Il sostegno è diretto a permettere al beneficiario di esercitare in prima persona i suoi diritti.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 dicembre 2024, n. 34854
Svolgimento del processo
G.A. e G.G. odierni ricorrenti, sono fratelli di G. P., beneficiario di amministrazione di
sostegno aperta, su istanza del Pubblico Ministero, dal giudice tutelare del Tribunale di
Padova, con ricorso depositato il 15 novembre 2022, sulla base di quanto riferito dai
vigli urbani e dai servizi sociali in merito allo stato di trascuratezza e di scarsa igiene
in cui viveva il beneficiario.
Il giudice tutelare, sentito il beneficiario e nella opposizione dei suoi fratelli, ha
ritenuto opportuna la nomina quale amministratore di un terzo estraneo alla famiglia
nella persona dell’avv. E.C. (in sostituzione di altro avvocato che aveva rinunciato
all’incarico).
I fratelli del beneficiario hanno proposto reclamo, deducendo l’assenza dei presupposti
per l’apertura della misura e comunque che il loro congiunto può essere
adeguatamente protetto dalla rete familiare.
La Corte d’appello di Venezia ha confermato il provvedimento di apertura di
amministrazione di sostegno sul rilievo che lo stesso interessato ha dichiarato di avere
bisogno di qualcuno che lo aiuti nelle faccende, e che, come segnalato dei vigili urbani
e degli assistenti sociali, la persona viveva in una condizione di degrado e di scarsa
igiene personale, ed erano stati trascurati i suoi affari quali la richiesta di pensione e la
dichiarazione della successione materna; che i fratelli si sono dimostrati poco
collaborativi giungendo persino a rifiutare la fornitura di pasti messa a disposizione dal
servizio sociale.
Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione i fratelli del
beneficiario affidandosi a quattro motivi.
Si è costituito con controricorso l’avv. C. nella qualità di amministratore di sostegno di
G. P.. I ricorrenti hanno depositato memoria.
In esito alla udienza camerale del 12 luglio 2024 la causa è stata rimessa alla pubblica
udienza, disponendo la notifica del ricorso a G. P., beneficiario, e sollecitando le parti
ad interloquire sulla regolare instaurazione del contraddittorio nei gradi di merito.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di
nullità dell’intero procedimento.
Alla pubblica udienza del 14 novembre 2024 il Pubblico Ministero nella persona del
Sostituto procuratore generale Luisa De Renzis ha concluso come da requisitoria
scritta.
I procuratori delle parti hanno insistito in atti. Non costituito G. P..
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.
404 c.c. per non aver il Giudice valutato correttamente la capacità del beneficiario di
provvedere ai propri interessi, requisito fondamentale di applicazione dell’istituto. I
ricorrenti deducono che il fratello P. non ha alcuna alterazione psichica e che
comunque l’amministrazione di sostegno non è stata aperta per provvedere a queste
esigenze ma per occuparsi essenzialmente della gestione patrimoniale. Osservano che
all’amministratore sono stati affidati molteplici compiti, tra cui gli atti di straordinaria
amministrazione, la gestione dei conti correnti, la scelta del medico di famiglia, il
compito di prestare il consenso informato ai trattamenti sanitari al trattamento dei
dati personali l’assunzione di colf, la richiesta di prestazioni previdenziali, esorbitanti le
effettive esigenze dell’interessato ed inutilmente invasivi.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto in relazione all’art. 112 c.p.c. laddove il Giudice non si è pronunciato
in ordine alla richiesta di accertamento della presenza di un’adeguata rete familiare. I
ricorrenti deducono di essere in grado di occuparsi del fratello e che la Corte d’appello
non ha adeguatamente valutato questo profilo.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto in relazione in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., ovvero
travisamento della prova sul punto della ritenuta fragilità psichica dell’interessato,
nonché l’erronea interpretazione delle dichiarazioni rese dal beneficiario in sede di
ascolto con conseguente violazione del principio di autodeterminazione. I ricorrenti
deducono che la circostanza che il fratello abbia manifestato la volontà di essere
aiutato non costituisce condizione necessaria per l’applicazione di tale misura. Egli,
infatti, è capace di intendere e volere, è in salute e non deve assumere medicinali e in
occasione delle ultime elezioni ha regolarmente votato; la volontà di essere aiutato è
stata manifestata con riferimento alla cura quotidiana.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto in relazione all’art. 409 c.c. nonché dell’art. 194 c.p.c. laddove il
giudice di merito non ha espletato consulenza tecnica di ufficio in assenza di
qualsivoglia motivazione. I ricorrenti osservano che prima di poter procedere alla
nomina di un amministratore di sostegno, si deve accertare che nel singolo caso
specifico ricorrano tutti i presupposti previsti dall’art. 404 c.c., ossia: la sussistenza o
meno di una infermità e/o di una menomazione, fisica o psichica; una effettiva
impossibilità, anche parziale, della persona beneficiaria di attendere ai propri
interessi; l’esistenza di un nesso causale tra le circostanze sopraddette. L’esistenza di
tali presupposti – imprescindibile per poter nominare un amministratore di sostegno –
può essere accertata solo attraverso un’indagine condotta da un tecnico del settore;
indagine alle cui conclusioni il giudicante deve eventualmente riportasi. Invece, il
giudice ha fondato il suo convincimento sulla base delle sole relazioni fornire dai
servizi sociali e dalla polizia locale mancando, pertanto, una analisi completa sugli
aspetti psicologici che dovevano essere vagliati anche da uno specialista e che di
ritiene necessaria ai fini del riconoscimento dei presupposti legittimanti l’adozione
della misura.
5. Con la ordinanza interlocutoria n. 19935/ 2024 emessa in esito alla udienza
camerale del 12 luglio 2024, il Collegio ha rilevato che l’odierno ricorso per
cassazione, promosso dai fratelli del beneficiario, è stato notificato al soggetto
nominato amministratore di sostegno (avv. C.) di G. P., ma non a quest’ultimo
personalmente; che ugualmente non risulta che gli sia stato notificato il reclamo,
promosso sempre dai fratelli, notificato invece all’amministratore di sostegno nella
supposizione che egli sia legittimato a rappresentare il beneficiario nel presente
procedimento; che non risulta dal tenore degli atti portati alla attenzione del Collegio,
che il giudice tutelare, pur procedendo alla audizione del beneficiario, lo abbia avvisato
della facoltà di nominare un difensore. Di conseguenza il Collegio, nella ordinanza
interlocutoria, oltre a disporre la notifica del ricorso per cassazione nei confronti del
diretto interessato, ha invitato le parti a interloquire sulla regolarità della procedura in
particolare sulla integrità o meno del contraddittorio, invitandoli espressamente a
indicare se vi sono ulteriori atti cui fare riferimento, al fine di verificare se il
beneficiario è stato preventivamente invitato a esercitare le garanzie difensive che gli
competono.
6.- Il Procuratore generale evidenzia come effettivamente la procedura in oggetto
abbia avuto inizio e prosecuzione in difetto di idoneo contraddittorio perché il
beneficiario; che il beneficiario rappresenta la (vera) parte legittimata a stare in
giudizio nei procedimenti riguardanti la propria persona così da consentirgli l’esercizio
dei diritti fondamentali; che il quadro normativo, quale già delineato nell’ordinanza
interlocutoria, non consente di derogare alla regola della conservazione (piena) della
capacità processuale dell’interessato ed al necessario coinvolgimento dello stesso nei
giudizi che lo riguardano che non risulta dagli atti la notifica del reclamo (incardinato
dai fratelli del beneficiario) notificato esclusivamente all’amministratore di sostegno
sulla erronea presupposizione che costui fosse l’unico soggetto legittimato a poter
rappresentare il beneficiario nel procedimento giudiziario; che questa lacuna ha viziato
e vizia l’intero procedimento e non può dirsi sanata dalla partecipazione in giudizio
dell’amministratore di sostegno. Sulla scorta di queste considerazioni ha chiesto
dichiararsi la nullità dell’intero procedimento.
7.- Le considerazioni del Procuratore generale sono condivisibili e si deve rilevare e
dichiarare la nullità del decreto di apertura della amministrazione di sostegno.
La questione è stata sottoposta al contraddittorio delle parti invitandole anche ad
indicare eventuali atti ulteriori rispetto a quelli già portati all’attenzione delle Corte,
rilevanti al fine di valutare se il contraddittorio è stato o meno instaurato. Il ricorso per
cassazione, unitamente alla ordinanza interlocutoria è stato notificato all’interessato,
ma nessun altro atto oltre a quelli già depositati è stato indicato o allegato dalle parti.
7.1.- Si deve quindi rilevare che il presente procedimento è stato aperto ad iniziativa
del Pubblico Ministero che aveva ricevuto segnalazioni da parte dei servizi sociali circa
la mancata cura in cui versava la persona di P. G. e la sua abitazione.
Non risulta dagli atti disponibili che questo ricorso sia stato notificato al beneficiario, il
quale è stato tuttavia condotto in udienza innanzi al giudice tutelare. Dal verbale di
udienza del 17/3/2023 non risulta che l’interessato abbia avuto la possibilità di
leggere il ricorso, né che gli sia stata spiegata adeguatamente la natura e la finalità
del procedimento, né che sia stato avvisato che il provvedimento avrebbe potuto
comportare limitazioni della capacità di agire; non risulta neppure che gli sia stato
rivolto l’invito a munirsi di un difensore. Il giudice tutelare si è limitato a chiedergli
“cosa ne pena se individuiamo una persona che la aiuta e la segue e la supporta nella
gestione della vita quotidiana?” domanda incongrua e fuorviante rispetto a quello che
sarà poi il contenuto del provvedimento adottato, ove sono previste limitazioni
importanti della capacità del beneficiario.
Il giudice tutelare ha infatti disposto che l’amministratore di sostegno è autorizzato a
compiere in sostituzione dell’interessato e in nome e per conto dello stesso tutti gli atti
di gestione patrimoniale, ordinaria e straordinaria, quali la riscossione della pensione,
l’utilizzo di carte di credito, la chiusura e apertura di conto correnti bancari, la
presentazione di dichiarazioni di redditi, gli investimenti mobiliari, la assunzione di
personale di servizio, la prestazione del consenso ai trattamenti chirurgici e sanitari
nonché al trattamento dei dati personali. Da questo momento in poi il beneficiario
scompare dal processo, posto che il reclamo è stato notificato soltanto al suo
amministratore di sostegno e non gli è stato notificato il ricorso per cassazione, se non
dopo che il Collegio ha ordinato la integrazione del contraddittorio.
7.2.- Di queste evidenti e palesi violazioni del principio del contraddittorio, nonché del
principio di salvaguardia della dignità della persona fragile, non si è preoccupata la
Corte d’appello, la quale si è limitata ad affermare che sussistono i presupposti per la
nomina di un amministratore di sostegno dal momento che il beneficiario, pur essendo
una persona colta, è affetto da “un disturbo schizoaffettivo di tipo residuale” e il suo
comportamento è incongruo: è trasandato, non è in grado di curare la propria persona
negli aspetti igienico sanitari, è uso a indossare abiti non adeguati alle condizioni
meteorologiche e girovagare per la città, non ha curato le pratiche di successione e
previdenziali.
8.- La descritta condizione di fragilità non giustifica però – ancor prima che la adozione
di una misura fortemente limitativa della capacità- il trattamento processuale ricevuto
dal G. e l’errore in cui sono incorse non solo le parti, ma anche entrambi i giudici di
merito nel non considerare che nella procedura per la istituzione di
un’amministrazione di sostegno non esistono parti necessarie al di fuori del
beneficiario dell’amministrazione (Cass. n.14190 del 05/06/2013) e che
l’amministratore di sostegno non può rappresentare il beneficiario nel giudizio di
impugnazione (Cass. n. 451 del 08/01/2024). L’art. 720-bis ratione temporis vigente
richiama infatti l’art. 716 c.p.c. sulla conservazione della capacità processuale
dell’interessato, e negli stessi termini oggi dispone l’ art.473- bis.55 in relazione
all’art. 473-bis.58 c.p.c.
8.1.- La conservazione della capacità processuale del diretto interessato nei giudizi
ablativi o limitativi della capacità di agire è un principio consolidato nel nostro
ordinamento, già previsto in tema di interdizione ed inabilitazione dall’art. 716 c.p.c.,
ancora prima della entrata in vigore della legge 9 gennaio 2004 n. 6, e risponde ai
principi costituzionali espressi dagli artt.24 e 111 Cost., in ragione dei quali deve
essere assicurata al titolare di diritti e interessi legittimi la piena capacità di agire e
difendersi nel processo ove questi diritti vengono in discussione, a maggior ragione se
si tratta di diritti fondamentali della persona.
8.2.- In termini, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la ratio dell’art.
716 c.p.c., a norma del quale l’interdicendo non perde la capacità processuale di agire
e contraddire nel giudizio di interdizione, pur dopo che gli è stato nominato un tutore
provvisorio (e quindi deroga in parte qua all’art. 75 c.p.c.), è di consentirgli di
difendere il diritto all’integrale conservazione della capacità di agire. Ne deriva da un
lato che il predetto tutore non è parte necessaria di tale giudizio, non configurandosi
un interesse della tutela all’esito del medesimo; dall’altro che il tutore provvisorio non
assume la veste, nel giudizio di interdizione, di rappresentante processuale
dell’interdicendo (Cass. 16/11/2000, n.14866). Questo principio è stato applicato dalla
giurisprudenza di legittimità anche in tema di amministrazione di sostegno, pur
prendendo atto che si tratta di misura che non necessariamente comporta la
limitazione della capacità di agire; tuttavia ogniqualvolta si discuta, in un giudizio
promosso per la apertura della amministrazione sostegno della possibilità di applicare
l’art 411 c.c. che consente al giudice tutelare di estendere al beneficiario determinati
effetti, limitazioni o decadenze previsti per l’interdetto o l’inabilitato, una lettura
costituzionalmente orientata della normativa di riferimento esige che il destinatario
della misura ablativa di diritti disponga delle medesime garanzie che assistono le
procedure di interdizione o di inabilitazione, con particolare riferimento al rispetto del
diritto di difesa e del contraddittorio, non potendo ragionevolmente riconoscersi
garanzie differenziate in relazione a provvedimenti che spieghino pari effetti
sostanziali (Cass. 29/11/2006, n.25366; Cass. n. 6861 del 20/03/2013).
8.2.- Anzi, a maggior ragione le garanzie processuali devono essere applicate nel caso
dell’amministrazione di sostegno che, pur potendo comportare la limitazione delle
capacità del beneficiario, resta pur sempre una misura tendente a valorizzare
l’autonomia della persona ed a proteggerla senza mortificarne, se non nella misura
strettamente necessaria, la facoltà di autodeterminarsi (Cass. civ. 11/05/ 2017, n.
11536; Cass. civ. 26/10/ 2011, n. 22332).
E’ necessario quindi che il processo ove si discute delle misure dirette ad incidere sulla
vita e sulla capacità della persona abbia una struttura partecipativa e che il
beneficiando non venga considerato alla stregua di un semplice oggetto sul quale
compiere l’accertamento istruttorio, ma soggetto di diritto, protagonista, nei limiti in
cui lo consente la sua condizione, dei procedimenti che lo riguardano.
8.3.- Il beneficiando conserva dunque la capacità processuale per tutta la durata del
procedimento, anche se gli è stato nominato un amministratore provvisorio, e pur
quando il provvedimento di apertura dell’amministrazione è divenuto definitivo
conserva la facoltà di chiederne la revoca (art 413 c.c.). Egli conserva inoltre il diritto
di essere informato e di esprimere la propria opinione ed eventualmente il dissenso su
tutti gli atti dell’amministratore, il che costituisce uno spazio di libertà e di
autodeterminazione incomprimibile, anche nei casi in cui ne venga fortemente limitata
la capacità; e conserva la facoltà di rivolgersi in qualunque momento al giudice
tutelare anche in modo informale (Cass. n. 7414 del 20/03/2024).
9.- Di contro, l’amministratore di sostegno provvisoriamente nominato non può
costituirsi in nome e per conto del beneficiario, il quale ha diritto di difendersi
scegliendo liberamente il suo difensore (Cass. n. 451 del 08/01/2024);
l’amministratore, nel presente processo, non ha neppure la facoltà di proporre una
autonoma impugnazione perché l’art. 720- bis c.p.c. ratione temporis vigente non
richiama(va) l’art. 718 c.p.c. (sulla legittimazione alla impugnazione del tutore e
curatore). Diversamente, nel rito disegnato dal D.lgs. n. 149/2022, applicabile ai
procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, l’amministratore di
sostegno ha il potere di impugnare il provvedimento di primo e secondo grado, atteso
che l’articolo 473- bis. 58 c.p.c. richiama, in quanto compatibili, tutte le norme della
sezione terza, ferma restando però la conservazione della capacità processuale da
parte del beneficiario.
10.- Ciò non significa che il beneficiando debba necessariamente costituirsi nel giudizio
di apertura della amministrazione a mezzo di un difensore, o avere un difensore
d’ufficio, ma, dovendo fruire delle stesse garanzie previste per l’interdicendo e per
l’inabilitando deve essere informato della pendenza del procedimento e della facoltà di
difendersi in esso, pur avendo la libertà di restare – consapevolmente- contumace. Per
questa ragione si è affermato, nella consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il
giudice deve, ogni caso in cui il provvedimento da emettere, sia o non corrispondente
alla misura richiesta, incida in maniera diretta sui diritti inviolabili della persona,
invitare la parte a nominare un difensore nel rispetto dei principi costituzionali in
materia di diritto di difesa e del contraddittorio (Cass. n. 25366 del 29/11/2006; Cass.
civ. n. 6861 del 20/03/2013).
11.- Il principio richiede talune precisazioni alla luce delle affermazioni contenute nella
sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 2198 del 30 luglio 2021 ove si afferma
che l’amministrazione di sostegno si configura come un istituto nel cui contenitore
sono riunite ed unificate fattispecie che secondo il sistema previgente erano
considerate tra loro ontologicamente diverse; e che prevede rimedi e forme di tutela,
anch’essi radicalmente nuovi e non compatibili con le preesistenti – ma rimaste in
vigore- figure normative di protezione degli incapaci. L’unicità del nuovo istituto che
combina in sé tratti disciplinari tradizionali con elementi del tutto innovativi, impedisce
quindi di pervenire ad una soluzione di carattere unitario, valida per tutti i casi
indistintamente, non potendosi quindi risolvere le varie problematiche che possano
insorgere in nome della generalizzata applicazione delle norme del procedimento
camerale ovvero di quello a cognizione ordinaria, imponendosi piuttosto soluzioni
differenziate a seconda delle varie fattispecie per le quali è richiesta l’amministrazione
di sostegno ovvero in relazione al contenuto del provvedimento emesso dal giudice
tutelare.
12.- L’amministrazione di sostegno è infatti disegnata dalla legge n. 6 del 9 gennaio
2004 come uno strumento volto a proteggere senza mortificare la persona affetta da
disabilità, chiamando il giudice all’impegnativo compito di adeguare la misura alla
situazione concreta della persona e di variarla nel tempo, così da assicurare
all’amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di
autodeterminazione. Introducendo l’amministrazione di sostegno, il legislatore ha
dotato l’ordinamento di una misura che può essere modellata dal giudice tutelare in
relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario e in vista
del concreto e massimo sviluppo delle sue effettive abilità.
La funzione della misura non è rassicurare i familiari sulla conservazione del
patrimonio, o preservare i terzi dal fastidio della convivenza civile con le persone
fragili, ma migliorare la qualità di vita del soggetto protetto soddisfacendo i suoi
bisogni e le sue esigenze; a questa condizione si giustifica l’intervento dell’autorità
giudiziaria ed è in vista di questa finalità che si assicura la partecipazione del
soggetto, nei limiti in cui le sue condizioni lo consentono, alle scelte che lo riguardano.
E’ di fondamentale importanza, quindi, che l’interessato abbia piena contezza della
ragioni per cui è richiesta la misura e delle sue possibili conseguenze, in modo da
potersi compiutamente esprimere in merito. Ciò anche al fine di consentire al giudice
verificare, da un lato, le competenze della persona e cioè le sue capacità e abilità, e,
dall’altro, le sue carenze, poiché la persona potrebbe essere in grado di
autodeterminarsi e di esercitare con sufficiente avvedutezza taluni diritti, ovvero
operare in taluni ambiti della vita sociale ed economica, mentre potrebbe non essere
abile e competente in altri settori. In esito a tale verifica il giudice, oltre a decidere
l’an della misura, deve anche definire e perimetrare i compiti e i poteri
dell’amministratore, in termini direttamente proporzionati all’incidenza degli accertati
deficit sulla capacità del beneficiario di provvedere ai suoi interessi, di modo che la
misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti
implicando un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona (Cass.
02/11/2022, n.32321).
12.1.- Una rivoluzione copernicana, quindi, che sostituisce alla idea che il soggetto
minus habens debba essere escluso (id est interdetto) dalla partecipazione alla società
civile, l’idea della inclusione, in conformità a quanto stabilisce l’art. 12 della
Convenzione di New York del 2006 sui diritti delle persone con disabilità, il quale
vincola gli Stati parte a consentire alle persone con disabilità l’accesso «al sostegno di
cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica». Il “sostegno”, in
questa prospettiva, è diretto a permettere al soggetto di esercitare in prima persona i
suoi diritti.
13.- Il modello ideale dell’amministrazione di sostegno è quindi quello di una misura di
mero supporto, che non comprime in alcun modo la capacità del soggetto ma la
potenzia, affiancandogli una persona che lo aiuta ad esercitare in prima persona i suoi
diritti. Ed è evidente che se ci si muove nell’ambito di questo modello ideale, lo
schema processuale da seguire non è quello del giudizio contenzioso, ma di una
procedura di gestione di interessi la cui attivazione è rimessa in primo luogo allo
stesso interessato (art 406 c.c.).
14.- I modelli ideali devono però far conto con la realtà e cioè con la possibilità che la
fragilità del soggetto richieda, per poter proteggere la persona e realizzare il suo
miglior interesse, una limitazione della capacità, come è consentito dall’art 411 c.c. La
misura, ove il giudice tutelare ritenga di estendere al beneficiario le limitazioni e
decadenze previste per l’interdetto o l’inabilitato comporta il conferimento
all’amministratore di specifici poteri di rappresentanza o di assistenza rispettivamente
analoghi a quelli del tutore o del curatore, nei limiti strettamente necessari a
proteggere gli interessi del beneficiario.
14.1.- In questo caso il giudizio è contenzioso perché si discute di diritti e cioè di
possibili limitazioni della capacità di agire; ed il fatto stesso che se ne debba discutere
impone il rispetto del diritto di difesa e del contradditorio, anche qualora l’esito del
giudizio sia poi nel senso della piena conservazione della capacità. Con la conseguenza
che, in questo caso, è doverosa una regolare vocatio in ius del diretto interessato, e
quindi la notifica non solo del ricorso ma anche di un decreto di comparizione con la
indicazione della data dell’udienza, che contenga l’avviso che la parte ha facoltà di
costituirsi conferendo mandato difensivo ad un avvocato, che in ogni caso si procederà
alla sua audizione e che il beneficiando conserva la capacità processuale per tutta la
durata del giudizio, anche nel caso di provvisoria apertura della amministrazione di
sostegno.
14.3.- Soltanto così la parte, edotta della natura del processo, delle sue finalità e dei
suoi diritti viene messa in condizione di partecipare consapevolmente al giudizio.
La possibilità che la persona interessata possa non comprendere il contenuto del
decreto di comparizione non esime certamente le parti ed il giudice dal promuovere e
istruire un regolare processo; si avrebbe altrimenti una anticipazione di giudizio sulla
mancanza di capacità dell’interessato. E non vi è ragione per ritenere che in un
giudizio ove si discuterà della sua capacità di agire il possibile beneficiario di
un’amministrazione di sostegno limitativa debba godere di garanzie processuali
inferiori a quelle di qualsiasi cittadino convenuto in giudizio per diritti patrimoniali,
garanzie disegnate dall’art. 163 c.p.c. che impone di offrire al convenuto tutte le
informazioni su ciò che deduce colui che ha promosso il giudizio, delle richieste che
costui muove all’autorità giudiziaria, nonché sulle modalità della costituzione e della
facoltà di ricorrere alla difesa tecnica, anche a spese dello Stato ricorrendone i
presupposti.
15.- Una ulteriore notazione deve farsi: poiché nel procedimento per l’apertura di
un’amministrazione di sostegno il giudice tutelare gode di ampi poteri ufficiosi, tra i
quali appunto quello di limitare la capacità a prescindere dalla domanda, non è
dirimente -al fine di valutare se si tratti di un procedimento contenzioso o meno- il
contenuto del ricorso introduttivo. Infatti, anche qualora i soggetti legittimati
propongano l’apertura di una mera amministrazione di supporto, in esito alla audizione
dell’interessato e delle parti il giudice tutelare potrebbe adottare un provvedimento
limitativo. Di conseguenza la regolare vocatio in ius del soggetto interessato -con la
notifica del ricorso e di un decreto di comparizione che riporti le indicazioni sopra
precisate- è sempre doverosa, salvo che nei casi in cui il giudice tutelare sia in grado
di escludere con assoluta certezza che in quel giudizio non si dovrà discutere di
limitazioni di capacità, oltre che nel caso in cui l’interessato stesso abbia proposto il
ricorso conferendo mandato ad un avvocato (difesa tecnica), perché in questo caso le
piene garanzie processuali sono già realizzate. Non così nel caso in cui il ricorso sia
proposto personalmente dall’interessato ma senza difesa tecnica; in tal caso va
comunque avvisato della facoltà di nominare un difensore.
16. Devono quindi enunciarsi i seguenti principi di diritto
A) Nel procedimento per l’apertura della amministrazione di sostegno, avendo il
giudice tutelare la facoltà di estendere al beneficiario, anche d’ufficio, effetti,
limitazioni o decadenze previste da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato,
è doverosa una regolare vocatio in ius del diretto interessato, con la notifica non solo
del ricorso ma anche di un decreto di comparizione con la indicazione della data
dell’udienza e che contenga l’avviso che la parte ha facoltà di costituirsi tramite un
avvocato, che può presentare istanza per la ammissione al patrocinio a spese dello
Stato, che in ogni caso si procederà alla sua audizione e che il beneficiando conserva
la capacità processuale per tutta la durata del giudizio, anche nel caso di provvisoria
apertura della amministrazione di sostegno. L’adempimento può essere omesso solo
qualora il giudice tutelare sia in grado di escludere con assoluta certezza che in quel
giudizio non si dovrà discutere di limitazioni di capacità, oltre che nel caso in cui
l’interessato stesso abbia proposto il ricorso conferendo mandato ad un avvocato; se
l’interessato ha proposto ricorso personalmente, senza ricorrere alla difesa tecnica,
dovrà essere avvisato dal giudice tutelare della facoltà di nominare un difensore.
B) Il beneficiario di una amministrazione di sostegno conserva, per tutta la durata del
giudizio, la capacità processuale e la facoltà di scegliere il difensore di sua fiducia e
non può essere rappresentato nel giudizio stesso dal nominato amministratore di
sostegno. Egli conserva in ogni caso, anche qualora la misura divenga definitiva, la
facoltà di chiedere la revoca della misura e di interloquire direttamente, anche per via
informale, con il giudice tutelare.
Da quanto sopra esposto consegue, in accoglimento per quanto di ragione del ricorso
e in conformità alle conclusioni del Pubblico Ministero la cassazione del provvedimento
impugnato, la dichiarazione di nullità del decreto di apertura della amministrazione di
sostegno e dell’intero processo, con rinvio ai sensi dell’art 383 comma 3 c.p.c. al
giudice tutelare del Tribunale di Padova in persona di magistrato diverso da quello che
ha emesso il decreto di apertura della amministrazione di sostegno, per un nuovo
esame previa regolare instaurazione del contraddittorio.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa il provvedimento impugnato dichiara la
nullità del decreto di apertura della amministrazione di sostegno e dell’intero processo,
con rinvio al giudice tutelare del Tribunale di Padova in persona di magistrato diverso
da quello che ha emesso il decreto di apertura della amministrazione di sostegno, per
un nuovo esame, previa regolare instaurazione del contraddittorio.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli
identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/2003.