In tema di AdS la competenza della Corte d’Appello sul reclamo sussiste per qualsiasi provvedimento pronunciato dal G. T.?

Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 26 agosto 2020, n. 17833

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul riscorso per conflitto di competenza, iscritto al n. 18498/2019 R.G., sollevato dalla Corte d’Appello di Catania con ordinanza del 05/06/2019 nel procedimento vertente tra:
L.E., da una parte e, L.R., S.C., G.E., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI CATANIA, dall’altra, ed iscritto al n. 837/2018 R.G. di quell’Ufficio;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale di Siracusa, in composizione collegiale.
Svolgimento del processo
Con ordinanza del 5 giugno 2018 la Corte d’appello di Catania ha sollevato conflitto negativo di competenza, dopo che il procedimento – volto al reclamo avverso il decreto, emesso l’11 luglio 2018, con cui il giudice tutelare aveva disposto l’apertura dell’amministrazione di sostegno e nominato amministratore l’avv. S. – era stato riassunto innanzi alla stessa, a seguito della declaratoria di incompetenza da parte del Tribunale di Siracusa con ordinanza del 27 settembre 2018.
La corte territoriale, premesso che l’oggetto del reclamo consiste nella mera individuazione della persona chiamata a svolgere le funzioni di amministratore, ha escluso che il provvedimento impugnato avesse natura decisoria, onde non può essere impugnato innanzi alla corte di appello, ai sensi dell’art. 720-bis c.c. Le parti non hanno svolto attività difensiva.
Il P.G. ha concluso per la declaratoria della competenza del Tribunale di Siracusa in composizione collegiale.
Motivi della decisione
1. – Il regolamento è ammissibile, per le ragioni già in passato enunciate da questa Corte.
Si è, infatti, chiarito (cfr. Cass. 12 dicembre 2018, n. 32071; Cass. 13 giugno 2019, n. 15925) che, a differenza del regolamento di competenza ad istanza di parte, quello d’ufficio è strutturato non già come un mezzo d’impugnazione, ma come uno strumento volto a sollecitare l’individuazione del giudice naturale precostituito per legge al quale compete la trattazione dell’affare, onde non si richiede che l’atto che vi abbia dato luogo sia impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. o con il regolamento ad istanza di parte; esso è pertanto compatibile anche con il procedimento di cui all’art. 720-bis c.p.c. 2. – Nel merito, il Collegio reputa, allo stato della giurisprudenza di legittimità, di rimettere alle Sezioni unite la questione – su cui si registra un contrasto – circa l’interpretazione dell’art. 720-bis c.p.c. Alla stregua di tale disposizione, introdotta dalla 1. 9 gennaio 2004, n. 6, ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano alcune previsioni dettate per i procedimenti di interdizione ed inabilitazione, in quanto compatibili; si prevede, inoltre, che “contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d’appello a norma dell’art. 739” (comma 2) e che “contro il decreto della corte d’appello pronunciato ai sensi del comma 2 può essere proposto ricorso per cassazione” (comma 3).
2.1. – Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che si era consolidato nel corso di un decennio e sul quale vi era stato un certo consenso in dottrina, la previsione della corte d’appello quale giudice competente a decidere l’impugnazione avverso i decreti del giudice tutelare, ai sensi dell’art. 720-bis c.p.c., deve ritenersi limitata ai provvedimenti a natura decisoria e, dunque, idonei ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus; in ogni altro caso, vale a dire per tutti i provvedimenti di natura meramente ordinatoria ed amministrativa (assai più numerosi), che attengono alla gestione concreta e che sono, per definizione, sempre modificabili e revocabili in base ad una rinnovata valutazione degli elementi acquisiti, resta la competenza generale del tribunale in composizione collegiale per il procedimento di reclamo, ai sensi dell’art. 739 c.p.c. (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32071; Cass. 28 settembre 2017, n. 22693; Cass. 13 gennaio 2017, n. 784; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18634).
In tal modo, in tema di amministrazione di sostegno si distingue tra: a) il decreto di apertura e chiusura della procedura, assimilabile per sua natura alle sentenze emesse nei procedimenti d’interdizione ed inabilitazione, e b) i decreti riguardanti le modalità di attuazione della tutela e la concreta gestione del patrimonio del beneficiario, fra cui anche quelli di designazione, revoca e sostituzione dell’amministratore, dunque non incidenti sullo status o su diritti fondamentali del beneficiario della tutela.
Solo nel primo caso, tale orientamento reputa applicabile l’art. 720-bis c.p.c., comma 2.
In sostanza – sulla base della ricordata distinzione – un differente regime trova applicazione sia con riguardo all’individuazione del giudice competente per il reclamo, sia in ordine alla proponibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento emesso da quest’ultimo.
La tesi tradizionale si fonda – quanto al piano letterale – sulla lettera della norma, laddove, non a caso, si discorre di “decreto” al singolare: ad indicare che proprio e solo del decreto sull’an della procedura si tratta.
Quanto alla ratio della previsione, il particolare rilievo della misura attiene solo ai provvedimenti di apertura, di rigetto, di chiusura, di proroga dell’amministrazione di sostegno, ovvero solo quelli destinati per loro natura ad incidere sui diritti fondamentali e sulla capacità di agire della persona.
Sul piano pratico, poi, taluno sottolineava la scarsa efficienza di un sistema che imponesse il reclamo alla corte d’appello per qualsiasi, pur minuto, decreto del giudice tutelare, sebbene volto solo a nominare un certo soggetto alla funzione di amministratore in luogo di un altro, o ad autorizzare singoli atti di gestione: con aggravio di tempi e di costi del procedimento.
A tali argomenti, può aggiungersi quello, che parimenti sembra avere qualche rilevanza, della necessità di una lettura unitaria dell’art. 720-bis, e commi 2 e 3: invero, se il comma 3 enuncia in modo inequivoco la ricorribilità per cassazione del provvedimento reso in sede di reclamo, non è allora possibile restringere la facoltà del ricorso innanzi al giudice di legittimità ai soli provvedimenti aventi natura decisoria emessi dalla corte d’appello: con la conseguenza che, ammesso ex lege il ricorso per cassazione, finirebbe sempre per doversene, con ogni verosimiglianza, dichiarare l’inammissibilità in quanto involgente questione di puro fatto.
Onde, si potrebbe concludere, è giocoforza ritenere che alla corte medesima giungano, per via del reclamo, solo i provvedimenti decisori, essendo proprio questa la ratio sottesa alla espressa previsione del comma 3.
2.2. – Con tale orientamento si è posta in consapevole contrasto una recente sentenza della prima sezione civile, la quale è andata di contrario avviso, ritenendo che – ai fini dell’applicazione della speciale competenza della corte d’appello stabilita dall’art. 720-bis c.p.c., comma 2 – non possa assumere nessun rilievo la distinzione, sopra esposta, tra provvedimenti decisori e provvedimenti ordinatori assunti dal giudice tutelare nella materia dell’amministrazione di sostegno.
Tale distinzione, invero, è ivi ritenuta da confinare al problema della ricorribilità in Cassazione ex art. 111 c.p.c., comma 8, dei provvedimenti del giudice tutelare; laddove, quanto al diverso profilo del giudice competente per il reclamo, l’art. 720-bis c.p.c., comma 2, si atteggia come norma speciale rispetto all’art. 739 c.p.c. e dal chiaro tenore letterale, prevedendo espressamente che il reclamo debba essere proposto innanzi alla corte d’appello e non al tribunale, in qualsiasi caso (Cass. 11 dicembre 2019, n. 32409).
La tesi più recente argomenta nel senso che il paradigma elaborato per delineare l’ambito della ricorribilità per cassazione dei provvedimenti diversi dalle sentenze sia stato impropriamente esteso alla individuazione del giudice competente per il reclamo avverso i provvedimenti resi dal giudice tutelare in tema di amministrazione di sostegno.
Al contrario, l’art. 720-bis c.p.c., comma 2, prevede espressamente che contro i decreti del giudice tutelare “in materia di amministrazione di sostegno” il reclamo sia proposto dinanzi alla corte d’appello, con disposizione che, avendo carattere speciale, deve prevalere su quella generale risultante dall’art. 739 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.c. La lettera della norma sarebbe insuscettibile di una diversa interpretazione ed, in tal modo, il legislatore avrebbe inteso concentrare presso la corte d’appello le impugnazioni in materia.
2.3. – Nel caso di specie, le doglianze proposte con il reclamo non hanno ad oggetto l’apertura dell’amministrazione di sostegno, ma l’individuazione della persona incaricata di coadiuvare la beneficiaria nella cura della propria persona e nella gestione dei propri interessi, avendo il reclamante contestato la scelta di un professionista estraneo al nucleo familiare ed instando per la nomina di sè medesimo all’incarico.
Diviene dunque rilevante l’adesione all’uno o all’altro degli orientamenti espressi.
2.4. – Il Collegio potrebbe, in questa sede, condividere l’una o l’altra soluzione e pronunciare di conseguenza sul regolamento.
Tuttavia, trattandosi di questione di interpretazione di una regola processuale, più che l’intimo convincimento di un singolo relatore o di un collegio rileva la individuazione di una presa di posizione definitiva che assicuri la certezza del diritto, essendo il processo non un fine in sè, ma un puro strumento per l’affermazione, il più efficiente ed effettiva possibile, della tutela dei diritti e degli interessi.
Donde la opportunità di definire un orientamento uniforme, che si ritiene di rimettere, in ragione della rilevanza assegnata dall’ordinamento alle relative sentenze (art. 374 c.p.c.), alle Sezioni unite della Corte di cassazione.
3. – In conclusione, va rimessa la causa al Primo presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, involgendo essa la seguente questione: se la competenza della corte d’appello sul reclamo, prevista dall’art. 720-bis c.p.c., sussista per qualsiasi provvedimento pronunciato dal giudice tutelare con riguardo alla misura dell’amministrazione di sostegno, in deroga all’art. 739 c.p.c., oppure se tale speciale competenza per l’impugnazione sussista unicamente per provvedimenti del giudice tutelare aventi natura decisoria, ferma restando la competenza del tribunale, alla stregua della disposizione comune predetta.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2020