Assegno di divorzio per i sacrifici fatti per la famiglia.

Tribunale di Venezia,22 maggio 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VENEZIA
II SEZIONE CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale, riunito in Camera di
Consiglio nella persona dei Giudici:
DOTT. SILVIA FRANZOSO PRESIDENTE
DOTT. IVANA MORANDIN GIUDICE RELATORE
DOTT. GIOVANNI FRANCESCO PERILONGO GIUDICE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa da
M.A., (C.F. .. ), con l’avv. VISENTIN MARTA
CONTRO
T.R.M., (C.F. ..), con l’avv. CABURAZZI MARIA
E CON L’INTERVENTO DEL
PUBBLICO MINISTERO
OGGETTO: Divorzio contenzioso – Scioglimento matrimonio
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
Per il ricorrente: “In via principale: 1. dichiararsi lo
scioglimento del matrimonio civile celebrato tra le parti in Spinea,
l’11.09.1988, con atto trascritto nel Registro degli Atti di
matrimonio del Comune di Spinea al n. 16 parte I, Anno 1988
ordinando al competente Ufficiale di Stato Civile di annotare
l’emananda sentenza nei prescritti registri esonerandolo da ogni
responsabilità in merito; 2. confermarsi la revoca dell’assegno di
mantenimento di € 500,00 me nsili previsto nelle condizioni di
separazione a titolo di contributo al mantenimento della figlia B. e
del 50% delle spese straordinarie per la stessa a far data da quando
si è stabilizzato il rapporto di lavoro di quest’ultima (1.1.2019)
o, in subordine, dal deposito del presente ricorso; condannarsi la
sig.ra T.R.M. alla restituzione degli assegni di mantenimento
percepiti a titolo di contributo del mantenimento della figlia B. a
far data dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro di
quest’ultima (1.1.2019) e, in ogni caso, da marzo 2019 (data del
deposito del ricorso), maggiorati degli interessi legali dal versato
al saldo; 3. revocarsi l’assegno di mantenimento a favore della
resistente, fissato in sede di separazione e confermato in sede di
provvedimenti presidenziali in Euro 500,00 mensili non sussistendo i
requisiti per un assegno divorzile, ovvero, in subordine, diminuirne
l’importo alla luce dei diversi criteri su cui si basa il
riconoscimento dell’assegno divorzile rispetto a quello di
separazione. 4. confermarsi la revoca – già disposta in sede di
provvedimenti provvisori- dell’assegnazione dell’ex casa coniugale
(costituita dall’appartamento con garage di pertinenza sito in
Spinea, via V. i. 2) alla resistente”.
Per la resistente: “NEL MERITO: 1) Dichiarare lo scioglimento del
matrimonio contratto in data 20 settembre 1988 in Spinea tra T.R.M.
nata a Venezia il .. c.f. .. e M.A. nato a Mirano il .. c.f. ..,
trascritto presso il Comune di Spinea n. 16 Parte I Serie anno 1988;
2) Ordinare al competente Ufficiale di Stato Civile di provvedere
alle dovute annotazioni; 3) Attesi gli accordi intervenuti tra i
coniugi, lasciare l’immobile sito in Spinea – via V. int.2 – nella
disponibilità di T.R.M. quantomeno sino alla vendita dell’intero
compendio immobiliare; 4) Determinarsi in € 800,00 l’assegno
divorzile da corrispondersi da M.A. a favore di T.R.M. oltre
rivalutazione ISTAT o in quelle diversa somma che risulterà di
giustizia alla luce dei redditi che risulteranno percepiti dal
ricorrente. Respingersi, in ogni caso, ogni domanda avversa”.
CONCLUSIONI DEL PM: dichiarare lo scioglimento del matrimonio
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 14.03.2019, ritualmente notificato, il Sig. M.A. conveniva in
giudizio avanti al Tribunale di Venezia la Sig.ra T.R.M., chiedendo la pronuncia dello
scioglimento del matrimonio civile contratto in data 11.09.1988 a Spinea (VE), da cui erano
nate due figlie, I. e B., ambedue maggiorenni.
A sostegno della propria domanda, il ricorrente deduceva di essere legalmente separato dalla
moglie in virtù dell’accordo di separazione consensuale omologato dal Tribunale di Venezia
con decreto emesso in data 08.02.2013 e depositato in data 11.02.2013 e, altresì, che la
separazione si era protratta per un tempo superiore a sei mesi, di talché sussistevano i
presupposti di cui all’art. 3 l. 898/1970 per la pronuncia della sentenza di divorzio.
Tanto premesso il ricorrente esponeva, altresì, che la figlia B., beneficiaria di un assegno di
mantenimento a carico del padre in forza dell’accordo raggiunto dai coniugi in sede di
separazione, aveva nel frattempo reperito una stabile occupazione lavorativa ed era divenuta
economicamente autosufficiente. Chiedeva, pertanto, la revoca dell’assegno di
mantenimento, nonché, la revoca del provvedimento di assegnazione della casa coniugale
che, in forza dell’accordo di separazione, era stato disposto a favore della moglie.
Da ultimo, il ricorrente chiedeva che alcun contributo economico fosse posto a proprio carico
a titolo di assegno divorzile a favore della Sig.ra T.R.M., evidenziando che quest’ultima
svolgeva regolarmente attività lavorativa e che, pertanto, era in grado di provvedere
autonomamente ai propri bisogni di vita.
La resistente si costituiva in giudizio con comparsa datata 10.06.2019, con cui, oltre ad
aderire alla domanda di pronuncia dello scioglimento del matrimonio formulata dal ricorrente,
chiedeva l’assegnazione a proprio favore della casa familiare e, infine, l’accertamento del
proprio diritto a percepire un assegno divorzile dell’importo di € 800,00 mensili.
All’udienza del 18.06.2019 ambedue i coniugi comparivano personalmente avanti al
Presidente f.f. del Tribunale e veniva esperito il tentativo di conciliazione, con esito negativo.
Con ordinanza emessa in data 16.09.2019 il Presidente f.f. revocava sia l’obbligo del
ricorrente di contribuire al mantenimento della figlia B., con decorrenza dalla data di deposito
del ricorso, sia il provvedimento di assegnazione alla resistente della casa familiare,
confermando, per il resto, le condizioni della separazione e disponendo la prosecuzione del
giudizio avanti a sé, quale giudice istruttore.
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La causa veniva quindi istruita documentalmente e, all’esito dell’udienza del 14.01.2021,
veniva sottoposta al Collegio per la decisione, con concessione alle parti dei termini di cui
all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
Tanto premesso, la domanda di scioglimento del matrimonio formulata da entrambe le parti è
fondata e merita accoglimento. Alla luce dei certificati di residenza prodotti dal ricorrente e
delle dichiarazioni rese in occasione dell’udienza presidenziale, emerge infatti che la
separazione si è protratta ininterrottamente a far data dalla comparizione dei coniugi avanti al
Presidente del Tribunale di Venezia nel procedimento di separazione consensuale e che la
comunione materiale e spirituale tra le parti, considerato il tempo trascorso, è definitivamente
venuta meno.
Con riferimento all’obbligo di mantenimento della figlia maggiorenne della coppia, B.,
gravante sul ricorrente in forza dell’accordo di separazione, merita di essere confermato il
provvedimento di revoca adottato in sede presidenziale, sussistendone i relativi presupposti.
E’ sostanzialmente incontroverso, difatti, che B. M.A. abbia raggiunto l’indipendenza
economica a seguito della instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, tanto
più in considerazione del fatto che la predetta ha reperito un’occupazione lavorativa adeguata
al proprio percorso formativo e che, nelle more del presente giudizio, ha cessato di coabitare
con la madre.
In merito alla decorrenza degli effetti della revoca dell’obbligo di contribuzione al
mantenimento, parte ricorrente individua il dies a quo nel giorno 01.01.2019, allorquando la
figlia B. ha stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato rendendosi, così
economicamente autosufficiente.
Il Tribunale non condivide la tesi sostenuta dal ricorrente e, per contro, ritiene di aderire al
consolidato orientamento giurisprudenziale che ravvisa il limite alla retroattività della
statuizione giudiziale che accerta la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio nella
proposizione della relativa domanda ad opera della parte interessata.
Tale opzione interpretativa si fonda, in primo luogo, sul generale principio secondo cui gli
effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda, se a
tale momento esistevano le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento
medesimo.
Con specifico riguardo alla questione della decorrenza della cessazione dell’obbligo di
mantenimento del figlio divenuto autosufficiente, la Suprema Corte, in una recente pronuncia,
ha applicato il predetto principio generale, evidenziando che l’effetto estintivo dell’obbligo si
produce a far data dalla domanda e non, invece, dal momento in cui il figlio si è reso
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economicamente indipendente. In particolare, tale assunto si fonda sul fatto che la statuizione
con cui il giudice revoca l’obbligo di mantenimento previsto a favore del figlio “non ha effetti
costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un obbligo che è direttamente connesso allo
“status” genitoriale. Il diritto a percepirlo di un coniuge e il diritto alla corresponsione del
contributo sussiste finché non intervenga la modifica di tale provvedimento, sicché rimane
ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o la
soppressione dell’obbligo, decorrendo gli effetti della decisione di revisione sempre dalla data
della domanda di modificazione” (Cass. civ., ord. n. 4224/2021).
Per tale ragione, nel caso di specie gli effetti della cessazione dell’obbligo del ricorrente di
contribuire al mantenimento della figlia B. decorrono dalla data del deposito del ricorso
introduttivo del presente giudizio, avvenuto in data 14.03.2019.
Alla luce di quanto sino ad ora esposto, il ricorrente non ha diritto alla restituzione delle
somme versate a titolo di contribuzione al mantenimento della figlia B. nel periodo
intercorrente tra la data del 01.01.2019 ed il deposito del ricorso, avvenuta in data
14.03.2019, dal momento che tali pagamenti sono stati eseguiti sulla base di idonea causa
giustificativa, costituita dall’accordo di separazione dei coniugi omologato dal Tribunale di
Venezia in data 11.02.2013.
Sussiste, invece, a parere del Tribunale, il diritto del ricorrente alla ripetizione degli assegni di
mantenimento versati dopo il deposito del ricorso, stante l’ordinanza presidenziale del
16.09.2019, che, accertata la condizione di indipendenza economica raggiunta da B. M., ha
disposto la revoca dell’obbligo di contribuzione gravante sul ricorrente.
Difatti, la regola della irripetibilità delle somme versate a titolo di contributo al mantenimento
del figlio, a più riprese affermata dalla giurisprudenza, si fonda sull’equiparazione
dell’assegno di mantenimento alla prestazione di alimenti. Senonché, tale assimilazione non
è giustificabile laddove, nel caso concreto, risulti che gli importi versati a titolo di contributo al
mantenimento per il figlio maggiorenne non abbiano assunto una funzione alimentare, a
causa della sopravvenuta condizione di indipendenza economica raggiunta dal figlio
medesimo (Cass. civ. n. 11489/2014). Resta ferma, in ogni caso, la irripetibilità dei contributi
versati in epoca antecedente alla proposizione della domanda di revisione o di revoca
dell’obbligo di mantenimento.
Nel caso di specie, ambedue le parti concordano nel sostenere che la figlia B. M.A., già
beneficiaria del contribuito al mantenimento posto a carico del padre, M.A., sia divenuta
economicamente indipendente a partire dalla stabilizzazione del rapporto lavorativo.
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Il ricorrente, inoltre, afferma di aver provveduto al versamento di quanto dovuto a titolo di
contributo al mantenimento della figlia fino al mese di giugno del 2019.
Dalla disamina della documentazione prodotta dal ricorrente (cfr. doc. 16A, estratto conto n.
57560 2019 / 2018) emerge che il predetto ha provveduto al versamento dell’assegno di
mantenimento a favore della figlia B., dopo il deposito del ricorso, avvenuto in data
14.03.2019, nei mesi di aprile (04.04.2019) e di maggio (03.05.2019).
Quanto al mese di marzo del 2019, l’estratto conto di cui al doc. 16A riporta un versamento
effettuato in data 05.03.2019, pertanto antecedente al deposito del ricorso e, come tale, non
ripetibile.
Con riferimento, invece, al versamento relativo al mese di giugno del 2019, che il ricorrente
afferma di aver eseguito, esso non risulta dalla documentazione prodotta in giudizio. La
resistente, tuttavia, non ha contestato di aver ricevuto anche tale somma, di talché deve
riconoscersi il diritto alla ripetizione della stessa in capo al ricorrente.
La Sig.ra T.R.M., pertanto, per le ragioni precedentemente esposte, dovrà restituire al Sig.
M.A. la somma complessiva di € 1.500,00, a titolo di assegni di mantenimento indebitamente
percepiti ai sensi dell’art. 2033 c.c. dall’aprile 2019, oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo.
Da ultimo, si dà atto del fatto che la resistente, sul punto, solamente nella memoria di replica
di cui all’art. 190 c.p.c. ha eccepito di essere a propria volta creditrice nei confronti del Sig.
M.A. della somma di € 1.255,10, in ragione della mancata rivalutazione dell’importo
dell’assegno di mantenimento, nonché di ulteriori somme, solo genericamente indicate, che
sarebbero dovute a titolo di rimborso per spese straordinarie asseritamente sostenute per la
figlia B..
Trattasi, tuttavia, di deduzioni formulate tardivamente e, in parte, del tutto generiche e non
provate; oltretutto, la resistente non ha formulato alcuna domanda sul punto nelle proprie
conclusioni e, pertanto, il Tribunale non può adottare alcuna pronuncia in merito a tale profilo.
Quanto alla casa familiare, di esclusiva proprietà del Sig. M.A., alla luce della cessazione
dell’obbligo di mantenimento previsto in favore della figlia B. e del fatto che quest’ultima non
convive più con la madre, sussistono i presupposti per confermare la revoca del
provvedimento di assegnazione dell’immobile alla resistente, già adottato in via provvisoria
all’esito dell’udienza presidenziale.
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Non può trovare accoglimento, invece, l’istanza con cui la resistente, pur non opponendosi
alla domanda avversaria di revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare,
ha chiesto di poter continuare a godere dell’immobile fino alla vendita dello stesso –
concordata in sede di separazione – in forza di un presunto accordo asseritamente
intervenuto tra le parti nelle more del presente giudizio.
In disparte il fatto che alcun accordo risulta essere stato raggiunto dai coniugi in relazione a
tale aspetto, si rileva che il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa familiare
costituisce, di per sé, titolo esecutivo per l’ottenimento del rilascio immediato dell’immobile e
che il giudice, nel pronunciare tale statuizione, non può differirne l’efficacia esecutiva nel
tempo.
Da ultimo, deve esaminarsi la questione della debenza dell’assegno divorzile richiesto dalla
resistente.
Sul punto, preliminarmente, si richiama l’insegnamento espresso dalle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione con la sentenza n. 18287/2018, che ha segnato l’abbandono della
concezione che riconosceva natura meramente assistenziale all’assegno divorzile, a favore
della lettura che attribuisce a tale strumento una funzione composita, ovvero quella
assistenziale, quella perequativo-compensativa e quella risarcitoria.
Assume particolare rilievo, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la funzione
compensativa, che è collegata all’apporto fornito dal coniuge richiedente all’incremento delle
capacità professionali e reddituali dell’altro coniuge.
Del pari, va sottolineata la funzione perequativa dell’assegno divorzile, che mira a ristorare il
coniuge che, sulla base di scelte condivise assunte in costanza di matrimonio, ha sacrificato
la propria carriera lavorativa e che, conseguentemente, al momento dello scioglimento del
vincolo matrimoniale versa in una situazione economica deteriore.
Con la pronuncia in commento, inoltre, la Suprema Corte ha ripudiato l’approccio assolutistico
ed astratto adottato in passato, fondato sulla mera valutazione dell’adeguatezza dei mezzi di
sostentamento a disposizione del coniuge richiedente, per aderire ad una interpretazione
dell’art. 5 comma 6 della l. n. 898/1970 che attribuisce valore decisivo all’intera storia
coniugale, alle scelte endofamiliari compiute dai coniugi in costanza di matrimonio e alla
concreta situazione in cui versa il coniuge richiedente al momento dello scioglimento del
vincolo coniugale.
Alla luce del fondamentale principio di solidarietà post-coniugale, pertanto, ai fini della
decisione relativa alla sussistenza o meno del diritto al riconoscimento dell’assegno divorzile,
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la pregressa vita matrimoniale, unitamente alle scelte compiute dai coniugi e alla durata del
vincolo, assumono rilevanza decisiva per valutare se il richiedente possieda o meno, senza
sua colpa, mezzi adeguati per provvedere alle proprie esigenze.
Si richiama, a tal riguardo, quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella
citata pronuncia, ove si afferma che “la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si
compone di un contenuto perequativo compensativo che discende direttamente dalla
declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un
contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico patrimoniali dei due
coniugi, deve tenere conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia
economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto, ma, in
concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita
familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche
eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del
richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico
riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico
derivante dall’assunzione di un impegno diverso”.
Muovendo da tali presupposti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che,
al fine di stabilire se sussista o meno il diritto alla percezione dell’assegno divorzile, il giudice
deve, preliminarmente, operare un raffronto delle condizioni reddituali e patrimoniali dei
coniugi, per accertare se ricorra o meno un divario rilevante tra le due situazioni economiche.
Laddove tale divario sussista, il giudice deve procedere ad accertarne le cause sulla scorta
dei parametri indicati dall’art. 5 comma 6 della l. 898/1970, al fine di appurare se tale
sperequazione sia dovuta o meno al contributo fornito dal coniuge richiedente alla
conduzione della famiglia ed alla formazione del patrimonio personale e comune dei coniugi,
con eventuale sacrificio delle proprie aspirazioni lavorative e reddituali. Tale valutazione deve
essere effettuata tenendo in considerazione, altresì, la durata del matrimonio e l’età del
coniuge richiedente, quali aspetti rilevanti ai fini della decisione.
Tenendo dunque conto di quanto sin qui esposto, deve essere esaminato il caso di specie,
evidenziando di seguito le circostanze di fatto rilevanti per la decisione, quali risultano dal
fascicolo processuale.
Sussiste indubbiamente un divario economico e reddituale tra i coniugi: è documentalmente
provato, invero, che il M.A., il quale ha lavorato presso un istituto di credito fino all’anno 2020,
ha percepito un reddito medio di circa € 2.368,00 mensili (cfr. doc. 31 di parte ricorrente) e
che il medesimo, attualmente, gode di una pensione di circa € 2.200,00 netti al mese, oltre
alla tredicesima (cfr. doc. 32 di parte ricorrente).
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Il ricorrente, inoltre, è proprietario esclusivo dell’immobile adibito a casa familiare
(l’appartamento posto al primo piano del fabbricato sito a Spinea in Via V., int. 1), di cui potrà
ora godere pienamente, stante la revoca del provvedimento di assegnazione adottato in sede
di separazione.
Egli è, poi, comproprietario, unitamente alla resistente, dell’appartamento posto al piano terra
del medesimo edificio, ove attualmente vive.
La resistente, invece, lavora come impiegata part time presso uno studio legale e percepisce
uno stipendio pari a circa € 750,00 – 760,00 mensili. In corso di causa, la resistente T.R.M.
ha evidenziato di aver svolto attività lavorativa per tutta la durata del matrimonio con il M.A.,
reperendo di volta in volta impieghi a tempo determinato o a tempo parziale, onde conciliare
tali occupazioni con la cura della casa e della famiglia. La resistente, inoltre, ha riferito di
avere sempre destinato quanto ricavato dalla propria attività lavorativa al soddisfacimento dei
bisogni della famiglia.
Tali circostanze non sono state in alcun modo contestate dal ricorrente M.A. e, pertanto,
debbono considerarsi pacifiche ai fini della decisione del presente giudizio.
Il ricorrente ha chiesto, in via principale, di non essere onerato di alcun versamento a titolo di
assegno divorzile, sul presupposto che la Sig.ra T.R.M. sarebbe autosufficiente dal punto di
vista economico; in subordine, ha chiesto che l’importo dell’assegno divorzile sia quantificato
in misura ridotta rispetto all’attuale assegno di mantenimento, sul presupposto della diversa
funzione dei due istituti.
La resistente T.R.M., al contrario, ha insistito per il riconoscimento di un assegno divorzile
dell’importo di € 800,00 mensili. A sostegno di tale richiesta, la predetta ha posto in evidenza
il contributo personale ed economico fornito alla cura della famiglia ed alla formazione del
patrimonio comune e personale del ricorrente, individuando la causa dello squilibrio
economico e reddituale esistente tra i coniugi nelle scelte prese di comune accordo nel corso
della vita matrimoniale, che avrebbero consentito al M.A. di dedicarsi appieno alla propria
carriera lavorativa e di conseguire, così, l’attuale tenore di vita.
Le parti si sono sposate nel 1988 ed il matrimonio è durato circa 25 anni; la resistente, inoltre,
ha quasi 65 anni e, pertanto, in caso di perdita dell’attuale impiego, difficilmente potrà reperire
una nuova occupazione lavorativa.
Va sottolineato, inoltre, che a seguito della revoca del provvedimento di assegnazione della
casa coniugale la Sig.ra T.R.M. dovrà, ora, reperire un nuovo alloggio o, in ogni caso,
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sostenere dei costi abitativi, mentre il M.A. ben potrebbe tornare ad usufruire dell’ex casa
coniugale in proprietà esclusiva.
Sulla base di tale elementi, il Tribunale ritiene che vi siano i presupposti per il riconoscimento
dell’assegno divorzile richiesto dalla resistente.
Sussiste certamente un rilevante squilibrio nella situazione reddituale e patrimoniale delle
parti, quale risulta dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio.
La causa di tale divario deve ravvisarsi, principalmente, nei differenti ruoli endofamiliari che i
coniugi, di comune accordo, hanno assunto nel corso della vita matrimoniale. Difatti, alla luce
delle allegazioni della resistente – non contestate dal M.A. – emerge che la medesima si è
sempre occupata in prima persona della gestione della casa e della cura delle figlie e che, al
contempo, ha sempre destinato i ricavi della propria attività lavorativa ai bisogni della famiglia.
E’ inoltre ragionevole ritenere che, come dedotto dalla resistente T.R.M., nel corso della vita
coniugale quest’ultima, anche a causa dell’impegno e del tempo richiesto dalla cura della
casa e delle figlie, abbia potuto reperire solamente occupazioni lavorative precarie e part
time.
Il Sig. M.A., per contro, per tutta la durata del rapporto coniugale si è dedicato a tempo pieno
alla propria carriera di impiegato di banca, che ha svolto continuativamente dal 1985 al 2020.
E’ evidente che il ricorrente ha potuto consolidare la propria posizione lavorativa anche in
ragione del contributo fornito dalla moglie al ménage familiare.
Pertanto, in considerazione della funzione perequativa – compensativa sottesa all’assegno
divorzile, che nel caso di specie viene in rilievo, nonché tenuto conto della durata del
matrimonio e dell’età della resistente, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti per il
riconoscimento di un assegno divorzile dell’importo di € 400,00 mensili.
In ragione della reciprocità della soccombenza, le spese di lite vengono interamente
compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Venezia in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella
presente controversia, ogni diversa domanda o eccezione disattesa:
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1) dichiara lo scioglimento del matrimonio contratto da M.A. e T.R.M. in data 11.09.1988 a
Spinea (VE) e trascritto nel Registro degli atti dello Stato Civile del predetto Comune, alla
parte I, numero 16 dell’anno 1988;
2) ordina all’Ufficiale dello Stato Civile competente di annotare la presente sentenza a
margine dell’atto di matrimonio dei coniugi sopra indicati;
3) revoca l’obbligo gravante su M.A. di contribuire al mantenimento della figlia B. e di
corrispondere il 50% delle spese straordinarie relative alla medesima con decorrenza dalla
data del deposito del ricorso introduttivo e, per l’effetto, condanna T.R.M. a restituire ad M.A.
gli importi degli assegni di mantenimento percepiti a tale titolo dopo la proposizione della
domanda, quantificati nella misura complessiva di € 1.500,00, oltre agli interessi legali dalla
data della domanda e fino al saldo effettivo;
4) dispone che M.A. corrisponda a T.R.M., entro il giorno 5 di ogni mese, la somma di €
400,00, annualmente rivalutabile in base agli indici ISTAT, a titolo di assegno divorzile;
5) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 27.04.2021.
Provvedimento redatto con la collaborazione del MOT Dott. Alice Dal Molin