Affido esclusivo alla madre se il padre si è reso inadempiente rispetto alle statuizioni economiche

Cass. Civ, Sez. I, Ord., 11 ottobre 2021, n. 27591
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso 2770/2018 proposto da:
P.J.M., domiciliato in Roma piazza Cavour presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione
rappresentato difeso dall’avvocato C. D., giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
M.N.M.;
– intimata –
avverso la sentenza numero 435 del 2017 della Corte di Perugia depositata il 09/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2021 dal cons. Dott.
TRICOMI LAURA;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO
ALBERTO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
CHE:
Nel giudizio di separazione personale tra P.J.M. e M.N.M., la Corte di appello di Perugia, con la
sentenza depositata il 09/06/2017, ha confermato la decisione di primo grado emessa dal Tribunale
di Perugia.
Per quanto interessa, la Corte di appello ha ribadito la pronuncia di addebito della responsabilità della
separazione personale al marito e l’esclusione di addebito per la moglie, così come la previsione e la
quantificazione dell’assegno di mantenimento in Euro 100,00= mensili in favore di M.; ha, inoltre,
confermato l’affido esclusivo del figlio minore E.D. alla madre, sulla considerazione che il padre si
era reso inadempiente rispetto alle statuizioni economiche, evitando di versare un qualsiasi contributo
per il mantenimento del bambino, tanto che a suo carico era stato aperto un procedimento penale ex
art. 570 c.p.
P. ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi; M. è rimasta intimata.
Il PG ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione
CHE:
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 151 e 2697
c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 sul punto della conferma
della sentenza di primo grado, laddove questa aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi
con addebito al marito.
1.2. Il motivo è inammissibile perchè sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa
applicazione di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mira, in realtà, ad una
rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. n. 34476 del 27/12/2019)
1.3. Come più volte chiarito dalla S.C., il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una
erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una
norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa,
l’allegazione – come prospettato nella specie da parte del ricorrente – di una erronea ricognizione della
fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, è esterna all’esatta interpretazione delle norme
di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede
di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, tutte le volte in cui (a differenza che per la
prima ipotesi) sia contestata la valutazione delle risultanze di causa. Da una parte, dunque, si pone la
violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie
normativa; dall’altra, l’erronea applicazione della legge in ragione della carente o erronea
ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. n. 16698 del 16/7/2010; Cass. n. 5207 del 4/3/2010).
Per quanto attiene alla ricostruzione della fattispecie concreta, va, poi, considerato che “l’art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2 riguarda un vizio
specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-
naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili
le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo.” (Cass. n.
22397 del 06/09/2019).
Va rimarcato, altresì, che “Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle
prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, nè gli è
richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti
e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma
logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le
prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le
tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata
e con l’iter argomentativo svolto.” (Cass. n. 29730 del 29/12/2020; Cass. n. 3601 del 20/02/2006) e
che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei
documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla
credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice
del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione
di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza
essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo
ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.” (Cass. n. 16056 del
02/08/2016; Cass. n. 19011 del 31/07/2017; Cass. 29404 del 07/12/2017).
1.4. Nel caso in esame, la Corte di appello ha fondato la pronuncia di addebito a carico di P. sulla
condizione di soggezione indotta nella moglie mediante artate restrizioni economiche conseguenti al
fatto che i proventi della di lei attività lavorativa venivano versati nel conto corrente bancario intestato
e gestito unicamente al marito, sicchè ella era costretta a rivolgere ogni richiesta finanziaria a questi,
che spesso le faceva mancare i mezzi economici necessari per le esigenze della vita quotidiana tanto
che si era dovuta rivolgere spesso ad altri per assicurarsi il sostentamento alimentare minino; questa
situazione è stata accertata sulla scorta del puntale esame delle risultanze istruttorie, individuando il
nesso causale tra i comportamenti maritali deteriori, offensivi della dignità della donna, e la crisi
coniugale secondo un percorso logico/giuridico immune da vizi.
Il ricorrente propone una censura per violazione di legge e critica la valutazione compiuta dalla Corte
di appello in merito alla documentazione versata in atti dalla moglie ed a quella dallo stesso introdotta
in causa – a suo dire, trascurata e tale da indurre opposte conclusioni -, nonchè alle deposizioni
testimoniali acquisite, sollecitandone un riesame conforme alle proprie aspettative, senza tuttavia
indicare alcun fatto decisivo per il giudizio di cui sia stato omesso l’esame, ma svolgendo
argomentazioni che supporta esclusivamente propugnando contrapposte interpretazioni del materiale
probatorio acquisito, con evidenti ricadute in termini di inammissibilità del motivo.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c., in
relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 sul punto del rigetto della domanda di addebito della
responsabilità della separazione alla moglie.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe omesso di valutare le prove testimoniali dalle
quali emergeva – a suo dire con evidenza che la moglie intratteneva una relazione extraconiugale
iniziata durante il matrimonio, prima della separazione.
2.2. Il motivo è inammissibile perchè, formulato come violazione di legge, sollecita un riesame delle
risultanze istruttorie conforme alle aspettative del ricorrente (in proposito si richiamano i principi
rammentati sub 1.3.) e perchè non coglie la ratio decidendi fondata sull’accertata responsabilità
causale della condotta del marito nella crisi matrimoniale, antecedente alle condotte contestate alla
M..
3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., in relazione
all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo dell’omessa considerazione del tenore di vita tenuto
dai coniugi in costanza di matrimonio e della mancanza di prova circa una condizione deteriore della
moglie, ai fini del mantenimento.
Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia respinto la relativa domanda assumendo che P.
avesse richiesto l’esclusione dell’assegno di mantenimento solo sulla base della richiesta di pronuncia
di addebito della separazione a carico della moglie “non contestando invece il relativo importo sulla
base delle rispettive condizioni economiche delle parti” (fol. 5 della sent. imp.).
3.2. Il motivo è inammissibile perchè carente sul piano della specificità.
L’articolata censura non smentisce – ed anzi conferma l’affermazione della Corte di appello – posto
che il ricorrente si limita a sostenere di avere censurato la decisione di primo grado perchè il
riconoscimento dell’assegno era avvenuto su presupposti del tutto errati perchè fondata “sul
comportamento asseritamente da lui posto in essere in epoca successiva alla separazione, consistita
nell’essersi sottratto ai propri obblighi nei confronti del figlio” (fol. 8 del ricorso), doglianza che non
fa alcuna menzione di quanto denunciato in sede di ricorso per cassazione, senza nemmeno riportare
gli specifici motivi di gravame, come sarebbe stato suo onere in osservanza dell’obbligo di specificità
del motivo ex art. 366 c.p.c., quanto meno nei passaggi significativi, al fine di vincere l’apparente
novità delle questioni introdotte (Cass. n. 17049 del 20/08/2015).
4.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 337 quater, comma
1, c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato escluso l’affidamento condiviso
del figlio.
4.2. Il quarto motivo è parimenti inammissibile nel suo complesso.
4.3. La Corte di appello, nel confermare la statuizione di primo grado in ordine all’affido esclusivo
del figlio alla madre, ha attribuito decisivo rilievo alla violazione dell’obbligo di concorrere al
mantenimento di entrambi gravante sul P. che, all’esito della separazione, aveva tenuto un
comportamento “sempre teso ad evitare qualsiasi esborso di denaro per il figlio, sottraendosi, in
questo modo ai suoi obblighi come genitore” (fol. 6 della sent. imp.) ed ha rimarcato che le
giustificazioni da lui addotte in ordine ad una situazione di difficoltà economica non potevano
giustificare il suo totale disinteresse per il figlio, rispetto al quale aveva evitato di versare qualsiasi
contributo per il mantenimento – tanto che era stato aperto a suo carico un procedimento penale ex
art. 570 c.p. – ed ha stigmatizzato la circostanza che era giunto “fino al punto di farsi licenziare
nell’imminenza dell’udienza fissata per la separazione così da risultare disoccupato” (ibidem).
4.4. Orbene, questa Corte ha già osservato come la regola dell’affidamento condiviso dei figli ad
entrambi i genitori, già prevista dall’art. 155 c.c., ed oggi ribadita dall’art. 337-ter medesimo codice,
con riferimento alla separazione personale dei coniugi, è derogabile solo ove la sua applicazione
risulti pregiudizievole per l’interesse del minore (cfr., ex aliis, Cass. n. 977 del 2017; Cass. n. 24526
del 2010; Cass. n. 26587 del 2009; Cass. n. 16593 del 2008). Ciò si verifica nel caso di esercizio in
modo discontinuo del diritto di visita, come anche, per quanto di specifico interesse nell’odierna
vicenda, nell’ipotesi di totale inadempimento all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento
in favore del figlio minore (cfr. Cass. n. 26587 del 2009; Cass. n. 22695 del 11/08/2021).
4.5. La valorizzazione, da parte della corte umbra dell’ingiustificata inosservanza dell’obbligo di
mantenimento predetto da parte del padre, nel periodo preso in considerazione, appare, dunque,
pienamente coerente coi suindicati principi, dovendosi, qui, solo ricordare che, già alla stregua
dell’art. 155-bis c.c., comma 1, (poi abrogato dal D.Lgs. n. 154 del 2013), ed oggi dell’art. 337-quater
medesimo codice, al giudice è consentito disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori con
“provvedimento motivato”: la corte suddetta, dunque, si è certamente conformata a questa
prescrizione, recando la sentenza oggi impugnata argomentazioni atte a giustificare la conferma
dell’affidamento esclusivo.
4.6. Per il resto, la censura si risolve, essenzialmente, nella prospettazione, affatto inammissibile, di
un vizio motivazionale denunciato in modo inappropriato, posto che, come si è già in precedenza
ricordato, il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, preclude contestazioni in ordine alla valutazione
delle risultanze istruttorie, mentre non risulta indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame.
5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimata.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti
e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L.n. 228 del
2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello,
ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del
20/9/2019).

P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e
dei soggetti in esse menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.