No all’interdizione di persona affetta da schizofrenia cronica già sottoposta ad amministrazione di sostegno.
Tribunale Avellino, Sez. I, Sentenza 17.06.2024, n. 1195
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AVELLINO
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Avellino, nelle persone dei seguenti magistrati riuniti in camera
di consiglio: dott. (…) dott.ssa (…) giudice dott.ssa (…) giudice relatore ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. (…)/2023 del R.G., Affari Contenziosi, avente ad
oggetto richiesta di interdizione TRA (…) nata ad (…) il (…), C.F. (…), (…)
nato ad (…) il (…), C.F. (…) e (…) nata a (…) il (…), C.F. (…), in qualità di
fratelli germani di (…) nata ad (…) il (…), rappresentati e difesi, come da
procura in atti, dall’avv. (…) ed elettivamente domiciliat (…); RICORRENTI
E (…) nata a (…) il (…), C.F. (…), rappresentata e difesa dall’avv. (…) ed
elettivamente domiciliat (…); RESISTENTE
Con il parere del PM reso in data (…)
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato il (…) (…) (…) e (…) hanno chiesto al Tribunale di (…)
di dichiarare l’interdizione di (…) (…) effettuando tutte le indagini ritenute
necessarie, anche di carattere medico-legale, per accertare la sussistenza dello
stato di abituale infermità di mente dell’interdicenda. In punto di fatto i
ricorrenti hanno esposto che l’interdicenda si trova in una abituale condizione
di infermità mentale risultando incapace di provvedere ai propri interessi,
anche economici, rappresentando che la stessa risulta affetta da “(…)” ed
ospite della struttura “(…)” di (…) sin dal mese di aprile del 2022. Le parti, a
riprova del disturbo dell’interdicenda, hanno richiamato e prodotto la sentenza
penale del 17.03.2023 e l’ordinanza del magistrato di sorveglianza precisando
che l’interdicenda risulta incapace di orientare le scelte comportamentali e che
la misura dell’amministrazione di sostegno, attualmente operante, risulta
inadeguata per la grave ed irreversibile patologia sofferta dalla stessa che non
le consente di prendere decisioni sull’impiego del denaro percepito. Con
memoria difensiva del 17.12.2023 si è costituita in giudizio (…) chiedendo il
rigetto del ricorso o, in via subordinata, la nomina di un tutore individuato al di
fuori del nucleo familiare per la presenza di contrasti con i parenti. In
particolare la parte, dopo aver premesso di essere affetta da “disturbo
schizofrenico di tipo paranoideo” e che si trova ristretta presso la struttura
polifunzionale sanitaria per la salute di (…) in misura di sicurezza della libertà
vigilata per la durata di un anno ove ha intrapreso un percorso terapeutico e
riabilitativo, ha richiamato la consulenza del dott. (…) resa nel procedimento
penale azionato nei suoi confronti nella parte in cui veniva evidenziata la sua
capacità “di partecipare scientemente al processo” e uno stato di pericolosità
sociale attenuabile mediante la collocazione presso una struttura di bassa
assistenza. La parte ha, quindi, dedotto che le patologie sofferte non
compromettono la sua capacità cognitiva e la sua autonomia osservando che,
rispetto all’epoca in cui è stata disposta la misura dell’amministrazione di
sostegno, non vi è stato un aggravamento delle sue condizioni di salute tali da
giustificare il provvedimento di interdizione da applicare come extrema ratio e
in casi diversi da quello oggetto del giudizio. Infine, la parte ha richiamato la
relazione redatta dalla dott.ssa (…) nella parte in cui si segnala il suo
miglioramento e la sua partecipazione adeguata alle attività riabilitative.
Con note scritte del 28.12.2023 i ricorrenti si sono riportati alle conclusioni
rassegnate in ricorso insistendo per la nomina di un consulente d’ufficio al fine
di accertare le condizioni neurologiche dell’interdicenda. Inoltre, i ricorrenti
hanno richiamato la relazione dell’A. in ordine alla pericolosità sociale della
stessa.
Con note scritte del 3.01.2024 la parte resistente si è riportata ai propri atti
ribadendo che il percorso riabilitativo seguito era stato proficuo.
Con note del 5.04.2024 i ricorrenti hanno depositato il decreto di accoglimento
reso all’esito del giudizio cautelare R.G. n. (…)/(…) azionato avverso il
provvedimento di sostituzione del precedente amministratore di sostegno (…)
e la nomina dell’avv. (…) rilevando che la procura alle liti conferita all’avv. (…)
dal revocato amministratore e non anche dall’interessata interdicenda non
aveva alcun valore.
All’udienza del 8.04.2024 in merito alla questione della procura l’avv. (…) ha
rappresentato di poter regolarizzare eventualmente la procura con il rilascio
della stessa in suo favore da parte dell’interdicenda.
Alla medesima udienza l’interdicenda, in assenza delle parti e dei difensori, ha
dichiarato: “Mi chiamo (…) (…) sono nata il (…). Risiedo a (…) da più di venti
anni. In passato ho sempre lavorato, prima come bidella di scuola a (…) poi
come commessa da (…) un negozio di abbigliamento che si trovava al corso
(…) Ho anche dovuto allevare le mucche, coltivare la terra, raccogliere le
nocciole. So fare la sarta. Il mio compagno si chiama (…) lui mi ha tolto dalla
strada dopo che i miei familiari mi avevano abbandonato. (…) e (…) dicono
che io sono pazza, ma sono loro che non stanno bene con la testa. Dicono che
io voglio ucciderli, ma dovrebbero essere denunciati per calunnia. (…) sorella
(…) è deceduta per una grave malattia, un tumore. I miei familiari mi hanno
rotto il braccio, ho qui una cicatrice, mi hanno sempre messo le mani addosso,
mi hanno usata e mi hanno picchiata. Mi hanno minacciata di togliermi tutto e
di farmi interdire. I miei genitori sono morti, mia madre nel 2004. Il dott. (…)
mi ha fatto riconoscere l’accompagnamento e ha riferito che ho un disturbo
bipolare e non ero collocabile al lavoro. Percepisco una pensione di invalidità e
la pensione di reversibilità. Avevo due figlie, secondo me (…) è mia figlia, si
dovrebbe fare la prova del (…) Ho avuto anche un’altra figlia, (…) che è stata
cresciuta da una casa famiglia e poi adottata. Il giudice si chiama (…) Ora non
so dove è e da chi è stata adottata, vorrei sapere come sta. So leggere e so
firmare. Ho azionato un giudizio nel 2008 relativo ad alcuni buoni fruttiferi e ho
vinto la causa. I miei familiari vogliono i miei soldi. Mi vogliono sfruttare. I miei
familiari fanno stregoneria. Hanno messo in mezzo un sacco di cose strane
dicendo che rubavo alla standa, ma si tratta di cose fatte da ragazza. Quando
sono in struttura svolgo così la giornata: mi alzo, mi faccio la doccia, faccio
colazione con due fette biscottate e il latte perché ho il diabete, leggo, aiuto a
fare i servizi, cucino, faccio lavori di laboratorio, ho la compagnia di (…) ed
anche di altri. So fare anche la sarta. Nelle ore di permesso che ho avuto sono
andata a pulire la casa dove vive (…) viene a trovarmi. Io sono cattolica. La
mia dott.ssa sia chiama (…) è la dott.ssa con cui faccio la riabilitazione. Oggi è
lunedì 8 aprile 2024.” All’esito dell’esame dell’interdicenda (…) ha confermato
l’attivazione di un giudizio da parte dell’avv. (…) nel 2007/2008 volto ad
ottenere il sequestro di alcuni buoni fruttiferi intestati all’interdicenda pari a
circa 300 milioni. Con riferimento al ricorso in esame la parte ha, poi,
rappresentato di aver agito al solo fine di fare curare la sorella e di trovare una
struttura adeguata a tale fine. (…) (…) ha dichiarato, allo stesso modo, di aver
agito in giudizio per far curare la sorella evidenziando la necessità della
gestione del suo patrimonio per evitare che terzi possano approfittare di lei.
Ciò premesso ritiene il Tribunale che il ricorso deve essere respinto per le
motivazioni di seguito illustrate.
Deve essere, anzitutto, osservato che dall’esame del ricorso e dei documenti
allegati emerge che la parte resistente è affetta da “schizofrenia di tipo
paranoideo subcronico con acerbazioni acute” (cfr. certificato medico del dott.
(…) dell’1.07.2021); che l’interdicenda è stata seguita direttamente dal
dipartimento di psichiatria dell’A. di (…) che la stessa, prima del covid, si
presentava allo studio del medico con elevata frequenza e dimostrava continui
pensieri paranoici che sfociavano in aggressioni agli altri pazienti. Dalla
relazione psichiatrica del 25.01.2021 risulta che l’interdicenda è ospite della
struttura (…) dal 7.08.2008 con diagnosi “disturbo schizofrenico di tipo
paranoideo con esarcebazioni periodiche della sintomatologia psicopatologica”
dal mese di agosto del 2020.
Deve essere, inoltre, rilevato che dall’esame della sentenza penale n.
454/2023 del 27.02.2023 emerge che l’interdicenda, imputata dei reati di cui
all’art. 639 c.p. per aver imbrattato un muro perimetrale di un agriturismo
trascrivendo più volte il proprio cognome e lasciando per terra fotografie che la
ritraevano o autografate, e di cui all’art. 612 bis c.p. per aver perseguito (…)
con minacce e ingiurie, è stata assolta per difetto di imputabilità e che il
consulente, dott. (…) nominato alla prima udienza del 19.12.2022 al fine di
valutare la capacità di intendere e di volere dell’imputata, ha affermato che
l’imputata, affetta da disturbo schizofrenico cronico, in carico da molti anni
presso il centro di salute mentale e dal 15.06.2021 sottoposta dalla misura di
sicurezza di libertà vigilata con obbligo di ricovero, ha commesso il reato in
assenza di consapevolezza, con abolizione del controllo della volontà e
dell’impulsività e, quindi, in assenza della capacità dell’intendere e di volere,
ma che, al contempo, risulta capace di partecipare scientemente al processo.
Con riferimento alla pericolosità sociale, il ctu ha, poi precisato che dal quadro
complessivo “si evince un sufficiente compenso psicopatologico in presenza di
parziale consapevolezza della malattia, fattore che non può inficiare una
corretta aderenza alle terapie proposte e di conseguenza non garantire un
adeguato compenso clinico”.
Orbene ritiene il Tribunale di dover precisare, in punto di diritto, che la
pronuncia di interdizione non è obbligatoria in presenza di una condizione di
abituale infermità avendo l’ordinamento apprestato anche altre forme di tutela.
Infatti, ai sensi dell’art. 404 c.c., “la persona che, per effetto di una infermità
ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche
parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita
da un amministratore di sostegno, nominato dal Giudice tutelare del luogo in
cui questa ha la residenza o il domicilio” mentre l’art. 414 c.c. subordina la
pronuncia dell’interdizione oltre che all’abituale infermità di mente e
all’incapacità di provvedere ai propri interessi, anche alla necessità di
assicurare adeguata protezione all’interessato, sicchè essa è da escludere a
fronte della conservazione parziale delle facoltà intellettive della persona
interdicenda e dell’assenza di un complesso e rilevante patrimonio da gestire.
Da quanto esposto deriva che le persone che, per effetto di infermità di natura
psichica, anche di carattere totale e definitivo, si trovino nella impossibilità di
provvedere ai propri interessi devono essere tutelate, di regola, attraverso la
nomina di un amministratore di sostegno, senza ricorrere alla interdizione che
importa una limitazione generale della capacità di agire. Infatti, soltanto nel
caso in cui la nomina di un amministratore di sostegno si riveli, in relazione alla
situazione concreta del soggetto ed alle specifiche esigenze di rappresentanza,
insufficiente ad offrire protezione all’incapace, è consentito, invece, ricorrere
all’istituto della interdizione. In materia la Corte Costituzionale con la pronuncia
9.12.2005 n. 440 ha chiarito l’interdizione configura una misura residuale che
può essere disposta solo quando sia necessaria ad assicurare all’incapace
adeguata protezione.
Tale conclusione è stata ribadita dalla giurisprudenza di legittimità che, con la
sentenza 12.06.2006 13584, ha chiarito che la differenza tra amministratore di
sostegno e interdizione non risiede in un elemento quantitativo, e cioè nella
maggiore o minore gravità della malattia o dell’handicap della persona
interessata, che potrebbe anche essere totale e permanente, e non rendere
necessaria l’interdizione, ma in un criterio funzionale in base al quale tener
conto della natura e del tipo di attività che l’incapace non è più in grado di
compiere da sé e dell’idoneità dell’uno o dell’altro istituto ad assicurare
all’incapace la protezione più adeguata con il suo minore sacrificio. (…) di
sostegno è, pertanto, l’istituto di elezione e di primo impiego per la tutela della
persona inferma o menomata e dei suoi interessi, mentre solo ove tale misura
si riveli inadeguata alla concreta situazione, per la complessità dell’attività da
gestire o per impedire al soggetto di compiere atti pregiudizievoli per sé anche
in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione o in
ogni altra ipotesi in cui si pone un’analoga esigenza, potrebbe farsi luogo alla
misura più radicale della interdizione, che attribuisce, a differenza
dell’amministrazione di sostegno, uno status di incapacità. Sotto tale ultimo
profilo, inoltre, è stato chiarito che la prima forma di tutela deve essere
preferita non solo sul piano pratico, in considerazione dei costi meno elevati e
delle procedure più snelle, ma anche su quello etico – sociale perché rispetta
maggiormente la dignità dell’individuo. In altri termini l’interdizione costituisce
una extrema ratio cui ricorrere solo quando i meno limitativi strumenti
dell’amministrazione di sostegno e dell’inabilitazione non appaiono idonei ad
assicurare la protezione dell’infermo impossibilitato, totalmente o parzialmente,
a provvedere ai propri interessi.
Sempre in punto di diritto deve essere soggiunto che la scelta della tutela più
adeguata dovrà necessariamente essere compiuta caso per caso in
considerazione delle esigenze personali e patrimoniali degli interessati di volta
in volta emergenti e di tutte le altre circostanze concretamente accertate che
possono assumere rilievo per la decisione e senza tener conto, come detto, del
grado di invalidità (c.d. criterio quantitativo). In merito vale, inoltre,
evidenziare che nei giudizi come quello in esame generalmente l’esame
dell’interdicendo è il mezzo di prova determinante nella formazione del
convincimento del giudice, tanto che è possibile trarre anche solo da esso
elementi utili per la decisione (cfr. Cass. civ. 03.07.1971 n. 2078).
In applicazione dei principi suesposti è stato, quindi, affermato che deve essere
disposta l’interdizione quando, all’esito dell’esame dell’interdicendo, risulti che
il destinatario sia affetto da un’alterazione delle facoltà intellettive e/o volitive
che comportino una totale incapacità di provvedere ai propri interessi attinenti
a tutti gli aspetti della vita (e non soltanto a quello economico) e,
precisamente, nei soli casi di maggiore gravità in cui non è possibile, per
l’incidenza della patologia, conservare neanche un’area parziale della capacità
d’agire del soggetto e questo perchè l’amministrazione di sostegno ha la
finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea,
di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi
nella minore misura possibile la capacità di agire, con la valorizzazione di un
sistema di gestione collaborativa e non sostitutiva.
Con particolare riferimento ad un caso di schizofrenia la Cassazione (cfr. Cass.
1 marzo 2010 n. 4866 ) ha affermato che se il giudice non ravvisa la necessità
di eliminare completamente la capacità d’agire del soggetto al punto da
richiedere la presenza di un sostituto o di un assistente con i poteri del tutore o
del curatore, deve preferire l’amministrazione di sostegno e questo anche nel
caso di infermità di mente grave quando la persona ha necessità di compiere
solo pochi atti precisando che in questo caso il giudice tutelare eliminerà la
capacità di agire soltanto con riguardo ad alcuni atti che saranno compiuti
dall’amministratore rappresentante.
Ciò premesso ritiene il Collegio che, in base ai documenti prodotti e all’esame
dell’interdicenda, emerge che la parte resistente, certamente bisognosa di
assistenza e protezione, non deve essere interdetta in quanto conserva,
sebbene parzialmente, le facoltà intellettive e la misura già in atto risulta
adeguata alle sue esigenze di protezione e al tipo di attività che devono essere
compiute per conto della stessa. Infatti, dall’esame diretto dell’interdicenda è
emerso che la stessa risulta in grado di orientarsi nel tempo e nello spazio; non
ha nessuna difficoltà nel movimento e nella parola; ha risposto adeguatamente
alle domande del giudice descrivendo, con particolare precisione, anche fatti e
circostanze confermate dai ricorrenti ed episodi di vita personale che
dimostrano la grande conflittualità con i parenti. Dall’esame degli atti emerge,
altresì, che la stessa sta seguendo una terapia efficace svolgendo
autonomamente le comuni attività della vita quotidiana ed avendo difficoltà
solo nei rapporti relazionali. La dott.ssa (…) ha, in merito, affermato che (…)
(…) cura in maniera abbastanza adeguata il proprio aspetto e il proprio
abbigliamento; mantiene in ordine la propria stanza e il proprio armadio; aiuta
volentieri gli operatori della struttura nel rifacimento letto, riordino armadio,
lavatrice e riordino vestiario; è inserita all’interno dei gruppi riabilitativi e nelle
attività riabilitative esterne e negli ultimi sei mesi ha mostrato un rilevante
miglioramento con un punteggio pari a 74 nelle aree dei rapporti personali e
sociali e nell’area dei comportamenti disturbanti e aggressivi; ha maturato una
migliore capacità di pianificare, iniziare un’attività e seguire i vari passaggi per
completare il compito; partecipa in maniera adeguata alle attività riabilitative
mostrando interesse e una maggiore consapevolezza delle sue problematiche;
sta acquisendo maggiore autonomia nella gestione del denaro e, grazie ai
supporti esistenti, non effettua più acquisti di non utilità; ha avuto notevoli
miglioramenti nelle varie aree della persona manifestando un comportamento
controllato grazie al supporto e alla presenza dell’amministratore di sostegno (
relazione del 14.12.2023 in atti).
In altri termini ritiene il Tribunale che, nel caso in esame, nonostante
l’interdicenda sia affetta da una grave patologia, lo strumento per assicurare la
sua protezione già disposto ed operante sia idoneo ed adeguato.
In merito, in accoglimento delle richieste congiunte formulate all’udienza del
8.4.2024 dai legali di entrambe le parti, si dispone la trasmissione degli atti al
giudice tutelare al fine della valutazione in ordine all’opportunità di procedere
alla sostituzione dell’amministratore di sostegno, (…) (…) per la sussistenza di
rilevanti contrasti familiari che sconsigliano, allo stato, che le funzioni di
amministratore di sostegno siano svolte dalla sorella dell’interdicenda o da un
suo familiare. Infine, osserva il Collegio che la questione dell’inefficacia della
procura sollevata dai ricorrenti non risulta fondata. In merito vale anzitutto
osservare che l’amministratore di sostegno (…) è stato nominato con decreto
del 7.10.2013 e con decreto del 15.12.2023 è stato autorizzato a costituirsi in
giudizio come di fatto avvenuto il (…) per il tramite dell’avv. (…) in disparte la
precisazione che precede ritiene il Tribunale che le vicende successive alla
predetta nomina non possono avere alcuna incidenza sul rapporto processuale
in corso in quanto il beneficiario di amministrazione di sostegno è dotato di
autonoma legittimazione processuale e l’autorizzazione del giudice tutelare è
prevista solo per promuovere alcuni giudizi (cfr. art. 374 c.c. e Cass. 2020 n.
5380), ma non anche per resistere in giudizio.
Ne deriva che la parte resistente risulta regolarmente costituita in giudizio.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e si liquidano
d’ufficio come in dispositivo tenuto conto del valore indeterminabile della causa
e dei valori minimi di cui al D.M. n. 147 del 2022 in ragione del grado di
complessità della causa.
P.Q.M.
Il Tribunale di Avellino, Prima Sezione Civile, in composizione collegiale,
definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in
epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: -rigetta la
domanda di interdizione azionata da (…) (…) e (…) -condanna le parti
ricorrenti in solido al pagamento in favore della resistente delle spese di
giudizio che si liquidano in Euro 2.905,00 per compensi professionali forensi,
oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute nelle misure di legge, e rimborso spese
forfettarie nella misura del 15% del compenso.
Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti del presente procedimento
al giudice tutelare per le valutazioni in ordine all’opportunità di sostituire
l’amministratore di sostegno come richiesto anche dai ricorrenti.
Conclusione
Così deciso in Avellino, il 17 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2024.