Violazione dell’obbligo di fedeltà e onere della prova

Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 30 ottobre 2019, n. 27777 – Pres. Genovese, Cons. Rel. Mercolino

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9612/2017 R.G. proposto da:
D.I.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Gamba, con domicilio in Roma, piazza Cavour,
presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
I.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Elena Corielli, con domicilio eletto in Roma, via M. d’Azeglio,
n. 33, presso lo studio dell’Avv. Federica Menici;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3744/16 depositata il 10 ottobre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2019 dal Consigliere Guido
Mercolino.
Svolgimento del processo
che D.I.R. ha proposto ricorso per cassazione, per quattro motivi, avverso la sentenza del 10 ottobre
2016, con cui la Corte d’appello di Milano ha rigettato il gravame da lei interposto avverso la
sentenza non definitiva emessa dal Tribunale di Milano il 9 febbraio 2015, che aveva pronunciato la
separazione personale della ricorrente dal coniuge I.P., con addebito a carico della D., rigettando la
domanda di addebito della separazione all’ I. e quella di riconoscimento di un assegno di
mantenimento in favore della ricorrente;
che l’ I. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 116 e 183 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella
parte in cui, ai fini della pronuncia in ordine alle reciproche domande di addebito della separazione,
ha rigettato l’istanza di ammissione delle prove testimoniali da lei dedotte a sostegno dell’allegata
riconducibilità della crisi coniugale al comportamento opprimente, assente e moralmente discutibile
del coniuge e della assenza di nesso causale con la relazione extraconiugale da lei intrapresa, e ha
omesso di valorizzare la relazione del c.t.u., da cui emergevano profili rilevanti della personalità
dell’ I.;
che il motivo è inammissibile, in quanto il rigetto dell’istanza di ammissione delle prove
testimoniali è censurabile in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione,
configurabile a condizione che lo stesso si sia tradotto nell’omessa motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, e quindi che la prova non ammessa sia idonea a dimostrare
circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle
altre risultanze istruttorie in base alle quali si è formato il convincimento del giudice di merito, di
modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (cfr. Cass., Sez. II, 29/10/2018, n.
27415; Cass., Sez. III, 7/03/2017, n. 5654);
che la deduzione del predetto vizio postula d’altronde che la parte non si limiti ad indicare le prove
non ammesse, trascrivendo nel ricorso i capitoli che ne costituiscono oggetto o fornendo le
indicazioni necessarie per rintracciarli negli atti di causa, ma evidenzi l’esistenza di un nesso
eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, dimostrando che la
pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, in modo da consentire al giudice di legittimità
un controllo sulla decisività delle prove (cfr. Cass., Sez. I, 4/10/2017, n. 23194; 22/02/2007, n.
4178);
che nella specie, invece, la ricorrente si limita a richiamare i capitoli di prova dedotti nelle memorie
depositate ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, e nell’atto di appello, insistendo genericamente
sull’idoneità degli stessi a dimostrare la riconducibilità della crisi coniugale al comportamento
tenuto dal coniuge, senza censurare specificamente le ragioni addotte dalla sentenza impugnata a
fondamento del giudizio d’irrilevanza e contraddittorietà delle circostanze capitolate, e senza tener
conto dell’affermazione della Corte territoriale, avente carattere dirimente, secondo cui nessuna
istanza istruttoria era stata avanzata in riferimento ai più gravi comportamenti addebitati all’ I.;
che pertanto, anche a voler prescindere dall’esclusivo riferimento della ricorrente al vizio di
violazione di legge, le predette censure non possono trovare ingresso in questa sede, risolvendosi
nella sollecitazione di un nuovo apprezzamento in ordine all’ammissibilità ed alla rilevanza dei
mezzi di prova, non consentito a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il
merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni
svolte nelle sentenza impugnata, nonchè la coerenza logica delle stesse, nei limiti in cui le relative
anomalie risultano ancora censurabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo
modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni
dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;
che per analoghi motivi risultano inammissibili le censure riflettenti l’omessa valorizzazione delle
argomentazioni svolte nella relazione del c.t.u., delle quali la ricorrente si limita ad evidenziare
genericamente l’idoneità a fornire “spunti di estrema rilevanza” in ordine alla personalità del
coniuge, in quanto fondate su dichiarazioni rese da quest’ultimo, affermandone l’utilizzabilità come
elementi indiziari, senza neppure considerare che le stesse non riguardavano fatti storici, ma profili
caratteriali dell’ I., inidonei a giustificare una pronuncia di addebito della separazione, in mancanza
della prova di comportamenti da lui tenuti in violazione dei doveri coniugali;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 151
e 156 c.c., ribadendo che, nell’attribuire rilevanza assorbente alla relazione extraconiugale da lei
intrapresa, la sentenza impugnata ha omesso di procedere ad una valutazione globale e comparativa
delle condotte tenute dai coniugi e di tener conto della situazione di crisi familiare già
irrimediabilmente in atto a quell’epoca, ritenendo provato il nesso causale tra quest’ultima e la
condotta infedele di essa ricorrente sulla base delle dichiarazioni rese dal c.t.u., senza che l’ I. avesse
fornito elementi di prova decisivi al riguardo;
che il motivo è infondato, in quanto, nell’addebitare la separazione alla ricorrente, la Corte
distrettuale si è correttamente attenuta al principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di
legittimità, secondo cui la parte che faccia valere la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte
dell’altro coniuge è tenuta a provare la relativa condotta ed il nesso causale con l’intollerabilità della
prosecuzione della convivenza, mentre incombe a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a
fondamento della domanda, e quindi l’inidoneità dell’infedeltà a rendere intollerabile la convivenza,
l’onere di provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi
matrimoniale all’accertata infedeltà (cfr. Cass., Sez. VI, 19/02/2018, n. 3923; Cass., Sez. I,
14/02/2012, n. 2059);
che infatti, dato atto della mancata contestazione dell’intervenuta violazione dell’obbligo di fedeltà
da parte della ricorrente, la sentenza impugnata ha posto in risalto da un lato la mancata
dimostrazione dei fatti allegati a sostegno dell’asserita anteriorità della crisi familiare rispetto alla
relazione extraconiugale da lei intrapresa, dall’altro l’infondatezza dell’assunto secondo cui il
coniuge avrebbe a lungo tollerato il tradimento, richiamando la relazione del c.t.u. soltanto ad
ulteriore conforto degli elementi risultanti dagli atti di parte e dalla documentazione prodotta;
che nel contestare la rilevanza degli elementi posti a fondamento della decisione, la ricorrente
sollecita ancora una volta una rivisitazione dell’accertamento dei fatti risultante dalla sentenza
impugnata, non censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, ma esclusivamente per
vizio di motivazione, configurabile nel caso di omessa valutazione di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza impugnata o dagli atti processuali, abbia
costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo, ovvero nel caso in cui la
motivazione risulti totalmente assente o meramente apparente, oppure perplessa, incomprensibile o
contraddittoria, al punto tale da rendere impossibile l’individuazione del percorso logico seguito per
giungere alla decisione (cfr. Cass., Sez. VI, 25/09/ 2018, n. 22598; Cass., Sez. II, 13/08/2018, n.
20721; Cass., Sez. III, 12/10/ 2017, n. 23940);
che il rigetto dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo, con cui la ricorrente ha
lamentato la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 115, 151 e 156 c.p.c., chiedendo, in caso
di accoglimento delle censure riguardanti l’addebito della separazione, il riesame della domanda di
riconoscimento dell’assegno di mantenimento;
che con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 433
c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini del rigetto della domanda di
riconoscimento dell’assegno alimentare, ha conferito rilievo all’apporto economico fornitole dal suo
attuale compagno, non allegato dalla difesa dell’ I. e non avente comunque carattere di stabilità, in
assenza di un rapporto di convivenza;
che, nell’escludere la sussistenza dello stato di bisogno, necessario per il riconoscimento del diritto
agli alimenti, la Corte territoriale ha svolto due distinti ordini di considerazioni, autonomamente
idonee a sorreggere la decisione adottata, e costituite rispettivamente dal contributo economico
fornito alla ricorrente dal nuovo compagno e dalla mancata prova dell’impossibilità oggettiva di
provvedere autonomamente al proprio sostentamento;
che, nell’impugnare la predetta statuizione, la ricorrente si limita a negare il predetto apporto ed a
contestarne comunque la stabilità, senza censurare l’affermazione della sentenza impugnata,
secondo cui ella è ancora in grado di procurarsi da sola i mezzi economici necessari per il suo
mantenimento, avendo quarantacinque anni e non risultando affetta da patologie;
che nel caso in cui, come nella specie, la decisione sia fondata su una pluralità di ragioni
logicamente e giuridicamente distinte, la mancata impugnazione di alcune delle stesse rende
inammissibili, per difetto d’interesse, le censure relative alle altre, non potendo queste ultime
condurre all’annullamento della sentenza, destinata a reggersi autonomamente sulla base delle
ragioni non contestate (cfr. Cass., Sez. I, 29/12/2017, n. 31182; Cass., Sez. VI, 18/04/2017, n. 9752;
Cass., Sez. III, 14/02/2012, n. 2108);
che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro-ricorrente, delle spese
del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre
2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di
informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti
riportati nell’ordinanza.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi,
a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019