Per operare una deroga alla regola dell’affidamento condiviso occorre che uno dei genitori manifesti carenza o inidoneità educativa.

Tribunale Napoli Sent., 3 dicembre 2019 – Pres. Rel. Sica
riunito in camera di consiglio, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento n. 5988 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2018, tra
B.V., elettivamente domiciliato in Napoli alla via Tasso 65 presso lo studio dell’avv. Gigliola Savastano, che
lo rappresenta e difende, come da procura in calce al ricorso;
RICORRENTE
E
R.A., elettivamente domiciliata in Napoli al Centro Direzionale, Isola F12, presso lo studio dell’avv. Sara
Perrotta, che la rappresenta e difende, come da procura in calce alla comparsa di costituzione;
RESISTENTE
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato l’1 marzo 2018, V.B. esponeva che, nel mese di gennaio del 1999, aveva instaurato una
relazione sentimentale con A.R., caratterizzata da forti contrasti, che erano acuiti dalle difficoltà da lui
rinvenute nel reperire un’attività lavorativa; che, in particolare, dopo aver svolto il servizio militare a Rivolto,
era dapprima ritornato a Napoli, ove era stato assunto da una ditta e, dopo circa un anno, si era trasferito a
Parma, comune nel quale aveva lavorato, quale dipendente di un’azienda, sino all’anno 2012; che nel mese di
novembre del 2012, avendo cessato l’attività svolta, era rientrato a Napoli; che, allorchè la R. era in stato di
gravidanza, il rapporto si era incrinato; che il 10 gennaio 2013 era nata la figlia M., riconosciuta unicamente
dalla resistente per volontà di quest’ultima; che, attesi i conflitti intercorrenti con la R., incontrava la minore
una volta alla settimana alla presenza della madre.
Chiedeva, quindi, al Tribunale di Napoli di essere autorizzato a riconoscere M.R. quale propria figlia, e di
regolamentare le modalità di visita paterne nonché l’attribuzione del suo cognome, con vittoria di spese e
condanna della resistente al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Con decreto del 20 marzo 2018, il Presidente assegnava al ricorrente il termine di giorni sessanta per notificare
il ricorso all’altro genitore e stabiliva l’udienza del 12 settembre 2018 per la comparizione delle parti.
In data 26 luglio 2018 si costituiva in giudizio, mediante il deposito di memoria, A.R., la quale non si opponeva
alla domanda di riconoscimento della piccola M. proposta dal ricorrente, e, tuttavia, deduceva che il B. non
aveva mai manifestato interesse nei riguardi della bambina; che, peraltro, l’istante era stato condannato, alla
pena di mesi quattro di reclusione per il reato di lesioni commesse nei suoi confronti.
Concludeva, quindi, affinché venisse disposto l’affidamento esclusivo a lei della minore, regolamentate le
modalità di visita da parte del padre, stabilito a carico di quest’ultimo il contributo mensile di Euro 400 per il
mantenimento della figlia, oltre alla corresponsione del 50% delle spese straordinarie, e che venisse posposto
il cognome paterno a quello assunto dalla minore alla nascita, con vittoria di spese.
Con sentenza non definitiva del 9 ottobre 2018, il Tribunale dava atto della mancata opposizione della R. al
riconoscimento della figlia da parte del B. e rinviava per l’adozione dei provvedimenti accessori all’udienza
del 13 marzo 2019.
Con ordinanza del 21 marzo 2019 il Tribunale disponeva la produzione in giudizio del certificato integrale di
nascita della minore, stabiliva, in via provvisoria, l’affidamento della bambina ad entrambi i genitori, con
collocazione prevalente presso l’abitazione materna, regolamentava il diritto di visita del B. e poneva a carico
di quest’ultimo il contributo mensile di euro trecento per il mantenimento della figlia, oltre alla corresponsione
della metà dell’importo delle spese straordinarie.
All’udienza del 6 novembre 2019 il Collegio riservava la decisione.
Deve essere preliminarmente rilevato che il ricorrente ha ritualmente provveduto al riconoscimento della figlia,
come emerge dalla certificazione prodotta in giudizio.
Per quanto concerne i provvedimenti accessori, giova premettere che la L. n. 154 del 2013 ha operato, all’art.
316 cod. civ., la sostituzione dell’espressione “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”,
intendendo quest’ultima come quella situazione giuridica complessa idonea a riassumere i doveri, gli obblighi
e i diritti derivanti per il genitore dalla filiazione.
Il legislatore dà, in tal modo, rilievo al concetto di responsabilità che individua la funzione di considerare il
minore un soggetto di diritti e centro di imputazione di interessi che i genitori hanno il dovere, e, quindi la
responsabilità, di tutelare.
Inoltre, la regola generale, secondo cui “la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori”, già
contenuta nel previgente art. 155, comma 3, cod. civ., è oggi collocata nell’art. 337 ter, comma 3, cod. civ.
Invero, tale ultima norma impone, in caso di separazione della coppia genitoriale, di adottare provvedimenti
nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, di garantire il suo diritto a mantenere un rapporto
equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e di conservare relazioni significative con gli ascendenti e
con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Ne discende che il combinato disposto degli artt. 316, comma 4, 337 ter, comma 3 e 337 quater cod. civ.
consente di ribadire che costituisce principio generale dell’ordinamento l’esercizio congiunto della
responsabilità genitoriale, per cui il figlio deve fare riferimento ad entrambe le figure genitoriali.
Ai suindicati rilievi deve aggiungersi che la costante giurisprudenza della S.C. ha ripetutamente affermato che
la regola prioritaria dell’affidamento condiviso ad entrambi i genitori è derogabile solo ove la sua applicazione
risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, il quale costituisce l’unico criterio di valutazione (ex plurimis,
Cass. 6535/2019).
In particolare, l’individuazione delle circostanze ostative all’affidamento condiviso, non tipizzate dal
legislatore, è demandata alla decisione del giudice, che dovrà accertare se la peculiarità della fattispecie
giustifichi, in via di eccezione, l’affidamento esclusivo.
La giurisprudenza di legittimità ha, peraltro, al riguardo, chiarito che la mera conflittualità esistente fra i
coniugi non preclude l’affidamento condiviso, poiché avrebbe altrimenti una applicazione solo residuale,
finendo di fatto con il coincidere con il precedente istituto dell’affidamento congiunto.
La S.C. ritiene, invece, che, per operare una deroga alla regola dell’affidamento condiviso, occorre che risulti,
nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o, comunque,
tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore, come nell’ipotesi di una sua
anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza (Cass., 16593/2008).
Discende da tali considerazioni che la scelta dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una
motivazione, non più solo in positivo, sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche, in negativo, sulla
inidoneità educativa del genitore che si esclude dal pari esercizio della responsabilità genitoriale e sulla non
rispondenza, quindi, all’interesse del figlio, dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di
affidamento (Cass. 7477/2014).
Osserva, anzitutto, il Collegio che, se l’affido condiviso ha, indubbiamente, anche la funzione di
responsabilizzare entrambi i genitori nel percorso di cura e crescita dei figli, esso ha la ragion d’essere
principalmente nell’interesse del minore a poter contare sull’apporto paritario dei genitori medesimi in ordine
alle scelte che lo riguardano, e nell’esigenza, da parte sua, di potersi confrontare con punti di vista talvolta
differenti.
La resistente giustifica, invece, la richiesta di affido esclusivo con l’assunto che il B. non sarebbe un genitore
responsabile, in quanto non interessato alla crescita della minore, sia sul piano affettivo, sia sul versante
economico, in quanto non contribuisce al suo mantenimento.
Va, tuttavia, osservato che il B. incontra con regolarità la minore, secondo le modalità stabilite dal Tribunale,
mostrando, in tal modo, la volontà di mantenere con lei un solido legame
Discende da tali rilievi che l’affidamento condiviso non appare pregiudizievole per la bambina, bensì
rispondente al suo interesse.
Va, poi, disposta la collocazione presso l’abitazione materna, ove vive stabilmente. In ordine alle modalità di
visita della figlia da parte del B., si ravvisa opportuno stabilire che egli potrà tenerla con sé il mercoledì ed il
venerdì, prelevandola a scuola alle ore 16, accompagnandola a seguire le attività extrascolastiche che la
bambina in quei giorni pratica, e riportandola a casa della madre alle ore 20,30; a settimane alterne, dalle ore
10 del sabato alle ore 18 della domenica; ad anni alterni, il 24 o il 25 dicembre, il 31 dicembre o l’1 gennaio;
ad anni alterni, il giorno di P. o il L. in A.; per quindi giorni nel periodo estivo.
Vanno, altresì, determinate le modalità di contribuzione del ricorrente al mantenimento della figlia.
Osserva, al riguardo, il Collegio che, secondo il costante orientamento della S.C., sussiste l’obbligo di entrambi
i genitori, che svolgono attività lavorativa produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni
dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, ai sensi degli artt. 315 e 316 cod. civ.,
in diretta applicazione dell’art. 30 Cost. (Cass. 23630/2009).
Il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale
principio di proporzionalità, e, nel determinare l’importo dell’assegno per il minore, deve considerare le “attuali
esigenze del figlio”, che si concretizzano in bisogni, abitudini, legittime aspirazioni della minore, e in genere
nelle sue prospettive di vita, le quali non potranno non risentire del livello economico- sociale in cui si colloca
la figura del genitore (Cass. 23411/2009, Cass. 7644/2005).
In sostanza, il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole impone ai genitori di far fronte alle molteplici
esigenze dei figli che, al di là dei bisogni strettamente alimentari, si estendono anche all’aspetto abitativo,
scolastico, sanitario e sociale. In tale valutazione, occorre tenere presente il contesto socio-economico, le
abitudini di spesa, l’ambiente territoriale in cui il figlio vive, così da assicurargli un tenore di vita adeguato alle
potenzialità economiche dei genitori.
Al riguardo, il parametro di riferimento per una corretta determinazione del concorso negli oneri finanziari in
capo a ciascun genitore è costituito dalle rispettive sostanze e capacità lavorative.
Invero, il B., come da lui dichiarato all’udienza del 6 novembre 2019, è in procinto di essere assunto da una
azienda che opera nel settore degli autoricambi, mentre la R. è dipendente di una ditta con la retribuzione
mensile di Euro 900.
Premesso che, nella specie non è possibile stabilire tenore di vita del minore atteso che i genitori non hanno
convissuto dopo la nascita, deve darsi allora preminente rilievo alle esigenze connaturate all’età di M. ed
all’attività lavorativa svolta dalle parti.
Sulla scorta di tali elementi, deve essere posto a carico del B., a titolo di contributo al mantenimento del minore,
un assegno mensile di euro trecentocinquanta.
Tenuto conto dell’entità dell’assegno ordinario occorre specificare che lo stesso andrà a coprire le spese per
vitto, alloggio, abbigliamento ordinario, inclusi i cambi di stagione, spese per materiale scolastico di
cancelleria corrente, medicinali da banco (comprensivi anche di antibiotici, antipiretici e comunque medicinali
necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali), nonché utenze e consumi.
Per quanto concerne, poi, le spese straordinarie deve premettersi che il dovere di mantenere, istruire ed educare
i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo
alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, di istruzione, sportivo, sanitario e sociale, all’assistenza morale e
materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile
organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.
Ne consegue che non sussiste duplicazione del contributo nel caso sia stabilito un assegno di mantenimento
omnicomprensivo con chiaro riferimento a tutti i bisogni ordinari e, contemporaneamente, si predisponga la
misura della partecipazione del genitore alle spese straordinarie, in quanto non tutte le esigenze sportive,
educative e di svago rientrano tra le spese straordinarie (Cass., Ordinanza n. 21273/2013).
Tuttavia, in tema di mantenimento della prole, devono reputarsi spese “straordinarie” quelle che, per la loro
rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli.
In sostanza, quindi, vanno considerate tali non solo quelle oggettivamente imprevedibili nell’an, ma, altresì,
anche quelle che, sebbene relative ad attività prevedibili, non possono essere determinate nel quantum ovvero
attengono ad esigenze episodiche e saltuarie.
Sulla base di tali rilievi, ritiene il Collegio di dover precisare che debbono essere considerate spese
straordinarie: 1) quelle scolastiche di istruzione: iscrizioni e rette di scuole, iscrizioni, rette ed eventuali spese
alloggiative, ove fuori sede, di università, pubbliche e private, ovvero spese di trasporto per raggiungere la
scuola o l’università (abbonamento trasporto pubblico), ripetizioni, viaggi di istruzione organizzati dalla
scuola, spese per libri di testo; 2) spese di natura ludica o parascolastica del tipo: corsi di lingua o attività
artistiche, corsi di informatica, centri estivi, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i
genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di messi di trasporto nonché per bolli e assicurazioni
connessi, spese per ricarica telefonica; 3) spese sportive: attività sportiva comprensiva dell’attrezzatura e di
quanto necessario per lo svolgimento di eventuale attività agonistica; 4) spese medico sanitarie non effettuate
tramite SSN, spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate,
esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialistiche, spese ortodontiche e oculistiche, cicli di psicoterapia.
In considerazione dei redditi dei genitori, le spese straordinarie devono essere poste a loro carico nella misura
del 50% ciascuno.
Al riguardo, le parti dovranno far riferimento al protocollo di intesa firmato dal Presidente del Tribunale di
Napoli e dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli il 7.3.2018, anche in relazione alle
modalità con le quali dovranno preventivamente concordare le spese, salvo quelle cosiddette “obbligatorie”.
Il B. ha, poi, chiesto che venga attribuito al figlio il proprio cognome, in sostituzione di quello materno.
Giova precisare in punto di diritto che l’art. 262 cod. civ., nella precedente formulazione, prevedeva che “se la
filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte
della madre, il figlio (naturale) può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello
della madre”.
La suindicata disposizione venne dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 297 del
1996, nella parte in cui non prevedeva che il figlio naturale, nell’assumere il cognome del genitore che lo aveva
riconosciuto, potesse ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua
scelta, aggiungendolo, il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome fosse divenuto autonomo
segno distintivo della sua identità personale.
In seguito all’indicato intervento manipolativo, la giurisprudenza ha univocamente interpretato la norma in
base al principio secondo cui i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del
suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della
sua personalità sociale, sicché la scelta, anche officiosa, del giudice è ampiamente discrezionale, con
esclusione di qualsiasi automaticità e non può essere condizionata né dal favor per il patronimico o per un
prevalente rilievo della prima attribuzione, né dall’esigenza di equiparare il risultato a quello derivante da
alcuna alle diverse regole che presiedono all’attribuzione del cognome al figlio legittimo (ex plurimis, Cass.
23635/2009; Cass., 2644/2011; Cass., 1264/2015; Cass. 17976/2015).
Ne discende che nella scelta di anteporre, anziché di posporre o sostituire, a quello della madre, il cognome
del padre che ha riconosciuto il figlio successivamente, non sussiste alcuna violazione della predetta norma, la
quale è stata successivamente modificata dalla disposizione, non innovativa, dell’art. 27, comma uno lettera c)
del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, la quale ha stabilito che “il figlio può assumere il cognome del padre
aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre”.
Orbene, oltre che nei casi in cui ne possa derivare un diretto pregiudizio al minore in ragione della cattiva
reputazione del padre, l’assunzione del patronimico con esclusione del cognome materno non può essere
disposta quando l’esclusione di detto cognome, ormai naturalmente associato al minore nel contesto sociale in
cui egli si trova a vivere, si risolva in una ingiusta privazione di un elemento distintivo della sua personalità
(ex plurimis, Cass. 16989/2007).
Osserva, pertanto, il Collegio che nella specie deve ritenersi che l’aggiunta del cognome del B., postponendolo
a quello materno, come richiesto dalla R., giovi al minore al fine di favorire, anche nella collettività sociale di
appartenenza, il suo inserimento nel contesto familiare paterno e, quindi, la sua percezione di essere
componente, a pieno titolo, oltre che della famiglia della resistente, anche del nucleo dell’altro genitore.
D’altra parte, tenuto conto dell’età, il minore non ha ancora acquisito con il matronimico, nei suoi rapporti
personali e sociali, una definitiva identità, suscettibile di sconsigliare l’aggiunta, mediante l’anteposizione, del
cognome paterno.
Sulla base delle anzidette considerazioni deve essere attribuito al minore il cognome “R.B.” in luogo di “R.”.
Va, infine, rigettata la domanda di condanna della R. al risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ. non
ricorrendone i presupposti.
Atteso l’esito del giudizio e la condotta processuale delle parti, le spese processuali devono essere interamente
compensate.
La complessità della situazione del nucleo familiare rende opportuno invitare i genitori ad intraprendere un
percorso di sostegno alla genitorialità ed inviare copia del provvedimento al giudice tutelare perché eserciti i
suoi poteri ai sensi dell’art. 337 cod. civ.
P.Q.M.
Il Tribunale, tredicesima sezione civile, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) Affida la figlia minore ad entrambi i genitori, con residenza prevalente presso l’abitazione materna;
b) Disciplina il diritto-dovere del padre di frequentare il minore nei termini di cui in parte motiva, da intendersi
in questa sede interamente trascritti;
c) Pone a carico di V.B. l’obbligo di corrispondere alla resistente la somma mensile di Euro 350, rivalutabile
annualmente secondo gli indici Istat, a titolo di contributo al mantenimento della figlia;
d) Pone a carico di entrambi i genitori l’obbligo di contribuire, nella misura del 50%, alle spese straordinarie
occorrenti per la minore, come individuate nel Protocollo di intesa firmato dal Presidente del Tribunale di
Napoli e dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli il 7.3.2018;
e) Dispone che alla minore M.R., nata a N. il (…), venga attribuito il cognome “R.B.” in sostituzione di quello
“R.”;
f) Dispone che copia del presente provvedimento venga inviata all’Ufficiale di Stato Civile per l’annotazione
prevista dal D.P.R. n. 396 del 2000;
g) Rigetta la domanda di risarcimento formulata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.;
h) Dichiara interamente compensate le spese processuali;
i) Dispone la trasmissione di copia del presente provvedimento al giudice tutelare per i provvediment i di cui
all’art. 337 cod. civ.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 6 novembre 2019.
Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2019.