La sanzione prevista dalla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies è applicabile anche per la violazione degli obblighi di contribuzione economica derivanti dall’ordinanza presidenziale

Cass. pen. Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 24162
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.L., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 21/06/2017 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Delia Cardia, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente, l’avvocato Cinzia Passero, in sostituzione dell’avvocato Biagio Maurizio La Venuta, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa in data 21 giugno 2016, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese, per quanto di interesse in questa sede, ha, previa riqualificazione giuridica del fatto, affermato la penale responsabilità di F.L. per il reato di cui allaL. n. 54 del 2006,art.3, per aver omesso di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei due figli maggiorenni, fissato in Euro 300,00 mensili con provvedimento del Presidente del Tribunale di Termini Imerese il 28 ottobre 2012, con condotta perdurante dalla data appena indicata al 30 luglio 2013, ed ha rideterminato la pena in due mesi di reclusione.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato Biagio Maurizio La Venuta, quale difensore di fiducia di F.L., articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento allaL. n. 54 del 2006,art.3,L. n. 898 del 1970,art.12-sexiese artt. 530, 125, 546 e 192 c.p.p., nonché vizio di motivazione, a normadell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo riguardo alla sussistenza e configurabilità del fatto di reato.
Si deduce che la sanzione prevista dallaL. n. 898 del 1970,art.12-sexiesè inapplicabile per sanzionare la violazione degli obblighi di contribuzione economica derivanti dall’ordinanza del Presidente del Tribunale, stante il divieto di applicazione analogica delle disposizioni incriminatrici (si cita, a sostegno, Sez. 6, n. 2824 del 03/02/1999, Bracci, Rv. 212887).
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento allaL. n. 54 del 2006,art.3eL. n. 898 del 1970,art.12-sexies, nonché vizio di motivazione, a normadell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo riguardo alla sussistenza e configurabilità del fatto di reato.
Si deduce che la sentenza impugnata, nonostante la questione sia stata posta con i motivi nuovi di appello, ha omesso di considerare che l’ordinanza del Presidente del Tribunale, emessa in data 28 ottobre 2012, è stata sostanzialmente revocata con la sentenza pronunciata dal Tribunale civile di Termini Imerese in data 29 marzo 2016, prevedendo solo un assegno da corrispondere direttamente ai figli maggiorenni (si cita Sez. 6, n. 21475 del 05/02/2015, M.L., non mass.). Si aggiunge che la somma fissata nell’ordinanza del Presidente del Tribunale è stata versata alla moglie dell’imputato, e che i figli non convivevano con la stessa.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento allaL. n. 54 del 2006,art.3,L. n. 898 del 1970,art.12-sexies, e artt. 530, 125, 546 e 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a normadell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo riguardo alla sussistenza del dolo.
Si deduce che la coscienza e volontà dell’imputato di far mancare il mantenimento ai figli è esclusa perché dagli atti risulta che questi non convivevano con la madre ed hanno sempre lavorato. Si aggiunge che gli accertamenti compiuti hanno evidenziato l’assenza di lavoro e redditi per l’imputato.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, a normadell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo riguardo alla pena inflitta.
Si deduce che le condizioni di indigenza dell’imputato e l’assenza di reali pregiudizi subiti dai figli avrebbero dovuto determinare l’applicazione della sola pena pecuniaria.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è complessivamente infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo.
Le stesse contestano la configurabilità del reato di cui allaL. n. 54 del 2006,art.3, negando che l’obbligo penalmente sanzionato possa discendere dall’inadempimento dell’ordinanza del Presidente del Tribunale.
In realtà, il Collegio ritiene di dover dare continuità al principio secondo cui, in tema di violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, il disposto di cui allaL. 1 dicembre 1970, n. 898,art.12-sexies(richiamato dallaL. 8 febbraio 2006 n. 54,art.3) si applica anche all’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, stabilito dal Presidente del tribunale tra le disposizioni conseguenti all’autorizzazione dei coniugi a vivere separati (così Sez. 6, n. 43341 del 27/09/2016, D C., Rv. 268506).
Ed infatti, questa conclusione è persuasivamente sostenuta sul rilievo che laL. n. 54 del 2006,art.3sanziona la violazione degli “obblighi di natura economica”, senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte.
Per effetto di questa disposizione è superato il principio affermato da Sez. 6, n. 2824 del 03/02/1999, Bracci, Rv. 212887, e richiamato nel ricorso: questa decisione – secondo la quale la sanzione prevista dallaL. n. 898 del 1970,art.12-sexiesnon è applicabile all’inosservanza dell’ordinanza emessa, a norma dell’art. 4 della legge citata, dal Presidente del Tribunale in via temporanea e urgente nell’interesse dei coniugi e della prole – è stata emessa in relazione ad un contesto normativo antecedente all’entrata in vigore dellaL. n. 54 del 2006.
Per completezza, si può aggiungere che la conclusione non muta per effetto dell’introduzionedell’art. 570-bis c.p., inserito dalD.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21,art.2, ed in vigore dal 6 aprile 2018. Questa disposizione, infatti, prevedendo: “Le pene previste dall’art. 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipo di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”, non risulta aver recato alcuna modifica rilevante ai fini della decisione da assumere in questa sede.
3. Infondate sono anche le censure esposte nel secondo e nel terzo motivo, da esaminare congiuntamente.
Le stesse deducono che l’ordinanza del Presidente del Tribunale impositiva dell’obbligo per l’imputato di versare le somme in contestazione è stata sostanzialmente revocata con la sentenza del Tribunale che ha disposto di corrispondere l’assegno ai soli figli, che il denaro, per effetto dell’ordinanza in questione, doveva essere versate alla moglie sebbene i figli non convivessero con la stessa, ma fossero maggiorenni e lavorassero, e che egli era disoccupato e privo di redditi.
3.1. Le questioni giuridiche da affrontare attengono all’applicabilità della disposizione incriminatrice di cui allaL. n. 54 del 2006,art.3anche in caso di violazione degli obblighi disposti a beneficio dei figli maggiorenni, ed ai limiti di rilevanza della situazione di difficoltà economica dell’obbligato.
Per quanto concerne la prima questione, la risposta deve essere positiva.
Invero, l’art. 3 citato, come si è detto, sanziona la “violazione degli obblighi di natura economica”, senza operare distinzioni. Deve aggiungersi che l’art. 1 della medesimaL. n. 54 del 2006ha regolato specificamente la possibilità di imporre, in sede di separazione, il pagamento di un assegno periodico in favore dei “figli maggiorenni”, introducendol’art. 155-quinquies cod. civ., nel quale, tra l’altro, si prevede che detto “assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto”. Del resto, sia pure incidentalmente, l’applicabilità dellaL. n. 54 del 2006,art.3è stata più volte affermata con riferimento alle violazioni degli obblighi di natura economica nei confronti dei figli maggiorenni (cfr., specificamente: Sez. 6, n. 23794 del 27/04/2017, B., Rv. 270223; Sez. 6, n. 36263 del 22/09/2011, C., Rv. 250879; Sez. 6, n. 6575 del 18/11/2008, dep. 2009, G., Rv. 243529).
Deve aggiungersi che, sempre in relazione alla configurabilità del reato in questione per l’omesso pagamento dell’assegno in favore dei figli maggiorenni, non occorre la prova della mancanza dei mezzi di sussistenza da parte dei medesimi. In effetti,l’art. 155-quinquies cod. civ., come introdotto dallaL. n. 54 del 2006, prevede la possibilità di disporre il versamento di un assegno periodico in favore dei figli maggiorenni sul più limitato presupposto che gli stessi siano semplicemente “non indipendenti economicamente”.
Per quanto si riferisce alla seconda questione, è sufficiente richiamare l’orientamento consolidato della giurisprudenza.
Innanzitutto, come ribadito da numerose pronunce, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionatidall’art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, C., Rv. 264667, nonchè Sez. 6, n. 41362 del 21/10/2010, M., Rv. 248955). Inoltre, sempre secondo un indirizzo ermeneutico largamente condiviso, ai fini dell’esclusione della responsabilità per il reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonea essendo a tal fine la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà (v., esemplificativamente, Sez. 6, n. 8063 del 08/02/2012, G., Rv. 252427, nonché Sez. 6, n. 5751 del 14/12/2010, dep. 2011, P., Rv. 249339).
3.2. La sentenza impugnata descrive compiutamente gli elementi di fatto ritenuti rilevanti.
I giudici di secondo grado segnalano, in primo luogo, che il provvedimento del Presidente del Tribunale, emesso in sede di separazione il 28 ottobre 2012, poneva a carico dell’imputato l’obbligo di versare alla moglie 200,00 Euro mensili e ai due figli, entrambi maggiorenni, la somma di 300,00 Euro mensili, e che il medesimo ricorrente non aveva mai corrisposto alcunché fino al 30 luglio 2013, data indicata in contestazione, versando quindi in situazione di “assoluto inadempimento”. Rappresentano, poi, che la sentenza del 29 marzo 2016 ha revocato l’obbligo di mantenimento nei confronti della sola moglie, che, ai fini del reato in contestazione, non rileva la prova dello stato di bisogno dei figli, quali beneficiari dell’assegno, e che l’incapacità dell’imputato è oggetto di mera affermazione dello stesso, sprovvista di qualunque allegazione.
3.3. Le conclusioni della Corte d’appello sono corrette.
In effetti, la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito non è censurabile, stante l’assenza di critiche idonee ad evidenziare vizi logici o giuridici o effettivi travisamenti della prova; anzi, il ricorso, con riguardo ad uno dei figli, si limita semplicemente a rilevare che lo stesso ha dichiarato di vivere con la nonna materna.
Ciò posto, è indiscutibile anche la correttezza dell’applicazione dei principi evidenziati in precedenza, posto che laL. n. 54 del 2006,art.3sanziona anche la violazione degli obblighi di natura economica disposti a beneficio dei figli maggiorenni “non indipendenti economicamente”, che il giudice può disporre l’effettuazione pagamento della somma stabilita a beneficio di questi anche a mani della madre, e che l’incapacità economica dell’imputato deve essere rigorosamente dimostrata, tanto più a fronte di una situazione di “assoluto inadempimento”.
4. Manifestamente infondate sono le censure esposte nel quarto motivo, che contestano la mancata applicazione della sola pena pecuniaria.
La sentenza impugnata ha compiutamente spiegato che la sanzione è stata determinata avendo riguardo alla durata dell’inadempimento, protrattosi anche per il periodo successivo a quello indicato in imputazione, al grave pregiudizio per i due figli, così da integrare due distinti reati, ed al precedente penale per furto.
Trattasi di motivazione che procede a corretta applicazione dei principi di cuiall’art. 133 cod. pen., indicando sia profili attinenti alla gravità dei fatti, sia profili concernenti la personalità del reo, e che, come tale, è idonea a giustificare l’applicazione della pena detentiva e non di quella pecuniaria.
5. All’infondatezza delle censure, segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.