Costituisce indebita diffusione dei dati personali l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale dell’ordine del giorno indicante posizioni debitorie di un condomino
Cassazione civile, sez. I, 07 Ottobre 2022, n. 29323. Pres. Genovese. Est. Caprioli.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30839/2020 proposto da:
C.G., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA
della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato * in forza di
procura speciale a margine del ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
S.G., CONDOMINIO IN (*), elettivamente domiciliati in ROMA *, presso lo studio
dell’avvocato * rappresentati e difesi dall’avvocato * come da procure speciali allegate
al controricorso;
– controricorrenti –
avverso SENTENZA di TRIBUNALE di BARI n. 3453/2020 depositata il 11/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2022 dal Consigliere
FRANCESCO TERRUSI.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza pronunciata l’11-11-2020 il Tribunale di Bari ha respinto la domanda di
risarcimento dei danni proposta ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 196 del 2003 da C.G.
nei confronti del Condominio di (*) e dell’amministratore S.G..
Secondo la postulazione, tali danni erano conseguiti all’illegittimo trattamento dei dati
personali determinato (i) dalla divulgazione, per mezzo di affissione in una bacheca
condominiale esposta alla possibile visione di terzi, di un avviso di convocazione
assembleare con relativo ordine del giorno indicante una richiesta di conciliazione a
riguardo di un decreto ingiuntivo, (ii) dalla successiva consegna ai condomini, per il
tramite di un’addetta alle pulizie, di un ulteriore documento, aperto e liberamente
leggibile, teso a chiarire il motivo della convocazione suddetta con specifico riguardo
alla posizione di C..
Il tribunale ha respinto la domanda ritenendo che l’attore non avesse adempiuto
all’onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati.
Tale trattamento ha anche ritenuto che fosse stato improntato al rispetto dei principi di
pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, volta che il dato inserito nell’ordine del
giorno era comunque utile per far conoscere all’assemblea il motivo della
convocazione.
Ha soggiunto che non era stato provato il fatto che terzi soggetti, al di fuori dei
condomini, avessero preso visione del documento, né che l’addetta alle pulizie avesse
potuto leggerlo sui fogli aperti.
Ha infine escluso che la lesione arrecata fosse grave e che il danno lamentato fosse
serio.
C. ha proposto ricorso per cassazione in quattro mezzi.
Gli intimati hanno replicato con controricorso.
Le parti hanno infine depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 72, 83, 182 c.p.c.,
D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 152, artt. 420 e 421 c.p.c. nella parte in cui il tribunale ha
consentito al condominio di sanare il vizio di costituzione nonostante codesto fosse
stato tempestivamente eccepito.
Il motivo è fondato.
II. – Dalla stessa sentenza emerge che l’attore aveva eccepito la nullità della procura ad
litem del condominio “sin dall’udienza dell’8-10-2014”.
Il tribunale ne ha disposto la sanatoria ai sensi dell’art. 182 c.p.c. con ordinanza del 28-
11-2018, dopo diverse udienze, e ha dato atto che infine il condominio aveva sanato il
vizio in conseguenza della detta ordinanza, a distanza di quattro anni dall’eccezione.
III. – Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale in tema di rappresentanza
nel processo, qualora una parte sollevi tempestivamente l’eccezione di difetto di
rappresentanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è
onere della controparte interessata produrre immediatamente, con la prima difesa utile,
la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi il
meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c., prescritto solo per
il caso di rilievo officioso (v. Cass. Sez. 1 n. 29244-21, Cass. Sez. 2 n. 22564-20, Cass.
Sez. 2 n. 24212-18).
A questo orientamento si è in effetti contrapposta la tesi alla quale hanno alluso i
controricorrenti nel dire che non devesi distinguere a seconda che il vizio sia rilevato
d’ufficio o eccepito dalla parte.
Ma la tesi è minoritaria.
Essa in definitiva assume che, pur a fronte della proposizione di specifica eccezione a
opera della controparte di difetto o di nullità della procura ad litem, la parte destinataria
non sia necessariamente tenuta a produrre immediatamente una procura che possa
ritenersi valida, spettando il rilievo dell’effettività della sussistenza di un vizio
invalidante, ai fini della conseguente necessità della sua regolarizzazione, solo al
giudice, che ha il compito, appunto, di rilevarlo e di assegnare alla parte, da ritenersi
onerata, il relativo termine, come prescrive l’art. 182, comma 2, del codice di rito (v. in
motivazione Cass. Sez. 2 n. 23958-20).
IV. – Questa tesi non merita adesione.
E’ in vero chiara la differenza che corre tra le due situazioni processuali, poiché ai sensi
dell’art. 182 deve promuovere la sanatoria il giudice che rilevi d’ufficio il difetto di
rappresentanza, assistenza o autorizzazione, ovvero il vizio che determina la nullità
della procura, proprio perché il vizio, sebbene esistente, non è stato eccepito; e tanto
deve fare assegnando alla parte un termine di carattere perentorio senza il limite delle
preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale.
A detta situazione non è minimamente equiparabile quella in cui, viceversa, il vizio sia
stato tempestivamente eccepito dalla controparte.
In questo caso l’opportuna documentazione in funzione sanante va prodotta
immediatamente, e non v’e’ necessità di assegnare un termine, salvo che questo non sia
motivatamente richiesto, proprio perché sul rilievo di parte l’avversario è comunque
chiamato a contraddire di per sé, in forza della stessa dinamica del processo e del
principio di eventualità che la sorregge.
Il principio di eventualità si fonda – come esattamente è stato sostenuto in dottrina –
sulla dialettica tra le parti informata al criterio di dipendenza. È in pratica ispirato
dall’oralità della trattazione, dietro la quale si cela l’esigenza di far valere prontamente
e congiuntamente tutti i mezzi difensivi che si richiedono rispetto alle eventualità date
dalle prospettazioni avversarie.
D’altronde anche le Sezioni unite hanno reso il senso della differenziazione sopra detta
rispetto all’art. 182 c.p.c., allorché hanno affermato che il difetto di rappresentanza
processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione senza che operino le
ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di
legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi
dell’art. 372 c.p.c.
Per l’appunto a corredo di tale principio, le Sezioni unite hanno precisato che, tuttavia,
“qualora il rilievo del vizio in sede di legittimità non sia officioso, ma provenga dalla
controparte, l’onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non
essendovi necessità di assegnare un termine che non sia motivatamente richiesto,
giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire” (Cass. Sez. U n. 4248-
16).
Sulla scorta dei citati principi il primo motivo deve trovare accoglimento, in quanto il
vizio della procura ad litem del condominio, a differenza di ciò che il tribunale di Bari
ha ritenuto, non poteva essere sanato sulla base della disciplina dettata dall’art. 182
c.p.c.
V. – I restanti motivi possono essere esaminati congiuntamente.
Col secondo si deduce la violazione degli artt. 2727, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 11, 15
e 152 D.Lgs. n. 196 del 2003, 2697 c.c., nella parte in cui il tribunale ha ritenuto non
provato il danno senza considerare la rilevanza degli elementi presuntivi sottesi.
La prima affermazione è intrinsecamente in contrasto con la ritenuta non eccedenza del
trattamento.
La seconda è in apicibus giuridicamente errata.
La terza è lapidaria e non correttamente argomentata, non foss’altro perché non tiene
conto dell’allegazione che era stata fatta così come emergente dal ricorso e dal
controricorso.
VIII. – Questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in
materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, prescrivendo
che il trattamento dei dati personali avvenga nell’osservanza dei principi di
proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati
stessi sono raccolti (v. Cass. Sez. 1 n. 18443-13), non consente che gli spazi
condominiali, aperti all’accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere
utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; ne
consegue che – fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di
propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali
l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore,
dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce
un’indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile ai sensi
degli artt. 11 e 15 del citato codice (v. Cass. Sez. 2 n. 186-11).
Il principio si coniuga con la precisazione che, ai sensi di legge, “dato personale”,
oggetto di tutela, è “qualunque informazione” relativa a persona fisica, giuridica, ente
o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente (Cass. Sez. 2 n. 17665-
18, Cass. Sez. 1 n. 15161-21).
È perfino ovvio, quindi, che in tale nozione debbano essere ricondotti i dati dei singoli
partecipanti a un condominio, seppur raccolti e utilizzati per le finalità di cui agli artt.
1117 e seg. c.c.
IX. – Certamente ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una
comunicazione di questi dati ai condomini, su iniziativa dell’amministratore in sede di
rendiconto annuale di assemblea, o nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse
nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, e anche su richiesta
di ciascun condomino, investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attività di
gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo facoltizza a richiedere
in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del
condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri
partecipanti (v. in proposito Cass. Sez. 3 n. 159313).
Tuttavia non può sostenersi che sia giustificata e non eccedente l’affissione in una
bacheca – esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero
indefinito di soggetti – di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo
stesso tribunale (“richiesta di conciliazione del sig. C. a riguardo di decreto ingiuntivo
subito per consuntivo anno 2010 (decisioni sulla causa in corso)”), in particolar modo
quando – come pure contraddittoriamente il tribunale dice avvenuto – l’avviso risulti
esser stato già comunicato a tutti i condomini.
Proprio l’avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l’ultroneità
dell’affissione in bacheca, e dunque l’eccedenza del trattamento rispetto al fine, sicché
da tal punto di vista l’impugnata sentenza non soddisfa minimamente la conclusione
infine ritenuta.
X. – Ne’ si può sostenere, nei termini così genericamente affermati dal giudice a quo,
che, palesata la situazione illecita e forniti gli elementi dai quali potersi presumere
l’effettività di un danno, vi fosse altro da dimostrare a onere del danneggiato.
Nell’art. 15 del codice in materia di dati personali il legislatore ha ritenuto opportuno
estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali, a mezzo di uno strumento
risarcitorio di grande ampiezza teso a garantire l’effettiva operatività della
corrispondente sanzione a carico del responsabile dell’illecito e la conseguente
maggiore incisività alla norma afferente.
In tema di danno non patrimoniale il danneggiato può ricorrere e anzi normalmente
ricorre – alla prova presuntiva, tenuto conto ella natura immateriale del bene della vita
concretamente leso (v. la fondamentale Cass. Sez. U n. 26972-08). Donde una volta
stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile
e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base
equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del
diritto leso.
XI. – Ora l’attore aveva allegato, per quanto si comprende, un danno non patrimoniale
correlato all’incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale, essendo egli un
avvocato con studio nel medesimo condominio ed essendo stata l’affissione esposta per
oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti.
L’allegazione era (ed è) più che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicché al
tribunale competeva di accertare se l’illecito fosse stato effettivamente commesso nei
termini detti, onde provvedere, di conseguenza, alla determinazione equitativa del
danno in proporzione alla lesione dell’interesse protetto.
Da questo punto di vista è apodittico, ai fini dell’art. 132 c.p.c., il rilievo secondo cui
sarebbero stati da escludere “recisamente” i connotati di gravità e di serietà della
lesione allegata.
Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. n. 196 del 2003
(codice della privacy) è determinato da una lesione del diritto fondamentale alla
protezione dei dati personali tutelato dagli artt. 2 e 21 Cost. e dall’art. 8 della CEDU.
Esso non si sottrae alla verifica della “gravità della lesione” e della “serietà del danno”,
in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex
art. 2 Cost., di cui quello di tolleranza della lesione minima è intrinseco precipitato (v.
Cass. Sez. 6-1- n. 17383-20, Cass. Sez. 3 n. 16133-14).
Ma è di tutta evidenza che una verifica in tal senso, per quanto rimessa al giudice del
merito, implica che sia pur sempre soddisfatto l’onere di una motivazione aderente alla
specificità dei fatti, e funzionale a render conto della conclusione sostenuta in rapporto
alla lesione concretata dal comportamento illecito specificamente individuato.
Questo è mancato del tutto, nella decisione impugnata, la quale dunque va cassata con
rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Il tribunale si uniformerà ai principi sopra evidenziati e provvederà anche sulle spese
del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Bari
anche per le spese del giudizio di cassazione.
Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità
e gli altri dati significativi.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2022