Vanno valutate le cause all’origine della disparità economica

Cass., sez. I, Ord. 11 ottobre 2021 n. 2756
Cassazione civile sez. I – 11/10/2021, n. 27561
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 22580/2017 proposto da:
V.F.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via
Carlo Mirabelli n. 25, presso lo studio dell’Avvocato Fulvio Neri,
rappresentato e difeso dall’Avvocato Salvatore Ruggirello, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
L.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 558/2017 della Corte d’appello di Palermo,
depositata il 22/3/2017;
2
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/7/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 5859/2015, disponeva che V.F.P. versasse
a L.C., in conseguenza della cessazione degli effetti civili del matrimonio fra loro
contratto e in applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, un assegno
divorzile di Euro 350 mensili.
2. La Corte d’appello di Palermo, a seguito dell’impugnazione proposta dal V.,
registrava la differenza reddituale esistente fra gli ex coniugi, giacché il reddito
dell’appellante era pari al triplo di quello della L., e riteneva che la situazione
reddituale di quest’ultima fosse tale da non consentirle di mantenere un tenore di vita
analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Pertanto, una volta constatato che sulla quantificazione dell’assegno di divorzio,
comunque congrua avuto riguardo ai criteri di legge, non era stata avanzata alcuna
specifica censura, confermava la statuizione impugnata.
3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa statuizione V.F.P. affidandosi a
due motivi di impugnazione. L’intimata L.C. non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5,
comma 6, in quanto la Corte di merito, nel pronunciarsi sulla debenza dell’assegno,
ha fatto applicazione del tradizionale parametro dell’adeguatezza dei mezzi a
disposizione del richiedente per mantenere un tenore di vita analogo a quello avuto
in costanza di matrimonio.
Occorreva invece – a dire del ricorrente – fare applicazione del più recente
orientamento di questa Corte, in applicazione del quale per il riconoscimento
dell’assegno divorzile si deve tenere in considerazione il raggiungimento
dell’indipendenza economica del richiedente, da intendersi conseguita nel caso in cui
l’ex coniuge sia in grado di provvedere al proprio sostentamento, inteso come
capacità di avere risorse sufficienti per sopportare le spese di vita essenziali.
4.2 Il secondo motivo lamenta l’omesso esame di uno o più fatti decisivi e discussi fra
le parti, in quanto la Corte di merito non ha considerato la situazione reddituale della
famiglia V. – L. in costanza di matrimonio, né le spese fisse sostenute dal V. per il suo
sostentamento al fine di individuare la reale misura del divario esistente fra le
effettive disponibilità economiche delle parti.
5. Il primo motivo è fondato.
5.1 Va detto anzitutto che i principi a cui la Corte di merito ha dato attuazione,
laddove ha valorizzato le complessive condizioni patrimoniali delle parti e l’elevato
tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, non corrispondono al più recente
orientamento della giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, Cass., Sez. U.,
18287/2018), che ha posto ordine in un ambito dove, a seguito di un prolungato
orientamento secondo cui l’assegno divorzile doveva consentire all’avente diritto di
mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio (Cass.,
Sez. U., 11490/1990), si era ritenuto poi di negare tale assegno nel caso in cui il
richiedente fosse economicamente autosufficiente (Cass. 11504/2017).
Le Sezioni Unite, abbandonati tanto ogni automatismo fondato sul pregresso tenore
di vita o sull’autosufficienza, quanto la concezione bifasica del procedimento di
determinazione dell’assegno divorzile, fondata sulla distinzione fra criteri attributivi e
criteri determinativi, hanno ritenuto che l’assegno divorzile, di natura composita
(assistenziale e perequativa/compensativa) e non meramente assistenziale, vada
riconosciuto in applicazione del principio di solidarietà postconiugale, ispirato ai
parametri costituzionali di cui agli artt. 2 e 29 Cost., tenendo conto dei criteri
equiordinati previsti dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e preferendo a un
criterio assoluto e astratto che valorizzi l’adeguatezza o l’inadeguatezza dei mezzi
una visione che propenda per la causa concreta e la contestualizzi nella specifica
vicenda familiare, tramite la valorizzazione dell’intera storia coniugale nel suo
completo evolversi e la realizzazione una prognosi futura che consideri le condizioni
(di età, salute, etc.) dell’avente diritto.
In questa prospettiva il giudice, nello stabilire se e in quale misura debba essere
riconosciuto l’assegno divorzile richiesto, è tenuto, una volta comparate le condizioni
economico-patrimoniali delle parti e ove riscontri l’inadeguatezza dei mezzi del
richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, ad accertare
rigorosamente le cause di una simile situazione alla luce dei parametri indicati dalla
L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, verificando in particolare se la
sperequazione sia la conseguenza del contributo fornito dal richiedente alla
conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di
ciascuno degli ex coniugi, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e
reddituali, in relazione all’età dello stesso e alla durata del matrimonio.
La quantificazione dell’assegno andrà poi compiuta non tenendo a parametro il
pregresso tenore di vita o l’autosufficienza economica, ma in misura tale da garantire
all’avente diritto un livello reddituale adeguato a un simile contributo.
5.2 Nel verificare i presupposti per il riconoscimento di un assegno divorzile il giudice
deve compiere, quindi, una valutazione concreta ed effettiva dell’adeguatezza dei
mezzi del richiedente e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata
innanzitutto sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti.
Questa verifica, tuttavia, non è di per sé sufficiente, ma deve essere collegata
causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte della L.
n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, onde accertare se l’eventuale rilevante disparità
della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento
del matrimonio dipenda da scelte condivise di conduzione della vita familiare in
costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di
una delle parti, tenuto conto della durata del rapporto matrimoniale e delle effettive
potenzialità professionali e reddituali alla conclusione della relazione matrimoniale.
5.3 La Corte distrettuale ha mancato di attribuire all’assegno riconosciuto la funzione
equilibratrice-perequativa che esso doveva necessariamente avere, omettendo di
verificare in maniera appropriata, innanzitutto, l’inadeguatezza dei mezzi del
richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive.
Occorreva poi verificare – con riferimento all’intera vicenda coniugale, protrattasi nel
caso di specie per ventisette anni prima dell’omologazione della separazione – se una
simile condizione fosse saldamente ancorata alle caratteristiche e alla ripartizione dei
ruoli endofamiliari.
La mancanza di quest’ultima verifica ha finito per condurre la Corte territoriale ad
attribuire valore determinante alla comparazione della situazione economico-
patrimoniale delle parti, quando al contrario la situazione della richiedente costituiva
una mera premessa fenomenica ed oggettiva che doveva essere seguita dalla verifica
della riconducibilità delle cause che avevano prodotto la condizione di inadeguatezza
agli indicatori delle caratteristiche dell’unione matrimoniale così come descritti nella
prima parte della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, i quali assumono rilievo in
misura direttamente proporzionale alla durata del matrimonio.
In altri termini il giudice di merito, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex
coniuge che richieda l’assegno divorzile, o l’impossibilità per lo stesso di procurarseli
per ragioni oggettive, deve tener conto, utilizzando i criteri di cui alla L. n. 898 del
1970, art. 5, comma 6, sia della impossibilità di vivere autonomamente e
dignitosamente da parte di quest’ultimo, sia della necessità di compensarlo per il
particolare contributo che dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio
comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo,
da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale dell’altro ex
coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del
tenore di vita matrimoniale, ma è oramai irrilevante ai fini della determinazione
dell’assegno, e l’entità del reddito e/o del patrimonio dell’altro ex coniuge non
giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue
sostanze (Cass. 21234/2019).
5.4 Rimane assorbito, in senso proprio, il secondo motivo di ricorso, in quanto, una
volta fissati i diversi criteri di indagine a cui la Corte di merito dovrà ispirarsi in sede
di rinvio, rimane superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la
verifica dell’omesso esame di una serie di circostanze di fatto che potevano assumere
un valore secondo i principi oramai superati dalla più recente giurisprudenza di
questa Corte.
5.5. L’accoglimento del ricorso in virtù dell’applicazione del più recente orientamento
della giurisprudenza di questa Corte fa sì che la Corte di merito debba mettere capo,
in sede di rinvio, ad una nuova e completa cognizione.
In vero, la cassazione della pronuncia impugnata con rinvio per un vizio di violazione
o falsa applicazione di legge che reimposti in virtù di un nuovo orientamento
interpretativo i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento
di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal
giudice del merito, impone, perché si possa dispiegare effettivamente il diritto di
difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle
esigenze istruttorie correlate al nuovo principio di diritto da applicare in sede di
giudizio di rinvio (Cass. 11178/2019). Pertanto, nel caso in cui il tema del contendere
sia costituito dal riconoscimento dell’assegno divorzile e la decisione impugnata si
incentri essenzialmente sulla notevole sperequazione della situazione economico-
reddituale dei coniugi, che ne costituisce solo il pre-requisito fattuale, trascurando,
invece, la verifica, imposta dal più recente orientamento interpretativo, del contributo
effettivo fornito dal richiedente alla costituzione del patrimonio familiare e di quello
dell’ex coniuge, la cassazione della pronuncia con rinvio impone, al fine di consentire
l’effettivo dispiegamento del diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di
allegazione e prova sui temi non trattati conseguenti al nuovo principio di diritto da
applicare in sede di rinvio (Cass. 11796/2021).
6. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte
distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra
illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la
sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle
spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri
titoli identificativi a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.