Necessaria la sopravvenienza di fatti nuovi per la modifica delle condizioni di divorzio.

Cassazione, Sez. I, Sent. 6 marzo 2023, n. 6639
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28006/2020 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA VECCHIA, 732/D, presso lo studio dell’avvocato
BRACCO ENRICO ((Omissis)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTINI FRANCESCO
((Omissis));
– ricorrente –
Contro
B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell’avvocato ACONE
PASQUALE ((Omissis)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZAMBON BENEDETTA
((Omissis)), FAION SONIA ((Omissis));
– controricorrente –
avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO TRIESTE, nel proc.to n. 162/2019, depositato il 28/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2023 dal Consigliere GIULIA IOFRIDA.
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Trieste, con decreto n. cronol. 64/2020, pubblicato il 28/2/2020, in riforma della
decisione del Tribunale di Pordenone – che, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, L. n. 898 del
1970 , ex art. 9 aveva revocato l’obbligo del A.A. di versare l’assegno divorzile a favore della ex moglie B.B. e
l’assegno di mantenimento a favore della figlia maggiorenne C.C. da ottobre 2019, ponendo a carico del
primo l’assegno di Euro 800,00 mensili per il mantenimento del figlio D.D., oltre il 50% delle spese
straordinarie -, ha disposto che l’ex coniuge corrispondesse alla B.B. l’assegno divorzile di Euro 400,00
mensili, respinte le altre richieste della reclamante.
In particolare, per quanto qui ancora interessa, la Corte territoriale ha rilevato che le parti, in sede di
pattuizioni del divorzio congiunto presentato nel 2014, avevano espressamente previsto la corresponsione
dell’assegno divorzile in vista del trasferimento, dalla casa coniugale, della B.B. con i figli presso l’abitazione
del compagno per instaurare una stabile convivenza, così derogando alle condizioni previste per il
riconoscimento dell’assegno stesso essendosi convenuta la debenza dell’assegno “in presenza di
convivenza” (dell’ex coniuge con una terza persona), e non emergeva da tali pattuizioni sottoscritte una
limitazione dell’obbligo di versamento dell’assegno fino a quando essa si fosse trasferita o altra limitazione.
Avverso la suddetta pronuncia, A.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 2/11/2020, affidato a unico
motivo, nei confronti di B.B. (che resiste con controricorso, notificato l’11/12/2020). Il ricorrente ha
depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, in punto
di circostanza sopravvenuta, L. n. 898 del 1970 , ex art. 9 consistente nel consolidarsi in una convivenza
stabile della relazione affettiva con un’altra persona, già intrapresa dalla ex moglie all’epoca della
presentazione del ricorso per divorzio congiunto, che secondo recente giurisprudenza del giudice di
legittimità è idonea a comportare la cessazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile.
2. La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione (per essere il decreto reso
dalla Corte d’appello privo dei caratteri di definitività e stabilità) e la tardività dello stesso.
Le eccezioni non sono fondate.
2.1. Questa Corte ha chiarito che il decreto pronunciato dalla Corte d’appello, in sede di reclamo avverso il
provvedimento del Tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale
concernenti l’affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai
rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo ed è,
pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. 11218/2013 ; Cass. 12018/2019 ). Le
stesse considerazioni possono essere svolte con riguardo alla revisione delle condizioni di divorzio.
2.2. In punto di tempestività del ricorso, notificato il 2/11/2020, avverso decreto della Corte d’appello di
Trieste del 28/2/2020, deve osservarsi che la sospensione dei termini processuali, dal 9 marzo all’11 maggio
(per successive proroghe del termini iniziale di scadenza del 15/4/2020), prevista originariamente dal D.L. n.
18 del 2020 , art. 83 c.d. Decreto Cura Italia, convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27 (il cui testo originario
stabiliva, al comma 3, lett. a), che la sospensione dei termini a causa dell’emergenza Covid non operava per
le “cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di
matrimonio o di affinità”), e poi con D.L. 30 aprile 2020, n. 28 convertito con modifiche in L. 25 giugno
2020, n. 70 con il quale, tra l’altro, all’art. 83, comma 3, lett. a) le parole “cause relative ad alimenti” sono
state sostituite da “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all’assegno di mantenimento,
agli alimenti e all’assegno divorzile o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di
parentela, di matrimonio o di affinità, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali”),
si applica anche ai procedimenti, quali quello in esame relativi alla revisione dell’assegno di divorzio.
Si deve rilevare che già il D.L. 8 marzo 2020, n. 11 , art. 2 , comma 2, lett. g), recante “Misure straordinarie
ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo
svolgimento dell’attività giudiziaria”, entrato in vigore l’8/3/2020, aveva disposto che “a decorrere dal
giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i
termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni
richiamate”; tali eccezioni erano costituite dalle udienze: “…nelle cause relative ad alimenti o ad
obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità… e, in
genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”.
In forza del D.L. n. 23 del 2020 (art. 36), il termine del 15/4/2020, previsto dal menzionato D.L. n. 18 del
2020 , art. 83 , commi 1 e 2, è stato poi prorogato all’11/5/2020, sempre con le dette “eccezioni”.
Il D.L. n. 18 del 2020 , art. 83 (in vigore dal 17/3/2020) ha previsto, tra l’altro, al comma 1, che “dal 9 marzo
2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili (…) pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono
rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”, e, al comma 2, che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020
è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili (…)”, salve le
eccezioni di cui al seguente comma 3: “Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi:
a)… cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di
matrimonio o di affinità”.
All’atto della conversione in legge del D.L. n. 18 del 2020 , con L. n. 27 del 2020 , entrata in vigore il
30/4/2020, sono state apportate modifiche al citato art. 83, quanto ai giudizi sottratti alle misure
straordinarie indicate, stabilendosi, in particolare, che la sospensione dei termini non operava per le “cause
relative ad alimenti o a obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio
o di affinità “, aggiungendosi le seguenti parole: “nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni
essenziali”; di conseguenza, le eccezioni alla disposta sospensione, seppure ampliate, sono state ristrette,
essendosi legato l’esonero dalle misure straordinarie alla sussistenza di un “pregiudizio” per le parti, in
qualche caso da considerare “grave”. Successivamente, l’art. 83 citato è stato ulteriormente modificato, a
distanza di un giorno dalla conversione con L. n. 27 del 2020 , dal D.L. n. 28 del 2020 , art. 3 quanto alla
categoria delle cause sottratte alle misure urgenti, essendosi previsto che, per quanto interessa in questa
sede, che le parole “cause relative ad alimenti” fossero sostituite dalle seguenti: “cause relative alla tutela
dei minori, ad alimenti”; aggiungendosi inoltre la previsione dell’operatività “in genere, tutti i procedimenti
la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”.

Infine, il testo dell’art. 83 cit., comma 3, è stato ulteriormente modificato in sede di conversione del D.L. n.
28 del 2020 , per effetto della L. n. 70 del 2020 , allorchè le parole “cause relative alla tutela dei minori, ad
alimenti” sono state sostituite dalle parole “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto
all’assegno di mantenimento, agli alimenti e all’assegno divorzile”. Con tale ultima modifica è stata quindi in
effetti ampliata – ulteriormente – la categoria delle eccezioni alle disposizioni di cui ai primi due commi (in
punto di sospensione della trattazione e sospensione del decorso dei termini processuali), anche al fine di
eliminare alcuni dubbi interpretavi emersi in dottrina.
Ma ciò è stato fatto solo a far data dal 30/6/2020, giorno successivo alla data di pubblicazione in G.U. della
menzionata legge di conversione.
Quindi, il testo dell’art. 83, vigente sino al 29/6/2020, imponeva la sospensione dei termini anche rispetto
alle cause relative all’assegno divorzile, poichè non comprese, in quel momento, nell’elenco dei giudizi
sottratti e poichè distinte dalle obbligazioni alimentari c.d. pure, destinate a soddisfare “la mancanza di
mezzi di sostentamento e viene incontro alle più elementari esigenze di vita del beneficiario”, mentre la
prestazione di mantenimento, in ambito di separazione, consente, invece, al beneficiato di godere di quanto
necessario alla conservazione del pregresso tenore di vita corrispondente alla posizione economico-sociale
dei coniugi, e, nel rapporto con i figli, dei genitori ovvero risponde, in ambito di divorzio, al residuo dovere
di solidarietà post-coniugale, nei limiti segnati dalle Sezioni Unite nell’arresto del 2018.
Questa Corte in un precedente recentissimo (ordinanza n. 5393/2023) ha quindi affermato i seguenti
principi di diritto: “(a) in tema di legislazione emergenziale di contrasto alla pandemia da Covid-19, alle
“cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di
matrimonio o di affinità”, considerate rilevanti ai fini dell’eccezione alla sospensione generalizzata dei
termini processuali per effetto del D.L. n. 18 del 2020 , art. 83 , comma 3, lett. a), convertito con la L. n. 27
del 2020 , non possono esser equiparate le cause relative all’assegno divorzile, attesa l’impossibilità di
correlare l’assegno divorzile all’assegno alimentare, per l’evidente diversità dei fini e della natura dei due
assegni; (b) la successione delle norme processuali non può essere interpretata in modo da consentirne un
effetto retroattivo incidente sul diritto di difesa, per cui la previsione delle “eccezioni” alla sospensione dei
termini processuali, di cui alla normativa emergenziale stratificata nelle varie fasi di contrasto alla pandemia
da Covid-19, va rapportata allo stato del giudizio nel momento in cui i singoli procedimenti sono stati
espressamente inseriti tra le “eccezioni” dette; (c) poichè solo con l’ultima modifica dell’art. 83, dovuta alla
L. n. 70 del 2020 , di conversione del D.L. n. 28 del 2020 , nell’elenco delle eccezioni alla sospensione dei
termini processuali sono state aggiunte le “cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto
all’assegno di mantenimento, agli alimenti e all’assegno divorzile”, ne segue che l’innovazione va applicata
ai soli giudizi di tal genere nei quali la decorrenza del termine di impugnazione non risulti già sospesa, al
momento della entrata in vigore della citata legge di conversione, in forza della antecedente versione della
medesima norma”. In motivazione, si è chiarito che la successione delle norme nel tempo non può essere
interpretata in senso retroattivo, “perchè ne deriverebbe un pregiudizio all’altrui diritto di difesa, a fronte
della necessità di coordinare, invece, ogni mutamento delle norme processuali col principio del giusto
processo (art. 111 Cost.), del quale il diritto di difesa costituisce presidio essenziale”.
Ne deriva che, nel presente procedimento, a fronte di una pubblicazione del provvedimento impugnato del
28/2/2020, la decorrenza del termine lungo semestrale ex art. 327 c.p.c. era sospesa (dal 9/3
all’11/5/2020), per effetto dell’originaria disposizione del D.L. n. 18 del 2020 , art. 83 , comma 3, lett. a)
conv. in L. n. 27 del 2020 , non potendo applicarsi l’innovazione operata in sede di conversione con L. n. 70
del 2020 (in vigore solo dal 30/6/2020) del successivo D.L. n. 28 del 2020 (che ha esteso espressamente le
eccezioni anche alle cause relative agli assegni di mantenimento o divorzile).
2.3. Inoltre, operava la sospensione feriale dei termini ex l.749/1969 , contrariamente a quanto eccepito
dalla controricorrente, non rilevando che, in primo grado, il procedimento fosse stato trattato durante il
periodo feriale, ai sensi dell’art. 92 Ord. Giudiziario n. 12/1941, su istanza della parte di trattazione urgente.
Ma nel caso dell’impugnazione, l’urgenza si era esaurita, con conseguente applicabilità della sospensione
dei termini processuali, dal 1 al 31 agosto, dell’anno.
2.4. In definitiva, per effetto della doppia sospensione (dal 9/3/2020 all’11/5/2020 e dal 1/8/2020 al
31/8/2020) della decorrenza del termine lungo semestrale di impugnazione, la notifica del presente ricorso
per cassazione, effettuato il 9/11/2020, deve ritenersi tempestiva.
3. Tanto premesso, l’unica censura sollevata come vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5, è
inammissibile, avendo la Corte d’appello preso in esame il fatto storico rappresentato dal trasferimento
della B.B. con i figli presso un compagno, con l’avvio di una convivenza stabile, rilevando che non si trattava
di un fatto sopravvenuto, essendo già stato preso in considerazione dalle parti in sede di condizioni di
divorzio risalenti al 2014.
Tale assunto è stato confermato da questa Corte, che ha chiarito come, ai sensi della L. n. 898 del 1970 , art.
9 (così come modificato dalla L. n. 436 del 1978, art. 2 e dalla L. n. 74 del 1987, art. 13), le sentenze di
divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai
rapporti economici o all’affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la
rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane
viceversa esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile,
cosicchè l’attribuzione in favore di un ex coniuge dell’assegno divorzile non può essere rimessa in
discussione in altro processo sulla base di fatti anteriori all’emissione della sentenza, ancorchè ignorati da
una parte, se non attraverso il rimedio della revocazione, nei casi eccezionali e tassativi di cui all’art. 395
c.p.c. (Cass. n. 21049/2004 ; v. anche Cass.25 agosto 2005, n. 17320 ).
In sostanza, in forza della particolare natura del giudicato delle sentenze di divorzio, e delle successive
modifiche, deve ritenersi che le stesse passano in cosa giudicata “rebus sic stantibus”, rimanendo cioè
suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli, in relazione alla
sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte
nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il
dedotto e il deducibile (cfr. in tema Cass. 18528/2018 ).
La censura risulta, peraltro, anche inammissibile per carenza di autosufficienza.
4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio
di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi,
nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 , art. 13 , comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti
processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati
identificativi, in caso di diffusione del presente provvedim