Non sussiste vincolo di pregiudizialità fra nullità canonica e scioglimento civile del matrimonio

Cass. civ. Sez. VI – 1, 9 marzo 2018, n. 5670
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
ORDINANZA
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 616/2014 ha dichiarato la cessazione degli effetti
civili del matrimonio contratto da P.M. e M.G. il (OMISSIS). Ha posto a carico del M. un
assegno mensile di mantenimento di 800 Euro e compensato integralmente le spese di lite.
2. La Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 29/2015, ha confermato la decisione di
primo grado e condannato l’appellante M.G. al pagamento delle spese processuali.
3. Ricorre per cassazione M.G. deducendo: violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.;
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; b) motivazione apparente.
4. Si difende con controricorso P.M..
5. Il ricorrente deposita memoria difensiva.
Ritenuto che:
6. Il primo motivo deve essere respinto alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui
il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunzi la violazione del diritto del coniuge,
quale cattolico praticante, a sottoporre esclusivamente al tribunale rotale la questione dello
scioglimento del suo matrimonio, è inammissibile, atteso che nell’ordinamento giuridico italiano
non sussiste alcun diritto di tal fatta, nè un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di nullità
del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello
stesso, trattandosi di procedimenti autonomi, sfocianti in decisioni di natura diversa ed aventi
finalità e presupposti distinti (cfr. Cass. civ., sez. 1, n. 17969 dell’11 settembre 2015; Cass. civ.
sez 6-1 n. 2089 del 30 gennaio 2014).
7. Il secondo motivo è anch’esso inammissibile perché non conforme ai requisiti richiesti dalla
giurisprudenza di legittimità per la proposizione del ricorso per cassazione ai sensidell’art. 360
c.p.c., n. 5 (Cass. civ. Sezioni Unite n. 8053 del 7 aprile 2014).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in complessivi Euro 3.100, di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e
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spese forfettarie. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse
le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002,art.13, comma 1quater dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2018.