No al matrimonio per procura per l’amministrato in stato di incoscienza.

Tribunale La Spezia 4 marzo 2020
Nel procedimento di volontaria giurisdizione iscritto al n. r.g. V.G. 314 / 2020 promosso nell’interesse di
____ AMMINISTRATO
Il Giudice, dott. Maurizio Drigani,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 3.3.2020;
rilevato che sono gi. stati attribuiti all’amministratore di sostegno, nominato alla predetta udienza, i
poteri di cui al decreto del 3.3.2020;
vista l’istanza dei ricorrenti di attribuire all’amministratore di sostegno l’ulteriore potere:
a) di richiedere all’ufficiale di stato civile del Comune di Bari di procedere, ex art. 101 c.c., alla
celebrazione del matrimonio fuori della casa comunale senza pubblicazione e senza l’assenso al
matrimonio;
b) previa verifica della volontà e consenso al matrimonio con la sig.ra _______, di rilasciare all’atto di
matrimonio dichiarazione della volontà di contrarre in nome e per conto dell’amministrato nonchè alla
sottoscrizione dell’atto;
osservato, con riferimento alla richiesta di un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno di
contrarre matrimonio, che:
-pu. contrarre matrimonio anche la persona per la quale . stato nominato un amministratore di sostegno.
Ed invero, la giurisprudenza sul punto stabilisce che “il divieto di contrarre matrimonio, previsto
dall’art. 85 c.c. per l’interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario
dell’amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di
eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato” (cfr. Cass. civ., sent. n.
11536/2017), e che soltanto “in presenza di circostanze di eccezionale gravità, [sussiste] la possibilità
di estendere al beneficiario dell’amministrazione di sostegno il divieto previsto dall’art. 85 c.c.,
attraverso un apposito provvedimento del giudice tutelare” (cfr. Cass. civ., sent. n. 12460/2018);
– di conseguenza, essendo la regola la libertà del beneficiario di contrarre matrimonio, egli potrà
manifestare il proprio consenso autonomamente o, al pi., assistito dall’amministratore di sostegno
eventualmente incaricato dal Giudice Tutelare di affiancare il beneficiario nel percorso di formazione
della volontà, aiutandolo cos. a comprendere le implicazioni (personali e giuridiche) della scelta
coniugale;
– l’eventuale divieto di contrarre matrimonio viene disposto – ad esclusiva tutela dell’interesse del
beneficiario – a fronte di una totale incapacità di intendere e volere del soggetto, oppure laddove egli
non sia in grado di comprendere e soppesare adeguatamente le conseguenze della scelta. In ogni caso, .
richiesto un accurato accertamento sulla capacità del soggetto e deve garantirsi la massima
considerazione della dignità della persona e le sue legittime future aspirazioni;
rilevato che il medesimo principio trova applicazione anche con riferimento alla capacità di testare, di
donare e di riconoscimento del figlio, trattandosi tutti di atti personalissimi che, stante la loro natura,
sono ritenuti insuscettibili di delega a terzi poichè relativi ad aspetti a tal punto intimi della persona che
– per la loro valenza sentimentale, affettiva, esistenziale e patrimoniale – possono essere effettuati
soltanto dal soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno. Appare, invero, difficile ipotizzare che
al beneficiario possa sostituirsi un terzo (nel caso di specie, l’amministratore di sostegno) nell’assumere
una siffatta decisione, dovendo la titolarità del diritto coesistere con l’esercizio dello stesso. Tali
considerazioni sono del resto naturale conseguenza del riconoscimento (sulla base dei principi
costituzionali e delle fonti sovranazionali a tutela della disabilità) dell’esercizio dei diritti fondamentali
anche ai soggetti c.d. deboli;
ribadito, pertanto, che il beneficiario ben potrà porre in essere i succitati atti personalissimi in piena
autonomia, salva l’opportunità di disporre – dietro espressa previsione del Giudice Tutelare e nei casi
eccezionali in cui se ne ravvisa la necessità – l’assistenza da parte dell’amministratore di sostegno. Una
tale previsione potrà avvenire nella duplice forma dell’assistenza nella sola fase di formazione della
volontà, oppure anche in quella di manifestazione della stessa; in quest’ultimo caso, cioè,
l’amministratore di sostegno esternerà un consenso unitamente al beneficiario. In altri termini, la scelta
rimarrà in capo al beneficiario, trattandosi di espressione di una sua autodeterminazione in tal senso, ma
con l’ulteriore garanzia della presenza dell’amministratore cui spetterà, se del caso, il compito di riferire
al Giudice eventuali vizi che dovessero inficiare la capacità di intendere e volere del soggetto; . per
l’appunto (e soltanto) l’esigenza di predisporre una forma di garanzia e tutela del beneficiario a
legittimare una siffatta compressione della sua capacità di agire. Peraltro, . proprio la particolare
situazione di fragilità e, di conseguenza, di incapacità a manifestare un consenso libero, pieno, effettivo
e consapevole (pur potendosi in teoria ben ipotizzare la manifestazione materiale da parte dell’interdetto
di un consenso, seppur – ben inteso – privato di alcun valore giuridico) all’atto personalissimo di
contrarre matrimonio che costituisce la ratio sottesa al divieto (assoluto, di ordine pubblico e che non
consente deroghe) previsto dall’art. 85 c.c. per l’interdetto;
dato quindi atto di come il matrimonio rappresenti forse – tra gli atti personalissimi preclusi
all’interdetto, e il cui divieto solo in via del tutto eccezionale può estendersi all’amministrato – quello in
cui la libertà (intesa anche quale forma di autoresponsabilità) . maggiormente tutelata e presidiata,
attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della persona umana e alle sue fondamentali istanze; rilevato,
tuttavia, che sussistono evidenti differenze tra – da un lato – impedire al soggetto sottoposto ad
amministrazione di sostegno di compiere un atto personalissimo (giacchè pregiudizievole ai suoi
interessi per le evidenziate ragioni) e – dall’altro – consentirgli invece l’effettivo esercizio del medesimo
diritto laddove egli non sia (merc. le sue contingenti condizioni psico-fisiche e/o di grave incapacità,
che impediscono la manifestazione di una volontà cosciente e consapevole) in grado di compiere,
nemmeno con l’assistenza dell’amministratore di sostegno, quel determinato atto. In tale ultima ipotesi,
invero, in mancanza di un esercizio in via rappresentativa, siffatto diritto risulterebbe de facto
totalmente precluso;
dato atto che la pi. moderna giurisprudenza ha effettivamente ammesso che determinati atti
personalissimi siano compiuti non gi. dal soggetto incapace ma, in sua rappresentanza (rectius, in sua
sostituzione), dal tutore e/o dall’amministratore di sostegno. Si tratta, in particolare, del consenso ai
trattamenti sanitari, ambito nel quale . stato attribuito al rappresentante il potere di esprimere la volontà
in luogo del rappresentato, ricostruendola in via presuntiva attraverso un’indagine della personalità,
delle scelte di vita e dei suoi orientamenti (secondo quanto previsto dalla sentenza n. 21748/2007 della
Corte di Cassazione, cui si rimanda integralmente per ci. che concerne parametri e criteri, nonchè per il
principio di diritto ivi espresso);
evidenziato che anche di recente il legislatore, sempre nell’ambito dei trattamenti sanitari, ha
espressamente contemplato ipotesi in cui al Giudice viene conferito il potere di sostituirsi al soggetto
incapace, e financo al suo rappresentante legale, nel decidere a quali trattamenti acconsentire o meno
(cfr. art. 3, comma 5, legge n. 219/2017);
considerato tuttavia che sussistono, ad avviso di questo Giudice, differenze tra queste due ultime
situazioni e quella che invece emerge nel caso di cui alla presente amministrazione di sostegno,
vertendosi infatti in ipotesi in cui si chiede di autorizzare l’amministratore di sostegno a esprimere la
volontà di contrarre matrimonio in nome e per conto di un soggetto attualmente in stato di “coma e i.r.a.
in paziente con emorragia cerebrale”. Un conto ., invero, la situazione in cui deve necessariamente
essere presa una decisione in ordine a quali trattamenti sanitari – ivi compresi quelli c.d. salva vita (e
fatta salva l’operatività dello stato di necessità ex art. 54 c.p., con le ulteriori previsioni di cui alla legge
n. 219/2017) – effettuare o meno, dovendosi discutere di quale sia il soggetto tenuto a manifestare il
consenso; altra, per contro, quella in cui la decisione da assumere (ovvero il consenso a contrarre
matrimonio) risulti non necessaria e non assolutamente indispensabile;
rilevato che la normativa in materia di celebrazione del matrimonio espressamente prevede, quale
requisito, il “mutuo consenso espresso dagli sposi e ricevuto con le prescritte solennità dall’ufficiale di
stato civile” che “non può essere che quello manifestato nella formula e nei modi che la legge richiede
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ed al quale, indipendentemente dall’interno proposito dei nubendi, seguono gli effetti giuridici propri
del matrimonio civile delle parti stesse voluto” (cfr. Cass. civ, sez. I, sent. 26.3.1964, n. 684), al punto
che “sono cause di inesistenza del matrimonio la mancanza dei requisiti formali della celebrazione e
del consenso degli sposi” (cfr. Cass. civ, sez. I, sent. 14.2.1975, n. 569);
rilevato altresì che:
rilevato, tuttavia, che sussistono evidenti differenze tra – da un lato – impedire al soggetto sottoposto ad
amministrazione di sostegno di compiere un atto personalissimo (giacchè pregiudizievole ai suoi
interessi per le evidenziate ragioni) e – dall’altro – consentirgli invece l’effettivo esercizio del medesimo
diritto laddove egli non sia (merc. le sue contingenti condizioni psico-fisiche e/o di grave incapacità,
che impediscono la manifestazione di una volontà cosciente e consapevole) in grado di compiere,
nemmeno con l’assistenza dell’amministratore di sostegno, quel determinato atto. In tale ultima ipotesi,
invero, in mancanza di un esercizio in via rappresentativa, siffatto diritto risulterebbe de facto
totalmente precluso;
dato atto che la pi. moderna giurisprudenza ha effettivamente ammesso che determinati atti
personalissimi siano compiuti non gi. dal soggetto incapace ma, in sua rappresentanza (rectius, in sua
sostituzione), dal tutore e/o dall’amministratore di sostegno. Si tratta, in particolare, del consenso ai
trattamenti sanitari, ambito nel quale . stato attribuito al rappresentante il potere di esprimere la volontà
in luogo del rappresentato, ricostruendola in via presuntiva attraverso un’indagine della personalità,
delle scelte di vita e dei suoi orientamenti (secondo quanto previsto dalla sentenza n. 21748/2007 della
Corte di Cassazione, cui si rimanda integralmente per ci. che concerne parametri e criteri, nonchè per il
principio di diritto ivi espresso);
evidenziato che anche di recente il legislatore, sempre nell’ambito dei trattamenti sanitari, ha
espressamente contemplato ipotesi in cui al Giudice viene conferito il potere di sostituirsi al soggetto
incapace, e financo al suo rappresentante legale, nel decidere a quali trattamenti acconsentire o meno
(cfr. art. 3, comma 5, legge n. 219/2017);
considerato tuttavia che sussistono, ad avviso di questo Giudice, differenze tra queste due ultime
situazioni e quella che invece emerge nel caso di cui alla presente amministrazione di sostegno,
vertendosi infatti in ipotesi in cui si chiede di autorizzare l’amministratore di sostegno a esprimere la
volontà di contrarre matrimonio in nome e per conto di un soggetto attualmente in stato di “coma e i.r.a.
in paziente con emorragia cerebrale”. Un conto ., invero, la situazione in cui deve necessariamente
essere presa una decisione in ordine a quali trattamenti sanitari – ivi compresi quelli c.d. salva vita (e
fatta salva l’operatività dello stato di necessità ex art. 54 c.p., con le ulteriori previsioni di cui alla legge
n. 219/2017) – effettuare o meno, dovendosi discutere di quale sia il soggetto tenuto a manifestare il
consenso; altra, per contro, quella in cui la decisione da assumere (ovvero il consenso a contrarre
matrimonio) risulti non necessaria e non assolutamente indispensabile;
rilevato che la normativa in materia di celebrazione del matrimonio espressamente prevede, quale
requisito, il “mutuo consenso espresso dagli sposi e ricevuto con le prescritte solennità dall’ufficiale di
stato civile” che “non può essere che quello manifestato nella formula e nei modi che la legge richiede
ed al quale, indipendentemente dall’interno proposito dei nubendi, seguono gli effetti giuridici propri
del matrimonio civile delle parti stesse voluto” (cfr. Cass. civ, sez. I, sent. 26.3.1964, n. 684), al punto
che “sono cause di inesistenza del matrimonio la mancanza dei requisiti formali della celebrazione e
del consenso degli sposi” (cfr. Cass. civ, sez. I, sent. 14.2.1975, n. 569);
evidenziato che, effettivamente, si rinviene nell’ordinamento un’ipotesi in cui il consenso degli sposi
non . espresso personalmente e direttamente dagli stessi. Segnatamente, l’art. 111 c.c. (rubricato
“Celebrazione per procura”) costituisce forma speciale di celebrazione del matrimonio (inizialmente
introdotto da leggi speciali per ragioni di natura bellica e successivamente inserito nel codice civile con
estensione del suo ambito di applicazione) in cui – in via del tutto eccezionale e non estendibile quindi in
via analogica – si deroga al principio in base al quale la dichiarazione deve essere espressa
personalmente e direttamente dagli sposi. Tuttavia, ci. . ammesso al ricorrere delle due tassative ipotesi
ivi indicate (militari o persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate in
tempo di guerra; situazione in cui uno degli sposi risiede all’estero e concorrono gravi motivi) e a fronte
del rilascio in forma di atto pubblico di procura speciale;
constatato che il caso di specie non integra n. la fattispecie di cui all’art. 111 c.c. n. quella di cui all’art.
101 c.c.;
rilevato che dall’istruttoria svolta all’udienza del 3.3.2020 . emerso che:
– sia il beneficiario che l’attuale compagna sono divorziati e hanno avuto dal loro primo matrimonio dei
figli, e la loro relazione dura da oltre dieci anni;
– il beneficiario e l’attuale compagna convivono unitamente ai propri figli in un’abitazione di proprietà
del beneficiario, da circa cinque o sei anni;
– tutti i parenti nulla hanno opposto a un eventuale matrimonio tra il beneficiario e l’attuale compagna,
esprimendo la loro felicità in proposito;
– il beneficiario . sommozzatore della Polizia di Stato con qualifica di Assistente Capo;
– il beneficiario avrebbe riferito numerose volte, sia ai genitori che al fratello ____ e al figlio ____, di
volersi sposare con la compagna (“la prima volta che ne hanno parlato è stata circa quattro o cinque
anni fa”), anche a seguito di incidenti occorsi a dei colleghi, da cui sarebbe rimasto a tal punto scosso
da riferire ai familiari “mi sa che è meglio che la sposo, perché faccio un lavoro pericoloso”;
– il beneficiario e la compagna, tuttavia, stando alle dichiarazioni rese dai parenti, non hanno mai
provveduto a sposarsi n. – ad oggi – a richiedere le pubblicazioni matrimoniali, n. tantomeno a
programmare alcune attività tipiche di un matrimonio (scelta della data e del luogo della cerimonia e del
ricevimento, etc.), nonostante i propositi in tal senso e la lunga convivenza, nonchè le riflessioni svolte
sulla pericolosità del lavoro e i rischi connessi;
– il beneficiario avrebbe rappresentato (come da dichiarazione resa al collega in occasione dell’incidente
che ha portato all’attuale situazione in cui versa il beneficiario) la propria preoccupazione per la
compagna e “la volontà di contrarre matrimonio con lei, dispiaciuto di non averlo ancora fatto”;
– dal punto di vista dell’attuale stato di salute, l’unica documentazione medica in atti riferisce una
diagnosi di “coma e i.r.a. in paziente con emorragia cerebrale”. All’udienza, il fratello _____ ha
aggiunto che il beneficiario “è in prognosi riservata, non ci si può pronunciare sulla sua situazione di
salute, le condizioni sono gravi ma i medici non escludono una possibile ripresa” e che “da quando è
entrato in sala operatoria non ha avuto momenti di coscienza”;
preso atto che l’istruttoria avrebbe, in effetti, rappresentato una convivenza consolidata e duratura nel
tempo, nonchè una situazione di armonia e serenità all’interno del nucleo famigliare, anche “allargato”;
ritenuto al contempo di dover rimarcare, a prescindere dalla consapevolezza del beneficiario circa la
pericolosità del proprio lavoro, cui non ha fatto seguito – nonostante i numerosi anni di convivenza con
l’attuale compagna – nessuna manifestazione concreta ed effettiva di convolare a nozze, che l’unica
documentazione medica in atti riporta una grave situazione di salute del beneficiario, che ne attesta
l’assoluto attuale stato di incoscienza e di incapacità di manifestare un consenso;
rilevata altresì la circostanza che dal momento dell’operazione permane inalterato l’attuale stato di
incoscienza del beneficiario;
considerato, in conclusione, che le osservazioni ut supra effettuate – e in particolare la succitata
normativa in tema di matrimonio – non consentono, ad avviso di questo Giudice, deroghe in ordine alla
necessità di un consenso alle nozze espresso direttamente e personalmente dal nubendo (poichè atto
personalissimo), risultando pertanto ostative all’attribuzione all’amministratore di sostegno (quale
rappresentante del beneficiario) dell’ulteriore potere, previa verifica della volontà e consenso al
matrimonio con la sig.ra ______, di rilasciare all’atto di matrimonio dichiarazione della volontà di
contrarre in nome e per conto dell’amministrato nonchè alla sottoscrizione dell’atto (oltre che di
richiedere all’ufficiale di stato civile del Comune di Bari di procedere ex art 101 c.c. alla celebrazione
del matrimonio fuori della casa comunale senza pubblicazione e senza l’assenso al matrimonio);
P.Q.M.
rigetta la richiesta di estensione dei poteri in capo all’amministratore di sostegno come avanzata
all’udienza del 3.3.2020;
conferma, di conseguenza, i poteri attribuiti all’amministratore di sostegno con decreto del 3.3.2020.
Si comunichi con urgenza.