La domanda di accertamento di una donazione indiretta (pregiudiziale all’accoglimento della domanda di collazione) soggiace alle preclusioni di cui all’art. 167 c.p.c.

Cass. civ. Sez. II, 23 luglio 2019, n. 19833
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5817-2015 proposto da:
D.L.B., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO, 22, presso lo studio dell’avvocato MARCO LORENZANI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI DELLA COLLETTA;
– ricorrente –
contro
D.L.L.A., D.L.V., D.L.N., D.L.T., D.G.L., D.G.E., D.G.F.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 290/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2019 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del I motivo, accoglimento II motivo, assorbiti III e IV motivo;
udito l’Avvocato LORENZANI Marco, difensore del ricorrente che si riporta agli atti depositati.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 5-16.11.1994, D.L.L.A. conveniva avanti il Tribunale di Belluno i fratelli D.L.N., D.L.V., D.L.T., D.L.B. e De.Lu.Te., affinché, previa eventuale riduzione della donazione a favore del fratello V., previa collazione ed eventuale riduzione della donazione indiretta a favore di N., e previa resa dei conti da parte degli eredi e, in particolare, di B., si procedesse allo scioglimento della comunione dei beni relitti da parte del padre, con formazione di progetto divisionale ed assegnazione di beni agli eredi. Esponeva, che il padre D.L.R.R., deceduto il (OMISSIS), aveva lasciato in eredità ai figli vari beni tra cui anche un fabbricato sito in (OMISSIS), rimasto nell’esclusivo possesso di B., il quale ne aveva ricavato vari appartamenti, che locava ai villeggianti; che il contratto di vendita di cui alla scrittura privata 24.5.1972, con il quale il padre aveva venduto al figlio N. due terreni edificabili siti in (OMISSIS), sui quali quest’ultimo aveva costruito due fabbricati con sei appartamenti ciascuno, doveva considerarsi una donazione, stante l’esiguità del prezzo pagato (Lire 2.500.000); che con atto pubblico 18.7.1974 il padre aveva donato al figlio V., con dispensa dalla collazione, la nuda proprietà di una porzione di fabbricato sito in (OMISSIS), con alcuni terreni adiacenti;
che il de cuius era cointestatario con il figlio N. di una cassetta di sicurezza, ove erano custoditi molti denari in valuta pregiata, che rientravano nell’asse ereditario.
Si costituivano in giudizio D.L.V., N. e B. ed eccepivano: prescrizione decennale del diritto dell’attrice ad accettare l’eredità exart. 480 c.c., atteso che l’apertura della successione risaliva al (OMISSIS), mentre l’atto di citazione era stato notificato il 5.11.1994; dal che la carenza di legittimazione attiva della medesima a proporre il giudizio di divisione; la prescrizione decennale del diritto alla riduzione della donazione in favore di V.; la prescrizione decennale dell’azione di simulazione riduzione della donazione indiretta in favore di N.. Nel merito assumevano che: B. aveva completamente ristrutturato l’edificio, il quale, dunque, era aumentato di valore; il terreno venduto a N. all’epoca non era edificabile; V. aveva provveduto alla completa ristrutturazione del piano terra e del secondo piano dell’immobile donatogli dal padre; V. e B. avevano saldato i debiti del padre. Tutti e tre i fratelli maschi avevano sostenuto le ingenti spese sanitarie del de cuius. L’attrice nel 1984 aveva ricevuto dal padre un libretto nominativo con deposito di Lire 58.000.000, a titolo di anticipo sull’eredità e, dunque, tale somma doveva rientrare nell’asse ereditario; per le somme di cui alla cassetta di sicurezza bisognava considerare gli esborsi effettuati dagli intestatari per far fronte ai debiti del padre.
Chiedevano, dunque, che venissero dichiarate le suindicate prescrizioni e, in subordine, che venisse rigettata la domanda di riduzione e accertata la nullità della donazione in denaro in favore dell’attrice e comunque imputazione alla quota di legittima.
Rinunciata da parte attrice la domanda di riduzione della donazione a favore di D.L.V., la causa era istruita documentalmente ed era anche espletata CTU. Il Tribunale di Belluno con sentenza non definitiva n. 84/05, rigettava l’eccezione di prescrizione dell’accettazione dell’eredità da parte dell’attrice e dichiarava la prescrizione dell’azione di simulazione relativa, proposta nei confronti di D.L.N.. Successivamente, con sentenza definitiva n. 77/2010, il Tribunale di Belluno: rigettava l’eccezione di prescrizione del diritto di D.L.T. e De.Lu.Te. di conseguire il lascito ereditario ad esse devoluto, per tacita rinuncia a far valere la prescrizione medesima; dichiarava inammissibile la domanda di collazione proposta nei confronti di D.L.T., essendo stata proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni con mancata accettazione del contraddittorio da parte della difesa della medesima D.L.T.; dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria e disponeva la divisione dei beni secondo il progetto divisionale, di cui alla “quinta integrazione della relazione peritale” e al suo allegato A, con attribuzione dei singoli assegni mediante sorteggio; in riferimento a D.L.B. escludeva il corrispettivo per miglioramenti apportati al fabbricato di (OMISSIS), non essendo sufficientemente provato che gli interventi, eseguiti in assenza di idoneo titolo abilitativo, si fossero effettivamente risolti in un oggettivo incremento di valore dell’immobile e non, invece, a consentirne lo sfruttamento a fini commerciali a vantaggio esclusivo del coerede e, comunque, gli esborsi erano integralmente stati compensati dal percepimento delle rendite; condannava D.L.L.A. a pagare, a titolo di conguaglio, in favore degli altri condividenti, la somma di Euro 11.599,57 ciascuno, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza al saldo (relativamente alla somma di cui al libretto nominativo pervenuta pacificamente nella disponibilità esclusiva dell’attrice); condannava D.L.N. a pagare, a titolo di conguaglio, in favore degli altri condividenti la somma di Euro 2.121,19 ciascuno, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza al saldo (relativamente alla disponibilità esclusiva di D.L.N. della cassetta di sicurezza contenente valuta straniera); condannava D.L.L.A., V., B., T., Te. a pagare a D.L.N., a titolo di rimborso spese funerarie e oneri fiscali di successione, Euro 1.747,29 ciascuno, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza al saldo; compensava le spese di lite; poneva gli oneri di CTU a carico di tutte le parti, ciascuna in proporzione della rispettiva quota divisionale.
Avverso detta sentenza, interponeva rituale appello D.L.L.A., resistevano al gravame D.L.B., V., N. e T., che proponevano a loro volta appello incidentale.
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 290 del 2014 accoglieva parzialmente l’appello principale e l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, condannava D.L.B. al pagamento, in favore di ciascuno dei coeredi, della somma di Euro 10.514,67, oltre interessi legali dalla sentenza di primo grado. Confermava nel resto la sentenza impuntata. Compensava per 4/5 le spese processuali e condannava D.L.B. al pagamento della restante parte. Secondo la Corte distrettuale andava accolto semplicemente l’appello (principale ed incidentale) relativo al mancato riconoscimento agli eredi dell’indennizzo per utilizzo esclusivo dell’immobile da parte di D.L.B.. E per quanto può riguardare in questa sede, è l’unico aspetto che va evidenziato, posto che ogni altra questione non risulta riproposta nel giudizio di cassazione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da D.L.B. con ricorso affidato a quattro motivi. D.L.L.A., D.L.V., D.L.B. D.L.N. D.L.T. e gli eredi di De.Lu.Te. in questa sede non hanno svolto attività giudiziale.
All’udienza del 8 novembre 2018, questa Corte rinviava la causa ad una Pubblica Udienza che il Presidente di sezione provvedeva a rinviare all’udienza del 5 febbraio 2019.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo D.L.B. lamenta Violazione e/o falsa applicazione degliartt. 418, 480 e 2937 c.c.in relazioneall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Non conformità alla giurisprudenza della Corte di cassazione sentenza n. 21902 del 2011. Nonché, omesso esame circa fatti decisivi per il giudicato, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alle lettere 12 settembre 1991 ( D.L.L.) e 2 ottobre 1991 ( D.L.L.). Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe applicato correttamente la normativa di cuiall’art. 476 c.c., non avendo considerato che l’accettazione tacita dell’eredità presuppone una manifestazione di volontà concludente del chiamato, che non può scaturire da dichiarazioni di terzi inconcludenti. La Corte distrettuale, per altro avrebbe mal valutato le lettere scritte dalla D.L.L. e dal marito della D.L.L., dando solo una sostanza giuridica che non avevano e non potevano avere.
1.1. Il motivo è infondato.
La normativa di cui agliartt. 475 c.c.e ss. prevede l’ipotesi di accettazione espressa dell’eredità, quando la volontà di essere erede viene manifestata in modo diretto, con un atto formale, e l’ipotesi di accettazione tacita (di eredità), che si verifica, quando la persona chiamata all’eredità compie un atto che implica necessariamente la volontà di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede. La dottrina e la giurisprudenza concordano nel ritenere che presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la presenza della consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; che il chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere.
Di norma, poi, vengono considerate forme di accettazione tacita di eredità: a) la proposizione da parte del chiamato dell’azione di rivendicazione, oppure l’esperire l’azione di riduzione, l’azione, cioè, volta a far valere la qualità di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota; b) l’azione di risoluzione o di rescissione di un contratto; c) l’azione di divisione ereditaria posto che può essere proposta solo da chi ha già assunto la qualità di erede; d) la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello; e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell’eredità; f) ed infine, secondo la dottrina più attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un’accettazione tacita dell’eredità, nella considerazione che, solo chi intenda accettare l’eredità, assumerebbe l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell’immobile dal de cuius a se stesso.
Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha accertato, con un giudizio di merito, non censurabile nel giudizio di legittimità, che D.L.L.A., De.Lu.Te. e D.L.T., avevano accettato l’eredità del proprio genitore con comportamento concludente e, in particolare, avendo rispettivamente con missiva del 12 settembre 1991, del 2 ottobre 1991, e del 19 Settembre 1991, chiesto ai propri fratelli la divisione ereditaria. Come ha avuto modo di chiarire la sentenza impugnata: “(…) Contrariamente va, invero, osservato che non solo nella missiva 12.9.1991 (doc. 4 D.L.L.A.), inviata da D.L.L.A. a tutti i fratelli ( N., V., B., T. e Te.), viene dato per pacifico che anche T. e Te. sono eredi del padre, ma anche nella risposta di De.Lu.Te. (tramite D.G.L.) del 2.10.1991 (doc. 5 D.L.L.A.) e nella risposta di D.L.T. del 19.9.1991 (doc. 7 D.L.L.A.) non è messa in discussione una tale qualità, tanto che si fa riferimento alla questione della “divisione dei beni” e viene data la “disponibilità per un incontro amichevole per farsi valere i nostri diritti”, il che non avrebbe avuto ragione di essere se Te. e T. non si ritenessero eredi e non avessero accettato l’eredità.
Le citate missive non vanno valorizzate come trattative da farsi valere quali fatti interruttivi della prescrizione (come pretenderebbe D.L.B.), ma quale accettazione tacita dell’eredità, quale comportamento concludente delle chiamate all’eredità, implicito dell’accettazione medesima. Difatti, va osservato – che l’accettazione dell’eredità (che determina l’acquisto della qualità di erede, a normadell’art. 459 c.c.) può avvenire – e si perfeziona senza bisogno di essere portata a conoscenza di altri interessati – in forma tacita, ove il chiamato all’eredità compia un atto che necessariamente presupponga la volontà di accettare la medesima e che egli non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, il che ben può concretizzarsi nell’iniziativa assunta dal chiamato per la divisione amichevole dell’asse con istanza proposta anche in sede non contenziosa ( ). D’altro canto, lo stesso D.L.B., nell’eccepire in primo grado, la carenza di legittimazione dell’attrice per essere già intervenuta la divisione con le assegnazioni corrispondenti agli attuali possessi, ha implicitamente dato per pacifico che anche le sorelle convenute fossero eredi (….)”.
Non vi è ragione, per altro, di ritenere che le missive richiamate, della cui esistenza non si dubita, non integrassero gli estremi di un’accettazione tacita, posto che trattasi di un fatto accertato dalla Corte distrettuale e il ricorrente non ha riprodotto il contenuto delle stesse per evidenziarne l’inidoneità allo scopo di cui si dice.
2. Va qui ulteriormente precisato che il comportamento concludente del chiamato all’eredità ai fini dell’accettazione, contrariamente a quanto ritiene D.L.B. (attuale ricorrente) (pag. 6 del ricorso), e come, invece, ha chiarito la stessa Corte distrettuale, sopra riportata, non necessita, sempre che risponde ai presupposti di cui si è detto, di un’accettazione degli altri coeredi dovendosi considerare che l’accettazione è rivolta all’eredità e ancor meglio a tradurre la chiamata ereditaria nella qualità di erede, indipendentemente, e/o a prescindere, di un intervento adesivo degli altri coeredi.
2. il ricorrente lamenta, ancora:
a) Con il secondo motivo la violazione e/o falsa applicazione degliartt. 737 e 747 c.c.eart. 167 c.c.in relazioneall’art. 360 c.p.c., n. 3. Non conformità alla giurisprudenza della Corte: sent. n 15131 del 2005 e Cass. n. 18625 del 2010 e 22288 del 2013. Secondo il ricorrente la Corte di Appello nel rigettare la domanda di collazione per imputazione della donazione della somma di Lire 5.200.000 effettuata in data 13 aprile 1971 da de cuius a favore di D.L.T. perché domanda nuova formulata solo in sede di precisazione delle conclusioni, non avrebbe tenuto conto che secondo orientamento di questa Corte di Cassazione la domanda di collazione non sarebbe soggetta ai terminidell’art. 167 c.p.c.non trattandosi di domanda vera e propria ma di mera attività di carattere prodromico alle attività strettamente divisionali.
b) Con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazionedell’art. 345 c.p.c.vecchio rito, in relazioneall’art. 360 c.p.c., n. 3. Non conformità con la giurisprudenza della Corte sentenza Cass. n. 88228 del 1997 e Cass. n. 5192 del 2002. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nel rigettare la domanda di collazione relativa alla donazione di Lire 5.200.000 non avrebbe tenuto conto che, ai sensi della normativa di cuiall’art. 345 c.p.c.nella formulazione antecedente alla riforma del 1995, la domanda di cui si dice, integrando gli estremi di una eccezione, perché diretta a paralizzare la pretesa della condividente, avrebbe potuto essere proposta in appello, così come l’attuale ricorrente avrebbe fatto proponendo appello incidentale sulla questione.
c) Con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione degliartt. 167, 183 e 184 c.p.c.(vecchio rito) in relazioneall’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene il ricorrente che avendo egli chiesto che venisse ricostruito il relicxtum ed il donatum e tenuto conto di quanto sostenuto a favore del mantenimento del de cuius con imputazione fittizia sino ad ora ricevuto dai successori, la domanda di collazione della donazione a favore della sorella T. era legittima ed il consulente avrebbe potuto considerare quell’importo nella formazione del progetto divisionale.
2.1. I motivi che per loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, tralasciando i profili di genericità, dato che la censura una donazione il cui atto non viene individuato e tanto meno riportato nel suo contenuto, sono infondati.
Il ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale abbia rigettato la domanda di collazione per imputazione della somma di L.. 5.200.000, ma non tiene conto che la domanda di collazione, di cui si dice, presupponeva l’accertamento dell’esistenza di una donazione indiretta a favore di D.L.T.. Pertanto, se come domanda di collazione non era soggetta ai termini di cuiall’art. 167 c.p.c., (proprio perché l’obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione, salva l’espressa dispensa da parte del “de cuius” nei limiti in cui sia valida, e che i beni donati devono essere conferiti indipendentemente da una espressa domanda dei condividenti), la domanda di accertamento pregiudiziale all’accoglimento della domanda di collazione era, invece, soggetta ai termini di decadenza exart. 167 c.p.c.e non poteva essere proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, perché integrava un’ipotesi di ampliamento o mutamento della domanda.
2.2. Va qui chiarito che la domanda di cui si dice, quale domanda di accertamento dell’esistenza di una donazione indiretta non integra gli estremi di una eccezione difensiva, ma di una domanda giudiziale, dovendosi tener conto che si ha eccezione riconvenzionale allorché l’istanza resti contenuta nell’ambito dell’attività strettamente difensiva, mentre si ha domanda riconvenzionale quando il convenuto chiede un provvedimento positivo, autonomamente attributivo di una determinata utilità, cioè che vada, oltre, il mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri decisori del Giudice.
2.3. La domanda incidentale in ordine alla esistenza della donazione indiretta disposta dal de cuius D.L. a favore della figlia T., per altro, contrariamente, a quanto sostenuto dal ricorrente, non può ritenersi ricompresa nella domanda relativa alla ricostruzione del relictum e del donatum, per quanto quest’ultima domanda presuppone l’esistenza già accertata delle donazioni, che devono essere considerate nella ricostruzione del patrimonio ereditario.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese posto che gli intimati in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale. Si dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma delD.P.R. n. 115 del 2002,art.13, comma 1bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 14 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019