Produzione di nuovi documenti in appello

Appello Milano, 25 Febbraio 2020. Pres., Est. Bonaretti.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO PRIMA SEZIONE CIVILE composta dai magistrati: – dott. Domenico Bonaretti – presidente relatore – dott.ssa Maria Iole Fontanella – consigliere – dott. Lorenzo Orsenigo – consigliere
SENTENZA nella causa civile promossa in grado d’appello con atto di citazione notificato in data 29.5.2019 e posta in deliberazione sulle conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 13.11.2019 T R A nata a , il (c.f.: ), residente in rappresentata e difesa per delega in calce all’atto di appello, dagli Avv.ti Jennifer Brancè (c.f.: e Giacomo Mastrorosa (c.f.: tra loro disgiuntamente, presso i quali è elettivamente domiciliata in Varese. Via E. Morosini, n. 19, APPELLANTE E (C.F.: ) nato a e res. dove è elettivamente domiciliato, APPELLATO OGGETTO: mutuo CONCLUSIONI DELLE PARTI: Per l’appellante: Voglia la Corte D’Appello di Milano, ogni contraria istanza disattesa, in riforma della sentenza n. 88/2019 emessa dal Tribunale di Varese, pubblicata in data 05.02.2019, così giudicare: IN VIA PRINCIPALE E NEL MERITO: previo ogni accertamento opportuno, accertare che il signor è debitore della signora della cifra di € 6.860,00 o della diversa minor o maggior somma che dovesse risultare ad esito del giudizio e per l’effetto condannare il convenuto alla restituzione a favore della signora della somma di € 6.860,00 oltre interessi legali dal dovuto al saldo, o il diverso importo che dovesse risultare ad esito del presente giudizio. IN OGNI CASO, con vittoria di spese diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, con condanna al convenuto alla restituzione delle somme ricevute dall’odierna appellante a titolo di spese liquidate nel primo grado di giudizio, nella misura di € 7.054,85 oltre interessi legali dal 22.03.2019 al saldo. In subordine, voglia la Corte d’Appello condannare il convenuto alla restituzione della somma ricevuta in eccesso, dall’odierna appellante a titolo di spese, rispetto a quelle da liquidarsi per il primo grado di giudizio. Con riserva di richiedere la condanna alla restituzione della imposta di registro della sentenza appellata, di cui ad oggi non è stato richiesto il pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
IN VIA ISTRUTTORIA Si chiede di essere ammessi a prova testimoniale sui seguenti capitoli, non ammessi dal Tribunale di Varese, tutti preceduti da “vero che”: 2. Alla fine di dicembre 2010, la signora consegnava il denaro di cui al capitolo 1, alla di lei figlia e al signor a titolo di prestito; 3. I soldi ricevuti in prestito dall’attrice venivano utilizzati, nel dicembre del 2010, dal e dalla per l’acquisto dei mobili e degli elettrodomestici della cucina, e per versare un acconto pari a € 2.000,00 per l’acquisto dei mobili della sala, dell’appartamento sito in dove essi avrebbero dovuto andare a convivere; 4. Agli inizi del 2011, il e la prima ancora di fare ingresso nell’abitazione di , interrompevano la loro relazione e si accordavano affinché il rimanesse a vivere nel citato appartamento, ormai completamente arredato; 7. A fronte del mancato pagamento della prima rata promessa, la signora alla fine di gennaio del 2012, affidava al figlio il compito di ottenere la restituzione del prestito da parte del 8. Tra febbraio e aprile 2012, contattava, sia telefonicamente sia di persona, il chiedendo allo stesso la restituzione del denaro per conto della signora Si indicano quali testimoni residente in Si chiede l’ammissione del doc. n. 7 – Certificato anagrafico, 13.05.2019, per le ragioni dedotte in narrativa. Per l’appellato: L’appellato, previa non accettazione del contradditorio su domande nuove dell’appellante, contestate le avverse argomentazioni e i documenti di controparte, richiamato il contenuto dei propri atti difensivi e documenti versati, in sede di costituzione, nel fascicolo telematico del primo grado di giudizio, precisa come segue le proprie conclusioni: PRELIMINARMENTE: Voglia la Ecc.ma Corte di Appello, contraiis rejectis, respingere, in quanto inammissibile, ex art. 342 c.p.c., per i motivi di cui al punto 1) della narrativa della comparsa di costituzione in appello, l’impugnazione dell’appellante, confermando in toto le statuizioni del giudice di prime cure. Dichiararsi altresì l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., della produzione documentale di cui ai punti 2) e 3 c) della narrativa della comparsa di costituzione in appello, disponendone l’espunzione dal fascicolo. NEL MERITO: Senza che la presente costituisca accettazione del contraddittorio, acquiescenza o rinuncia alcuna alle eccezioni di cui sopra, per i motivi di cui al punto 3) della narrativa della comparsa di costituzione in appello, respingere tutte domande dell’appellante confermando in toto la sentenza di primo grado. IN OGNI CASO: Col favore delle spese e competenze legali; oltre IVA e CPA; con distrazione a favore del sottoscritto difensore avendole in toto anticipate. IN VIA ISTRUTTORIA: Richiamato il contenuto del punto 3b) della narrativa della comparsa di costituzione in appello, nonché della memoria ex art. 183, 6° comma, cpc di primo grado, nella denegata ipotesi in cui si ritenessero comunque ammissibili le prove per testi riarticolate dall’appellante, si chiede di essere ammessi a prova contraria, sui capitoli ammessi di controparte, con la medesima teste indicata in primo grado: Sig.ra FATTO E PROCESSO La sig.ra riferisce di aver consegnato nel dicembre 2010 alla figlia, la sig.ra e all’allora suo fidanzato, il sig. la somma di € 7.060,00 al fine di aiutarli economicamente a sostenere le spese connesse all’arredamento della casa in cui questi desideravano andare a convivere, casa sita in . In particolare, si afferma che la coppia utilizzasse € 5.060,00 per pagare la società relativamente all’acquisto dei mobili e degli elettrodomestici destinati alla cucina, e spendesse i restanti € 2.000,00 per il pagamento dei mobili della sala. Tuttavia, a inizio 2011, il sig. e la sig.ra interrompevano la loro relazione e abbandonavano il progetto di convivere nell’immobile di ; quanto alla casa, i due si accordavano perché essa restasse al sig. Constatato che gli acquisti compiuti con il suo denaro sarebbero andati a esclusivo beneficio dell’ormai ex fidanzato della figlia, la sig.ra procedeva a richiedere al sig. l’intera somma; in particolare, la sig.ra riferisce di aver incaricato la figlia di rapportarsi e trattare con l’ex fidanzato per la restituzione del prestito. Durante uno scambio di mail intervenuto tra il 23 e il 25.2.2011, il sig. affermava ripetutamente di poter «venire contro» all’ex fidanzata e ai suoi restituendo solo € 5.000,00 a rate di € 500,00, a partire da gennaio 2012, causa difficoltà economiche. Tuttavia, constatando la perdurante assenza di pagamenti, a gennaio 2012 la sig.ra incaricava il figlio, il sig. di rapportarsi con il sig. riferisce la sig.ra che in più occasioni quest’ultimo affermava di essere consapevole del proprio debito nei suoi confronti, confermando l’impegno a pagare il dovuto. Tuttavia, all’intervento del sig. il sig. faceva seguire il pagamento di soli € 200,00, tramite 4 bonifici effettuati in favore della sig.ra per € 50,00 ciascuno, in data 14.2.2014, 20.3.2014, 16.4.2014 e 16.5.2014. La causale di tali versamenti era: “primo acconto”; “cucina”; “rata cucina” e ancora “cucina”. Non ottenendo altro, la sig.ra si rivolgeva a due legali, che inviavano, invano, un sollecito di pagamento; successivamente, veniva inviato al sig. un invito a stipulare una convenzione di mediazione assistita, senza però sortire alcuna risposta. Con atto di citazione notificato in data 7.10.2015 la sig.ra conveniva in giudizio il sig. davanti al Tribunale di Varese, chiedendo la restituzione della somma data a titolo di mutuo, pari a € 6.860,00. Si costituiva il sig. contestando le avverse pretese. Ammesse parte delle prove testimoniali richieste da entrambe le parti, in data 21.9.2016 venivano escussi i testimoni. In data 20.10.2016 avveniva una sostituzione del giudice originariamente assegnatario della causa; seguivano tre rinvii d’ufficio dell’udienza «per una migliore organizzazione e razionalizzazione del ruolo», fino al 17.9.2019. Depositata istanza di anticipazione, il 5.2.2019 si teneva l’udienza di precisazione delle conclusioni e la discussione orale ex art. 281 – sexies cpc. All’esito della discussione, il Tribunale di Varese, con sentenza n. 88 del 5.2.2019, riteneva non provata la stipulazione di un mutuo anche a vantaggio del sig. e rigettava le pretese attoree, condannando la sig.ra al pagamento delle spese di giudizio (liquidate in € 4.835,00, oltre IVA, c.p.a. e rimborso spese generali del 15% ex DM 55/2014). Con atto di citazione in appello notificato in data 29.5.2019, la sig.ra impugnava la sentenza di prime cure, svolgendo i motivi di appello che saranno di seguito partitamente esaminati. In data 23.10.2019 si teneva la prima udienza, all’esito della quale la causa era rinviata per precisazione delle conclusioni all’udienza del 13.11.2019. In tale udienza la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione alle parti di giorni 55 per il deposito delle comparse conclusionali e ulteriori giorni 20 per il deposito di eventuali repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di appello, la sig.ra lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui, avendo male interpretato le deposizioni testimoniali e le prove documentali, ha ritenuto non dimostrata l’avvenuta dazione di denaro a titolo di mutuo da parte dell’appellante (anche) a favore del sig. (e non solo della figlia, la sig.ra e dunque infondata l’avanzata pretesa restitutoria. Inoltre, l’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe posto a base della decisione fatti contrari a circostanze non contestate dall’appellato e che dovevano quindi essere considerate pacifiche, con violazione dell’art. 115 cpc; da ultimo, il giudicante sarebbe caduto in evidente contraddizione, avendo prima affermato che «per stessa ammissione dell’attrice la somma era stata data in favore sia della figlia che del convenuto» (p. 3 sentenza di primo grado), per poi sostenere che le testimonianze avvalorerebbero «la tesi di parte convenuta di un rapporto di dare ed avere tra il Signor e la Signora ma non tra lui e l’odierna attrice» (p. 4 sentenza di primo grado). Al contrario, la difesa dell’appellato osserva di aver confutato i fatti asseritamente non contestati e sostiene che ben avrebbe fatto il Tribunale di Varese a rigettare la domanda della sig.ra in quanto, al più, le risultanze istruttorie avrebbero mostrato un impegno del a pagare € 5.000 (e non € 7.060,00) alla sig.ra e non anche a sua madre, odierna appellante. Oltretutto, la dazione di denaro originaria sarebbe avvenuta a titolo di donazione e non di mutuo, sicché nulla avrebbe da pretendere la sig.ra Il motivo è fondato. Preliminarmente va affrontata la doglianza relativa all’aver il giudicante posto a base della decisione fatti contrari rispetto a circostanze asseritamente non contestate dall’appellato. Al riguardo, il sig. ha negato di aver ricevuto denaro a qualsiasi titolo dalla sig.ra affermando che eventuali rapporti di dare-avere erano sorti esclusivamente con la sig.ra nel contesto dell’auspicata convivenza e ha poi osservato che la dazione di denaro intervenuta tra l’ex fidanzata e la madre si era sostanziata in una donazione (pp. 2-3 comparsa di costituzione e risposta). Rapportando tali affermazioni alle circostanze asseritamente non contestate, così come ricapitolate dall’appellante a p. 10 dell’atto di citazione in appello, la n. 1 (ripetuti contatti telefonici con il figlio della non è effettivamente contestata; le nn. 2, 3 e 4 (dichiarazione del sig. al sig. della consapevolezza di un proprio debito verso la sig.ra affermazione di un pagamento «appena possibile»; affermazione dell’origine di tale debito da un «prestito») sono incompatibili con quanto affermato dall’appellato circa la sola esistenza di rapporti obbligatori con la sig.ra la n. 5 (aver versato solo una minima somma di quanto da lui dovuto) non è effettivamente contestata. Passando ad affrontare il merito della controversia, pare opportuno svolgere le seguenti considerazioni. In tema di azione di restituzione del denaro mutuato, in caso di contestazioni del preteso accipiens, al mutuante spetta l’onere di provare sia la dazione del denaro al soggetto nei cui confronti agisce, sia il titolo di tale dazione (mutuo) 1 . Nel caso di specie, il sig. ha contestato la pretesa restitutoria della sig.ra eccependo la propria carenza di legittimazione passiva (affermando cioè di non aver mai ricevuto nulla dall’appellante e tanto meno a titolo di mutuo), sostenendo che gli unici rapporti debito-credito esistiti erano semmai intercorsi con l’ex fidanzata e affermando che il denaro asseritamente dato a mutuo era stato in realtà donato dalla madre alla figlia. 1 Cass. civ., ord. 30944/2018; Cass. civ. 9541/2010: «La “datio” di una somma di danaro non vale – di per sé – a fondare la richiesta di restituzione, allorquando, ammessane la ricezione, l'”accipiens” non confermi il titolo posto “ex adverso” alla base della pretesa di restituzione e, anzi, ne contesti la legittimità, posto che, potendo una somma di danaro essere consegnata per varie cause, la contestazione, ad opera dell'”accipiens”, della sussistenza di un’obbligazione restitutoria impone all’attore in restituzione di dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, onere questo che si estende alla prova di un titolo giuridico implicante l’obbligo della restituzione, mentre la deduzione di un diverso titolo, ad opera del convenuto, non configurandosi come eccezione in senso sostanziale, non vale ad invertire l’onere della prova. Ne consegue che l’attore che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non solo l’avvenuta consegna della somma, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione». Cass. civ. 24328/2017: «L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ex art. 2697, comma 1, c.c., a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione; ed infatti l’esistenza di un contratto di mutuo non può desumersi dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale, di per sé, a fondare una richiesta di restituzione allorquando l'”accipiens” – ammessa la ricezione – non confermi, altresì, il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa, ma ne contesti, anzi, la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l’inversione dell’onere della prova»; cfr. anche Cass. civ. 17050/2014. Al contrario, la Corte ritiene che in causa risulti sufficientemente provata la dazione di una somma a titolo di mutuo da parte della sig.ra anche al sig. con conseguente fondatezza – nei limiti di cui si darà ragione – della pretesa restitutoria avanzata dalla mutuante verso uno dei due condebitori solidali. L’appellante ha innanzitutto prodotto l’estratto del proprio libretto di risparmio postale, da cui risulta un prelievo di € 13.000,00 in data 21.12.2010. Tale operazione è avvenuta per una somma del tutto compatibile con l’affermata dazione di € 7.060,00 e in un periodo perfettamente coerente con la cronologia dei fatti esposta dall’appellante e non contestata dall’appellato. Né al riguardo giova obiettare, come fa la sentenza impugnata, che il ritiro di denaro è avvenuto per una somma diversa da quella oggetto della pretesa restitutoria, rilevando piuttosto che il prelievo sia avvenuto per una somma almeno pari a quella domandata, come in effetti è successo. In secondo luogo, dalla lettura dello scambio di mail intercorso tra la sig.ra e il sig. tra il 23 e il 25.2.2011 si desume un debito di € 7.000,00 del che non è mai contestato nell’an (il ne propone anzi una riduzione a € 5.000,00) e corrisponde alla somma (in tesi) prestata dalla madre ai due ex fidanzati. In particolare, nella mail del 23.2.2011, ore 7:59, la sig.ra scrive: «cucina € 5.000, da saldare € 1.000. I 5.000 € me li dai con calma ma i 1.000 li paghi tu. Sala e armadio € 2.000, da saldare € 1.000. I 2.000 me li dai con calma […]»; nella mail del 23.2.2011, ore 9:18, il risponde: «tra sala e cucina ti posso dare come totale 5.000€ e non € 7.000» e nella mail delle 9:51 ribadisce: « dei 7.000€ che tu hai anticipato te ne posso dare 5.000 e con pagamento da gennaio 2012…questo è chiaro?». Il Tribunale di Varese ha ritenuto che tale scambio di mail desse prova soltanto di un debito del verso la A parere della Corte, tuttavia, questa lettura non dà ragione del contenuto della mail del 25.2.2011, ove la scrive che «i miei ci hanno rimesso fin troppo in questa storia, il minimo che puoi fare è pagare per quello che ci hanno rimesso […]» e il risponde che «altrimenti sono costretto a non venirti incontro a te e i tuoi», così manifestando consapevolezza della propria posizione debitoria non tanto verso l’ex fidanzata, quanto verso la sig.ra Inoltre, un rilievo preminente deve essere conferito alla produzione degli estratti del conto corrente della sig.ra da cui risultano 4 pagamenti dal sig. in favore di “ per € 50,00 ciascuno e contabilizzati in data 14.2.2014, 20.3.2014, 16.4.2014 e 16.5.2014, con causale “primo acconto”; “cucina”; “rata cucina” e ancora “cucina”. Ebbene, tali versamenti costituiscono un inizio di adempimento dell’obbligazione restitutoria e confermano la natura di mutuo della dazione di danaro; il fatto, poi, che beneficiaria di tali pagamenti sia stata la sig.ra e non la sig.ra dimostra che il prestito era stato fatto anche in favore del sig. non spiegandosi altrimenti un pagamento da questo alla madre dell’ex fidanzata. E certo non si può ragionevolmente sostenere, alla luce del pagamento alla madre, che tali versamenti costituirebbero «modalità di versamento rateale dell’importo di € 5.000,00 concordate con l’ex fidanzata» (cfr p. 3 replica per l’appellato). Quanto al ruolo della sig.ra questo si può ricostruire facendo uso delle categorie della rappresentanza o del nuncius, ossia di un soggetto che riferisce la volontà del creditore, che l’ha all’uopo incaricato di richiedere l’intera somma a uno dei debitori, il sig. tale interpretazione pare anche più verosimile se si considera come, più tardi, lo stesso ruolo sia stato ricoperto dal fratello della Con riferimento ai citati pagamenti, la sentenza di prime cure ne ha affermato l’irrilevanza ai fini probatori, in quanto effettuati in favore di soggetto asseritamente diverso (tale “ e a eccessiva distanza rispetto alla consegna del denaro e allo scambio epistolare tra i due ex fidanzati. Tali rilievi vanno disattesi, in quanto è senz’altro la sig.ra come desumibile dalla circostanza che i pagamenti sono stati contabilizzati sul conto a lei intestato e dal fatto che 2 Nè vale osservare, in un tale contesto, che la locuzione “venire incontro” alluderebbe alla volontà di effettuare una liberalità a vantaggio dell’ex fidanzata, sembrando quantomeno bizzarro, per tacer d’altro, che una liberalità venga effettuata chiedendo la concessione di un pagamento a rate. 3 Cfr testimonianza del mail del 25.2.2011, ore 8:48, dove si paventa un intervento del sig. e l’affermazione – non contestata – circa il fatto che quest’ultimo aveva effettuato varie telefonate al è il cognome del marito (lo stesso, infatti, dei figli e inoltre, la riconducibilità di tali versamenti al contratto di mutuo con la sig.ra è dimostrata dalla causale dei bonifici, limitata alla “cucina” perché il debito era stato rinegoziato in € 5.000,00, ossia il prezzo della cucina (senza tralasciare il fatto che ben poteva il sig. voler iniziare a estinguere la parte di debito relativa al finanziamento dei mobili della cucina). Quanto alla distanza temporale, la stessa si spiega per il perdurante rifiuto opposto dal sig. alle richieste prima avanzate per tramite della sig.ra e poi del sig. Il conto corrente su cui sono stati accreditati i bonifici è dunque indiscutibilmente di titolarità della sig.ra il che rende quasi superfluo l’esame del doc. 7 di parte appellante (estratto per riassunto dell’atto di nascita) da cui emerge che ‘ ’ è il secondo nome dell’appellante. D’altro canto, tale produzione deve ritenersi comunque ammissibile in quanto la sua necessità è sorta a seguito del fatto che soltanto il primo giudice e soltanto nella sentenza impugnata tale questione risulta sollevata. Venendo da ultimo alle deposizioni testimoniali, le stesse non possono che rivestire un ruolo subordinato, in quanto trattasi di deposizioni de relato rese da soggetti legati con le parti in causa da vincoli familiari; tuttavia, la deposizione ex parte non è totalmente priva di rilevanza, in quanto può contribuire a fondare il convincimento del giudice se suffragata da ulteriori risultanze probatorie, quali quelle esposte nelle pagine precedenti, che concorrano a confermarne la credibilità4 . Ciò precisato, (figlio dell’appellante e fratello della sig.ra ha affermato di aver sentito dalla madre e dalla sorella che la prima aveva prestato € 7.060,00 alla e al e ha affermato di essere stato incaricato, dopo la sorella, di relazionarsi con il (nuora dell’appellante) ha confermato il racconto, quantificando tale somma in almeno € 5.000,00, ossia la cifra, inferiore al debito iniziale, per cui la sig.ra e il sig. si erano accordati. Quanto alla deposizione della sig.ra 4 Cass. civ. 792/2020; Cass. civ. 18352/2013; Cass. civ. 2815/2006; Cass. civ. 4306/2001; 2325/1999; Cass. civ. 325/1990. (sorella dell’appellato) circa il fatto che il fratello le aveva riferito che la somma, da lei non quantificata, era stata consegnata solo alla sig.ra e, per di più, senza previsione di una sua restituzione «in quanto erano un contributo per la convivenza» 5 , tale affermazione è in contrasto con tutto quanto affermato in precedenza, specie con riguardo ai bonifici effettuati dal e allo scambio di mail (la scrive che «i miei ci hanno rimesso fin troppo in questa storia, il minimo che puoi fare è pagare per quello che ci hanno rimesso […]» e il risponde che «altrimenti sono costretto a non venirti incontro a te e i tuoi», senza contestare il ruolo creditorio dei genitori, né il proprio debito). Pertanto, un’attenta considerazione dell’operazione di prelievo dal libretto postale di € 13.000,00, del contenuto delle mail scambiate, dei bonifici e delle testimonianze porta a far ritenere sufficientemente provata la dazione di denaro a titolo di mutuo da parte della sig.ra anche al sig. non spiegandosi altrimenti un suo debito di tale ammontare in relazione alle spese dell’appartamento, la sua non contestazione del debito e l’inizio dell’esecuzione dell’obbligazione restitutoria proprio alla madre dell’ex fidanzata. Venendo al quantum della pretesa azionata dall’appellante, non pare fondata la richiesta della restituzione della intera somma di € 6.860,00. Infatti, dallo scambio di mail risulta che il si era detto disponibile a pagare soli € 5.000,00 e dalle testimonianze risulta che la sig.ra aveva effettivamente ridotto la propria pretesa restitutoria a € 5.000,00. In particolare, nella mail inviata dal il 23.2.2011 si legge che «tra sala e cucina ti posso dare come totale 5.000€ e non € 7.000», che «dei 7.000€ che tu hai anticipato te ne posso dare 5.000 e con pagamento da gennaio 2012… questo è chiaro?» e che, quanto al carattere impegnativo di tale offerta, «la mia parola vale più di ogni firma […] il mio impegno finisce qui [con la richiesta di poter pagare solo € 5.000,00, n.d.r]». Quanto alla rinuncia della madre ad 5 «mia mamma e mia sorella mi hanno raccontato che è stata prestata la somma di 7.060,00 euro da mia mamma a mia sorella e a per comprare la cucina». «So che [ avrebbe restituito circa 5.000 euro, poco per volta perché era in difficoltà economica. Mia suocera era d’accordo, gli era andata incontro perché capiva la difficoltà». «mio fratello mi ha raccontato che ha consegnato del denaro alla figlia per l’appartamento». azionare per intero il proprio credito, il sig. ha affermato che « si era impegnato a restituire la cifra concordata tra e mia sorella, ovvero di euro 5.000,00 […] e mia mamma era d’accordo» e la sig.ra ha dichiarato che: «so che avrebbe restituito circa 5.000,00 euro […] mia suocera era d’accordo, gli era andata incontro perché capiva la difficoltà». Ne deriva che la domanda di condanna del sig. alla restituzione del denaro mutuato deve essere accolta nei limiti di € 4.800,00, essendo provato che la sig.ra aveva accettato di limitare l’escussione del sig. a € 5.000,00 e avendo il già provveduto a pagare € 200,00. L’impegno del sig. a versare € 5.000,00, in uno con la circostanza che egli è risultato l’esclusivo beneficiario/fruitore del mobilio acquistato con il denaro mutuato, induce invece a ritenere preclusa la possibilità di procedere a un’ulteriore riduzione del quantum debeatur, sul rilievo di una possibile remissione del debito intervenuta tra la sig.ra e la figlia (art. 1301 c.c.). L’accoglimento del primo motivo di appello esime la Corte dall’esaminare il secondo, relativo alla liquidazione delle spese, che risulta dunque assorbito; ugualmente deve ritenersi assorbita la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, senza trascurare che la stessa: a) non è stata chiesta attraverso uno specifico motivo di impugnazione e con lo svolgimento delle relative ragioni a sostegno; b) che neppure appare di una qualche utilità per il giudizio, considerata la già avvenuta escussione dei testi, la sufficienza del materiale probatorio agli atti e la distanza temporale con i fatti su cui dovrebbero essere rese le deposizioni. Venendo alle spese, le stesse vanno poste per intero a carico dell’appellato soccombente, sig. e, tenuto conto della natura e valore del giudizio, della qualità e della quantità delle questioni trattate e dunque dell’impegno difensivo richiesto e in concreto prestato, nonché dei criteri e dei parametri di legge (D.M. 55/2014 e D.M. 37/2018), pare congruo liquidarle in complessivi € 4.628 ,00 (€ 2.738 per il primo grado ed € 1.890,00 per il secondo), oltre spese generali (15%) e oneri di legge. Deve inoltre essere disposta la condanna dell’avv. , dichiaratosi antistatario nel giudizio di prime cure, alla restituzione alla sig.ra di quanto da quest’ultima versato a titolo di rifusione delle spese legali sopportate dal convenuto nel primo giudizio, oltre interessi legali dal pagamento (22.3.2019) al saldo (cfr Cass. civ., ord. 25247/2017; Cass. civ. 10827/2007; Cass. civ. 13752/2002: « […] il difensore distrattario subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, benché non evocato personalmente in giudizio»). P Q M La Corte d’appello di Milano, disattesa o assorbita ogni contraria o ulteriore domanda, istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti sull’appello proposto da avverso la sentenza n. 88/2019 resa in data 5 febbraio 2019 dal Tribunale di Varese, così provvede: – accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, condanna il sig. al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 4.800,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; – condanna il difensore antistatario, avv. , a restituire quanto già ricevuto dalla sig.ra a titolo di spese per il primo grado del giudizio, oltre interessi legali dal 22.3.2019 al saldo; – condanna l’appellato a rifondere alla sig.ra le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, liquidate in complessivi € 4.628,00, oltre spese generali (15%) e oneri di legge.