La differenza reddituale tra i coniugi giustifica l’assegno divorzile in funzione compensativa e perequativa.
Cass. civ., Sez. I, Ord., 09.09.2024, n. 24110
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere Rel.
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21905/2023 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in SALERNO VIA FELLINE 11/B, presso lo studio
dell’avvocato CELENTANO LUIGI (Omissis) che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
B.B.
– intimato –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 492/2023 depositata il
11/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/06/2024 dal Consigliere
MARINA MELONI.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Salerno con sentenza n. 1843/2022 pubblicata il 25/05/2022 dichiarava
la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da A.A. con B.B., con revoca
dell’obbligo a carico del A.A. di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore dei
figli; negava la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di un assegno di
mantenimento in favore della B.B., atteso che la medesima non aveva specificamente
allegato e documentato la propria situazione economico-patrimoniale, costituente
presupposto imprescindibile per l’accertamento della situazione di squilibrio
economico, essendosi limitata ad allegare di non svolgere alcuna attività lavorativa e
di avere svolto l’attività di casalinga per volere del marito.
La Corte di Appello di Salerno accoglieva parzialmente l’appello, e ritenuto che dal
quadro probatorio complessivo, legato sia a presunzioni che a mancate contestazioni,
B.B. si era sempre dedicata alla conduzione della vita familiare in via pressocché
esclusiva durante la vita matrimoniale, contribuendo attivamente alle decisioni
concernenti l’unione matrimoniale e, stante uno squilibrio reddituale tra i coniugi,
riteneva sussistente il diritto di essa B.B. alla percezione dell’assegno divorzile.
Avverso la sentenza n. 492 del 2023 della Corte di Appello di Salerno, ha proposto
ricorso in cassazione A.A. affidato a tre motivi e memoria. B.B. non ha spiegato difese.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso sono i seguenti:
I MOTIVO: nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115
c.p.c.e dell’art. 132 n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. A.A. ha
dimostrato, anche documentalmente, che B.B. ha sempre lavorato in costanza di
rapporto matrimoniale; inoltre, esso A.A. ha sempre puntualmente contestato il rilievo
– infondato – che la stessa si sia dedicata, in via esclusiva, alla famiglia rinunciando
alla propria vita professionale.
II MOTIVO: omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5) c.p.c. L’avvenuta
parziale riforma della sentenza di primo grado, in dispregio delle univoche risultanze
probatorie, consente di invocare anche la violazione del motivo di cui al n. 5) dell’art.
360 c.p.c., nella denegata ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo.
III MOTIVO: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4) e 115 c.p.c. in
relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. La Corte di Appello ha affermato apoditticamente
che B.B. si sia dedicata, in via pressocché esclusiva, alla vita familiare durante il
matrimonio senza indicare la fonte, ed anzi contraddicendo tutti di elementi di segno
contrario emersi nel giudizio.
I tre motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tutti diretti ad
evidenziare che la Corte di Appello di Salerno ha accolto la richiesta di un assegno
divorzile nella componente perequativo-compensativa, senza considerare che la
richiedente non avrebbe in alcun modo dimostrato a quali occasioni lavorative avrebbe
rinunciato negli anni per dedicarsi alla famiglia, come richiesto da recente
giurisprudenza di legittimità.
Il ricorso è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, nr. 18287 del 11/07/2018) hanno affermato
“Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi
una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi
dell’art. 5 , comma 6, della L. n. 898 del 1970 , richiede l’accertamento
dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli
per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della
norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla
attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in
particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-
patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla
conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di
quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio
ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi,
anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla
ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del
contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del
patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (sul punto anche Cass.
5603/2020 e 17098/2019 ).
Ebbene, nel caso concreto, la Corte d’Appello ha correttamente tenuto conto della
suddivisione dei ruoli all’interno della famiglia, frutto di una decisione condivisa, e
riconosciuto di conseguenza l’assegno divorzile alla ex moglie, in quanto ha ritenuto
che la scelta di dedicarsi alla cura della famiglia e della casa sia stata decisa
congiuntamente dai coniugi.
Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, infatti, l’assegno divorzile deve
essere – oltre alla eventuale componente assistenziale – anche adeguato, sia a
compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere
rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente
l’assegno ha l’onere di dimostrare – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia
ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei
fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento
del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla
conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio
familiare e personale dell’altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale
profilo prettamente assistenziale. La prova presuntiva – idonea a fondare il criterio
compensativo-perequativo – è fondata, in tale prospettiva, proprio sul divario
economico tra i due coniugi che, se non può legittimare il criterio assistenziale,
quando la moglie è autosufficiente, è un fatto idoneo a fondare la prova presuntiva del
contributo dato dalla medesima alla crescita del patrimonio comune e dell’altro
coniuge, il che – in un’ottica di giustizia distributiva all’interno della famiglia – giustifica
l’assegno divorzile, pure in assenza di un sacrificio professionale da parte della moglie
(Cass. sent. 35434/2023 ). Nel caso concreto, la Corte d’Appello ha accertato che, sia
per via presuntiva che in forza di non contestazioni da parte del marito, la moglie si
era sempre dedicata alla famiglia ed all’accudimento del marito e dei figli. Tanto che
non risultava che essa avesse alcuna fonte di guadagno, e lo stesso ricorrente aveva
rilevato in primo grado, che la medesima aveva dismesso l’attività di parrucchiera fin
dal 2014. Le censure tendono, sostanzialmente, ad una rivalutazione del merito.
Il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in
mancanza di attività difensiva da parte dell’intimato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. nr.115 del 30 maggio 2002 ricorrono i
presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Dispone altresì che ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03 , in caso di diffusione
della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle
parti.