Il reclamo ex art. 473-bis.24 non è sovrapponibile al 708 IV co. cpc.

Corte d’Appello di Milano, ordinanza 25 settembre
2024, Est. Dott.ssa Arceri
LA CORTE DI APPELLO DI MILANO
SEZIONE V CIVILE
La Corte, riunita in camera di consiglio e composta dai magistrati:
Dott.ssa Anna Maria Pizzi Presidente
Dott.ssa Alessandra Arceri Consigliere rel.
Dott.ssa Maria Vicidomini Consigliere
Nel procedimento promosso da
A. A., nato a ___ il ____.1976 (C. F. _____), rappresentato, assistito e difeso dall’Avv. Roberta
Mandelli del Foro di Lecco (C.F. MNDRRT71R68E507L), con studio legale in Calco (LC), Via
Italia n. 44, presso la quale è elettivamente domiciliato
RECLAMANTE
contro
C. D. (C.F. ___) nata a ___ il ___.1981 e residente in ______, rappresentata e difesa- giusta procura
agli atti- dall’Avv. Marilena Guglielmana del Foro di Lecco, presso il cui studio sito in Lecco, alla
via Cavour n. 41, è elettivamente domiciliata;
RECLAMATA
Giurisprudenza di merito Ondif
3
Con l’intervento del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano
OGGETTO: reclamo ai sensi dell’art. 473 bis 24 c.p.c. depositato in data 10 luglio 2024 avverso
l’ordinanza, emessa ai sensi ex art 473 bis 22 c.p.c., del Tribunale di Lecco del 26 giugno 2024 e
comunicata alle parti in data 1 luglio 2024, nell’ambito del procedimento recante R.G. n. 396/2024.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Col provvedimento sopra citato il Tribunale di Lecco, in via provvisoria, ha così statuito: “(…)
“autorizza i coniugi a vivere separati, con l’obbligo del mutuo rispetto; dispone l’affidamento
condiviso delle due figlie minorenni, con collocazione presso la madre; assegna l’intera casa
familiare di _____ alla madre con quanto l’arreda, dando termine al coniuge fino al 31.7.2024 per
asportare dalla stessa i propri effetti personali e beni inerenti l’attività edile; dispone che il padre
veda e tenga con sé le figlie in base ad accordi che vorrà di volta in volta adottare con loro; pone a
carico di A. A. l’obbligo di corrispondere a C. D. in via anticipata entro il giorno 10 di ogni mese la
somma di euro 500,00 a titolo di contributo per il mantenimento della moglie e la somma di euro
500,00 per ciascuna delle due figlie a titolo di contributo nel mantenimento delle stesse: il tutto per
12 mensilità e con rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT; – il 70% delle spese straordinarie
secondo il seguente schema (…)
Le spese straordinarie si intenderanno concordate qualora il genitore, a fronte di una richiesta
scritta dell’altro, non manifesti motivato dissenso scritto entro il termine di dieci giorni o nel minor
tempo espressamente indicato dal genitore richiedente (comunque non inferiore a giorni tre), in caso
di necessità od urgenza. In difetto, il silenzio sarà inteso come consenso alla richiesta.
La quota di spettanza di ciascun genitore verrà posta a disposizione del genitore che provvederà
alla spesa entro il termine di quindici giorni dalla richiesta (salvo eventuali compensazioni o
conguagli in relazione alle sole spese straordinarie rispettivamente anticipate da ciascuno). Fissa
per la prosecuzione del giudizio la nuova udienza del 3 ottobre 2024 ore 11.30 per comparizione
parti ed ammissione prove (…)”.
2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto reclamo in data 10 luglio 2024 A. A. chiedendo:
“(…) In via preliminare Sospendere l’efficacia esecutiva del provvedimento in questa sede
reclamato con decreto inaudita altera parte od in subordine con ordinanza. In via principale -dare
atto e disporre che, a revoca della ordinanza reclamata, la Sig.ra C. non abbia diritto ad alcun
contributo a titolo di assegno di mantenimento né alimentare, in quanto la stessa dispone di capacità
economica e lavorativa e percepisce reddito per i titoli e causali che precedono; -mandare assolto il
Sig. A. A. dal pagamento dell’assegno di mantenimento in favore della sig.ra C., valutandone la
capacità lavorativa e la percezione di reddito; -dare atto della raggiunta indipendenza economica
della figlia S. e per l’effetto nulla prevedere per la medesima a titolo di contributo al mantenimento
ordinario;- determinare il contributo paterno al mantenimento della figlia F. in misura non
superiore a euro 250,00, sino al raggiungimento dell’indipendenza economica, ovvero nella misura
che sarà ritenuta consona, oltre al 50% delle spese straordinarie;- in accoglimento del presente
reclamo revocare ogni diversa ulteriore statuizione incompatibile prevista nella ordinanza
reclamata e disporre che il ricorrente abbia diritto alla restituzione di quanto nelle more
eventualmente versato in virtù della esecutività della ordinanza reclamata per mantenimenti e/o
spese alla moglie ed alle figlie, oltre interessi legali dal dovuto al saldo e eventuali spese
occorrende. -stabilire che il box e l’intercapedine sul retro dell’immobile rimangano in possesso del
Sig. A., affinché lo stesso si serva di tali pertinenze per la propria attività lavorativa; In via
subordinata nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento delle domande spiccate
in via principale, ovvero ove la Corte avesse a confermare il diniego di mantenimento nel possesso
dell’intercapedine e dell’autorimessa site presso l’immobile adibito a casa coniugale e a negare la
raggiunta indipendenza economica della figlia S.:
– dare atto che la Sig.ra C. non ha diritto ad alcun contributo a titolo di assegno di mantenimento in
quanto la stessa dispone di capacità economica e lavorativa e percepisce reddito;
– disporre l’onere del sig. A. al contributo al mantenimento delle figlie nella misura di euro 250,00
cadauna, ovvero nella misura che sarà ritenuta congrua in ragione della necessità di quest’ultimo a
dover reperire una soluzione alternativa ove ricoverare il proprio veicolo e gli strumenti per la
propria attività lavorativa, ciò oltre al 50% delle spese straordinarie; -revocare ogni diversa
statuizione prevista in ordinanza incompatibile con le presenti richieste, revocare il contributo al
mantenimento previsto per mogli e figlie in accoglimento del presente reclamo.
In via ulteriormente subordinata nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento delle
domande avanzate in via subordinata, ovvero ove la Corte avesse a confermare il diniego di
mantenimento nel possesso dell’intercapedine e dell’autorimessa site presso l’immobile adibito a
casa coniugale, la debenza in capo alla sig.ra C. e ad entrambe le figlie del contributo a titolo di
mantenimento: -rigettare ogni richiesta anche per assegno di mantenimento o alimentare avanzata
dalla sig.ra C. e riformare / revocare ogni statuizione contenuta nella ordinanza reclamata
incompatibile con la presente richiesta; -determinare il contributo paterno al mantenimento delle
figlie in misura non superiore a euro 250,00 per ciascuna delle figlie, sino al raggiungimento della
loro indipendenza economica, ovvero nella misura che sarà ritenuta consona, oltre al 50% delle
spese straordinarie. In ogni caso Vinte le spese ed i compensi oltre IVA, CPA come per legge anche
per la fase di reclamo (…)”.
A sostegno della propria impugnazione ha censurato l’ordinanza impugnata per i seguenti motivi:
1. Erronea valutazione della percezione di reddito da parte della sig.ra C..
Parte reclamante ha lamentato il provvedimento del primo giudice per averlo obbligato a
corrispondere quale contributo al mantenimento nei confronti della moglie la somma mensile di
€500. Egli ha rappresentato che tale obbligo è stato previsto: sulla base della presunta mancanza di
prove di entrate economiche “in nero” della resistente; sulla presunta certezza dell’accordo coniugale
per la cessazione dell’attività lavorativa della C.; sulla necessità di supporto per l’ex moglie durante
la ricerca di occupazione e sulla valutazione errata dei redditi del ricorrente.
Nello specifico, ha dedotto che la moglie lavora in nero svolgendo attività di pulizia e di assistenza
agli anziani (v. doc. 13 sub. doc. B- indagine investigativa svolta da ente autorizzato) e che la stessa
riceve mensilmente versamenti di denaro che sembrano rappresentare delle retribuzioni economiche.
2. Errore di fatto e diritto nella valutazione della capacità economica della sig.ra C..
Quanto alla capacità lavorativa della moglie e alla ricerca di un’attività lavorativa, il reclamante ha
sottolineato che la stessa non ha prodotto, all’interno del procedimento, documentazione idonea a
dimostrare né l’impegno nella ricerca di un lavoro, né l’iscrizione in alcuna lista di disoccupazione o
del Centro per l’impiego.
3. Errore di fatto e di diritto nella ritenuta esistenza di un accordo in punto di cessazione
dell’attività lavorativa da parte della sig.ra C.
Con il terzo motivo di impugnazione, parte reclamante ha insistito sull’inesistenza di un accordo tra i
coniugi in merito all’interruzione dell’attività lavorativa della madre per potersi occupare dei figli
minori. Ha aggiunto che il consenso da lui prestato sarebbe stato frutto di un inganno perché dato
sulla base di presupposti fattuali differenti, ovvero, che i genitori della C. non avrebbero aiutato la
figlia nella gestione dei minori.
4. Errore di fatto e di diritto nella valutazione dei redditi del sig. A..
Il sig. A. ha altresì censurato il provvedimento del giudice di prime cure nella parte in cui non ha
determinato l’ammontare del proprio reddito al netto della tassazione e valutato la situazione
patrimoniale relativa agli anni 2020, 2021e 2022. Ha ricordato di essere un lavoratore autonomo e di
sostenere una serie di oneri fiscali (retribuitivi e contributivi); di dover far fronte alle spese
straordinarie delle figlie e al pagamento del mutuo per l’acquisto della nuova casa. Ha dichiarato di
percepire un reddito mensile di € 3.891,25 e di sostenere le seguenti spese: rata mutuo immobile in
C___ (€ 921,94); rata finanziamento automobile ___ (€ 253,28); rata finanziamento Agos Ducato (€
167,47); spese condominiali immobile in C_____e (€ 134,52); la somma di € 1.500 quale contribuito
al mantenimento per le figlie e per la sig.ra C. nonché le spese relative alla gestione dell’immobile
nel quale risiede.
Inoltre, egli ha evidenziato che se dovesse essere confermato l’ordine di liberare l’intercapedine e il
garage della casa coniugale utilizzata attualmente per il furgone e gli strumenti della propria attività
edile egli si vedrebbe costretto ad affrontare ulteriori spese per il canone di locazione di un nuovo
spazio adibito a tale uso, riducendo ulteriormente le proprie disponibilità.
5. Errore di fatto nella valutazione degli estratti conto Banca Mediolanum.
Il reclamante ha altresì lamentato la quantificazione del contributo al mantenimento a proprio carico
da parte del Tribunale di Lecco perché fondata su accrediti (pari ad euro 100.000,00) sul conto
corrente presso la Banca Mediolanum relativi all’anno 2022, che corrispondono a somme lorde e non
al netto disponibile. Infatti, l’ammontare effettivamente disponibile per il sig. A., a fronte degli
esborsi che ha dovuto sostenere, risulta significativamente inferiore in quanto i saldi finali del conto
corrente al 30.09.2022 era di euro 14.705,66 e al 31.12.2022 di euro 7.957,92.
6. Errore di fatto nella valutazione dei canoni di locazione dell’immobile di Ca….
Con tale motivo, il sig. A. ha contestato la dichiarata esistenza di una compensazione tra il canone di
locazione dallo stesso percepito dall’immobile di Ca… e quello del rateo mensile del mutuo contratto
per l’acquisto di una nuova abitazione. Ha precisato di sostenere tutti i costi di gestione relativi
all’appartamento e che per una corretta analisi delle entrate nette derivanti da tale locazione devono
essere detratte tutte le spese e gli oneri fiscali associati.
7. Mancata valutazione circa la raggiunta indipendenza economica della figlia S..
Quanto all’obbligo di contributo al mantenimento nei confronti della figlia S., maggiorenne ma non
economicamente autosufficiente, ha riferito che la ragazza ha intrapreso un’attività lavorativa (con
contratto di apprendistato) dal mese di giugno 2024 e che la minore F. sta svolgendo uno stage con
probabile assunzione.
8. Erronea ripartizione delle spese straordinarie contratte nell’interesse delle figlie.
Il sig. A. ha contestato l’ordinanza impugnata anche in merito alla ripartizione delle spese
straordinarie per le figlie (70% a carico del padre e 30% a carico della madre) perché fondata su
un’erronea valutazione delle risorse economiche delle parti.
9. Errore di fatto e di diritto sul diniego alla richiesta di conservazione del possesso del box e
dell’intercapedine.
Quanto disposto dal Tribunale di Lecco di liberare entro il 31 luglio 2024 il possesso del box e
l’intercapedine della casa coniugale (ora assegnata a parte reclamata) costringerà il reclamante, data
l’impossibilità di procedere all’acquisto, di individuare un nuovo immobile adatto a fungere da
garage o magazzino comportando un ulteriore aggravio finanziario.
10. Sulla sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
Da ultimo, nel caso di specie, per parte reclamante sussistono i requisiti per la sospensione
dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti temporanei ed urgenti disposti con l’ordinanza impugnata
sia in ragione del fumus boni iuris che del periculum in mora. Infatti, l’importo di euro 18.000,00 che
il sig. A. sarebbe tenuto a versare per 12 mensilità a titolo di contributo al mantenimento, sottratto
dal suo reddito netto annuo di euro 46.695,00, lascia un disponibile residuo di euro 28.695,00.
Tuttavia, è doveroso precisare che tale reddito netto mensile di euro 2.391,25 non rappresenta il
proprio disponibile effettivo, poiché deve essere decurtato dai molteplici oneri finanziari.
3. Parte reclamata, costituitasi nei termini assegnati, ha resistito al gravame, ritenuto infondato in
fatto e in diritto, ed ha chiesto, in via preliminare, di dichiararlo inammissibile in assenza dei
presupposti di legge. Nel merito, ha insistito per il rigetto del reclamo e la conferma del
provvedimento del Tribunale di Lecco. In particolare, la stessa ha tenuto a precisare che
l’impugnazione non introduce nulla di nuovo rispetto al ricorso giudiziale avanti il primo giudice e
che vengono evidenziate le stesse censure con le medesime argomentazioni.
4.Il PG, in data, ha depositato parere del seguente tenore letterale:
Il Sostituto Procuratore Generale Simonetta Bellaviti, Visti gli atti del procedimento n. 617/2024
relativo a A. A. e D. C.; Rilevato che l’impugnazione del provvedimento provvisorio attiene
esclusivamente alle statuizioni economiche; rilevato che il giudice di primo grado ha correttamente
motivato il provvedimento impugnato e allo stato non sussistono i presupposti per la modifica dello
stesso. C H I E D E Il rigetto de ricorso e la conferma dell’impugnato provvedimento. Milano,
17/09/2024
5. All’udienza del 19 settembre 2024, svoltasi in assenza delle parti come da decreto presidenziale
del 12 luglio 2024, la Corte ha trattenuto la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve enuclearsi l’ambito di cognizione rimesso a questa Corte d’appello in fase di
reclamo ex art. 473 bis. 24 c.p.c., strumento che la riforma del rito familiare ha apprestato per la
revisione dei provvedimenti provvisori ed urgenti emessi ai sensi dell’art. 473bis.22 c.p.c. all’esito
dell’udienza celebrata ai sensi dell’art. 473 bis.21 c.p.c., udienza di trattazione che ha sostituito,
innovandola, la previgente disciplina dettata per il rito familiare, creando una nuova sede
processuale, unica per famiglia coniugale e non matrimoniale, deputata all’adozione dei
provvedimenti provvisori destinati a regolare i principali aspetti legati alla dissoluzione del nucleo
familiare.
La cognizione del giudice di seconde cure, in fase di reclamo, potrebbe in prima battuta ritenersi
estesa all’intera materia del contendere con disponibilità di poteri istruttori, impressione che potrebbe
ricavarsi dal potere, attribuito alla Corte in quella sede, di assumere, ove necessarie, “sommarie
informazioni”. E pur tuttavia, la precisazione, contenuta nel successivo art. 473 bis .23 c.p.c.,
secondo la quale la cognizione delle sopravvenienze è rigorosamente attribuita al giudice procedente,
porta invece a concludere come la cognizione del giudice del reclamo, fase oltretutto destinata ad
esaurirsi in tempi rapidi, anche per esigenze di non sovrapposizione del provvedimento del giudice
del gravame con l’eventuale procedimento di revisione del provvedimento reclamato promosso,
come è possibile, dinanzi al giudice procedente, sia necessariamente circoscritta all’emenda dei soli
errori di valutazione o di diritto evidenti, con possibilità di esaminare il solo materiale e le sole
argomentazioni già esaminate (o non esaminate perché colpevolmente trascurate) dal giudice che ha
emesso il provvedimento reclamato. In questi termini questa Corte si è già ripetutamente espressa,
sostanzialmente ritenendo che l’odierno strumento di gravame non sia nella sostanza sovrapponibile
a quello già previsto, nel rito previgente, dall’art. 708 quarto comma c.p.c.
Se tanto è vero, reputa questa Corte che i rilievi svolti dal reclamante non possano essere accolti e
che il reclamo non abbia individuato, ad avviso della Corte, errori manifesti in diritto o in fatto, del
provvedimento reclamato in punto di contributo al mantenimento per le figlie e per l’ex moglie.
La documentazione presente agli atti conferma la valutazione, espressa dal giudice di prime cure,
circa la elevata disparità reddituale esistente tra le parti.
Infatti la signora C. ha potuto godere, grazie ai guadagni del marito, un agiato tenore di vita garantito
dal possesso di due case di proprietà, intestate al marito, di cui una condotta in locazione; la stessa,
per dedicarsi all’accudimento della prole, ha abbandonato la propria attività lavorativa, potendo
contare sul sostegno economico del marito durante l’intero arco del matrimonio, in base ad un
accordo che certamente non può essere il frutto di una falsa rappresentazione della realtà, così come
sostenuto dall’A..
Non è infatti pensabile che questi non avesse mai avuto, durante tutta la vita matrimoniale, occasione
di interloquire con i suoceri in ordine alla loro disponibilità ad accudire le figlie, ed è presumibile
che, laddove non vi fosse stato consenso all’abbandono, da parte della C., della propria attività
lavorativa, costei avrebbe potuto, sommando i propri redditi a quelli, certo non esigui, del coniuge,
contare sull’aiuto di baby sitters.
In ogni caso, una volta avviate le figlie alla scuola, avrebbe potuto svolgere attività part time, e se ciò
non è avvenuto, certamente ciò rappresentava frutto di accordo di indirizzo della vita familiare, ex art
144 c.c.
Quanto all’asserita insussistenza dei presupposti, dunque, per il riconoscimento di un assegno di
mantenimento a favore della C., ed a carico del marito, valga osservare che sussiste, tra le parti, un
evidentissimo divario economico, non colmato né in ragione dell’assegnazione alla reclamata del
domicilio familiare nella sua interezza (il provvedimento impugnato non è certo irragionevole o
abnorme nella parte in cui non ha assentito una utilizzazione frazionata da parte del marito delle
pertinenze indicate in atti, per la sua attività, in quanto ciò avrebbe creato una promiscuità non
desiderabile), né tanto meno dall’eventuale esercizio, da parte della medesima, per qualche mese,
dell’attività di badante per anziani per qualche ora il mattino, come risulterebbe dalla relazione
investigativa prodotta dal marito (doc. n. 13) e dagli estratti conto della C..
Si rammenta, a tale proposito, che secondo la Corte di Cassazione l’assegno di mantenimento, che ha
funzioni e ratio diversi rispetto all’assegno di divorzio, tende ad assicurare al coniuge privo di mezzi
adeguati la conservazione, ove la separazione non gli sia addebitabile, del medesimo tenore di vita
goduto in costanza di matrimonio, tenore che ben può essere desunto dalle complessive disponibilità
familiari.
In particolare, da ultimo, Cass. 29/04/2024, n.11494 ha affermato che “il giudice di merito, per
quantificare l’assegno di mantenimento spettante al coniuge al quale non sia addebitabile
la separazione, deve accertare, quale indispensabile elemento di riferimento, il tenore di vita di cui
la coppia abbia goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la
quantità delle esigenze del richiedente, accertando, altresì, le disponibilità patrimoniali dell’onerato.
A tal fine, il giudice di merito non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla
documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine
economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato,
suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti (così, tra le tante, Cass. 9915/2007 e da
ultimo Cass.22616/2022). E’ stato altresì chiarito da questa Corte che, in tema di effetti
della separazione personale sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, la conservazione del
precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell’assegno e della prole costituisce un
obiettivo solo tendenziale, poiché non sempre la separazione ne consente la piena realizzazione,
notorio essendo che essa riduce anche le possibilità economiche del coniuge onerato e che soltanto
dall’appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi – in termini,
soprattutto, di contenimento delle spese fisse – riconducibili a economie di scala e ad altri risparmi
connessi a consuetudini di vita in comune. Detto obiettivo, pertanto, va perseguito nei limiti
consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate
dall’art. 156, secondo comma, cod. civ., con la precisazione che, in ogni caso, la determinazione di
tali limiti è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei due
coniugi al fine di stabilire in quale misura l’uno debba integrare i redditi insufficienti dell’altro
(Cass. 9878/2006).
Dunque, poiché la separazione personale presuppone la permanenza del vincolo coniugale, i
“redditi adeguati” a cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156, comma 1, cod. civ.,
l’assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere
il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza
materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea (Cass.
12196/2017). Pertanto, condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge –
cui non sia addebitabile la separazione – sono la non titolarità di adeguati redditi propri, ossia di
redditi che gli permettano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di
matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti, occorrendo avere riguardo, al
fine della valutazione dell’adeguatezza dei redditi del coniuge che chiede l’assegno, al parametro di
riferimento costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio.
E’ stato ulteriormente precisato da questa Corte che il riconoscimento di
un assegno di mantenimento deve avvenire considerando, piuttosto che la cessazione del godimento
diretto di particolari beni, il generale tenore di vita goduto in costanza della convivenza, da
identificarsi avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle
risorse economiche dei coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla
titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato
benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. 20638/2004, Cass. 5061/2006 e da
ultimo Cass. 952/2023)”.
Se tanto è vero, basti osservare che, oltre alla disponibilità di un reddito netto dichiarato di oltre
5.000 euro mensili, il reclamante è proprietario di ben tre immobili, di cui uno condotto in locazione,
sito in località turistica, ed altro, dove ha stabilito la propria dimora, recentemente acquistato,
contraendo un mutuo di 50.000 euro, per un prezzo che non è stato documentato dal reclamante,
come sarebbe stato doveroso fare, ma che comunque esprime tanto una sua capacità patrimoniale,
quanto restitutoria, sicuramente molto elevata.
Infatti la circostanza che il reclamante possa contrarre e sostenere gli oneri di rimborso di svariati
finanziamenti, da costui dedotta per significare la disponibilità di un effettivo netto di poche
centinaia di euro mensili, altro non fa che confermare, all’opposto, la sussistenza di una notevole
solidità patrimoniale, difettando la quale egli non riceverebbe credito.
Quanto poi all’assegno di mantenimento a favore delle figlie, la circostanza che la figlia S., da poco
diciottenne, abbia concluso un contratto di apprendistato, ancora non comprovava, al momento
dell’adozione del provvedimento qui reclamato, una piena autosufficienza economica.
Non appare dunque senz’altro sproporzionato l’onere di contribuzione che il giudice del
provvedimento impugnato ha complessivamente – e si sottolinea provvisoriamente – imposto a carico
del padre per il mantenimento delle figlie S. e F. e per la sig.ra C. nonché l’obbligo di sostenere le
spese straordinarie per le figlie nella misura del 70% a carico del padre.
Tale quantificazione è infatti avvenuta considerando la temporanea inattività lavorativa – quanto
meno stabile – della C., nell’auspicabile prospettiva, come dalla stessa affermato all’udienza davanti
al primo giudice, del reperimento di una occupazione tale da garantirle adeguato sostentamento,
affrancandosi dalla contribuzione maritale; dell’età delle figlie e del graduale inserimento nel mondo
del lavoro della figlia appena maggiorenne S..
Risulta, inoltre, che gli aspetti economici del mantenimento verranno nuovamente in discussione
alla prossima udienza del 3 ottobre p.v., alla quale sarà possibile certamente discutere, di fronte dal
giudice del merito, di una complessiva rimodulazione degli oneri imposti a carico dell’odierno
reclamante, considerando altresì, ai sensi dell’art. 473 bis.23 c.p.c., il fatto sopravvenuto, in modo
corretto e trasparente rappresentato dalla reclamata, di aver concluso nelle more un contratto di
lavoro a tempo determinato.
L’istanza di sospensiva è dunque assorbita dai superiori rilievi, non sussistendo, dunque, evidenti
motivi per rivedere le statuizioni contenute nel provvedimento impugnato.
Segue il rigetto del reclamo, e la condanna di parte reclamante al pagamento delle spese processuali
relative al presente procedimento incidentale, liquidate secondo i parametri della fase cautelare,
valore indeterminabile non elevato, considerando il limitato impegno nella trattazione.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Milano, come sopra composta, decidendo sul reclamo in oggetto,
visto l’art. 473 bis.24 c.p.c., così provvede:
respinge il reclamo, e per l’effetto, conferma integralmente l’ordinanza impugnata;
condanna parte reclamante al pagamento, in favore di parte reclamata, delle spese processuali, che
liquida in complessivi € 1.200 per competenze, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge
Si comunichi al Procuratore Generale, alle parti e ai difensori.
Milano, così deciso in data 19 settembre 2024
Il Consigliere Estensore
Dott.ssa Alessandra Arceri
Il Presidente
Dott.ssa Anna Maria Pizzi