Le condotte contrarie ai doveri del matrimonio legittimano la pronuncia di addebito

Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 11 maggio 2022 n. 602 – Pres. Parisoli, Giud. Est. Meoli

TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
SEZIONE I CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale, nelle persone dei Magistrati:
1) Dott. Francesco Parisoli – Presidente
2) Dott. Damiano Dazzi – Giudice
3) Dott. Lorenzo Meoli- Giudice est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. R.G. …/2021 vertente tra:
TRA
X , con l’avv….;
– RICORRENTE
E
Y;
– RESISTENTE CONTUMACE
E
PM PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
– INTERVENTORE EX LEGE
CONCLUSIONI
All’udienza del 5/5/2022, il procuratore di parte ricorrente ha concluso come in atti, rinunciando ai
termini ex art. 190 c.p.c.
PREMESSA
Con ricorso del 30/07/2021, X ha convenuto in giudizio Y per chiedere che sia dichiarata la loro
separazione.
A tal fine ha allegato che le parti hanno tre figli, di cui due minorenni, e che dall’epoca della
separazione non si sono riconciliate.
Ha, inoltre, prospettato che la fine del matrimonio sarebbe stata causata dal marito, che ha
abbandonato la casa coniugale e inflitto alla ricorrente violenze e vessazioni.
Ha, pertanto, chiesto l’addebito della separazione al marito, l’affidamento esclusivo dei figli, e che il
resistente sia condannato a contribuire al mantenimento dei figli A. e F. con l’importo mensile di €
400.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Domanda di separazione
La domanda di separazione è fondata.
È noto che, ai sensi dell’art. 151, co. 1, c.c., «la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la
prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole».
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la separazione deve trovare causa e giustificazione
in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fatto psicologico squisitamente
individuale, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine assumono
rilievo sia il vero e proprio conflitto tra i coniugi, sia la semplice disaffezione al matrimonio di una
sola delle parti, purché la stessa sia verificabile in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il
comportamento processuale, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di
conciliazione, a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità (Cass. 8713/2015).
Ebbene, nel caso in esame, questi presupposti sono di certo integrati.
Nel corso del processo, infatti, è emersa l’esistenza di una crisi del rapporto tra le parti di tale gravità
da escludere la possibilità che si ricostituisca la comunione di intenti e di sentimenti che costituisce
l’indispensabile presupposto del matrimonio. Ciò si ricava, in particolare: dalle accuse mosse dalla
ricorrente al resistente; dall’interruzione della convivenza tra le parti; dal disinteresse mostrato da
parte resistente alla presente procedura. Tutti questi elementi comprovano il venir meno di ogni
forma di comunione materiale e spirituale tra i coniugi, per cui deve essere dichiarata la loro
separazione personale.
2. Richiesta di addebito
La domanda di addebito avanzata dalla ricorrente è fondata.
Sul punto, va premesso che l’addebito della separazione è disciplinato dall’art. 151, co. 2, c.c.,
secondo cui «il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia
richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario
ai doveri nascenti dal matrimonio».
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, tale dichiarazione presuppone l’accertamento
dell’attuazione volontaria e consapevole, da parte di un coniuge, di un comportamento contrario ai
doveri del matrimonio, cui sia ricollegabile l’irreversibile crisi del rapporto (Cass. n. 25843/2013); la
prova di tale comportamento grava, ovviamente, sul coniuge che chieda l’addebito (cfr. Cass.
2059/2012).
Nel caso per cui si procede, la ricorrente ha allegato di aver subito violenze dal marito, producendo
copia di un referto medico (doc. 3) e della successiva querela sporta contro di lui (doc. 4).
Dal momento che il resistente non è comparso e non ha giustificato alcun modo le circostanze che
emergono dal referto, il Collegio ritiene di poter accogliere la domanda della ricorrente.
Peraltro, tale domanda potrebbe essere accolta anche semplicemente perché la ricorrente ha riferito
che il marito ha abbandonato la casa coniugale, e il resistente – non costituendosi – non ha potuto
giustificare la circostanza.
Di conseguenza, il Y risulta aver in ogni caso violato l’obbligo di convivenza nascente dal
matrimonio.
3. Affidamento dei figli minori
Ai sensi dell’art. 337- ter, co. I e 2, c.c., in caso di separazione o divorzio, «il figlio minore ha il diritto di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di
cui all’articolo 337 bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento
all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati
a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della
loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve
contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli».
E noto che, secondo giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, tale disposizione va
interpretata nel senso che l’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori costituisce la regola,
derogabile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, come nel
caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere
l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori ed abbia esercitato in modo discontinuo il suo
diritto di visita, in quanto tali comportamenti sono sintomatici della sua inidoneità ad affrontare
quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il
quale il figlio non coabiti stabilmente (cfr. Cass. 26587/2009).
Nel caso per cui si procede, vista l’irreperibilità del resistente, occorre disporre l’affido esclusivo alla
madre del figlio Fedi, stabilendo altresì che il padre potrà incontrare il minore solo con
l’intermediazione dei Servizi Sociali.
4. Mantenimento dei figli
Ai sensi dell’art. 337-ter, Co. 4, c.c., «salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei
genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce,
ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da
determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di
convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche
di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o
dal giudice».
La madre provvederà al mantenimento dei figli in via diretta, in quanto collocataria prevalente. Il
padre dovrà invece provvedere tramite versamento di un assegno mensile, che andrebbe
determinato secondo i parametri appena citati. Tuttavia, nel caso per cui si procede non è stato
dedotto o provato nulla in ordine al tenore di vita matrimoniale o alle altre circostanze indicate dalla
norma, sicché gli unici parametri possono essere costituiti dall’età dei figli e dalle condizioni
economiche della madre.
Di conseguenza, il Collegio ritiene che gli importi, peraltro abbastanza esigui, chiesti dalla ricorrente
(€ 200 per figlio) siano adeguati per una ragazza maggiorenne e un ragazzo di quindici anni.
5. Spese
Le spese vanno poste a carico del resistente, vista la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
• dichiara la separazione personale dei coniugi;
• addebita la separazione al resistente;
• affida il figlio minore alla madre, stabilendo che le visite paterne siano organizzate a cura e
con l’intermediazione dei Servizi Sociali;
• pone a carico del padre l’obbligo di corrispondere alla madre, entro e non oltre il giorno 5 di
ogni mese, la somma mensile di € 400 per il mantenimento dei figli, somma che andrà
automaticamente ed annualmente adeguata secondo gli indici Istat; pone altresì a carico del
padre l’obbligo di sostenere il 50% delle spese straordinarie dei figli, da determinarsi secondo
il protocollo del Tribunale di Reggio Emilia;
• condanna il resistente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in € 100 per spese, €
2.800 per onorari, più spese generali, Iva e Cpa.
Reggio Emilia, 5/5/2022
Il Presidente
Francesco Parisoli
Il Giudice est.
Lorenzo Meoli
Pubblicazione il 11/05/2022