La risorsa rappresentata dai nonni esclude lo stato di abbandono.

Cass. sez. I, 14 settembre 2021 n. 24727
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10722/2020 proposto da:
D.N.E., e S.L., quali genitori del minore S.E.;
S.S., e So.Li., quali zie paterne del minore;
S.N.A., quale nonno paterno del minore; D.B.A., e
D.N.D.F., quali nonni materni del minore; tutti
elettivamente domiciliati in Roma, Via Luigi Settembrini n. 28,
presso lo studio dell’avvocato Morcavallo Francesco, che li
rappresenta e difende, giusta procura in calce alla memoria di
nomina e costituzione di nuovo difensore;
– ricorrenti –
contro
Procura Generale presso la Corte di Appello di Venezia, Procura
Generale presso la Corte di Cassazione, Z.P.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
pubblicata il 24/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
14/06/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO che:
Con ricorso ex lege n. 184/1983 de14/8/2014 il Pubblico ministero presso il Tribunale per i
Minorenni di Venezia aveva chiesto la verifica della capacità genitoriali per la tutela del
minore S.E. (nato il (OMISSIS)), figlio di D.N.E. e di S.L., che dalla nascita presentava
sindrome da astinenza prenatale. Era stato disposto il collocamento della madre e del
bambino in comunità terapeutica; i genitori avevano chiesto di potersi prendere cura del
minore con possibile collocamento presso i nonni materni, che già si occupavano della
sorellina di E., nata da una precedente relazione di D.N.E..
Nel (OMISSIS) D.N.E. era stata allontanata dalla comunità perché positiva agli oppiacei. Dal
(OMISSIS) in poi E. era vissuto presso una famiglia collocataria.
Il nonno paterno aveva chiesto l’affidamento del minore; a ciò si era aggiunta la disponibilità
dichiarata dall’e sorelle di S.L.. Anche i nonni materni avevano chiesto l’affidamento del
minore.
Con sentenza n. 120/2018, il Tribunale per i minorenni, ritenuti tutti i familiari non adeguati,
aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore, confermando la sospensione dei genitori;
aveva affidato il minore ai Servizi Sociali con mantenimento del bambino presso la famiglia
collocataria; aveva mantenuto i rapporti solo con i nonni materni e con il nonno paterno, con
facoltà di sospenderli se disturbanti o pregiudizievoli per il minore.
La Corte di appello di Venezia, con la sentenza impugnata in epigrafe indicata, ha confermato
la decisione di primo grado.
Propongono unico ricorso per cassazione con due mezzi D.N.E. e S.L. (genitori di E.), S.S. e
So.Li. (zie paterne di E.), S.N.A. (nonno paterno di E.), D.B.A. e D.N.F. (nonni materni di E.).
Il Tutore Avvocato Z.P. è rimasto intimato.
CONSIDERATO che:
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 11,
essendo stata dichiarata l’adottabilità del minore in presenza di soluzioni alternative allo stato
degli atti e dell’istruttoria, per la conservazione del diritto del medesimo di crescere ed essere
educato in seno alla propria famiglia, in conseguenza dello stato di tossicodipendenza dei
genitori, seppure in presenza di parenti disponibili ad accogliere il bambino, di cui taluni già
accudenti il medesimo (anche in ausilio e supporto alla famiglia affidataria) peraltro pure in
assenza di un adeguato progetto di sviluppo e supporto della genitorialità.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia la manifesta illogicità della motivazione in relazione al
contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili; invalidità della sentenza per violazione
dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ove, da
un lato viene dichiarato lo stato di adottabilità del minore e dall’altro viene confermata la mera
sospensione della responsabilità genitoriale e non viene disposta, per contro, la decadenza. I
ricorrenti lamentano l’incomprensibilità nella valutazione degli elementi portanti la decisione.
2.1. I motivi, da trattare congiuntamente perché connessi, sono fondati e vanno accolti.
2.2. Vengono all’attenzione di questa Corte profili di violazione di legge e di illogicità della
motivazione diretti a censurare l’inosservanza, nell’impugnata decisione, del principio cardine
cui si ispira l’istituto della dichiarazione dello stato di abbandono e della dichiarazione di
adottabilità.
2.3. In merito all’accertamento dello stato di abbandono, giova ricordare che, come già
affermato da questa Corte, “La situazione di abbandono, che ai sensi della L. n. 184 del
1983, art. 8, è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del
minore, comportando il sacrificio dell’esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia
biologica, è configurabile non solo nei casi di materiale abbandono del minore, ma
ogniqualvolta si accerti l’inadeguatezza dei genitori naturali a garantirgli il normale sviluppo
psico-fisico, così da far considerare la rescissione del legame familiare come strumento
adatto ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità
affettiva, dovendosi considerare “situazione di abbandono”, oltre al rifiuto intenzionale e
irrevocabile dell’adempimento dei doveri genitoriali, anche una situazione di fatto obiettiva del
minore, che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo
sano sviluppo psicofisico, per il non transitorio difetto di quell’assistenza materiale e morale
necessaria a tal fine” (Cass. n. 1838 del 26/01/2011; v. anche Cass. n. 5580 del 04/05/2000;
Cass. n. 4503 del 28/03/2002): invero, poiché “il ricorso alla dichiarazione di adottabilità
costituisce solo una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere
educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo
psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, il giudice di merito deve
operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale
possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle
condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza
discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine
peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la
concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi
dell’intervento dei servizi territoriali.” (Cass. n. 7559 del 27/03/2018; in tema Cass. n. 18563
del 29710/2012).
Ne consegue che il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare se possa essere
utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio
familiare, e, solo ove risulti impossibile, quand’anche in base ad un criterio di grande
probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la
necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto
l’accertamento dello stato di abbandono (Cass. n. 6137 del 26/03/2015); ciò a maggior
ragione se si considera che la valutazione dello stato di adottabilità non può fondarsi di per sé
su anomalie non gravi del carattere e della personalità dei genitori, comprese eventuali
condizioni patologiche di natura mentale, che non compromettano la capacità di allevare ed
educare i figli senza danni irreversibili per il relativo sviluppo ed equilibrio psichico (Cass. n.
18563 del 29/10/2012; cfr. anche Cass. n. 20954 del 22/08/2018).
A ciò va aggiunto, in merito al possibile apporto delle figure vicarie interfamiliari, trattandosi di
tema decisivo nel caso di specie, che se è vero che “Lo stato di abbandono dei minori non
può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da
parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed
i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non
traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità”
(Cass. n. 9021 del 11/04/2018), pur tuttavia la seria disponibilità a prendersi cura del minore
manifestata dai parenti entro il quarto grado (nella specie, i nonni) che abbiano instaurato e
coltivato rapporti significativi con il bambino, può valere ad integrare il presupposto giuridico
per escludere lo stato di abbandono, ove concretamente accertata e verificata (Cass. n.
23979 del 24/11/2015; v. in tema affine, anche Cass. n. 28257 del 04/11/2019).
2.4. La Corte del merito, nella specie, non ha fatto corretta applicazione degli esposti principi.
2.5. Innanzi tutto, va osservato che l’affermazione della Corte di appello, secondo la quale “E’
un fatto che la procedura sia stata condizionata da una scelta compiuta alcuni anni or sono
quando E. – affidato ai Servizi Sociali e non potendo rimanere con la madre – fu collocato al di
fuori della famiglia di origine. Sulla scelta influì la posizione all’epoca assunta dai nonni
materni, collocatari di St.” (fol. 15 della sent.), sembra quasi sancire in via prioritaria ed
assorbente l’irreversibilità della condizione di affido etero-familiare del minore e la
necessarietà della dichiarazione dello stato di abbandono, come conseguenza della posizione
assunta dai nonni materni inizialmente non disponibili all’accoglienza, ritenuta
immotivatamente come irretrattabile. Tale assunto non può essere condiviso perché non è
congruente con la funzione propria dell’affidamento familiare che è istituto inteso come
misura offerta ad un bambino che versa in difficoltà, determinate dalla malattia di un genitore,
isolamento sociale, trascuratezza, fenomeni di violenza fisica e psichica, relazioni
disfunzionali, e quindi in casi che, temporaneamente possono ostacolare la funzione
educativa e la convivenza tra genitore e figlio; è destinato a rimuovere queste situazioni di
difficoltà e di disagio familiare connesse all’esercizio della responsabilità genitoriale e si pone
in funzione strumentale alla tutela, riconosciuta con carattere prioritario dall’ordinamento, del
diritto del minore a crescere nella propria famiglia di origine (Cass. n. 1837 del 26/1/2011);
anzi, l’affermazione della Corte di merito si pone in palese ed inequivoco conflitto con i
principi teste’ enunciati e vizia tutto il ragionamento svolto, con evidenti ricadute sulla logicità
e comprensibilità della statuizione conclusiva.
2.6. A ciò va aggiunto che la Corte territoriale ha riconosciuto l’esistenza della condizione di
abbandono del minore, sul presupposto dell’essere l’inadeguatezza genitoriale della madre e
del padre troppo profonda e non recuperabile nei tempi scanditi dalla crescita del piccolo e
non ipotizzabile il soccorso della famiglia allargata, valorizzando i seguenti elementi: per
quanto riguarda la madre, la condizione di tossicodipendenza, ancora non risolta ed
addirittura negata, e lo scarso trasporto affettivo verso il figlio; per quanto riguarda il padre – la
mancanza di attività lavorativa, le ricadute nella tossicodipendenza e l’incapacità di
comprendere le tappe evolutive del bambino e di costruire un progetto di vita con lui, pur
conservando con lo stesso un rapporto affettuoso ed empatico; per quanto riguarda i nonni
materni, ai quali è già affidata St., la prima figlia di D.N.E., l’ambivalente rapporto tra i nonni e
la madre – della quale a volte rifiutano lo stile di vita ed altre volte ritengono che abbia un
ruolo nella crescita del minore – e la problematicità dello stesso, pur dando atto che il minore
ha un buon rapporto con i nonni ed è a proprio agio nella loro casa, che questi hanno
continuato ad intrattenere i rapporti con E. anche dopo la sua collocazione presso una
famiglia affidataria; per quanto riguarda il nonno paterno, l’età avanzata, la sua difficoltà
personale a comprendere le ragioni della dichiarazione dello stato di adottabilità del minore
ed il rifiuto ad accordarsi personalmente con la famiglia affidataria per incontrare il minore, la
non consapevolezza dell’impegno che richiederebbe l’accudimento del bambino; per quanto
riguarda le zie paterne S. e Lu., la disponibilità ad essere solo di supporto al padre.
2.7. Nessuno di tali elementi, però, ad avviso di questo Collegio, appare idoneo, se
esaminato nella necessaria ed imprescindibile correlazione con gli altri, a giustificare,
sufficientemente ed adeguatamente, lo stato di abbandono; risulta, peraltro, assolutamente
carente la considerazione della (pur reiteratamente dedotta) mancata assistenza prestata al
nucleo familiare allargato per aiutarli, nel recupero della genitorialità.
Inoltre, nulla è detto di specifico e concreto sul minore, se non che sta bene con gli affidatari,
circostanza sicuramente meritevole di attenzione e valutazione, ma certo non esaustiva per la
decisione da adottare; la valutazione delle figure vicarie interfamiliari, nonni e zie, è svolta in
termini molto generici – tanto più se si considera la ampia platea di familiari disponibili a
collaborare — ed astratti, considerando i potenziali rischi di una confusione tra il ruolo di nonni
e quello di genitori, le possibili incertezze di un contesto condizionato da genitori inadeguati, il
probabile trauma del bambino nel separarsi dagli affidatari, senza alcuna esposizione e
valutazione dei rapporti esistenti in concreto con i nonni e le zie, senza illustrare in che modo
questi siano stati supportati nel coltivare la relazione parentale nel corso del periodo
dell’affidamento etero-familiare, alla luce delle finalità – prima illustrate – che l’utilizzo di questo
istituto imponeva di perseguire; non viene considerato il rapporto con la sorella St., collocata
presso i nonni materni, se non per dire genericamente che il legame va mantenuto (fol. 21
della sent. imp.).
Trattasi, sostanzialmente, di elementi astratti e generici, che potrebbero verosimilmente
essere riscontrati, in tutto o in parte, in molte coppie genitoriali ed in molte famiglie colpite dal
dramma della tossicodipendenza, senza, per questo, integrare lo stato di abbandono previsto
dalla L. n. 184 del 1983, art. 8 (Cass. n. 20954 del 22/08/2018).
2.8. Alla stregua delle fin qui esposte considerazioni, dunque, ed in accoglimento dei motivi in
esame, va rimesso al giudice di rinvio, come in prosieguo individuato, di procedere ad un
nuovo esame circa la configurabilità dello stato di abbandono morale e materiale del minore
S.E. (costituente il presupposto dell’eventuale stato di sua adottabilità): esame da effettuarsi
acquisendo ulteriori, diversi e più recenti elementi di valutazione rispetto a quelli di cui si è
detto, soprattutto in relazione al contesto familiare allargato, che possano configurarsi come
fattori concreti idonei ad integrare la fattispecie, piuttosto che elementi affatto anodini al fine di
giustificare una legittima cancellazione dei legami familiari del minore, con lesione dei diritti
fondamentali dello stesso costituzionalmente tutelati (anche mediante la norma interposta
dell’art. 8 Cedu).
3. In conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata nei sensi di cui in
motivazione e rinviata alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione per il riesame
e la statuizione sulle spese anche del presente grado alla luce dei principi espressi.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità
delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di
Venezia, diversamente composta, anche per le spese di questo grado del giudizio;
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle
parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52