Il minore dodicenne o infradodicenne deve essere ascoltato dal giudice in ordine alle decisioni che lo riguardano (nella specie scelta della scuola da frequentare); il giudice deve motivare in ordine alla eventuale decisione di non ascoltare il minore anche nelle ipotesi in cui l’ascolto sia stato già effettuato in sede di indagini peritali

Cass. civ. Sez. I, 17 aprile 2019, n. 10776
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14929/2018 proposto da:
Z.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Di Mauro Alberto, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.V., elettivamente domiciliata in Roma, Via Ildebrando Goiran n. 23, presso lo studio dell’avvocato Sardo Ugo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pasqualini Rosanna, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, del 27/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
Svolgimento del processo
1. Con decreto emesso ai sensi dell’art. 337 bis c.c. del 1/12 giugno 2017, il Tribunale di Vicenza accoglieva parzialmente le istanze di B.V. nei confronti di Z.A. e per l’effetto disponeva l’affidamento condiviso dei due figli minori con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione dei contatti con il padre, imponendo a quest’ultimo il contributo mensile di mantenimento di Euro 150 per ciascun figlio annualmente rivalutabili in base agli indici Istat, oltre al 50% delle spese straordinarie. Il Tribunale accoglieva altresì l’istanza materna di iscrizione del figlio N. alla scuola secondaria del Comune di residenza ((OMISSIS)).
2. Il reclamo proposto da Z.A. è stato rigettato dalla Corte di appello di Venezia, con decreto del 9-10-2017, depositato in data 27-2-2018 e comunicato dalla cancelleria a mezzo pec in data 13-3-2018. La Corte territoriale ha confermato in ogni sua parte il decreto impugnato, che ha integrato con l’espressa autorizzazione alla madre di avvalersi del sostegno psicoterapico dei servizi sociali territoriali a favore di entrambi i figli. La Corte d’appello, acquisita in data 21-9-2017 la relazione sociale di aggiornamento, ha condiviso le valutazioni espresse dal Tribunale di Vicenza con riferimento all’autorizzazione all’iscrizione scolastica del figlio minore N., infradodicenne, presso la scuola media statale più vicina alla casa della madre. Ha rilevato, da un lato, che era così consentito al minore di farsi nuovi amici e coltivare anche i suoi interessi musicali e, dall’altro, ha evidenziato, pur dando atto dei progressi raggiunti nei rapporti tra padre e figli; la persistenza di carenze correlate sia alla mancata elaborazione delle vicende pregresse, sfociate, nei confronti dello Z., in provvedimento cautelare di allontanamento e nel processo penale concluso con patteggiamento, sia al rifiuto persistente del padre di avviare un percorso di valutazione psicologica e di provvedere al mantenimento della prole, per la parte di sua spettanza. Con riferimento all’istanza del reclamante Z. di riduzione del contributo di mantenimento, la Corte veneziana ha ritenuto non insostenibile la misura del suddetto contributo fissata dal Tribunale e qualificata minima (Euro 150 per ciascuno dei due figli), considerando che il ricorrente aveva un lavoro stabile e competenze tali da consentirgli di incrementare il proprio reddito, mentre non erano state documentate e dimostrate la causale e la durata del finanziamento (rate di circa Euro 150 mensili), opposto dallo Z. a sostegno delle addotte difficoltà a sostenere il contributo e le spese poste a suo carico.
3. Avverso questo decreto ricorre ai sensidell’art. 111 Cost.Z.A., affidandosi a quattro motivi, resistiti con controricorso da B.V.. Non ha presentato conclusioni scritte la Procura Generale. Le parti non hanno depositato memorie.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente Z.A., sulla premessa dell’impugnabilità del decreto della Corte d’appello di Venezia ai sensidell’art. 111 Cost., stante la decisorietà e definitività di detto provvedimento, denuncia la violazionedell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, con riferimento agliartt. 3, 21 e 111 Cost., all’art. 12 Convenzione di New York del 20-11-1989, all’art. 6 Convenzione di Strasburgo del 25-1-1996 e all’art. 23 regolamento CE n. 2001/2003, per l’omessa audizione del minore N. in ordine alla scelta della scuola media da frequentare. Il minore, all’epoca di 11 anni, anche in allora era dotato di sufficiente discernimento ed aveva manifestato agli assistenti sociali, come risultava dalle relazioni depositate agli atti, la volontà di frequentare la scuola media nello stesso Comune ((OMISSIS)) ove aveva terminato le scuole elementari. Rileva il ricorrente di aver avanzato, in subordine, richiesta di iscrivere il bambino alla scuola media di (OMISSIS), prospettando così una soluzione di compromesso tra i desideri di N. e le esigenze della madre. Lamenta lo Z. che la Corte d’appello di Venezia abbia disatteso l’istanza di audizione diretta del minore senza fornire spiegazione di tale decisione. Formula il ricorrente il quesito di diritto consistente “nel richiedere l’accertamento circa il fatto che il mancato ascolto nel procedimento dinanzi alla Corte d’appello del minore e comunque il mancato accertamento della capacità di discernimento di quest’ultimo ai fini dell’ascolto, non avendo ancora compiuto i 12 anni, possa essere considerato violazione del principio dell’ascolto introdotto nell’ordinamento dalle Convenzioni Internazionali”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando la violazionedell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censura il decreto impugnato per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento alla mancata audizione diretta del minore, non avvenuta in primo grado. Ad avviso del ricorrente in modo contraddittorio la Corte d’appello ha valorizzato che la questione della scelta della scuola fosse stata censurata con il reclamo solo per il minore N., e non anche per la figlia S.. Rileva che la situazione dei due minori era diversa in quanto S. aveva da sempre vissuto con la madre a (OMISSIS) ed invece N. aveva vissuto a lungo con il padre a (OMISSIS), frequentando la scuola elementare di (OMISSIS). Solo l’audizione diretta del minore avrebbe potuto consentire l’accertamento delle reali aspettative del figlio N. e di valutarne la reale capacità di discernimento. Secondo la prospettazione dello Z., la Corte d’appello non ha fornito motivazione sulla mancata audizione del minore, mentre si tratta di un punto decisivo, in relazione alla scelta della scuola, da valutarsi nell’interesse del figlio N. per garantire allo stesso una situazione di stabilità.
3. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando la violazionedell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censura il decreto impugnato per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento alla scelta della scuola media da frequentarsi da parte del minore N.. Assume che la motivazione del decreto impugnato sul punto sia prevalentemente un integrale richiamo al provvedimento di primo grado, senza effettiva specificazione delle ragioni della scelta suddetta, atteso che la Corte d’appello si è limitata ad evidenziare, ad avviso del ricorrente in modo carente e contraddittorio, la valutazione negativa della condotta del padre.
4. Con il quarto motivo il ricorrente, denunciando la violazionedell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censura il decreto impugnato con riferimento “al rigetto della richiesta di mantenimento diretto a carico dei genitori o quantomeno di riduzione dell’assegno di mantenimento a suo carico o in subordine di collocamento alternato”. Ad avviso dello Z. anche in ordine a tali richieste la Corte d’appello si è limitata genericamente a fare riferimento alla stabilità del suo lavoro ed alle sue competenze, senza esaminare le condizioni economiche della B., che poteva contare sull’appoggio dei suoi genitori e non sosteneva le spese di locazione dell’abitazione, pagate dal ricorrente. Neppure la Corte veneziana ha preso in considerazione le richieste svolte in via subordinata.
5. Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione, formulata nel controricorso, di inammissibilità del ricorso, che è stato proposto ai sensidell’art. 111 Cost.avverso il decreto emesso dalla Corte d’appello in sede di reclamo a norma degliartt. 719 e 719 c.p.c..
L’eccezione è priva di fondamento.
Questa Corte ha ripetutamente chiarito che il decreto pronunciato dalla Corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del Tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l’affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed al mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo, ed è pertanto ricorribile per cassazione ai sensidell’art. 111 Cost.(v. Cass., sent. n. 23673 e n. 18627 del 2006; Cass. n. 11218 del 2013 e n. 28998 del 2018).
6. Sempre in via preliminare, ugualmente infondata è l’eccezione, sollevata dalla resistente, di inammissibilità del ricorso per l’errato richiamodell’art. 360 c.p.c., n. 2 e per l’errata proposizione, con il primo motivo, del quesito di diritto.
L’indicazione delle norme di legge che si assumono violate non costituisce, infatti, un requisito autonomo ed imprescindibile del ricorso, ma è solo funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità della singola doglianza solo nel caso, qui non ricorrente, in cui gli argomenti addotti non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, e di delimitare le questioni sollevate (così Cass. n. 18140 del 2018; Cass. n. 21819 del 2017; n. 25044 del 2013).
Riguardo al secondo profilo di inammissibilità prospettato, è noto che l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalD.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,art.6, e contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica ratione temporis ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del menzionato decreto) e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dallaL. 18 giugno 2009, n. 69,art.47. La giurisprudenza di questa Corte ha tuttavia precisato che non è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano stati illustrati con la formulazione dei quesiti di diritto, ai sensi dell’abrogatoart. 366-bis c.p.c., seppur non richiesti dalla norma processuale applicabile ratione temporis, secondo la disciplina transitoria dettata dall’art.58, comma 5, dellaL. 18 giugno 2009, n. 69, per essere stata la sentenza impugnata pubblicata successivamente all’entrata in vigore di tale legge. In particolare, esclusa qualsivoglia invalidità espressa, anche la nullità a rilevanza variabile, previstadall’art. 156 c.p.c., comma 2, in relazione al difetto dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, non è configurabile nel caso, come nella specie scrutinata, in cui l’atto, munito del contenuto prescritto dalla legge, contenga altresì elementi sovrabbondanti, ma privi di riflesso negativo su quelli essenziali (così Cass. n. 16122 del 2012 e Cass. n. 24597 del 2014).
7. I primi tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con laL. n. 77 del 2003, nonchédell’art. 315-bis c.c.(introdotto dallaL. n. 219 del 2012) e degliartt. 336-bis e 337-octies c.c.(inseriti dalD.Lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogatol’art. 155-sexies c.c.).
Ne consegue che l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse, salvo che il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore (tra le tante Cass. n. 6129 del 2015; Cass. n. 19327 del 2015; Cass. S.U. n. 22238 del 2009).
Inoltre secondo l’orientamento più recente espresso da questa Corte, a cui si intende dare continuità, “il giudice deve motivare le ragioni per cui ritiene il minore infra-dodicenne incapace di discernimento, se decide di non disporne l’ascolto, così come deve motivare perché ritiene l’ascolto effettuato nel corso delle indagini peritali idoneo a sostituire un ascolto diretto ovvero un ascolto demandato a un esperto al di fuori del contesto relativo allo svolgimento di un incarico peritale. Tale motivazione appare, in generale, tanto più necessaria quanto più l’età del minore, come nel caso in esame, si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto. È vero inoltre che il giudice non è tenuto a recepire, nei suoi provvedimenti, le dichiarazioni di volontà che emergono dall’ascolto del minore, così come non è tenuto a recepire le conclusioni dell’indagine peritale. Tuttavia qualora il giudice intenda disattendere tali dichiarazioni e tali conclusioni ha l’obbligo di motivare la sua decisione con particolare rigore e pertinenza” (Cass. ord. n. 12957 del 2018).
Nel decreto impugnato è omessa la motivazione giustificativa della mancata audizione diretta del minore infradodicenne in ordine alla scelta della scuola media da frequentare, e ciò nonostante che l’età di N. fosse prossima a quella dei dodici anni, oltre la quale ricorre l’obbligo di ascolto. Peraltro risulta, in base a quanto affermato dal ricorrente e non contestato dalla controricorrente, che il minore, sentito dagli assistenti sociali, avesse espresso una sua opzione in ordine alla scuola da frequentare, manifestando la preferenza per la scuola sita a (OMISSIS), anche perché propedeutica all’insegnamento di uno strumento musicale.
Nello sviluppo argomentativo della pronuncia impugnata non vi è alcun riferimento all’ascolto indiretto effettuato nel grado precedente, per giustificarne l’idoneità a sostituire l’ascolto diretto, né sono esplicitate eventuali ragioni di manifesta superfluità dell’esame diretto o della contrarietà di quest’ultimo all’interesse del minore o di incapacità di discernimento dello stesso.
Neppure, e di conseguenza, nel decreto impugnato è giustificata “con particolare rigore e pertinenza” la soluzione prescelta anche alla luce dell’opinione espressa, tramite ascolto indiretto, ove idoneo nei termini precisati, dal minore, sia pure al fine, del tutto legittimo, di contrastarla. Dunque manca sul punto ogni motivazione, che invece si impone con peculiari connotazioni di specificità. I Giudici d’appello hanno infatti confermato le valutazioni espresse dal Tribunale “nell’autorizzare l’iscrizione scolastica di N. presso la scuola media statale più vicina alla casa della madre, dove ha modo di farsi nuovi amici e di coltivare anche i suoi interessi musicali” (pag. 2 del decreto impugnato), senza altro precisare.
Ne consegue la fondatezza delle censure relative alla violazione dei principi sopra enunciati in tema di audizione del minore ed all’omesso esame di un fatto decisivo, consistente nella valutazione del contenuto dell’audizione stessa, stante la riscontrata anomalia motivazionale rilevante ai sensidell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel testo, qui applicabile ratione temporis, successivo alle modifiche apportategli dalD.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dallaL. n. 134 del 2012- come circoscritto dalla giurisprudenza di legittimità consolidatasi dopo la pronuncia resa Cass., SU, n. 8053 del 2014, le cui argomentazioni, condivise da questo Collegio, possono, per brevità, integralmente intendersi richiamate.
8. Il quarto motivo è inammissibile.
La censura presuppone un apprezzamento delle risultanze probatorie la cui valutazione può essere sottoposta al sindacato di legittimità solo attraverso il paradigma del vizio motivazionale, nei limiti consentitidall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Nel decreto impugnato la statuizione sul contributo di mantenimento è specificatamente motivata mediante esame degli elementi istruttori, valutati come rilevanti (lavoro stabile del ricorrente e mancanza di prova su durata e causale del finanziamento). Nella specie, pertanto, non ricorre il vizio motivazionale denunciato e si è al di fuori del limitato perimetro operativo della citata norma.
9. In conseguenza dell’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso il decreto impugnato è cassato con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
10. Va disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52.

P.Q.M.
accoglie i primi tre motivi di ricorso e dichiara inammissibile il quarto, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 4 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2019