L’assegnazione della casa familiare rileva oppure no ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento?

Cass. Civ., Sez. I, Ord., 21 settembre 2022, n. 27599
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
G.A., elettivamente domiciliato ad … presso lo studio dell’avv. I. P., che lo rappresenta e difende in
virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Gr. La., elettivamente domiciliata in Roma, via .., presso lo studio dell’avv. G. P., che a rappresenta
e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n. 822/2018, depositata il 20/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/03/2022 dalla Dott.ssa
ELEONORA REGGIANI;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 822/2018, depositata il 20/11/2018, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato
l’impugnazione proposta da G.A. contro la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della
stessa città aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi, addebitandola al marito, per avere
intrattenuto una relazione extraconiugale, e aveva posto a carico della stesso il contributo a
mantenimento della moglie (Euro 350,00 mensili) e della figlia minorenne (Euro 350,00 mensili),
affidata ad entrambi i genitori, assegnando l’abitazione familiare alla moglie e adottando altre
statuizioni.
Avverso tale decisione, G.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Gr.La. si è difesa con controricorso, depositando anche memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta l’omessa o insufficiente motivazione, nonchè la violazione
dell’art. 116 c.p.c., comma 1, sul punto decisivo della controversia relativo all’accertamento (anche
in via comparativa) della causa dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, posta a
fondamento della richiesta di addebito della separazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1,
n. 5).
Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., comma 2, nonchè
l’omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo per il giudizio, in relazione al capo della
decisione impugnata riguardante la determinazione dell’assegno di mantenimento in favore della
moglie.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., e in
particolare la violazione del principio dell’unità processuale fra il primo e il secondo grado di giudizio
e del diritto di difesa, in relazione alla mancata valutazione del fatto che la moglie si era decisa ad
attivarsi per inserirsi nel mondo del lavoro solo a seguito delle censure del ricorrente in ordine alla
sua inerzia, come si ricavava dalla documentazione giustificativa sopravvenuta prodotta in appello.
Con il quarto motivo di impugnazione è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92
c.p.c., e art. 132 c.p.c., n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in
riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per l’intervenuta condanna del ricorrente al pagamento
delle spese di lite nonostante la controparte fosse anch’essa soccombente e senza considerare il valore
effettivo della controversia, decisamente inferiore a quello presunto in base ai parametri applicati.
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
2.1. Si deve premettere che, la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), come risultante
all’esito delle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), (conv. con
modif. in L. n. 134 del 2012) ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del
sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge.
La riformulazione deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12
preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
E’, dunque, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di
legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il
vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze
processuali.
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con
riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo
dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile
contraddittorietà e dell’illogicità manifesta), ossia il controllo riferito a quei parametri che
determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che
emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. Cass., Sez. U, n.
8053/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248/2020).
Questa Corte ha, così, precisato più volte che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5), non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della
motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in
via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4),
che è da ritenersi violato, quando la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente,
ovvero risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della
decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè
perplessa ed obiettivamente incomprensibile), concretandosi, in tal caso, una nullità processuale
deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) (così Cass., Sez. U, n.
22232/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, n. 22598/2018; Cass., Sez. L, n. 27112/2018; Cass., Sez. 6-L, n.
16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017).
2.2. Nel caso di specie, dalla illustrazione del motivo di ricorso si evince con chiarezza che il
ricorrente ha prospettato la presenza, in plurimi punti della decisione, di una motivazione
insufficiente, illogica o apparente, ma in realtà, quello che compie è una generalizzata critica di
inadeguatezza della stessa, come tale inammissibile per i motivi appena evidenziati.
2.4. Anche il riferimento alla violazione dell’art. 116 c.p.c., non supera il vaglio di ammissibilità.
Com’è noto, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c., è ammissibile solo ove si alleghi che
il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in
assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di
attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente
risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta
ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente
apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il proprio
prudente apprezzamento della prova, anche senza valutare alcuni elementi rilevanti, la censura è
ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma solo nei rigorosi limiti in cui
esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (v. da ultimo Cass., Sez. U, n.
20867/2020 e Cass., Sez. 6-2, n. 27847/2021).
E, in effetti, la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività
riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in
ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (così Cass., Sez. 2,
n. 20553/2021; v. anche Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15276/2021).
2.5. Nel caso di specie parte attrice ha contestato la valutazione delle risultanze istruttorie operate
nella sentenza impugnata, criticando gli approdi a cui è pervenuta, così pervenendo ad una censura
inammissibile anche sotto il profilo della violazione dell’art. 116 c.p.c.
3. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte fondato.
Tale motivo comprende la critica della decisione sull’assegno di mantenimento della moglie, posto a
carico del ricorrente, per vizio di motivazione e per violazione di legge (l’art. 156 c.c.).
A prescindere dalla generica e inammissibile critica alla valutazione delle risultanze istruttorie
operata dal giudice di merito, parte ricorrente ha, in particolare, censurato: 1) il mancato rilievo
attribuito, ai fini della considerazione delle condizioni economiche della controricorrente, alla
rinuncia di quest’ultima a far valere le pretese successorie nei confronti della sorella, nominata erede
universale del padre, erroneamente ritenuta dedotta tardivamente in appello e comunque
dall’indimostrata influenza ai fini della decisione; 2) la mancata considerazione del fatto che la
controricorrente, genitore con prevalenza collocatario della figlia minore, fosse assegnataria della
casa familiare di proprietà di entrambi i coniugi.
3.1. Le censure riferite ad entrambi i punti della decisione sono inammissibili per la parte in cui
lamentano un vizio motivazionale, tenuto conto che le critiche si risolvono in inammissibili
contestazioni delle valutazioni di merito, illustrate e argomentate nella decisione impugnata e non
condivise dal ricorrente.
3.2. E’ inammissibile anche la censura di violazione di legge, riferita all’art. 156 c.c., nella parte in
cui la Corte d’appello non ha dato rilievo alla vicenda successoria della controricorrente ai fini della
valutazione delle condizioni economiche della stessa.
Si consideri che il ricorrente ha invocato precedenti giurisprudenziali che attengono a beni acquisiti
per successione ereditaria dopo la separazione, rilevanti ai fini della valutazione delle capacità
economiche della parte, allegando che, nella specie, la decisione impugnata si pone in contrasto con
tale orientamento del giudice di legittimità.
Tuttavia, dalle stesse sue allegazioni, oltre che dalla sentenza oggetto di censura, si evince con
chiarezza che la controricorrente non ha acquisito alcun bene per successione, essendo stata nominata
la sorella, e non lei, erede universale del padre.
In sintesi, nessun bene è stato acquisito per successione dalla ricorrente, sicchè gli argomenti fatti
valere dal ricorrente non appaiono conferenti all’oggetto della decisione.
3.3. E’, invece, fondata la censura riferita alla dedotta violazione dell’art. 156 c.c., nella parte in cui
è criticata la ritenuta irrilevanza, ai fini della valutazione di an e quantum dell’assegno di
mantenimento in favore della contro ricorrente, dal fatto che quest’ultima avesse ottenuto
l’assegnazione della casa familiare, di proprietà di entrambi i coniugi, in ragione del collocamento
prevalente della figlia minore presso di lei.
La Corte di merito ha ritenuto di non dover valutare tale utilità, comunque goduta dalla
controricorrente, perchè le statuizioni sull’assegnazione della casa sono poste nell’esclusivo interesse
dei figli.
Tuttavia, a prescindere da tale indiscussa funzione della statuizione in esame, finalizzata a conservare
l’habitat familiare dei minori, non può negarsi che la menzionata statuizione ha dei riflessi economici,
anche se il bene appartiene ad entrambi i coniugi, perchè consente al genitore collocatario di evitare
le spese per reperire una nuova abitazione, che invece deve essere ricercata dall’altro genitore, che
non può godere del bene di cui è comproprietario.
Come di recente affermato da questa Corte, con orientamento in questa sede condiviso, nell’adottare
le statuizioni conseguenti alla separazione, deve attribuirsi rilievo anche all’assegnazione della casa
familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere
nell’ambiente domestico, indubbiamente costituisce un’utilità suscettibile di apprezzamento
economico, anche quando il coniuge separato assegnatario dell’immobile ne sia comproprietario,
perchè il godimento di tale bene non trova fondamento nella comproprietà dello stesso, ma nel
provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell’altro coniuge di
disporre della propria quota e si traduce, per esso, in un pregiudizio economico, valutabile ai fini della
quantificazione dell’assegno dovuto (così Cass., Sez. 1, n. 20858/2021; v. anche Cass., Sez. 6-1, n.
25420/2015 e Cass., Sez. 1, n. 4203/2006). La censura deve pertanto essere accolta ne limiti appena
indicati.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 345 c.p.c., in ragione dell’intervenuta acquisizione solo
in appello di documenti che dimostrano il conseguimento da parte della moglie diplomi di formazione
e abilitazione.
Dalla illustrazione del motivo si evince, però, con chiarezza che non è censurata l’acquisizione al
processo della menzionata documentazione, che è espressamente descritta come sopravvenuta, ma
viene stigmatizzata la mancata considerazione da parte del giudice di appello della condotta della
controparte che, secondo la prospettazione del ricorrente, ha vinto la sua inerzia nel ricercare
un’occupazione lavorativa solo in pendenza di giudizio, quando il marito le ha contestato tale
inattività.
E’ dunque evidente che nessuna violazione dell’art. 345 c.p.c., è concretamente prospettata, essendo
dedotte critiche al giudizio di merito.
5. Il quarto motivo è assorbito dall’accoglimento, nei limiti sopra indicati, del secondo motivo di
impugnazione.
6. In conclusione, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso nella parte relativa alla mancata
considerazione dell’assegnazione della casa familiare ai fini della determinazione dell’assegno di
mantenimento in favore della controricorrente e, assorbito il quarto motivo, dichiarate inammissibili
tutte le altre censure, la decisione deve essere cassata nei limiti dell’impugnazione accolta e la causa
deve essere rinviata, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di
appello di Reggio Calabria in diversa composizione.
7. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella
decisione, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione (mancata
considerazione dell’assegnazione della casa familiare ai fini della determinazione dell’assegno di
mantenimento in favore della controricorrente) e, assorbito il quarto motivo, dichiarate inammissibili
tutte le altre censure, cassa la sentenza impugnata nei limiti della impugnazione accolta e rinvia la
causa, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di
Reggio Calabria in diversa composizione;
dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omesse le generalità delle parti e dei
soggetti menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di
Cassazione, il 11 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2022