Il trustee, che diviene proprietario dei beni in trust, acquista tutti i poteri e i doveri del proprietario, limitati soltanto dall’uso che egli deve fare di questi beni, secondo le disposizioni del trust. Di conseguenza, il soggetto passivo dell’IMU dei beni conferiti in un trust traslativo deve essere individuato nel trustee.

Cass. civ. Sez. V, 20 giugno 2019, n. 16550
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9599-2014 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CARLO ALBERTO RACCHIA 2, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NACCARI, rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO DE LEONARDIS, giusta procura a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE BASSANO DEL GRAPPA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 59/2013 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 23/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2019 dal Consigliere Dott. RITA RUSSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE LEONARDIS che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. – B.M. ha impugnato l’avviso di accertamento relativo al pagamento dell’ICI 2009 emesso dal Comune di Bassano del Grappa. La Commissione Territoriale Provinciale ha parzialmente accolto il ricorso della contribuente, ricalcolando le sanzioni, ma rigettando l’eccezione di carenza di legittimazione passiva per il pagamento del tributo dedotta dalla B., la quale aveva affermato che i beni oggetto di imposta sono di proprietà del trust Pauso, della quale ella è solo il trustee, e comunque di proprietà effettiva di un terzo. La contribuente ha appellato la sentenza e la Commissione Territoriale Regionale del Veneto, con sentenza depositata il 23 settembre 2013, non notificata, ha respinto l’appello.
2. – La B. ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta decisione, affidato a due motivi. Non si è costituito il Comune. Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2019, il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso, e il procuratore della ricorrente ha insistito in ricorso.
Motivi della decisione
3. – Con il primo motivo la parte lamenta la violazione e falsa applicazione delD.Lgs. n. 504 del 1992,art.3e della Convenzione internazionale dell’Aja del 1985 sul trust, art. 3, nonché della legge di recepimento (indicata come L. n. 67 del 1989, in realtàL. n. 364 del 1989) e degliartt. 1362 e 1363 c.c.in relazioneall’art. 360 c.p.c., n. 3 edall’art. 360 c.p.c., n. 5, per contraddittorietà della motivazione.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che la B. sia il soggetto passivo dell’ICI per i beni in questione, in quanto proprietaria degli immobili conferiti in trust, nella qualità di trustee, che li amministra nell’interesse altrui. Inoltre il giudice d’appello ha ritenuto infondata la tesi della B. circa la effettiva appartenenza ad un terzo ( M.B.) degli immobili in questione e sul punto la parte non propone ricorso. Osserva la CTR che la L. n. 540 del 1992, art. 3, dispone esplicitamente che soggetti passivi dell’ICI sono i proprietari o titolari di diritti reali sui beni e quindi l’avviso di accertamento emesso nei confronti della B. deve ritenersi legittimo, mentre il trust è un “soggetto passivo sconosciuto dalla normativa ICI”.
La parte, nell’illustrare il motivo del ricorso, premette una disamina generale della natura e degli effetti del trust ed in particolare dell’effetto segregativo che è proprio dell’istituto per cui i beni conferiti in trust restano separati dal patrimonio personale del trustee, e lamenta che il giudice d’appello (nell’individuare il trustee come soggetto passivo dell’ICI) abbia erroneamente inquadrato “la natura giuridica del contratto, appalesando una corrispondenza inesistente tra il patrimonio separato e quello del trustee”. Lamenta quindi l’omissione dei criteri ermeneutici di cui agliartt. 1362 e 1363 c.c.Con questa formula la parte deduce, in sostanza, che ove fosse ritenuta soggetto passivo ICI per i beni conferiti in trust verrebbe meno l’effetto segregativo.
3.1 – Il giudice d’appello nell’accertare che i beni sono di proprietà della B., in conformità alla trascrizione nei registri immobiliari e al catasto, statuizione che non è stata impugnata, ha fissato i presupposti per qualificare il trust di cui si tratta quale trust traslativo, vale a dire, secondo lo schema delineato dallaL. n. 364 del 1989,art.2, di ratifica della dalla Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, un negozio in cui avviene il trasferimento dei beni dal disponente al trustee, il quale ne diviene proprietario, con il dovere di amministrarli e gestirli secondo le condizioni e finalità dell’atto istitutivo, ed a beneficio dei soggetti in esso indicati. Questo è il concetto di base dal quale muovere, pur nelle difficoltà di ricostruzione sistematica dell’istituto, posto che il trust è un istituto di common law non regolato dalla legge interna, i cui effetti possono essere riconosciuti in Italia, alle condizioni fissate dalla Convenzione dell’Aja del 1985, strumento di diritto internazionale privato diretto a risolvere il conflitto in ordine alla legge applicabile al trust, o meglio ai trust, declinati al plurale dalla legge nazionale, art. 1, così rendendo evidente la natura multiforme dell’istituto. Di contro, la Convenzione dell’Aja parla di trust al singolare, in quanto, ai fini del riconoscimento e individuazione della legge applicabile, ricostruisce un concetto unitario di trust, applicabile a tutti i “rapporti giuridici” (al plurale) aventi le caratteristiche indicate dalla Convenzione, artt. 2 e 3.
Ciò premesso, si osserva che la contribuente, nell’odierno ricorso, non insiste nell’affermare che i beni sono di proprietà di un terzo, ma non offre neppure ulteriori dettagli sul negozio istitutivo e in particolare non specifica la scelta della legge applicabile, la durata del trust stesso, se ella abbia obbligo – ed in che termini – di ritrasferire i beni ai beneficiari, se essi siano già stati individuati, (e quindi se si tratta di un trust opaco o di un trust trasparente) quale sia la regolamentazione contrattuale del regime delle spese di gestione e pagamento delle imposte e se -in ipotesi- vi sia una particolare regolamentazione della responsabilità patrimoniale del trustee per atti e fatti compiuti nell’esercizio della propria funzione. Nondimeno, data la qualifica di trust traslativo, da considerare ormai punto fermo, queste omissioni non ostano a che la Corte verifichi se è corretto individuare, nella fattispecie, il soggetto passivo dell’ICI (oggi IMU) nel trustee cui sono stati trasferiti in proprietà i beni, ovvero se ciò – come la ricorrente deduce – stravolga la natura del contratto, facendo venire meno l’effetto segregativo.
3.2 – Si premette che secondo la giurisprudenza di questa Corte il trust traslativo non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è colui che dispone del diritto e in quanto tale interviene nei rapporti con i terzi, agisce e resiste in giudizio e risponde delle sanzioni amministrative dovute dal proprietario (Cass. civ. sez. I, n. 3456/2015; Cass. civ. sez. V 25478/2015 Cass. civ. sez. II n. 28363/2011). Come già affermato da questa Corte, la peculiarità dell’istituto risiede nello “sdoppiamento del concetto di proprietà”, tipico dei paesi di common law: la proprietà legale del trust, attribuita al trustee, ne rende quest’ultimo unico titolare dei relativi diritti (sia pure nell’interesse dei beneficiari e per il perseguimento dello scopo definito), ma i beni restano segregati e quindi diventano estranei non soltanto al patrimonio del disponente, ma anche a quello personale del trustee che deve amministrarli e disporne secondo il programma del trust (Cass. civ. sez. III n. 9320/2019).
Nell’ambito del diritto tributario e ai fini dell’imposta sui redditi delle società, l’art.73delTUIRstatuisce che anche il trust è soggetto all’IRES, individuandolo come una entità fiscalmente separata tanto dal disponente che dal trustee. Ciò tuttavia non incide sulla questione oggi in esame, atteso che il presupposto dell’IRES è il possesso di un reddito, inteso come sua acquisizione certa e definitiva al patrimonio del soggetto. L’attribuzione al trust della qualità di soggetto passivo ai fini IRES evita pertanto che si determinino incertezze sul presupposto impositivo, e sul soggetto che deve presentare la dichiarazione dei redditi, specie ove si consideri che il trust non ha una regolamentazione nella legislazione nazionale e le varie forme che esso può assumere.
Invece, nel caso dell’ICI (oggi IMU), il legislatore non è intervenuto per attribuire al trust una soggettività tributaria, non essendovi alcuna ragione giustificatrice di ricorrere a una simile fictio. Il presupposto impositivo dell’ICI, infatti, come dispone ilD.Lgs. n. 504 del 1992,art.1, è il possesso di beni immobili nel territorio dello Stato a qualsiasi uso destinati, e il soggetto passivo è individuato ai sensi dell’art. 3, nel proprietario o titolare di altro diritto reale, e ciò consente di esercitare la potestà impositiva senza margini di incertezze, anche se i beni sono stati trasferiti ad un trustee.
3.3. – Si potrebbe invero ipotizzare che dal riconoscimento della qualità di soggetto passivo ai fini IRES discenda una capacità generalizzata del trust di essere soggetto passivo anche di altri tributi.
Questa tesi appare però contrastare con il divieto, postodall’art. 14 preleggi, di interpretazione analogica delle norme eccezionali, qual è quella che, a fini specifici e determinati dallo stesso legislatore, riconosce una limitata forma di soggettività, ai soli fini tributari, ad una organizzazione priva di personalità giuridica. E’ infatti un concetto ormai elaborato dalla dottrina che il legislatore possa disporre della soggettività tributaria prescindendo dalle altre forme di soggettività, e che il sostrato minimo sul quale il legislatore può costruire la soggettività tributaria stessa è la separazione o l’autonomia patrimoniale, e non già la soggettività civilistica.
Ne deriva che non può, in ogni caso, leggersi l’art.73delTUIRnel senso che il legislatore abbia attribuito al trust la personalità giuridica, né, tantomeno, può la giurisprudenza elevare a soggetto giuridico i centri di interessi e rapporti che non lo sono, posto che l’attribuzione della soggettività giuridica è appannaggio del solo legislatore (cfr. in arg. Cass. sez. un. 25767/2015); in assenza di personalità giuridica manca al trust il requisito indispensabile per essere titolare di diritti reali, tanto che, per perseguire gli scopi propri dell’istituto i beni vengono trasferiti appunto ad una persona fisica. Vale qui la pena di ricordare che il trust si articola normalmente in diversi momenti negoziali, e cioè l’atto istitutivo del trust, di natura non traslativa di beni o diritti ma meramente preparatoria, enunciativa e programmatica e l’atto di dotazione o provvista del trust, comportante trasferimento del bene o del diritto al trustee (e non ad altre entità più o meno definite) in funzione della realizzazione degli obiettivi prefissati e con i vincoli ad essa pertinenti. Questo secondo momento negoziale determina un trasferimento effettivo della proprietà al trustee, sia pure con i vincoli di cui si è detto, che sono indifferenti ai fini della imposta in questione, il cui presupposto è il possesso del bene e non le modalità della sua utilizzazione.
3.4. – La difesa della ricorrente è fondata su una generica esposizione dell’istituto del trust e sull’effetto segregativo che ne consegue, lamentando che la CTR avrebbe appalesato “una corrispondenza inesistente tra il patrimonio separato e quello del trustee” e in ciò consisterebbe la violazione della Convenzione Aja come recepita dallaL. n. 364 del 1989.
Ciò però non è sufficiente a mettere in discussione la sua qualità di soggetto passivo dell’imposta, atteso che la segregazione patrimoniale, inquadrata nel contesto delle finalità perseguite dall’istituto, comporta l’effetto di rendere i beni conferiti in trust non aggredibili dai creditori personali del disponente né da quelli del trustee, ma ciò non esclude che il trustee debba amministrare e quindi che debba fare fronte a tutte le spese di amministrazione; in particolare il trustee che diviene proprietario dei beni in trust acquista tutti i poteri e i doveri del proprietario, limitati soltanto dall’uso che egli deve fare di questi beni, secondo le disposizioni del trust. Di conseguenza, il soggetto passivo dell’ICI (oggi IMU) dei beni conferiti in un trust traslativo deve essere individuato nel trustee. E ciò senza pregiudizio per l’autonomia delle parti di prevedere, nel negozio istitutivo del trust, chi deve sostenere, in termini sostanziali, l’onere economico delle imposte e in che misura il trustee può rivalersi delle spese sostenute per l’amministrazione.
3.5 – Conclusivamente, può dirsi che l’ICI (oggi IMU), è un tributo di natura patrimoniale, che considera come base imponibile il valore del bene immobile, a prescindere, in linea generale, da qualsivoglia condizione personale del titolare del diritto e dall’uso che si faccia del bene. Di conseguenza individuarne il soggetto passivo nel trustee, al quale sia stato trasferito il bene dal disponente, e che pertanto riveste la qualità di proprietario, ai sensi delD.Lgs. n. 504 del 1992,art.3, non viola di per sé il principio della segregazione patrimoniale, non comportando aggressione dei beni in trust da parte dei creditori personali del trustee e gravando l’imposta sullo specifico bene di cui il trustee ha il possesso ed alla cui amministrazione e gestione egli è tenuto, il che comporta anche dovere di assolvere agli oneri gravanti sulla proprietà. Il regime delle spese di gestione, delle anticipazioni, dei rendiconti e degli (eventuali) rimborsi è poi regolato in conformità al titolo ed alla legge applicabile, dati che in ricorso non sono stati esplicitati. Il motivo è quindi infondato.
6. – Con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, e la violazionedell’art. 1322 c.c..
La parte deduce che la novella del codice civile ha introdotto una bipartizione nell’ambito della “(non) categoria dei negozi destinatori, che oggi vengono distinti in negozi tipici di destinazione e negozi atipici di destinazione, rispecchiando la distinzione genarle in materia di contratti e atti già presente nel nostro codice”.
Il motivo è inammissibile. La deduzione di cui sopra è una mera enunciazione, limitandosi la parte ad un generale commento sulla natura degli atti di destinazione generale che – corretto o meno che sia – non è rivolto criticare alcuna delle rationes decidendi poste a base della sentenza impugnata.
Il ricorso è pertanto da rigettare. Nulla sulle spese in difetto di costituzione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002,art.13, comma 1quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2019