Ai fini dell’autorizzazione al riconoscimento tardivo del figlio minore ha rilevanza solo l’idoneità a rivestire la figura genitoriale

Cass. civ. Sez. I, 28 febbraio 2018, n. 4763
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29113/2016 proposto da:
C.B., in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla minore C.E., elettivamente domiciliata in Roma, viale Cortina d’Ampezzo, n.190, presso lo studio dell’avvocato Codini Francesco, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
P.C., elettivamente domiciliato in Roma, piazza San Giovanni Bosco, n.5, presso lo studio dell’avvocato Marcellitti Giovanni, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso notificato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2996/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/10/2017 dal cons. DE MARZO GIUSEPPE;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI FRANCESCA che chiede alla Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, in accoglimento del ricorso di C.B., la cassazione della sentenza n. 5300/16 della Corte d’Appello di Roma.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza depositata il 12 maggio 2016 la Corte d’appello di Roma, sezione per i minorenni, ha rigettato l’appello proposto da C.B., in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore C.E., nei confronti di P.C. avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda proposta da quest’ultimo, ai sensi dell’art. 250 c.c., comma 4, in tal modo tenendo luogo del consenso mancante della prima al riconoscimento della minore.
2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che, a fronte dell’interesse prioritario della minore ad acquisire uno stato che completi la sua personalità nella integrale dimensione psico – fisica, perdevano di significato i singoli episodi riferiti dalla C., che non assumevano rilievo tale da screditare la figura del P.; b) che il diritto del genitore ad operare il riconoscimento del figlio naturale, garantito dall’art. 30 Cost., non si pone in contrapposizione con l’interesse del minore, ma come misura ed elemento di definizione dello stesso; c) che il rifiuto della C. doveva ritenersi ingiustificato, considerato il diritto della minore ad entrambi i genitori in vista di una serena ed equilibrata crescita psico – fisica e dell’arricchimento che la stessa avrebbe ricevuto, da un punto di vista affettivo, oltre che materiale, dalla presenza anche del nucleo familiare paterno, composto da persone irreprensibili; d) che il P., nel corso dell’indagine da parte dei servizi sociali, aveva mostrato consapevolezza dei reati commessi, dei quali si era assunto ogni responsabilità; e) che l’adeguatezza dell’uno o dell’altro genitore, avrebbe potuto essere oggetto di successiva valutazione da parte del giudice, ai fini dei provvedimenti da adottare sia con riguardo alle modalità dell’affidamento, sia con riguardo all’esercizio della responsabilità genitoriale.
3. Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste il P. con controricorso.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 250 c.c., comma 4, rilevando: a) che il sistema normativo esclude che al minore infraquattordicenne possano essere imposti rapporti familiari che infondano angoscia e che costituiscano fonte di dissidi, di distruzione o di oppressione; b) che, pertanto, dovevano essere presi in considerazione i numerosi episodi di violenza posti in essere dal P. in danno della C., anche in presenza di terze persone e degli altri figli della donna; c) che, del pari, doveva essere considerato che il P. non aveva ma fatto nulla per la figlia e non aveva contribuito in alcun modo alla sua crescita.
2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata considerazione dei gravi episodi di violenza dei quali il P. si era reso responsabile.
3. I due motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.
Secondo il costante orientamento espresso da questa Corte (v., ad es., di recente, Cass. 27 marzo 2017, n. 7762) il riconoscimento del figlio minore infraquattordicenne nato fuori dal matrimonio, già riconosciuto da un genitore, costituisce un diritto soggettivo dell’altro, tutelato nell’art. 30 Cost., che può, tuttavia, essere sacrificato in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore stesso. In questo quadro, si pone la necessità di realizzare un bilanciamento tra l’esigenza di affermare la verità biologica con l’interesse alla stabilità dei rapporti familiari, attraverso una valutazione in concreto dell’interesse del minore stesso.
In tale contesto, è certamente esatto che il riconoscimento di un figlio naturale minore, già riconosciuto da un genitore, da parte dell’altro genitore non può essere escluso sulla sola base di una condotta morale non esente da censure, di per sé rilevante per il diverso fine dell’affidamento (Cass. 22 febbraio 2000, n. 1990), come pure in ragione della mera pendenza di un processo penale a carico del genitore richiedente (Cass. 3 febbraio 2011, n. 2645). Tuttavia, resta ferma la rilevanza che può assumere il percorso di vita del richiedente e l’eventuale accertamento di gravi carenze come figura genitoriale, con conseguente compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore derivante dal riconoscimento (Cass. 11 dicembre 2013, n. 27729).
In tale contesto, l’indicato bilanciamento è stato condotto dalla Corte territoriale non in concreto, ma attraverso formule generali che o non danno conto delle conclusioni raggiunte (così, ad es., quando si afferma semplicemente, a fronte dell’interesse del minore al secondo riconoscimento, che “perdono valenza i singoli episodi riferiti dalla resistente, che non assumono una portata tale da screditare la figura del richiedente”; o, ancora, quando a fronte della commissione di reati dei quali dà atto la medesima decisione, senza esaminarne tipologia e caratteristiche concrete, si attribuisce significato al fatto che il P. se ne sia assunto la responsabilità, rimproverandosi di aver coinvolto i genitori, senza che venga dato conto di alcuna rimeditazione verso le vittime di tali illeciti e con riguardo al contesto in cui sono maturati) o valorizzano profili privi di concludenza (quale la premessa, secondo la quale “l’altro genitore è quello che ognuno ha scelto per il proprio figlio” o l’inadeguatezza genitoriale della madre).
4. Ne discende che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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