L’art. 570 co. 2 c.p. impone l’obbligo positivo di un effettivo adempimento mediante esborso delle somme dovute a soddisfacimento diretto dei bisogni del minore

Cass. pen. Sez. III, 14 marzo 2018, n. 11565
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.V., nato il (OMISSIS) – PARTE CIVILE;
avverso la sentenza del 25/10/2016 della CORTE APPELLO di SALERNO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FILIPPI PAOLA che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi presentati dalle parti ricorrenti.
Udito il difensore presente, Avvocato Luca Pagliaro, al termine del proprio intervento si riporta ai motivi del ricorso.
Svolgimento del processo
1. – Con sentenza del 9 ottobre 2014, il Tribunale di Salerno ha assolto l’imputato, per insussistenza dei fatti, dai reati di cui:all’art. 570 c.p., a lui contestato per avere tenuto una condotta contraria alla morale della famiglia, non incontrandosi con il figlio naturale e omettendo di versare il mantenimento all’ex compagna, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza (capo B dell’imputazione); all’art. 609 bis c.p., a lui contestato per avere palpeggiato la ex compagna nelle parti intime contro sua volontà, tenendola ferma con le braccia (capo C). Lo ha invece condannato, anche al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, da liquidarsi in sede civile, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, per il reato di cuiall’art. 81 c.p., comma 2,artt. 594, 582 e 585 c.p., perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, aveva aggredito la ex compagna procurandole lesioni personali e insultandola (capo A).
Con sentenza del 25 ottobre 2016, la Corte d’appello di Salerno ha assolto l’imputato dal reato di cuiall’art. 594 c.p., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, rideterminando la pena in diminuzione per i residui reati, e ha confermato, quanto al resto, la sentenza di primo grado; ha altresì rigettato l’appello della parte civile, condannandola al pagamento delle spese del grado di giudizio.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la mancanza, la contraddittorietà, la manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla responsabilità penale, il cui accertamento sarebbe stato basato sulla versione accusatoria della persona offesa. Non si sarebbe considerato che la stanza dove si sarebbero svolti i fatti non avrebbe consentito, per la sua ridotta altezza, che l’imputato colpisse con una sedia la persona offesa, secondo le modalità da quest’ultima descritte. Ella aveva infatti riferito che l’imputato aveva alzato la sedia sulla propria testa, pur in presenza di uno spazio di soli 20 cm tra la testa e il soffitto. Si sostiene, altresì, che la persona offesa sarebbe stata ritenuta non credibile quanto alla violenza sessuale, per la quale vi era stata assoluzione; e si sottolinea, quanto alle lesioni, l’inidoneità dei certificati medici in atti a provare la dinamica del fatto. Quanto al secondo episodio contestato, che consisterebbe nel ferimento al braccio con un coltello, la persona offesa avrebbe riferito di avere presentato una querela, poi ritirata, della quale non vi sarebbe traccia in atti. Non si sarebbe considerato che la stessa aveva l’interesse a mentire sul punto, per dissidi circa la prole, e trattandosi di un soggetto dotato di una personalità tendente alla manipolazione.
2.2. – In secondo luogo, la decisione impugnata sarebbe viziata in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante.
Non si sarebbe considerato che l’imputato è un soggetto incensurato, stimato nell’ambiente lavorativo, che si è sottoposto volontariamente all’esame delle parti, essendo stato presente a tutte le udienze. Si ricorda, inoltre, che nel giudizio di comparazione tra le circostanze aggravanti e attenuanti, non può ritenersi valido elemento di giudizio la semplice negazione del fatto da parte dell’imputato.
2.3. – Si impugna, in terzo luogo, la condanna dell’imputato alle spese del giudizio di secondo grado in favore della parte civile, sul rilievo che l’appello di quest’ultima avrebbe dovuto essere considerato generico, perché con lo stesso semplicemente si chiedeva la condanna dell’imputato per i fatti per i quali era stato assolto primo grado.
3. – La sentenza è stata impugnata anche dal difensore della parte civile.
3.1. – Si deduce, in primo luogo, la nullità della sentenza stessa, perché nel suo dispositivo sarebbe stata omessa qualsiasi pronuncia in ordine alla conferma della sentenza di primo grado, quanto all’assoluzione dai reati di cui ai capi B e C dell’imputazione.
3.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si lamentano vizi della motivazione in relazione all’assoluzione dell’imputato dal reato di violenza sessuale. La motivazione del Tribunale, secondo cui vi erano attriti pregressi tra le parti, sarebbe smentita dai fatti, mentre non si sarebbe considerata la versione accusatoria della persona offesa, la quale aveva riferito la condotta descritta nell’imputazione, a seguito del tentativo dell’imputato di avere un rapporto sessuale con lei. Non si sarebbe considerato, inoltre, che vi è la prova dell’invio, da parte dell’imputato, di un messaggio con il quale egli chiedeva alla vittima di dichiarare falsamente al pronto soccorso di essersi ferita in un incidente stradale, nonché dell’assoluzione pronunciata dal Giudice di pace nei confronti dell’attuale persona offesa, imputata in un procedimento per minacce nei confronti dell’attuale imputato.
3.3. – Si prospettano, poi, vizi della motivazione in relazione all’assoluzione dell’imputato dal reato di maltrattamenti.
Il Tribunale aveva ritenuto che, pur in mancanza di prova della corresponsione di mezzi economici, l’imputato non si fosse disinteressato alla sorte del figlio e avesse assunto un debito in favore della parte civile, stipulando un mutuo a garanzia per l’acquisto di un appartamento. Quanto alla garanzia, lo stesso imputato non avrebbe affermato di avere pagato rate, essendosi limitato ad affermare, senza darne prova, di avere dato una cifra in contanti all’ex compagna il giorno della stipula del contratto.
3.4. – In quarto luogo, si impugna la condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, sul rilievo che la stessa sarebbe ingiusta, sia perché scaturente dalle ingiuste assoluzioni dell’imputato, sia perché l’impugnazione di quest’ultimo era stata accolta solo in parte, con rideterminazione della pena in diminuzione.
Motivi della decisione
4. – Il ricorso dell’imputato è inammissibile.
4.1. – Il primo motivo di impugnazione – relativo alla motivazione circa la responsabilità penale – è inammissibile, perché formulato in modo non specifico. La difesa si limita, infatti, a contestare l’attendibilità della persona offesa, senza puntualmente richiamare gli atti di causa dai quali tale inattendibilità deriverebbe e senza considerare gli elementi di riscontro, sostanzialmente riproducendo censure già esaminate e motivatamente disattese in primo e secondo grado.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, la Corte d’appello ha preso in considerazione la prospettazione secondo cui il soffitto della stanza nella quale l’imputato aveva colpito la persona offesa con una sedia era particolarmente basso, e ne ha escluso la rilevanza, evidenziando che la dinamica del fatto descritta dalla persona offesa risulta pienamente compatibile con tale caratteristica del soffitto. Del tutto generiche sono, parimenti, le considerazioni difensive circa l’inidoneità, quali riscontri, dei certificati medici delle lesioni. Quanto, poi, al secondo episodio contestato, consistente nel ferimento al braccio con un coltello, la difesa si limita ad asserire che la persona offesa avrebbe riferito di avere presentato una querela, poi ritirata, della quale non vi sarebbe traccia in atti, senza compiutamente formulare specifiche censure circa l’inattendibilità della stessa. Non sono tali, infatti, le mere affermazioni secondo cui quest’ultima aveva interesse a mentire sul punto, per dissidi circa la prole, ed era un soggetto dotato di una personalità tendente alla manipolazione. Del tutto correttamente, del resto, il Tribunale e la Corte d’appello hanno ritenuto raggiunta la prova delle lesioni, che trovano riscontro nei rilievi fotografici, negli SMS inviati dall’imputato alla persona offesa, dotati di sostanziale contenuto confessorio, nelle certificazioni mediche in atti; non hanno invece ritenuto provata, per mancanza di riscontri, la violenza sessuale, non essendo sufficientemente specifiche le propalazioni accusatorie della vittima sul punto, in presenza di elementi, quale l’inimicizia con l’imputato, che non consentivano di considerare da sole sufficienti tali propalazioni ai fini della prova della responsabilità.
4.2. – Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante. La Corte d’appello ha preso in considerazione la prospettazione difensiva secondo cui l’imputato è un soggetto incensurato, stimato nell’ambiente lavorativo, che si è sottoposto volontariamente all’esame delle parti, essendo stato presente a tutte le udienze, confermando il giudizio di equivalenza tra le circostanze già formulato in primo grado. Con motivazione pienamente logica incoerente e, dunque, insindacabile in sede di legittimità, ha altresì evidenziato la mancanza di ulteriori elementi positivi di giudizio, tali da indurre a modificare la già formulata statuizione di equivalenza tra le circostanze.
4.3. – Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso, con cui si censura la condanna dell’imputato alle spese del giudizio di secondo grado in favore della parte civile, limitandosi a rilevare che l’appello di quest’ultima avrebbe dovuto essere considerato generico. La difesa asserisce, sul punto, che con l’atto di appello semplicemente si chiedeva la condanna dell’imputato per i fatti per i quali era stato assolto in primo grado; mentre, dalla semplice lettura dello stesso, emerge che tale richiesta era espressamente collegata all’interesse della parte civile all’ulteriore integrale risarcimento dei danni.
4.4. – Il ricorso dell’imputato, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a normadell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
5. – Il ricorso della parte civile è, invece, parzialmente fondato.
5.1. – Il primo motivo – con cui si deduce la nullità della sentenza impugnata, perché nel suo dispositivo sarebbe stata omessa qualsiasi pronuncia in ordine alla conferma della sentenza di primo grado, quanto all’assoluzione dai reati di cui ai capi B e C dell’imputazione – è infondato. Il dispositivo della sentenza, pur recando effettivamente un esplicito riferimento al rigetto dei motivi di appello relativi all’assoluzione per i reati di cui sopra, contiene statuizioni dalle quali tale rigetto si desume in modo univoco. La Corte d’appello, infatti, conferma le statuizioni civili della sentenza di primo grado, evidentemente limitate al solo capo per il quale vi è stata condanna; inoltre condanna la parte civile al pagamento delle spese processuali del grado di giudizio; pagamento il cui presupposto è la soccombenza totale della parte, ai sensidell’art. 592 c.p.p., commi 1 e 4.
5.2. – Del tutto generico è il secondo motivo di doglianza, con si lamentano vizi della motivazione in relazione all’assoluzione dell’imputato dal reato di violenza sessuale. La valutazione del Tribunale, correttamente confermata dalla Corte d’appello, si basa – come visto – sulla considerazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, le quali non sono ritenute di per sé sufficienti ai fini della responsabilità penale. Quanto al capo A le stesse sono, però, ampiamente suffragate da altri elementi di prova (vedi sopra sub 4.1.); quanto al capo C, invece, risultano prive di riscontro, con la conseguenza che non risulta superato il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”.
5.3. E’ parzialmente fondato il terzo motivo, relativo all’assoluzione dell’imputato da due fattispecie di reato di cuiall’art. 570 c.p.(capo B dell’imputazione). Si contesta all’imputato di avere tenuto una condotta contraria alla morale della famiglia, non incontrandosi con il figlio naturale e omettendo di versare il mantenimento all’ex compagna, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza.
Quanto alla prima delle due condotte – che secondo l’imputazione rientra nell’ambito di applicazione del primo comma dell’articolo richiamato – deve rilevarsi che le sentenze di primo e secondo grado e la stessa prospettazione della parte civile evidenziano che l’imputato aveva rapporti con il figlio minore, perché lo vedeva con regolarità presso la casa della ex convivente, dove si tratteneva a dormire anche dopo la cessazione della convivenza more uxorio.
Ne deriva la manifesta insussistenza del reato contestato.
Quanto alla seconda condotta, deve rilevarsi che la stessa è riconducibile all’ambito di applicazionedell’art. 570 c.p., comma 2, 2), limitatamente alla posizione del figlio minore dell’imputato.
Infatti, per quanto qui rileva, la disposizione in parola sanziona “chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro”. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la violazione degli obblighi di assistenza familiare sussiste anche in assenza di una disposizione civilistica che imponga la corresponsione di un assegno, laddove si riscontri una situazione concreta di bisogno rispetto ai figli, in virtù di un obbligo morale che è il vero oggetto della disciplina dell’art. 570 (Sez. 6, n. 32478 del 05/07/2016). E, in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi detti mezzi di sussistenza (Sez. 6, n. 50075 del 04/10/2016).
Inoltre, l’eventuale capacità economica dell’altro coniuge non esclude la responsabilità del soggetto che non adempie agli obblighi di assistenza familiare nei confronti dei figli minori d’età (Sez. 6, n. 48604, del 27/09/2017).
Tornando al caso in esame, deve rilevarsi che la Corte d’appello ha ritenuto contraddittorio il racconto della persona offesa con riferimento al disinteresse mostrato dell’imputato per il mantenimento del figlio minore; disinteresse che non si concilierebbe con la sottoscrizione del contratto di mutuo a garanzia per l’acquisto di un appartamento, a favore della ex convivente.
È peraltro vero che, quanto alla garanzia fideiussoria prestata, lo stesso imputato non ha affermato di avere pagato rate, essendosi limitato ad asserire, senza darne prova, di avere dato una cifra in contanti all’ex compagna il giorno della stipula del contratto. Per quanto emerge dalla stessa ricostruzione della Corte d’appello, dunque, non vi è sufficiente prova del fatto che l’imputato abbia fornito mezzi di sussistenza al figlio, perché tale non è la semplice stipula di una fideiussione, dalla quale non deriva in concreto alcun esborso di denaro, a meno che non vi sia l’escussione del fideiussore da parte del creditore; ipotesi non verificatasi nel caso di specie. Deve infatti affermarsi il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’applicazionedell’art. 570 c.p., comma 2, n. 2), non vale ad escludere la mancanza di mezzi di sussistenza per i discendenti di età minore, la semplice prestazione, da parte del genitore, di garanzie patrimoniali per debiti contratti nel loro interesse, cui non segua un effettivo esborso. L’obbligo la cui violazione è sanzionata dalla norma deve intendersi, infatti, come un obbligo positivo di concreta garanzia dei mezzi di sussistenza, da adempiersi con la dazione di denaro o attraverso il soddisfacimento diretto dei bisogni del minore destinatario”.
5.4. – Come visto, la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione di tale principio, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente al reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2), ai soli effetti civili, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, al giudice civile competente per valore in grado d’appello, al quale deve essere rimesso anche il regolamento delle spese. L’accoglimento del terzo motivo di ricorso, comporta l’assorbimento del quarto, riferito alla condanna della parte civile al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, perché, ai fini di tale condanna, risulta pregiudiziale la valutazione circa la fondatezza del motivo di appello relativo al reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2); valutazione che, seppure ai soli fini civili, è stata rimessa al giudice di rinvio.
Il ricorso della parte civile deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato C.V. e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2), ai soli effetti civili, e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, al giudice civile competente per valore in grado d’appello, al quale rimette il regolamento delle spese. Rigetta nel resto il ricorso della parte civile.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52, in quanto imposto dalla legge.