Adottabile il minore se la madre è incostante ed immatura

Cass. Civ., Sez. I, ord., 10 novembre 2022, n. 33148 – Pres. Acierno, Cons. Rel. Casadone
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CASADONE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso …/2021 proposto da:
A.A., (Omissis), elettivamente domiciliata in Torino, Via…, presso lo studio dell’avv…., che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.B., (Omissis), quale curatrice speciale della minore C.C., rappresentata e difesa dall’avv….;
– controricorrente –
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI
TORINO;
TUTORE PROVVISORIO IN PERSONA DEL COMUNE DI (Omissis);
– intimati –
avverso la sentenza n. ../2021 della Corte d’appello di Torino, depositata il 08/06/2021;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/10/2022 dalla Consigliera Dott.
Annamaria Casadonte.
Svolgimento del processo
Che:
1. A.A. impugna per cassazione la sentenza della corte d’appello di Torino che ha confermato quella
assunta dal tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta che aveva dichiarato lo stato
di adottabilità della figlia minore C.C. (nata il (Omissis)). 2. La cassazione della sentenza d’appello è
chiesta con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste nell’interesse della
minore C.C. il curatore speciale della stessa.
Motivi della decisione
Che:
3. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 9 e segg. e
art. 30 Cost.) si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la pronuncia impugnata per
avere dichiarato lo stato di adottabilità della minore C.C. in mancanza dei presupposti legali per
ravvisare l’esistenza di uno stato di abbandono, in senso materiale e morale, non determinato da
forza maggiore e non transitorio, violando il diritto della minore ad essere cresciuta ed educata
nell’ambito della propria famiglia naturale, nonchè dell’art. 30 Cost., che prevede il dovere e diritto
dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli.
4. Ad avviso della ricorrente la storia familiare problematica di cui è portatrice non sarebbe di per
sè sufficiente a fondare il giudizio di inidoneità nello svolgere il ruolo genitoriale.
5. Assume la ricorrente che la corte d’appello avrebbe omesso di considerare il positivo precedente
percorso comunitario di madre e figlia così come avrebbe omesso un’attività istruttoria finalizzata
ad accertare quali fatti concreti di pregiudizio erano stati posti in essere dalla madre e tali da
costituire sul piano morale e materiale indiscutibili prove di abbandono, definitivo non temporaneo
o transeunte da giustificare la soluzione estrema dell’interruzione del legame naturale mediante la
dichiarazione dello stato di adottabilità della minore.
6. Assume ancora la ricorrente di essere vittima di un pregiudizio, per essere la valutazione circa la
sua inidoneità genitoriale fondato sulla ctu svolta nel corso del giudizio riguardante la figlia
primogenita D.D. (nata il (Omissis)) figlia della A.A. e di E.E., nonostante che la decisione assunta
sulla base di quella ctu sia stato cassata dalla Suprema corte in quanto ritenuta inidonea a dimostrare
l’abbandono della figlia primogenita e l’assunzione del provvedimento dichiarativo dell’adottabilità.
7. Nella sentenza di primo grado, confermata dalla sentenza d’appello impugnata si fa frequente
rimando alle valutazioni ricavate dalla ctu svolta nel diverso procedimento riguardante la verifica
dei presupposti della dichiarazione di adottabilità di D.D. e riguardante le capacità genitoriali con
particolare riferimento alla sua inidoneità ed il suo disturbo borderline.
8. Così argomentando, secondo la ricorrente, non veniva considerato che, come aveva allegato,
l’allontanamento dalla comunità cui era stata inserita dopo la nascita di C.C. era non voluto ma
necessitato da esigenze di tutela la figlia minore dai possibili pregiudizi derivanti dal padre
biologico.
9. La censura è inammissibile perchè non si confronta con la ratio decidendi.
10. La sentenza dopo avere dato atto del seguito dell’annullamento da parte della cassazione della
prima sentenza della corte d’appello che dichiarava adottabile la minore D.D., ha ricostruito il
giudizio di rinvio nell’ambito del quale era stata disposta nuova CTU da parte della Dottoressa F.F.,
giudizio conclusosi con la sentenza della 2018, impugnata in cassazione e conclusa con la sentenza
della corte numero 27.206 del 2019 che aveva respinto l’impugnazione evidenziando l’insussistenza
di alcun favorevole segnale prognostico circa la possibilità di costruzione o di recupero delle
competenze genitoriali della A.A., la cui storia personale di deprivazione materiale ed affettiva le ha
impedito di accedere proficuamente ad un percorso terapeutico di sostegno alla genitoriali.
11. Su tale premessa la corte territoriale ha evidenziato “l’insussistenza di alcun pregiudizio non
potendosi che prendere atto della circostanza che la A.A. non ha mai posto rimedio alla propria
incostanza, immaturità, incapacità di reggere – in un periodo sufficientemente lungo –
nell’osservanza di un serio tentativo di recupero nel inidoneità genitoriale”. A fronte di tale ratio
decidendi nessun elemento oggettivo valutabile quale indice di segno contrario risulta essere stato
indicato dalla ricorrente.
12. Con riguardo poi all’asserito necessitato allontanamento della A.A. dalla comunità ove era
ospitata insieme alla figlia C.C. la sentenza ha dettagliatamente spiegato le ragioni per le quali detto
allontanamento, nel corso del quale le era stato manifestato sostegno e soccorso da servizi sociali che
lei aveva rifiutato (cfr. pag. 11 della sentenza), non poteva essere ricondotto a causa di forza
maggiore ma confermava, ancora una volta, i limiti dell’incapacità della madre di prendersi cura
della minore.
13. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il mancato esame
di punti decisivi ovvero la mancata valutazione delle condizioni soggettive ed oggettive della
ricorrente all’epoca dell’apertura della procedura di adottabilità della minore C.C., nonchè
nell’omessa valutazione della positiva evoluzione del percorso personale intrapreso dalla ricorrente
rispetto alla capacità genitoriale e alla sua condizione pregressa e comunque per non aver indagato
in concreto in ordine alle conseguenze negative sulla relazione con la figlia C.C., derivanti dalla
rescissione del vincolo madre figlia nonchè il buon rapporto con il figlio minore G.G. (nato il
(Omissis)) terzogenito, e per il quale pende giudizio di appello in relazione alla sentenza di primo
grado anch’essa dichiarativa dello stato di adottabilità del minore.
14. La censura è inammissibile perchè anche in tal caso non si confronta con la ratio decidendi
individuata dalla corte d’appello.
15. La corte territoriale, infatti, ha dato atto delle iniziative poste in essere dopo che nel (Omissis) si
erano verificati gli allontanamenti della madre dalla struttura dove era ospitata insieme alla figlia
C.C., utilizzando a tal fine le relazioni sociali dell'(Omissis), di quella datata (Omissis), iniziative che
miravano a sostenere la A.A. nel periodo in cui era impegnata al primo accudimento del terzogenito
G.G..
16. Sulla scorta di tali relazioni la corte territoriale ha evidenziato la refrattarietà della A.A. ai
supporti sociali e psicologici dagli operatori puntualizzando che “nel caso in esame tutti i servizi
coinvolti hanno profuso ogni risorsa ed ogni energia nel tentativo di recuperare le capacità
genitoriali senza alcun successo; occorre quindi considerare esclusivamente l’interesse prioritario
della minore che ha già operato un totale disinvestimento della relazione con la madre avendo
trovato altre diverse figure di riferimento”.
17. Tale ratio decidendi, coerente ai principi giurisprudenziali della Corte (cfr. Cass. 1837/2011; id.
881/2015, id. 6137/2015) non è attinta dalla censura in esame.
18. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 10) si censura la
sentenza della corte di merito per non avere accolto le istanze istruttorie della ricorrente e,
segnatamente, per non aver disposto CTU sulle capacità genitoriali attuali della A.A. e la relazione
madre-figlia, per non aver disposto l’acquisizione di documenti richiesti e per non avere disposto
l’audizione degli operatori sociali e della psicologa Dottoressa H.H. e I.I.. 19. La censura è
inammissibile per difetto di specificità e perchè non attinge la ratio decidendi della sentenza
impugnata.
20. La corte di merito, come già sopra specificato, non ha deciso sulla base della CTU del (Omissis)
svolta nel procedimento riguardante la primogenita D.D. prima dell’annullamento da parte della
Corte di Cassazione della sentenza emessa nel 2016 dalla corte d’appello, ma ha valutato l’inidoneità
genitoriale della A.A. sulla scorta della ctu della Dott.ssa F.F. e delle relazioni successive, tutte
dettagliatamente indicate nella sentenza impugnata nella parte ricostruttiva della vicenda e
contenenti precisi riferimenti a fatti accertati nel corso del tempo e non smentiti da dati concreti di
segno diverso. Pertanto, la decisione assunta dalla corte di merito non si fonda sulla patologia
psichiatrica della A.A., ma sulla rilevata incapacità genitoriale pur a fronte dei numerosi sostegni
offertile in vista di un possibile recupero compatibile con le esigenze morali e materiali necessarie
alla sana crescita della figlia minore C.C..
21. Con il quarto motivo (violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d)) si censura la sentenza
impugnata per la mancata valutazione della possibilità di applicare i principi di diritto in materia di
adozione cd. mite.
22. La doglianza è inammissibile perchè censura il giudizio di fatto argomentato e motivato reso
dalla corte di merito sul punto (cfr. pag. 19 e 20 della sentenza impugnata) alla luce dei principi
interpretativi tratteggiati nei citati precedenti di legittimità (Cass., n. 3643/2020; id., n. 1476/2021) ed
ha concluso per l’esclusione di alcun interesse di C.C. a un legame con la madre biologica; ha ritenuto
che non possa affermarsi una solo parziale compromissione dell’inidoneità genitoriale ovvero la
sussistenza di una condizione di semi abbandono; ad avviso della corte di merito il percorso degli
incontri in luogo neutro è stato protratto sin troppo a lungo e non ha portato ad un miglioramento
delle capacità genitoriale nè ad un approfondimento del legame. La ripresa dei contatti con la
genitrice attiverebbe in C.C., secondo la corte distrettuale, sentimenti di precarietà e di provvisorietà,
pregiudizievoli alla creazione di un sano e rassicurante legame di appartenenza alle figure
genitoriali adottive, che impedirebbero anche il superamento delle difficoltà già affrontate per i
trasferimenti di collocazione e per il mutamento delle figure di accudimento.
23. Si tratta di un apprezzamento del giudice del merito che viene attinto come violazione di legge
senza tuttavia esaminarne il contenuto precettivo della norma asseritamente violata e senza
raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, non potendosi
demandare alla Corte il compito di individuare i punti della sentenza che si pongono in contrasto
con esso (cfr. Cass., 26/1/2004, n. 1317; id., 8/11/2005, n. 21659; id., 19/10/2006, n. 22499; id., 16/1/2007,
n. 828; id.,15/01/2015, n. 635; id., Sez. Un., n. 23745/2020).
24. Il ricorso è dunque inammissibile.
25. Attesa la natura dei rapporti fra le parti sussistono giusti motivi per la compensazione integrale
delle spese di lite.
25. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati
identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 52.
Conclusione
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2022