto a garanzia del debito della A.F. S.r.l., assunta dalla Corte d’appello fra
i debiti ereditari, non era in effetti una passività immediatamente detraibile. Si richiedeva a tal fine la
prova, che non era stata fornita, della insolvenza del debitore principale.
Con il terzo motivo si denuncia la sentenza per “motivazione apparente e/o contrasto irriducibile tra
affermazioni fra loro inconciliabili”.
La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello ha riconosciuto essere circostanza
irrilevante la chiusura, da parte del debitore principale, del conto corrente esistente presso la banca
che aveva erogato il prestito garantito da fideiussione. Il ricorrente censura ancora la sentenza, là dove
la Corte d’appello aveva ritenuto di poter ravvisare, nella sentenza di primo grado, il riconoscimento
che la banca, beneficiaria della fideiussione, fosse diventata creditrice del fideiussore. Infatti, il
giudice di primo grado si era limitato a riconoscere la circostanza, invero pacifica, che era stata
rilasciata dal defunto una fideiussione per quell’importo.
4. Con il primo motivo di ricorso M.V. censura la decisione nella parte in cui la Corte d’appello ha
annoverato fra le passività ereditarie la fideiussione rilasciata dal de cuius a favore delle A.F. S.r.l..
Con il secondo motivo si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della mancata
ammissione della consulenza tecnico contabile, che si giustificava in considerazione del contenuto
del testamento, nel quale erano indicati valori mobiliari per l’importo di Euro 100.000,00, a fronte del
minore importo, esistente al tempo della morte, di Euro 56.000,00.
La esistenza del testamento rendeva la istanza di nomina di un consulente tecnico giustificata e
nient’affatto esplorativa o inopportuna.
5. Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Senza che sia minimamente necessario indagare
sulla questione se la previsione di conguagli in denaro sia compatibile con la permuta (Cass. n.
9088/2007; n. 6505/2014: n. 13717/2014), è certo che l’ipotesi della permuta nella quale uno dei
contraenti ottiene, coscientemente e per spirito di liberalità, un bene di valore inferiore a quello
trasferito all’altro contraente, può farsi rientrare nel negotium mixtum cum donatione. L’ipotesi di tale
figura certamente più frequente è quella della vendita per un prezzo minore del valore della cosa
venduta, ma essa può intervenire in qualsiasi contratto a titolo oneroso, ove la prestazione del cedente
superi il valore della controprestazione (Cass. n. 1685/1963), semprechè la differenza di valore sia
voluta per spirito di liberalità (Cass. n. 7681/2019).
Si insegna che per la identificazione del negotium mixtum cum donatione non basta la qualifica che
all’atto hanno voluto attribuire le parti (Cass. n. 5584/2003), nè la obiettiva sproporzione, ma occorre
la volontà di compiere un atto a titolo oneroso, che presenta una causa, tipica o atipica, accompagnata
dalla volontà di determinare l’arricchimento, come risultato dell’atto, e che la sproporzione sia voluta
per spirito di liberalità (Cass. n. 23297/2915; n. 10614/2016; n. 1955/2007).
Incombe alla parte che intenda far valere in giudizio il negotium mixtum cum donatione l’onere di
provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la
consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al
trasferimento del bene a tali condizioni dalli animus donandi nei confronti dell’acquirente (Cass. n.
19601/2004).
L’accertare nei singoli casi se l’attribuzione patrimoniale da parte del disponente abbia come causa lo
spirito di liberalità importa una complessa valutazione degli elementi concreti della causa e si risolve
in un apprezzamento di merito, incensurabile in cassazione quando sia congruamente e logicamente
motivato (Cass. n. 111/1964).
Or bene la ricostruzione della fattispecie, quale emerge dalla sentenza, impugnata, non rivela errori
nella identificazione dei requisiti che debbono ricorrere ai fini della sussistenza del negotium mixtum
cum donatione. Diversamente da quanto si sostiene da parte del ricorrente, non è vero che la Corte
d’appello abbia ravvisato la liberalità nel mero divario di valore fra le quote oggetto della permuta.
Piuttosto essa ha posto l’accento sull’oggettivo divario dei valori, deducendo, sulla base di
considerazioni attinenti alla qualità professionale del defunto e alla notevole entità della sproporzione,
che il genitore permutante l’avesse consapevolmente accettata con il fine di arricchire il figlio.
Tale valutazione si risolve perciò in un apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede.
6. Sono fondati il secondo motivo e il terzo motivo del ricorso principale, da esaminare
congiuntamente, per identità della censura, al primo motivo del ricorso incidentale.
In materia tributaria la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che i soli debiti ereditari deducibili
sono quelli liquidi ed esigibili. “Pertanto, le eventuali fideiussioni prestate dal de cuius non
costituiscono passività deducibili, a meno che al momento dell’apertura della successione sussista
l’insolvibilità del debitore garantito o l’impossibilità di esercitare l’azione di regresso, con il
conseguente effettivo depauperamento dell’attivo ereditario (Cass. n. 4419/2008; n. 5969/2007).
Contrariamente da quanto ha ritenuto la Corte d’appello, nella riunione fittizia ex art. 556 c.c., vale
una regola analoga, che abbraccia anche la ricostruzione dell’attivo: sono inclusi nella massa attiva e
passiva solo diritti e obblighi aventi esistenza attuale e certa nel patrimonio ereditario. In ordine alla
fideiussione, e ai debiti solidali in genere, opera una regola analoga a quella valevole per i debiti
sottoposti a condizione sospensiva. Si escludono dal passivo, salvo le opportune correzioni qualora
la condizione si verifichi. Si osserva esattamente in dottrina che, nel conflitto di interessi fra onorati
testamentari o donatari, non si deve arrecare agli uni un danno certo e immediato per risparmiare agli
altri un danno eventuale.
In palese contrasto con tali principi, la Corte d’appello fiorentina ha detratto a priori l’importo della
fideiussione prestata dal defunto, ritenendo circostanza irrilevante persino che il conto corrente del
debitore principale, cui ineriva la garanzia, fosse stato chiuso in epoca ampiamente precedente
all’apertura della successione. Insomma, il debito da fideiussione è stato detratto dall’attivo non solo
in assenza di prova della attualità del depauperamento del patrimonio ereditario, ma senza tenere
conto di un fatto idoneo, quanto meno in linea astratta, ad escludere l’operatività della garanzia. Al
riguardo la Corte d’appello ha esaurito l’analisi nel rilievo, di per sè non decisivo, che “nè l’appellante
principale nè quello incidentale hanno dedotto l’estinzione per prescrizione del debito in questione”.
La corte di merito ha così sovrapposto due nozioni diverse, perchè la vigenza di una garanzia non
significa necessariamente attualità del debito. Nel medesimo equivoco incorre la controricorrente, nel
momento in cui sottolinea che la morte del fideiussore non comporta la estinzione della garanzia.
Così come la Corte d’appello, anche la controricorrente dimentica che la vigenza di una garanzia
fideiussoria, nonostante la morte del garante, non giustifica di per sè la deduzione attuale dall’attivo
ereditario ai fini della riunione fittizia. A questi effetti non solo si richiede, quale ovvio ed essenziale
presupposto, che l’obbligazione garantita non sia stata estinta, ma occorre la dimostrazione
dell’insolvibilità del debitore garantito o dell’impossibilità di esercitare l’azione di regresso.
La corte fiorentina ha omesso qualsiasi indagine in proposito, incorrendo quindi nella violazioni
fondatamente denunciate con il ricorso principale e incidentale.
La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione a tali motivi e il giudice di rinvio dovrà attenersi
al seguente principio di diritto:
“Nella formazione della massa ai sensi dell’art. 556 c.c., si detrae dal valore dei beni compresi nel
relictum solo il valore dei debiti del defunto aventi esistenza attuale e certa nel patrimonio ereditario,
fatta salva la reintegrazione della legittima, previa rettifica del calcolo, se il debito, inizialmente non
detratto, sia venuto ad esistenza in un secondo momento. Pertanto, il debito derivante da fideiussione
prestata dal de cuius è detraibile se e nella misura in cui sia dimostrata l’insolvibilità del debitore
garantito o l’impossibilità di esercitare l’azione di regresso”.
7. Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato.
La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di
coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che
necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere
utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente
negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di
prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non
provati (Cass. n. 30218/2017; n. 10373/2019).
La attuale ricorrente incidentale, ponendo in luce che il testatore aveva indicato l’esistenza, nel proprio
patrimonio, di valori mobiliari per un importo superiore a quello esistente all’apertura della
successione, aveva chiesto una consulenza contabile. La Corte d’appello ha rigettato tale istanza, in
quanto “finalizzata ad accertare eventuali donazioni di cui l’appellante non è in grado di dedurre
alcuna circostanza”.
La decisione merita di essere condivisa. In presenza di un testamento, nel quale era menzionata
l’esistenza di valori mobiliari che non si ritrovavano al momento della morte, avvenuta dopo dieci
anni dalla data della scheda, non accompagnata dalla indicazione di alcuna circostanza concreta tale
da autorizzare l’illazione che il de cuius avesse disposto di quei valori a titolo di donazione, ha
indubbio carattere esplorativo. Certo il legittimario, quando, come nel caso in esame, sia stato
preterito dal testatore, non essendo erede nè chiamato all’eredità, potrebbe trovarsi nella impossibilità
di attivarsi autonomamente presso gli istituti di credito al fine di acquisire documentazione bancaria
inerente alle operazioni realizzate dal defunto. Infatti, il diritto D.Lgs. n. 385 del 2011, ex art. 119, di
ottenere “copia dalla documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci
anni”, compete al soggetto che sia “succeduto universalmente al cliente della banca” (Cass. n.
11004/2006). Ma a tale eventuale carenza si supplisce, in ipotesi, con l’istanza di esibizione ex art.
210 c.p.c., e ss. (cfr. Cass. n. 15688/2020), non con la istanza di nomina di un consulente tecnico.
D’altronde non risulta che la legittimaria ricorrente avesse avuto difficoltà nell’ottenere
documentazione dalle banche a causa della preterizione. La stessa ricorrente ammette che la
documentazione, insieme agli estratti conto, fu depositata nei termini (pag. 3 della memoria della M.).
Si deve aggiungere che l’onere di specifica deduzione, che avrebbe dovuto accompagnare la richiesta
di nomina del consulente, nella specie, si atteggiava in termini ancora più stringenti, tenuto conto che
si discuteva di una differenza di Euro 44.000,00 in un arco di tempo di circa un decennio. 8. Infine,
si deve rilevare che non ha costituito oggetto di censura il metodo seguito dalla Corte d’appello
nell’operare la riduzione in favore del coniuge superstite. La riduzione è stata operata anche a scapito
del donatario pur essendo il relictum capiente, in contrasto con la regola inderogabile, stabilita
dall’art. 555 c.c., che le donazioni non si riducono se non esaurito il valore dei beni dei quali è stato
disposto per testamento (Cass. n. 4721/2016; n. 17926/2020). Grazie a questo anomalo modo di
procedere, la erede testamentaria, destinataria dell’azione di riduzione esercitata dal coniuge, ha
conservato non solo la quota di legittima (come è naturale che sia: Cass. n. 4694/2020), ma anche
l’intera quota disponibile, nonostante questa, attesa la presenza della donazione eccedente la legittima
del donatario, fosse stata già intaccata.
Tale modo di procedere trascura che, in senso tecnico, la quota disponibile non è la porzione della
massa fittizia formata con il procedimento di calcolo ai sensi dell’art. 556 c.c., ma la quota del
relictum che eventualmente sopravanza la porzione indisponibile, determinata in base a quel
procedimento: la quota disponibile varia in proporzione inversa al valore delle donazioni fatte ad
estranei o anche a legittimari, nella misura in cui le donazioni fatte a questi ultimi siano imputabili
alla disponibile.
9. Conclusivamente vanno accolti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale di T.F. e il
secondo motivo del ricorso incidentale di M.V.. Vanno rigettati il primo motivo del ricorso principale
e il secondo motivo del ricorso incidentale.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello
di Firenze in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame attenendosi a quanto sopra e
liquiderà le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale;
rigetta il primo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la
sentenza in relazione ai motivi del ricorso principale e incidentale accolti; rinvia la causa alla Corte
d’appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.