Assegno divorzile. Riconosciuto se il maggior impegno profuso nella famiglia ha consentito al marito un consolidato assetto professionale

Tribunale di Modena, sent. 15 novembre 2021 – Pres. Di Pasquale, Cons. est. Bolondi
Tribunale Ordinario di Modena
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa di primo grado iscritta al n. 9447 del Ruolo Generale degli affari contenziosi per l’anno
2016
promossa da
X (C.F. ***), rappresentato e difeso dall’Avvocato DANIELA DONDI
ATTORE
contro
Y (C.F. ***), rappresentata e difesa dall’Avvocato GIOVANNA ZANOLINI
CONVENUTA
e con l’intervento del PUBBLICO MINISTERO IN SEDE
OGGETTO: divorzio contenzioso – cessazione effetti civili
CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da fogli di precisazione delle conclusioni depositati
telematicamente la parte attrice in data 2.4.2021, la parte convenuta il 31.3.2021 e il Pubblico
Ministero il 19.4.2021
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Le parti hanno contratto matrimonio concordatario a Mirandola il 23.2.1991 e dalla loro unione
sono nati i figli Anita il 17.6.1991 e T. il 2.1.2002.

2. I coniugi si sono separati con sentenza del Tribunale di Modena n. 60/2012 del 9.1.2012,
parzialmente riformata dalla sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 705/2014, pubblicata il
7.3.2014.
Queste, per quanto qui rileva, le statuizioni di carattere economico complessivamente risultanti dalle
due pronunce:
– assegno per il mantenimento della moglie a carico del marito di euro 600,00 mensili;
– assegno per il mantenimento della figlia Anita a carico del padre di euro 800,00 mensili;
– assegno per il mantenimento del figlio T. a carico del padre di euro 600,00 mensili.
3. Con ricorso depositato il 16.11.2016, X ha chiesto dichiararsi la cessazione degli effetti civili del
matrimonio, la conservazione del contributo a suo carico per il mantenimento del figlio T. di euro
600,00 mensili, un assegno materno per il mantenimento della figlia Anita, asseritamente di nuovo
suo carico, di euro 200,00 mensili, nulla a titolo di assegno divorzile per la moglie.
4. Nel giudizio così radicato, si è costituita Y concordando con la richiesta di divorzio ma
domandando l’aumento a euro 2.000,00 mensili dell’assegno a carico del padre per il mantenimento
del figlio T., un assegno divorzile per sé di euro 1.500,00 e dando infine atto che Anita convive in
abitazione autonoma con il proprio fidanzato e che, di conseguenza, nulla può pretendere il X per il
suo mantenimento.
5. Le parti, nei rispettivi scritti introduttivi, avevano altresì formulato richieste relative al regime di
affidamento del figlio T., allora minorenne, al suo collocamento prevalente e alle frequentazioni con
il genitore non collocatario.
Poiché il ragazzo è in seguito divenuto maggiorenne, si tratta di questioni superate che dunque non
verranno specificamente trattate.
6. All’esito dell’ordinanza presidenziale del 9.2.2017, il Presidente delegato non ha apportato
modifiche all’assetto vigente e ha nominato il G.I. per la prosecuzione del giudizio.
7. Introdotta la fase contenziosa, la causa è stata istruita acquisendo documentazione attinente la
situazione economico-patrimoniale delle parti, ascoltando il figlio della coppia T., allora minorenne,
ed escutendo i testi ***
E’ stata, inoltre, disposta CTU con il dott. Casarini diretta a dettagliare le rispettive situazioni
patrimoniali e le capacità reddituali delle parti.
La conciliazione della lite, a più riprese tentata, non ha avuto esito positivo.
8. All’udienza del 13.4.2021, le parti hanno infine precisato le conclusioni e la causa è stata rimessa
al Collegio per la decisione.
Sono stati depositati gli scritti conclusivi.

§

Preliminarmente va dato atto del fatto che per effetto della sentenza parziale di questo Tribunale n.
1373/2019, pubblicata il 9.9.2019, il vincolo matrimoniale che legava i coniugi è ormai sciolto.

***

E’, inoltre, pacifico che la figlia Anita, di anni 30, già prima del radicarsi del presente contenzioso
non vivesse più con alcuno dei genitori, ma assieme al proprio compagno in autonoma abitazione.
Lo stesso padre, che all’esordio della lite aveva domandato alla madre un contributo di euro 200,00
per il mantenimento della ragazza, ne ha preso atto, non reiterando in sede di precisazione delle
conclusioni alcuna richiesta in tal senso, che deve quindi intendersi abbandonata, con la
conseguenza che non graverà contributo di sorta su entrambi i genitori per il mantenimento della
figlia a far data dall’inizio della controversia (16.11.2016).

***

Parimenti non contestato che la madre continui a vivere assieme al figlio T., studente di anni 19 non
economicamente autosufficiente, nella casa familiare sita a Mirandola, via Pacinotti n. 7, che viene
pertanto assegnata alla Y come da sua richiesta a cui, peraltro, il X non si è opposto.

***

La presente controversia verte dunque, nella sostanza, unicamente sui seguenti due aspetti: 1)
l’assegno divorzile chiesto dalla ex moglie; 2) il contributo per il mantenimento del figlio T. a carico
del padre.

Si procede dunque alla loro trattazione iniziando dalla domanda avanzata dalla Y ai sensi dell’art.
5, sesto comma, della legge 898/1970.

La pretesa va esaminata alla luce dei noti principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di
cassazione nella sentenza 11.7.2018, n. 18287, secondo cui, in sintesi, lo squilibrio economico-
patrimoniale tra gli ex coniugi (su cui ha incentrato le proprie difese la ex moglie) non è di per sé
sufficiente a garantire a quello economicamente più debole un assegno divorzile, occorrendo infatti
riscontrare, in aggiunta a tale squilibrio, nonché, in ogni caso, per la determinazione del quantum
del contributo:
– che il coniuge economicamente più debole non sia in grado, da solo, di raggiungere
l’autosufficienza (funzione assistenziale dell’assegno);
– che, anche per l’ipotesi in cui il coniuge economicamente più debole sia autosufficiente, lo squilibrio
economico-patrimoniale accertato derivi dal suo sacrificio di aspettative professionali e reddituali
dipeso da scelte condivise e dall’assunzione di un ruolo teso al primario soddisfacimento delle
esigenze familiari (funzione compensativa dell’assegno);
– un contributo del coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio comune e
di quello, anche professionale, dell’altro coniuge (funzione perequativa dell’assegno).
Ciò debitamente premesso, si osserva che, nel caso di specie, al fine di disporre di un quadro preciso
delle situazioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, sia stata disposta CTU con il dott…., il
quale, al termine di analisi approfondita e corredata da ampia e condivisibile motivazione – che il
Collegio dunque condivide – ha, in sintesi, evidenziato che:

– il X:

a) dispone di patrimonio immobiliare che, secondo l’ultima stima dei cespiti che lo compongono
effettuata sulla base dei valori OMI, si attesta in complessivi euro 599.790,00, con valore locativo
corrente (sempre sulla base dei parametri OMI) di euro 44.451,00;
b) sia nudo proprietario della quota di 3.873,42 della società di famiglia Luosi S.r.l., con capitale
conferito di euro 10.329,12, che svolge attività di compravendita di beni immobili propri, del valore
(la quota del…) di euro 88.849,00 (euro 118.185,00 valore della piena proprietà della quota);
c) è titolare di rapporti bancari (conti correnti e depositi titoli) del valore di euro 66.430,94;
d) è titolare di beni mobili registrati del valore complessivo di circa euro 42.000,00, nonché
utilizzatore dell’autoveicolo Bmw X3 Xdrive 20D, intestato alla madre, immatricolato nel 2011, del
valore attuale di circa euro 12.000,00;
e) ha goduto di un reddito netto mensile medio negli ultimi anni di circa euro 2.600,00;

– la Y:
a) dispone di patrimonio immobiliare che, secondo l’ultima stima dei cespiti che lo compongono
effettuata sulla base dei valori OMI, si attesta in complessivi euro 278.941,00, con valore locativo
corrente (sempre sulla base dei parametri OMI) di euro 14.586,00;
b) è titolare di quota del 27,5 % della società di famiglia Litografia *** e C. S.a.s., che svolge l’attività
di gestione di immobili propri, del valore di euro 464.380,51;
c) è titolare di rapporti bancari (conti correnti e depositi titoli) del valore di euro 249.532,79;
d) non è titolare di beni mobili registrati;
e) ha goduto di un autonomo reddito netto mensile medio negli ultimi anni di circa euro 400,00 (non
conteggiando, cioè, l’assegno di mantenimento percepito dal X).
La Y ha sostenuto che, a dispetto delle formalità, il X sarebbe il solo reale dominus, nonché
beneficiario, dell’intera redditività della …S.r.l., nonché di altri numerosi beni immobili di cui risulta
titolare, solo in modo apparente, l’anziana madre, sì che l’ex marito godrebbe di introiti ben più
elevati di quelli risultanti in atti.
L’assunto non ha ricevuto adeguata prova né documentale né attraverso i testi escussi *** , i quali
hanno riferito della circostanza in modo però generico oltre che de relato.
Non è, peraltro, inusuale, come parrebbe intendere la Y, che, specie in famiglie senza particolari
dissapori, il de cuius attribuisca l’usufrutto su tutti i propri beni alla moglie e la nuda proprietà ai
figli. Così come non è di per sé singolare che il…, date le conoscenze giuridiche di cui dispone, svolga
attività, specie di ordinaria amministrazione, di cui beneficia la società di famiglia nche in difetto di
puntuale e specifica remunerazione.
In altri termini, non sono emersi elementi concreti per ritenere che l’assetto societario della Luosi
S.r.l. sia simulato, cioè differente da quello apparente.
Né, tantomeno, è stato provato che il X sia il reale proprietario dei beni immobili formalmente della
madre, come pure ha sostenuto la convenuta.
In proposito, il CTU ha già fornito la seguente convincente risposta: “Per gli immobili già posseduti
dalla sig.ra …in piena proprietà non vi è alcuna motivazione immediata per inserirli in tale
conteggio, anche perché fino al 2016 era in vita il marito, senza poi entrare nel fatto che un conto è
la gestione degli immobili, un altro è l’effettivo beneficiario di quel reddito. In linea generale, i figli
ben possono gestire gli immobili della madre (i contratti di locazione, i pagamenti delle imposte
inerenti – Imu –) ma da questo non discende in automatico che il reddito venga imputato ai figli; la
madre può ritenere il reddito di tali immobili per i suoi bisogni finanziari ordinari e straordinari
(tenore di vita, spese mediche, ecc.).”.
In definitiva, il Collegio ritiene che la complessiva situazione economico-patrimoniale delle parti sia
quella ben fotografata dal dott. …nel proprio elaborato e riportata sinteticamente poc’anzi.
Dalla stessa emerge comunque un complessivo squilibrio a favore dell’ex marito, sia pure non
dell’entità ragguardevole allegata dalla ex moglie.
Il X è difatti titolare non solo di patrimonio immobiliare di consistenza superiore a quello della
moglie, ma soprattutto di capacità professionale e reddituale decisamente più elevata, elemento,
quest’ultimo, di rilevanza non trascurabile, specie nella prospettiva degli anni a venire.
Tale circostanza assume valenza più significativa della partecipazione societaria della ex moglie, dal
valore certamente non esiguo ma non agevolmente commerciabile, trattandosi di società di famiglia,
nonché dei depositi bancari della convenuta, destinati fisiologicamente a esaurirsi con il loro
sistematico utilizzo.
Acclarata, in tal modo, l’esistenza di un divario tra le situazioni degli ex coniugi, si valuta ora
l’eventualità di riconoscere alla Y un assegno divorzile sulla base dei citati principi enunciati dalla
giurisprudenza di legittimità.
Innanzi tutto, tale assegno non potrà avere funzione assistenziale, posto che la Y – che non ha oneri
abitativi – dispone all’evidenza di patrimonio la cui complessiva entità le garantisce autosufficienza
economica.
In secondo luogo, nemmeno è possibile riconoscere alla ex moglie un assegno divorzile con funzione
compensativa. E’, infatti, sostanzialmente pacifico che la convenuta abbia lavorato in costanza di
matrimonio per la società di famiglia Litografia *** e C. S.a.s., fino alla chiusura della relativa attività
negli anni 2009-2010, in seguito iscrivendosi all’Università, e dunque non tentando ulteriore
inserimento nel mondo lavorativo, tentativo, ancora successivamente, nemmeno allegato con
minima precisione, e tantomeno provato.
La convenuta, peraltro solo in comparsa conclusionale (pagina 25), ha riferito che tanto la scelta
iniziale di lavorare per la società di famiglia, condivisa con l’ex coniuge, quanto quella successiva di
non cercare diverso lavoro dipesero dalla necessità di dedicarsi all’accudimento dei due figli e alla
cura della casa famigliare, il che ha “decisamente pregiudicato ogni velleità di carriera”.
Una simile allegazione risulta però in primo luogo generica, non chiarendo nemmeno per sommi
capi a quale tipologia di carriera avrebbe rinunciato la Y (intendendosi per tale quella
ragionevolmente percorribile sulla base di specifiche attitudini, anche curriculari, e con quali
concrete prospettive, specie di guadagno, nel settore di riferimento) e altresì non dimostrata, sia pure
in modo presuntivo o indiziario.
Può, invece, riconoscersi alla ex moglie un assegno divorzile con funzione perequativa.
Non è contestato, difatti, che i compiti di cura e accudimento dei due figli della coppia, tanto nel
corso della vita matrimoniale, quanto durante la conflittuale separazione – iniziata quando T. aveva
appena tre anni – siano stati svolti in via sicuramente prevalente dalla madre, il che risulta, tra l’altro,
dallo stesso calendario ordinario di frequentazioni dei ragazzi con il padre stabilito in sede
separativa, che prevedeva, ogni due settimane, circa 10 giorni con la prima e 4 con il secondo.
Se, come chiarito, non vi è prova – e nemmeno allegazione – che ciò abbia comportato il sacrificio di
aspettative professionali e reddituali della Y, può invece ritenersi con sufficiente grado di certezza
che un simile consolidato assetto abbia consentito al X di dedicarsi con agio, tranquillità, e dunque
maggiore impegno, alla propria professione di avvocato, oggi stabilmente avviata con soddisfazione
e profitto, nonché alla gestione della società di famiglia, con beneficio, quand’anche non immediato,
futuribile con più che ragionevole certezza (in tal senso cfr. di recente Cass., 20.10.2021, n. 29195).
Sulla base dei rilievi che precedono, e tenendo conto dei quattordici anni lungo cui si è estrinsecata
la vita matrimoniale (dal 1991 al 2005, anno della separazione), il Collegio ritiene equo stabilire un
assegno divorzile a favore della ex moglie dell’importo di euro 500,00 mensili, il quale decorrerà dal
9.9.2019, data della pronuncia della sentenza parziale di divorzio.

***

Il figlio T., di anni 19, studente non economicamente autosufficiente (lo stesso X ne ha dato atto in
modo chiaro) vive con la madre e frequenta il padre in sostanza come stabilito in sede separativa,
ove venne disposto dalla Corte d’Appello di Bologna un contributo a carico dell’attore di euro 600,00
mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie.
Da allora sono decorsi sette anni, durante i quali le esigenze del ragazzo si sono certamente
accresciute, così come i costi per soddisfarle (così da ultimo Cass., 30.7.2021, n. 21993) e, di
conseguenza, tale contributo può essere innalzato, a far data dalla presente sentenza, a euro 750,00
mensili, fermo il 50% delle spese straordinarie.

***

L’esito complessivo del giudizio, qualificabile alla stregua di reciproca soccombenza ai sensi dell’art.
92, secondo comma, c.p.c., giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite, comprese quelle
di CTU come liquidate con separato decreto.

P.Q.M.
Il Tribunale Ordinario di Modena, in composizione collegiale, definitivamente decidendo, preso atto
della propria sentenza parziale di divorzio n. 1373/2019, pubblicata il 9.9.2019, ogni diversa
domanda, istanza ed eccezione disattesa e respinta:
1) assegna la casa familiare sita in Mirandola, via Pacinotti n. 7, a Y;
2) dichiara cessato, a far data dal 16.11.2016, l’obbligo dei genitori di mantenere la figlia Anita;
3) obbliga X a versare a Y, a far data dalla presente sentenza, euro 750,00 mensili, in via anticipata
entro il giorno 5 di ogni mese, a titolo di contributo per il mantenimento ordinario del figlio T.,
importo annualmente rivalutabile secondo gli indici ISTAT per le famiglie di operai e impiegati,
oltre al 50% delle spese straordinarie come disciplinate dal seguente Protocollo del 25.9.2019 in uso
presso il Tribunale di Modena:
spese mediche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) visite specialistiche
prescritte dal medico curante; b) cure dentistiche presso strutture pubbliche; c) accertamenti e
trattamenti sanitari non erogati dal Servizio Sanitario Nazionale; d) tickets sanitari, e) farmaci da
banco e non, purché prescritti dal medico del servizio sanitario nazionale;
spese mediche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) cure dentistiche,
ortodontiche e oculistiche; b) cure termali e fisioterapiche; c) accertamenti e trattamenti sanitari
erogati anche dal Servizio Sanitario Nazionale; d) cure non convenzionali; e) farmaci particolari;
spese scolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e
universitarie imposte da istituti pubblici; b) libri di testo e materiale di corredo scolastico di inizio
anno e relativa assicurazione scolastica; c) gite scolastiche senza pernottamento; d) trasporto
pubblico; e) mensa;
spese scolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) tasse scolastiche e
universitarie imposte da istituti privati; b) corsi di specializzazione; c) gite scolastiche con
pernottamento; d) corsi di recupero e lezioni private; e) alloggio presso la sede universitaria;
spese extrascolastiche (da documentare) che non richiedono il preventivo accordo: a) tempo
prolungato, pre-scuola e dopo-scuola; b) centro ricreativo estivo e gruppo estivo;
spese extrascolastiche (da documentare) che richiedono il preventivo accordo: a) corsi di istruzione,
attività sportive, ricreative e ludiche e pertinenti attrezzature; b) spese di custodia (baby sitter); c)
viaggi e vacanze;
In relazione alle spese straordinarie da concordare, il genitore a fronte di una formale richiesta
avanzata all’altro in forma scritta (a mezzo sms, whatsapp, e-mail, fax, ecc.) dovrà manifestare un
motivato dissenso, sempre per iscritto, entro 10 giorni dalla data di ricevimento della richiesta; in
difetto di risposta, il silenzio sarà inteso come consenso alla spesa.
Il rimborso pro quota al genitore che ha anticipato le predette spese e che ha fornito idonea
documentazione entro la fine del mese in cui è avvenuto l’esborso, è dovuto entro il mese successivo
all’esibizione;
4) obbliga X a far data dal 9.9.2019, a versare a Y euro 500,00 mensili, in via anticipata entro il giorno
5 di ogni mese, a titolo di assegno divorzile, importo annualmente rivalutabile secondo gli indici
ISTAT per le famiglie di operai e impiegati,
5) compensa integralmente tra le parti le spese di lite, comprese quelle di CTU come liquidate con
separato decreto.